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06th Ago2019

Kaos India – Wave

by Marcello Zinno
Instancabili i Kaos India tornano sulle scene con un nuovo lavoro, dopo quell’EP dal titolo Stay di cui avevamo parlato qui e dal quale riprendono due brani. Li conosciamo da anni e abbiamo potuto constatare la costanza, le idee e la crescita di questa formazione che punta ad un rock molto particolare, per certi versi alternative, per altri annacquato come il post-rock ma comunque costruito intorno a riff e melodie ben classificabili. Wave è il nuovo lavoro targato 2019 che conferma lo stile esterofilo della band, non si tratta solo dell’uso dell’inglese ma di una modalità con cui i brani sono concepiti, di come l’incedere procede, di come vengono usati gli effetti alla sei corde, un insieme quindi di elementi che ci fa immaginare non solo Wave ma il loro songwriting in generale molto più fertile per mercati oltre i confini nazionali. Le chitarre elettriche non mancano, stavolta ci viene confermato fin dai primi secondi dell’album, ma tante sono le melodie e i chorus che si lasciano cantare, le stesse parti vocali assumono un ruolo centrale e gli altri strumenti servono da mirino per centrare meglio la preda e colpirla proprio con i testi: ce lo conferma Half che suona quasi come una ballad all’interno della quale noi ci sentiamo tutto il pop rock britannico e perfino un pizzico di U2, un po’ meno interessante rispetto agli altri momenti.

The Void assume le sembianze di un pezzo indie rock d’oltre Manica, un po’ datato rispetto a ciò che gira in questo momento ma sicuramente dal potenziale gusto in sede live, Eyes segue queste coordinate ma ci piace di più, il groove ci coinvolge e proprio ascoltandolo di fronte ad un palco sarà difficile restare fermi. Il resto dell’album si muove su coordinate ritmiche più pacate, cupo e orecchiabile, con queste chitarre effettate e delle introspezioni mai indigeste nemmeno fossero dei pezzi dei The Smiths. La produzione è di alto livello, come la band ci ha già abituati nelle precedenti uscite. Quello che manca è il mordente: come avevamo notato anche nel precedente The Distance Between vi sono alcune parti troppo allungate, inoltre manca qualche graffio che faccia urlare al rock e spinga la band fuori dal troppo vago scenario pop rock (si ascolti Don’t Stop per avere un esempio di entrambe le considerazioni). Ad ascoltare Burn Away, che in fatto di rock è sicuramente più convincente, ci vengono in mente i Be The Wolf e capiamo come questi ultimi abbiano fatto breccia nei cuori dei rocker italiani.

In generale ci piacciono le linee di basso che talvolta si inseriscono in costrutti quasi come fossero ideate per la new wave, facendo risaltare proprio le frequenze più basse, laddove le chitarre lasciano molto da riempire. Wave sarà di sicuro un’occasione per riprendere le attività live che crediamo possa essere il contesto naturale per apprezzare il sound di questa band.

Autore: Kaos India Titolo Album: Wave
Anno: 2019 Casa Discografica: Universal Music
Genere musicale: Alternative Rock, Pop Rock Voto: 6,25
Tipo: CD Sito web: http://www.kaosindia.com
Membri band:
Mattia Camurri – voce, chitarra
Vincenzo Moreo – basso
Francesco Sireno – chitarra
Joe Schiaffi – batteria
Tracklist:
1. A Second
2. Who Needs Who
3. Half
4. The Void
5. Don’t Stop
6. Call To Mind
7. Eyes
8. Stay
9. Close
10. Burn Away
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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21st Lug2019

Mat Cable – Everyone Just Going Through Something

by Marco Pisano
Come dice il proverbio, “chi ben comincia è a metà dell’opera”. E l’esordio della band lombarda Mat Cable, con il loro primo lavoro Everyone Just Going Through Something, è certamente un buon punto di partenza. Prodotto da Massimiliano Lambertini, Michele Guberti e dai Mat Cable stessi, registrato e mixato da Michele Guberti presso l’Animal House Studio di Ferrara, il disco risulta un godibile e piacevole mix di rock old school, di chitarre potenti e decise, con un riffing a tratti molto interessante, una sezione ritmica solida e filante e melodie accattivanti, il tutto sapientemente unito a brani più rilassati e dalle atmosfere più introspettive e intime (Hair e You Like Me). Nel sound cupo e rumoroso delle chitarre si possono ritrovare venature stoner e doom metal. Nel complesso l’album è di buona fattura, fonde in modo armonico al suo interno due anime: una più aggressiva, libera e selvaggia, e l’altra più docile, introspettiva e sensibile. Carina la copertina del CD.

Autore: Mat Cable Titolo Album: Everyone Just Going Through Something
Anno: 2019 Casa Discografica: Alka Record Label
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/matcablemusic/
Membri band:
Raffaele Ferri– voce, chitarra
Andrea Sicurella – basso
Samuele Anselmi – batteria
Tracklist:
1. The Rim
2. June
3. Hey Doc
4. Hair
5. Heart of Stone
6. Terror
7. You Like Me
8. Your Fire
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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16th Lug2019

Marlene Kuntz – MK 30 Best & Beautiful – Covers & Rarities

by Cristian Danzo
30 anni sono tanti se si guarda ad una carriera musicale. I Marlene Kuntz sono arrivati a questo traguardo grazie ad una proposta musicale di rock alternativo in anni dove l’Italia guardava al genere ed all’undergorund con occhio diverso da quello attuale, dove portare nel mainstream certe proposte, ad oggi e da anni, è impensabile visto che siamo dominati da canzonette e talent che, ogni tanto, sfoderano roba finto-alternativa per dimostrare ad un pubblico completamente a digiuno di cultura e background musicale che non sono sempre le proposte esclusivamente commerciali e pop a vincere, nascondendosi dietro ad un velo che cela solamente il vuoto completo di contenuti e qualità. Cosa che, nel periodo in cui i Marlene si affermarono, non esisteva e c’era una scena valida e viva che emergeva al fianco di materiale da radio ed usa e getta. Per festeggiare il trentennale, viene edito questo MK 30, composto da un succulento cofanetto che oltre ad essere celebrativo, vuole essere una sorta di opera omnia della band cuneese. Fatto da due uscite distinte: una in tirplo CD intitolato Best & Beautiful che è una greatest hits con i migliori pezzi del combo, più Beautiful, progetto datato 2010 che vedeva coinvolto Howie B, musicista e produttore musicale scozzese (tra le sue collaborazioni: Bjork ed U2). Un modo per avvicinare le nuove leve alle sonorità dei Marlene Kuntz ma anche per deliziare i fan di vecchia data con una selezione di qualità.

La parte più accattivante del prodotto è sicuramente Covers & Rarities, che vede i Nostri impegnati in riproposizioni di pezzi più famosi riarrangiati e riproposti in chiave personale, nell’ottica di sottoporre all’ascoltatore pezzi importanti e fondamentali (nella speranza che qualcuno vada ad interessarsi e riscoprire anche gli originali). Ecco quindi apparire Karma Police dei Radiohead (inedita), meno angosciante dell’originale e più giocosa negli arrangiamenti, Impressioni di Settembre della PFM, Monnalisa del grandissimo e compianto Ivan Graziani o Non Gioco Più di Mina, quasi inaspettata in mezzo a questa preziosa tracklist. Le “rarities” vanno invece a ripescare nella produzione originale della band, proponendo brani meno famosi tratti da EP o altro che vengono risuonati integralmente o sono stati remixati. Ed è qui che sicuramente il piatto si fa forte anche per i fan di vecchia data, in quanto la curiosità di un ascolto di Covers & Rarities si fa subito vivo, calcolando anche che verrà pubblicato in doppio vinile 180 grammi. Una doppia uscita allettante per gli amanti dei Marlene Kuntz, per i fan più sfegatati e “completisti” e per chi vuole scoprire cosa l’Italia ha ancora da offrire nel suo sfaccettato e pulsante panorama rock interno.

Autore: Marlene Kuntz Titolo Album: MK 30 Best & Beautiful – Covers & Rarities
Anno: 2019 Casa Discografica: Ala Bianca Records
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://marlenekuntz.com/
Membri band:
Cristiano Godano – voce, chitarra
Riccardo Tesio – chitarra
Luca Lagash Saporiti – basso
Gianni Marroccolo – basso in Beautiful
Luca Bergia – batteria
Tracklist: Best & Beautiful Vol.1
1. Festa Mesta
2. Sonica
3. Nuotando Nell’aria
4. Lieve
5. Retrattile
6. Ape Regina
7. L’esangue Deborah
8. L’odio Migliore
9. Infinità
10. Ineluttabile
11. Canzone Di Oggi
12. La Canzone Che Scrivo Per Te
13. Serrande Alzate
14. Notte
15. Ci Siamo Amati
16. Schiele, Lei, Me
Vol. 2
1. Bellezza
2. Poeti
3. La Lira Di Narciso
4. Abbracciami
5. Musa
6. Uno
7. Io E Me
8. Paolo Anima Salva
9. L’artista
10.Canzone Per Un Figlio
11. Il Genio (l’importanza Di Essere Oscar Wilde)
12. Osja Amore Mio
13. Nella Tua Luce
14. Narrazione
15. Lunga Attesa
16. Fecondità
Beautiful
1. Pow Pow Pow
2. Tarantino
3. In Your Eyes
4. Single Too
5. Fatiche
6. White Rabbit
7. Suzuki
8. What’s My Name
9. Giorgio
10. Gorilla
11. Flowers
12. I Can Play And I Don’t Want To
Covers & Rarities Covers
1. Karma Police
2. Impressioni Di Settembre
3. Monnalisa
4. Alle Prese Con Una Verde Milonga
5. Bella Ciao (featuring Skin)
6. La Libertà
7. Non Gioco Più
8. Siberia
9. White Rabbit
Rarities
1. A Fior Di Pelle
2. Hanno Crocifisso Giovanni
3. Aurora
4. Cometa
5. Sotto La Luna
6. Il Pregiudizio
7. Canzone In Prigione
8. Pensa
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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09th Lug2019

Scimmiasaki – Trionfo

by Marcello Zinno
Sulla carta il tempo intercorso tra il precedente EP, Collasso di cui abbiamo parlato a questa pagina e il nuovo full-lenght dei Scimmiasaki dal titolo Trionfo, sembra il canonico periodo che una band si prende per la scrittura di dieci nuovi brani ma in realtà nel mondo musicale attuale non è un frangente così breve. Le mode cambiano in breve, filoni musicali nascono e a dirla tutta una certa visione alternative rock sbarazzina e dai riff semplici e distorti sembra che il mercato non riesca più ad assorbirla. Non è un caso che molte delle band a cui i Scimmiasaki hanno aperto in passato erano partiti da queste terre musicali per poi cambiare rotta (i Management Del Dolore Post Operatio, oggi solo Management, hanno virato verso l’indie elettronico, i Ministri verso sonorità pop rock) mentre i protagonisti di questa recensione intendono insistere sulle proprie coordinate tanto che Trionfo suona davvero come l’erede di Collasso. Certo compare qualche momento più pacato, come Giostra, ma ciò è insito nella scrittura di un album di 10 tracce che sapientemente deve avere qualche momento di stacco; ma, in barba ai gusti del popolo a noi il loro rock piace, come piacque il precedente EP: ha un sapore indie, estivo e a tratti sembra un album pop punk (per linee vocali) o punk rock (per riff) imbevuto nella scena italica e con abiti assolutamente emergenti. Provate ad esempio ad ascoltare Denti e a non sentirvi di nuovo nella fase dell’adolescenza, con il ritornello che canta “non credo proprio mi adatterò” che si incolla sul nostro desiderio di sentirci ragazzini; altro esempio è Castello un pezzo che trasuda punk rock e che ci scommettiamo essere una traccia potente in sede live.

Il Pianto ci ricorda quanto fatto dai Voina in Alcol, Schifo E Nostalgia, un pezzo rock ben calibrato nelle sue parti e con i testi che giocano un ruolo importante, ma in generale parte questo Trionfo è sicuramente un album semplice a cui bisogna dedicare un semplice ascolto. La band vuole proprio trasferire questa semplicità nel rock (pur intrisa di messaggi) nei riff, nelle strofe e per questo ci sentiamo davvero di avvicinare gli Scimmiasaki del 2019 più ad una punk rock band giovanile che non ad un progetto alternative. Al di là della categoria e di congetture accademiche se questi ragazzi passano dalle vostre parti non ve li lasciate sfuggire perché dal vivo sicuramente riuscirete ad assorbire tutta la loro energia.

Autore: Scimmiasaki Titolo Album: Trionfo
Anno: 2019 Casa Discografica: Vina Records
Genere musicale: Alternative Rock, Indie Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/scimmiasaki
Membri band:
Giacomo – voce, chitarra
Peppe – chitarra, voce
Niki – basso
Santian – batteria
Tracklist:
1. Giardini
2. Tutto Bene
3. Giostra
4. Denti
5. Il Pianto
6. Trionfo
7. Castello
8. Caro Mio
9. Merda
10. Vorrei
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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16th Giu2019

RCCM – Frasi Per Tatuaggi

by Marcello Zinno
Gli RCCM sono un nuovo progetto che nasce dalle ceneri del collettivo Controfase, l’acronimo è “Rispettabili Criminali e Comuni Mortali” che sta a impersonificare il tipo di vita che ciascun uomo è chiamato ad interpretare, e che sono legate ai due fattori che più di tutti hanno condizionamento sociali: capitale e lavoro. Già questo traduce la musica dei RCCM in un vero e proprio messaggio, non va vista come una musica di protesta bensì come portatrice di idee sociali e per sociali si intende di vita vissuta da parte di ognuno di noi. La colonna portante è fatta di testi, proposti tramite spoken word, che intendono descrivere la vita umana con linguaggio e contenuti che mai potremmo trovare attraverso i mass media, propinatori di una realtà di plastica; in questo gli RCCM ci ricordano molto Il Teatro Degli Orrori e le idee di Capovilla con la differenza che quest’ultimo inietta anche un forte impatto emotivo nelle proprie parole, mentre in Frasi Per Tatuaggi il singer è un vero e proprio narratore assumendo (ci sembra) un atteggiamento quasi di rassegnazione, come se la realtà fosse descritta da istantanee osservate freddamente, senza la pur minima speranza di poter cambiare ciò che si sta raccontando.

La musica diventa quindi cornice, ambientazione in cui le parole sono l’ingrediente che muove il tutto: già l’opener Buongiorno chiarisce il punto di vista dei RCCM, i condizionamenti psicologici a cui siamo sottoposti e le contraddizioni che ormai riconosciamo come stati normali della nostra esistenza. Molto interessante il messaggio, molto difficile da trovare simili analisi filosofico-psicologiche in altre band, probabilmente perché si preferisce restare ad un livello di superficialità per attirare l’attenzione del pubblico, del mercato; un peccato che le altre tracce dell’album non abbiano mantenuto la forza di tali messaggi. Qualcosa viene ripreso in Spiacevoli Necessità, altro pezzo contro la “crescita” così come è comunemente intesa e contro i sistemi che ci controllano, una vita capovolta quella dei RCCM con l’intenzione di far aprire gli occhi, se gli ascoltatori lo vogliono, e di mettere le idee prima di tutto, anche della musica.

Il coraggio di usare la musica come mezzo di comunicazione per tentare di dare impulso ai ragionamenti è il centro dei RCCM che non a caso fanno leva sul recitato (per certi versi ci hanno ricordato anche i Bancale) , un forte coraggio che è al di sopra della media e che andrebbe compensato, a nostro parere, da una vena musicale più decisa (si ascolti la parte finale di Tutta Roba Risaputa per comprendere il potenziale musicale del progetto). Frasi Per Tatuaggi resta comunque un album seminale per una musica volgarmente intesa come “schierata” e che vuole parlare alle coscienze.

Autore: RCCM Titolo Album: Frasi Per Tatuaggi
Anno: 2019 Casa Discografica: Riff Records
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/RCCM-829696190723400/
Membri band:
Andrea Beggio
Matteo Dell’Osso
Mont Pèlerin
Barbara Schindler
Emanuele Zottino
Tracklist:
1. Buongiorno
2. Momenti Di Coscienza
3. Nei Locali Del Centro
4. Sound Science
5. Spiacevoli Necessità
6. Tutta Roba Risaputa
7. Buonanotte

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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10th Giu2019

Hunternaut – Inhale

by Gabriele Rusty Rustichelli
Gli Hunternaut sono una band bresciana nata a fine 2014, nel 2017 pubblicano il primo EP Homemade e nel 2018 registrano il loro primo album Inhale. L’album contiene 8 tracce di rock alternative con delle influenze post-grunge. Il sound è solido e compatto, la produzione è discreta e la personalità della band è decisamente a fuoco. Tecnicamente la band è in grado di spaziare all’interno del genere dando la propria visione ed impronta. Il disco suona bene per essere una prima produzione. La sezione ritmica è solida, basso e batteria filano lisci con groove potenti quando serve e più dinamici in pezzi come Soap Bubbles, le chitarre a volte esplorano ricerche sonore interessanti e a volte ripropongono standard che calzano a pennello con il genere. Qualche assolo qua e là ma senza esagerare e senza virtuosismi eccessivi (nel genere sarebbero effettivamente fuori luogo). La voce fa il suo lavoro, dinamica quando serve e un po’ più rabbiosa nei momenti più heavy. Forse un lavoro più approfondito sulle melodie potrebbe essere una strada interessante per il prossimo lavoro. Nel complesso il disco fila liscio, qualche calo di tensione in alcune parti del songwriting ma i pezzi scorrono bene nel complesso. Alcune canzoni forse un po’ troppo dilatate, il dono della sintesi è da conquistare un pezzo alla volta ma quando si ottiene permette di arrivare dritti al sodo limitando le parti che in musica rischiano di dare soddisfazione più a chi le suona che non a chi le ascolta.

Le influenze spaziano tra Alice in Chains e Seether fino a qualche sapore di Tool (in alcune parti di chitarra). La copertina dell’album è ben curata e l’immagine è molto interessante. Come concludere? Se questo fosse lo standard dei primi dischi delle band italiane si potrebbe sperare in un mondo musicale più stimolante. Ma forse gli Hunternaut sono un’eccezione. Spero davvero che questa band riesca a trovare la chiave per accrescere la propria personalità, raffinare il songwriting e trovare spazio in giro per l’Europa per proporre la propria musica.

Autore: Hunternaut Titolo Album: Inhale
Anno: 2019 Casa Discografica: (R)esisto
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.hunternautband.webnode.it
Membri band:
Cristian Longhena – voce, chitarra
Alessandro Biasi – chitarra
Stefano Ronchi – basso
Luca Prandelli – batteria
Tracklist:
1. Oxidize
2. Inside Me
3. Backbone
4. Soap Bubbles
5. Hundreds Of Scars
6. Inhale
7. Out There
8. I’ll Be There
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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09th Giu2019

Hyperprysm – Hyperprysm

by Marcello Zinno
Gli Hyperprysm, dopo essersi esibiti per un bel po’ in sede live, arrivano con l’EP omonimo che ufficializza il proprio sound, una proposta che attinge da scenari molto diversi. L’opener di suggerisce una band che fa del pop rock elegante il suo cavallo di battaglia: anche se melodie e facilità di ascolto si piazzano in primo piano già dal primo ascolto, si percepisce una capacità di songwriting non da poco, secondo noi mossa anche dall’intenzione di arrivare ad un pubblico molto ampio ma con uno stile per nulla banale. In generale nel corso dell’EP chitarra e basso “escono” volentieri e sembra toccare con mano il contributo che hanno voluto dare alle singole tracce. La seconda The Strongest sembra un esercizio crossover, molto americano nel suo stile, quasi a richiamare un certo nu metal di fine secolo scorso ma rendendo il tutto meno spigoloso anche da un chorus facilmente digeribile. Bello il taglio di This World Of Mine, un brano da ascoltare più volte, che cela diverse sfumature e che è ottimo per le vostre playlist e, perché no, per le classifiche statunitensi. L’EP si conclude con una matrice metal ben evidente: Temples parte con un riff deciso che poi in parte si ripresenta lungo il ritornello e il bridge, le strofe abbracciano un certo emo rock che ha ancora grip sul mercato. Il connubio di questi elementi ne fa un pezzo dall’ottimo potenziale secondo noi.

Gli Hyperprysm con questo omonimo EP si inseriscono nella scena rock italiana dalla caratterizzazione statunitense, un sound che conosciamo ma che loro propongono con numerose capacità, sia tecniche che ideative. Un ascolto è più che consigliato.

Autore: Hyperprysm Titolo Album: Hyperprysm
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Alternative Rock, Pop Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/HYPERPRYSM/
Membri band:
Davide Teruzzi – voce
Davide Pozzoli – chitarra, voce
Francesco Bubola – basso
Simone Cusa – batteria
Tracklist:
1. Fabvla
2. The Strongest
3. This World Of Mine
4. Temples
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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04th Giu2019

Nevrorea – Diva

by Sara Fabrizi
Diva è l’interessante debut album dei fiorentini Nevrorea. Esito di un songwriting dipanatosi a partire dal 2016 e giunto ad una conclusione nel 2018. Alternative rock con evidenti venature psichedeliche, il tutto innestato su un cantato italiano che trae molta linfa dalla timbrica decisa e limpida di Cosimo Bitossi. Le influenze che emergono già ad un primo ascolto sono Radiohead e Verdena, ma ci sento anche i cari vecchi Marlene Kuntz. 10 brani introdotti da Impulsiva, un intro interamente strumentale e potente che dà l’idea di cosa ci aspetta. Inizia quindi questo viaggio, dalle atmosfere notturne e metropolitane, attraverso pezzi che sono come capitoli di un romanzo incentrati su una moderna eroina, fragile e sfuggente. La struttura narrativa da concept album è sostenuta da una sezione ritmica potente che tiene alta l’attenzione sui racconti di volta in volta delicati o decisi. Spiccano, a mio parere, la title track, Revolver e Accelera, quali momenti forti e cruciali, espressi sia dal sound piuttosto cupo sia dalle liriche spietatamente sincere.

Molto bella anche Calliope, qui le sonorità si fanno più tenui ed introspettive. Per poi riprendere verve in Attenta A Dove Mette I Piedi, brano energico ed arrabbiato. L’ultimo sussulto prima di cedere il passo all’outro, Nacht. I toni si fanno più rilassati, la sezione ritmica concede maggiore respiro e poche incisive parole ripetute in loop chiudono il cerchio “Rose in fondo al cuore crescono, il buio mi confonde”. Un disco suadente e magnetico, siamo dinanzi ad un esordio molto promettente.

Autore: Nevrorea Titolo Album: Diva
Anno: 2018 Casa Discografica: Suburban Sky Records, Red Cat Records
Genere musicale: Alternative Rock, Psychedelic Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/Nevrorea/
Membri band:
Cosimo Bitossi – chitarre, synth, voce
Ernesto Santoro – basso, cori
Lorenzo Bianchi – batteria, percussioni elettroniche
Tracklist:
1. Impulsiva (Intro)
2. Prova A Perderti
3. Diva
4. Calliope
5. Revolver
6. Super Ego
7. Accelera
8. Karmaboy
9. Attenta A Dove Metti I Piedi
10. Nacht (Outro)
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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25th Mag2019

The Revers – 261

by Marcello Zinno
I The Revers sono una giovane formazione partenopea a nostro parere davvero promettente. A livello musicale i ragazzi si muovono con agiatezza tra un rock dalle tinte dark e un heavy metal graffiante in cui le chitarre preferiscono farsi sentire anche emotivamente piuttosto che ingoiare anabolizzanti e sfoderare i propri muscoli. Se ci si sofferma sul profilo puramente compositivo le idee ci sono, i ragazzi non usano mai la banalità né si accontentano delle classiche strutture strofa-ritornello-strofa; inoltre questo alone oscuro di cui il loro rock è inebriato dona una veste particolare e per nulla da band emergente, anche se va detto che la loro è una proposta figlia dell’evoluzione del rock della fine degli anni 90, quando si sentiva il bisogno di tempi più lenti e partiture più ricercate. Quello che non ci convince sono le linee vocali, non per una questione di doti del singer Giuseppe Murolo bensì proprio per un aspetto legato all’uso dello “strumento voce”. Nel primo brano infatti viene sottolineato un tentativo recitativo, quasi da band pop rock, che sembra un po’ distante dall’imprinting rock che la band vuole offrire. Ad esempio il brano Soli E Dentro Un Mondo è un pezzo decisamente heavy rock e qui l’uso è più coerente con l’approccio musicale, mancando quegli allungamenti vocali che risultano fuori tema per loro (come accade anche all’inizio di L’assenza Amente). Inoltre, e questo accade in diversi brani, Murolo tenta anche delle linee vocali molto più ruvide che assumono le sembianze di uno screaming (per come è conosciuto nel mondo del metal) e che toccano un altro estremo vocale, anch’esso distante dalle radici profondamente rock del combo. Giusto quindi per noi sperimentare, cambiare tonalità, giocare per trovare una propria personalità, ma l’aspetto musicale dovrebbe ispirare una veste più consona a parer nostro. Con tutta probabilità, trattandosi di un debutto, continueranno i tentativi nel trovare una personalità vocale di maggior idoneità con il sound della band.

A parte questo aspetto il rock dei The Revers è d’impatto e ben congegnato, i passaggi maggiormente duri convincono di più, quindi la già citata Soli E Dentro Un Mondo o Flashback Eversivo vincono secondo noi rispetto ad una Io, Anime Danzanti che mostra un profilo da ballad cantautorale seppur immersa in una veste elettrica, o anche rispetto ad una Senza Una Parola. Con qualche modifica in corso d’opera i The Revers potrebbero creare in futuro qualcosa di davvero importante.

Autore: The Revers Titolo Album: 261
Anno: 2018 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/thereversofficial/
Membri band:
Giuseppe Murolo – voce, chitarra
Emanuele Cipolletta – chitarra
Rodolfo Tutella – basso
Davide Sasso – batteria
Tracklist:
1. Pensami Diviso
2. Geli-Di
3. Le Mie Verità
4. Luce Nera
5. Soli E Dentro Un Mondo
6. Io, Anime Danzanti
7. Senza Una Parola
8. Flashback Eversivo
9. L’assenza Amente
10. Nei Pensieri
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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23rd Mag2019

TV Lumière – Avrei Dovuto Odiarti

by Paolo Tocco
Mi piace andare alle mostre. E prima ancora che perdermi davanti le opere mi affascina vedere come reagiscono le altre persone. E nel 90% dei casi, quando qualcuno non capisce…passa oltre. E di questi, il 90% codifica l’opera come brutta. Siamo nell’era dell’immagine e dell’apparire ma soprattutto siamo nell’era in cui il libero arbitrio può in assoluto decretare. Il bello prende il posto di qualitativo. Il “mi piace è la nuova religione imperante. Io non faccio parte di quella schiera di persone. Non me ne vanto, non sono un presuntuoso…ho solo scoperto (anzi ri-scoperto) quanto è appagante fare domande. E per raccontarvi questo disco dovrei prima fare tante domande. Sono sicuro invece che alla maggior pare delle persone, coloro i quali avranno capito poco o niente, etichetteranno questo quarto disco dei TV Lumière come brutto. Ed invece penso proprio che sia un lavoro interessante. Bello o brutto lascia il tempo che trova ed io non ho tempo da perdere. Ho sulla pelle la stessa sensazione vissuta dopo l’ascolto dell’ultimo lavoro di Nero Kane…che tra l’altro, macchiandosi di quell’America dannata e ferrosa, sembra camminare nella stessa direzione di questo disco. Avrei Dovuto Odiarti è il quarto lavoro della band di Terni che ormai ha quasi 20 anni di carriera alle spalle, tra derive e riconfigurazioni, cambi di marcia e vestiti di scena. Archiviamo le note di ufficio citando il buon Carlo Zambon tra le guide artistiche di questo lavoro che probabilmente configura il suono in un risultato “nuovo” per i Nostri e qui, ascoltando come niente è a caso, preme immergersi nel loro passato e capire quanto e come la trasformazione ha prodotto rivoluzione. E questa è la prima domanda.

Tutto molto poco casuale e per niente lasciato alla semplice funzione estetica e lo percepisco in due momenti precisi: in La Strage Di San Valentino, questo lungo strumentale che non annoia ma narra, ricco di dettagli che sono importanti e visionari. Questo intro di ululati di ferro e di polvere solitaria (armonici di violino?) che tornano nel brano mescolandosi in quelle marce country di pieno paesaggio west mi mostrano la città vecchia, disabitata, mi mostrano la solitudine di una ricerca personale ma anche il confronto per niente facile con il futuro industriale. Certo, visto anche il continuo richiamo con un certo passato, avrei preferito maggiore rispetto didascalico a quel primo impatto western e invece – la parte di drumming soprattutto – diviene molto psichedelico e indie trasportandomi in una notte che potrebbe somigliare ad una di quelle uscite dal film de Il Corvo. E il secondo punto che dimostra la cura letteraria dei dettagli è nella traccia finale Sonny J. Barbieri dove si fa determinante e assolutamente caratterizzante il dialogo tra batteria e pianoforte. Mi ha colpito questo ricamo armonico e quest’arrangiamento che allo stesso tempo disegna una scena epica (nel battere greve della tonica), speranza di soluzione (nel piccolo fraseggio in maggiore sulle ottave medio alte) e poi quel certo gusto jazz che mi parla di perplessità e di scoperta. Ma queste sono solo mie chiavi di lettura, magari assolutamente fuori tema…ma potente è il carico visionario di questo disco.

Le canzoni che per il resto dell’ascolto si dispiegano sono canzoni cattedratiche, eucaristiche, in cui la voce è assai penalizzata nella produzione, quasi intellegibile il più delle volte e questo mi dispiace assai perché penso che in questi 9 inediti ci siano storie e leggende, eroi e anatemi. Un disco da anacoreti o sacerdoti dell’occulto con queste linee vocali che richiamano inevitabilmente la parte pop dei Baustelle o dei più giovani Siberia, con melodie che spesso abbracciano il più storico folk o le più eleganti forme della canzone d’autore. E girando e rigirando il brano Un Sicario che trovavo questa bellissima costruzione melodica della strofa, assai caratterizzante, e sfogliando e risvegliando la memoria ecco uscire fuori Memories And Dust di Paolo Preite che, nel DNA del suo scheletro, ha confezionato qualcosa di simile nelle sue consuete vesti pop rock. Non cito plagi o furti ma è una buona scusa per far conoscere altra musica che, in modo del tutto sconnesso e personale, ha in qualche modo usato colori simili. Che poi questa costruzione è assai tradizionale… sono sicuro di ritrovarla in qualsiasi disco di folk irlandese ad esempio. E proprio i dettagli tornano vincenti nei suoni e negli arrangiamenti di Fondo Alle Ancore dove qui, più di prima, si resta fedeli a questa immagine western e si aggiunge, senza peccare di incoerenza, questo sapore un poco hawaiano e un poco piratesco.

E che curiosità resta di conoscere a fondo la letteratura di questo disco che penso sia più che un collante di brani da tenere assieme in un solo disco. Avrei Dovuto Odiarti non sprizza di gioia e di luci accese, non ha figure che la moda riconosce come belle, non ha ritornelli forti e strutture radiofoniche. È un disco che pretende calma e stasi, vuole misurare con tatto il tempo e dare peso ad ogni passaggio: dunque non ascoltatelo se avete tempo da riempire. Ascoltatelo se avete tempo da dedicare. Avrei voluto capirlo di più. Troppo ermetismo in questa voce che si fa comprendere poco, troppo ermetismo in questa scelta di luce soffuse che, se pur restituendo uno scenario curato e molto affascinante, non illuminano secondo me i punti salienti per lasciare tracce e indizi a noialtri per orientarci verso l’uscita. Si resta incastrati dentro il mondo dei Tv Lumiere…e per fortuna è un mondo che mi piace.

Autore: TV Lumière Titolo Album: Avrei Dovuto Odiarti
Anno: 2019 Casa Discografica: I Dischi Del Minollo
Genere musicale: Gothic, Alternative Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/tvlumiere.band/
Membri band:
Federico Persichini – chitarra, voce
Ferruccio Persichini – chitarra
Alessandro Roncetti – basso
Yuri Rosi – batteria
Tracklist:
1. L’indifferenza
2. L’appartamento Sul Lungonera
3. Canzone Bianca
4. La Strage Di San Valentino
5. Un Sicario
6. Fondo Alle Ancore!
7. Il Tranello
8. Ipotesi Di Ritirata
9. Sonny J. Barbieri
Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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