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10th Giu2018

Chien Bizarre – Outsider

by Alessio Capraro

Chien Bizarre - OutsiderI Chien Bizarre sono un quartetto nato nel 2014 dalle ceneri di precedenti progetti e già autori di un primo lavoro di inediti, I Migliori Esemplari del 2015. Dopo un’intensa attività in studio, ecco portare alla luce Outsider, un album interamente autoprodotto composto da 10 tracce in chiaro stile alternative rock, italiano in primis ma con accenni d’oltreoceano. Il disco si apre con Il Gigante Delle Favole, un brano forse inusuale come apripista perché non particolarmente d’impatto ma, incuriosisce quanto basta, ricordando, in alcuni tratti, i primi Pooh. Segue Canzone D’umore (nero), brano in chiaro stile alternative italiano perché strizza l’occhio al sound delle Vibrazioni, un rock semplice che mette in primo piano il cantato. Come Cleopatra è primo singolo dell’album, che si apre con un arpeggio rock caratterizzato da una buona arrangiatura delle chitarre. La successiva Insensibile acquista un sapore più dark senza tralasciare l’orecchiabilità, appoggiandosi su Empatia e Preghiera Laica, dai ritmi più contenuti e riflessivi.

Si riacquista un po’ di vivacità con Underground, brano più serrato con un buon ritornello, al pari della conclusiva Il Solito Caffè, rock piacevole e senza pretese. I Chien Bizarre sono senza dubbio una buona band, così come la produzione, ma sono privi di quel particolare mordente che si fa attendere e non arriva mai: ci si aspetta d’improvviso una apertura, una svolta e, invece, si resta impantanati in una sorta di linea guida immaginaria. Album piacevole, ben suonato, ma fine a se stesso, racchiuso fin troppo nel proprio mondo alternative che non lascia spazio ad altri sbocchi, forse solo in alcuni casi accennati. Osare, senza esagerare o snaturarsi, ma osare, i mezzi ci sono.

Autore: Chien Bizarre

Titolo Album: Outsider

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoprodotto

Genere musicale: Alternative Rock

Voto: 5,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/lechienbizarre/

Membri band:

Simone Freddi – basso, voce

Carlo Ciarrocchi – chitarra

Lorenzo Eugeni – batteria

Mauro Mosciatti – voce, chitarra

Tracklist:

  1. Il Gigante Delle Favole

  2. Canzone D’umore (nero)

  3. Come Cleopatra

  4. Insensibile

  5. Empatia

  6. Preghiera Laica

  7. Mantide

  8. Underground

  9. La Mia Generazione

  10. Il Solito Caffè

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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07th Giu2018

Nimby – Nimby II

by Paolo Tocco

Nimby - Nimby IIDifficilmente mi sento a mio agio nei matrimoni. Anzi direi quasi mai. Difficilmente sanno stare assieme omologati e ipersensibili all’unicità. Difficilmente sanno fiorire della stessa luce chi veste con i cappelli di pezza e chi con le cravatte alla moda. Eppure la tanto da me odiata scena indie, che più tra tutte si omologa e si autocopia, sforna qualcosa che di certo non sta sulla terra con la capacità di rivoluzionare tutto ma sa il fatto suo e lo dice a voce ben alta. Bravi Nimby. Io che dalle prime battute ho detto – ecco il solito disco di Fusaroli – mi sono dovuto mangiare lingue e calpestare calli. Di certo l’impronta del fonico famoso per il T.d.O. c’è e si sente subito… e non so se maledire più i vostri cliché o i miei pregiudizi. Per oggi, per questo disco, io punto la forca sulle natiche del sottoscritto e mi congratulo con la sua capacità di andare oltre i primi secondi di puro scopiazzamento indie. C’è molto altro, stupido Tocco, c’è molto altro in questo secondo disco dei Nimby.

Innanzitutto bellissima copertina. Tanto di cappello – di pezza ovviamente – al lavoro di Andrea Grosso Ciponte. Una di quelle copertine che mi riporta inevitabilmente ai grandi capolavori della controcultura americana e, senza sparare troppo in alto, di primo acchito pensavo proprio al Big Pink dei banditi di Dylan. Ma andiamo oltre. Sono 8 inediti che diversamente da altri dischi di tal maniera essi promettono due cose. Melodia: non è per niente scontato anzi. Siamo figli del melodramma e non finiremo mai di riconoscere la melodia prima ancora della canzone. E questo disco ne ha tanta di melodia, dalla struttura di Opacità, alle belle strofe di La Noia passando per il brano più autoralmente importante – secondo me – che è Rijeka Boat. In genere in questi dischi della melodia non ci frega nulla ma si urla, parolacce se possibile, urla per buttare merda al sistema politico. Amen. Dinamica di voce: finalmente un disco “emergente” che cura la voce in diversi ambiti della dinamica. Non solo il mix, non solo la produzione delle linee vocali, ma anche giocare con la melodia (appunto) per portare la voce a presentarsi in diversi ambiti e momenti. Un vero timbro esterofilo, forse più americano alla Green Day o Foo Fighters (tra l’altro proprio Opacità richiama tantissimo questo stilema) che inglese in sé, per quanto il disco sembra voler essere figlio di quel movimento punk.

E poi si danza da noir possenti e industriali come Goodbye My Love che la sanno lunga anche sulle intenzioni cantautorali con queste liriche che – non so perché – ma mi fanno pensare ad un Ivan Graziani del rock indie di oggi, fino ad arrivare alle sospensioni ultraterrene di Universo. E la produzione e i suoni, eccetto quelli davvero portanti, si adeguano, sono personali e sono coerenti al momento che cantano. Non troviamo lo stesso suono per tutto il disco, non troviamo una produzione che ha impostato il mixer e premuto rec una volta soltanto. Non troviamo una scrittura che sforna canzoni con lo stesso format. Troviamo personalità e scrittura e troviamo anche voglia di inseguire un certo disegno piuttosto che un altro. Cosa non mi piace? Non mi piace che ci sono code ridondanti che appesantiscono gli ascolti resisi accattivanti fino ad allora. Forse l’esempio più importante è proprio il singolo La Noia che dal secondo ritornello in poi poteva andare a chiudere invece che usare una parte strumentale e uno “special” (corretto?) per ingrassare un brano che doveva chiudere la partita nel momento in cui stava vincendo.

Forse proprio la voce che se da una parte ha tutte le bellezze che ho elencato prima, dall’altra però nella sua estetica scimmiotta le tante voci indie. Questa coralità ma soprattutto questo mix che le porta ad essere ingoiate dal tutto, quasi a compromettere l’intelligibilità. Punti di vista e gusti. Di sicuro questo Nimby II è un disco che sta ben dentro il paniere dei suoi simili ma si staglia e di tanto anche dalla massa di autocopiatori di se stessi. Odio l’omologazione. Quindi un plauso a questo disco che senza presunzione e anche se ancora priva della ricetta vincente per farci godere della propria personalità, ha giocato carte buone, semplici per dire semplicemente la sua… la sua, e non quella di altri. Ma questo è sempre e soltanto quello che penso io.

Autore: Nimby

Titolo Album: Nimby II

Anno: 2018

Casa Discografica: La Lumaca Dischi, Overdrive Rec

Genere musicale: Alternative Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.nimbysound.com

Membri band:

Tommaso La Vecchia – voce, chitarra e synth

Aldo Ferrara – chitarra, cori

Francesco La Vecchia – chitarra

Stefano Lo Iacono – basso

Raffaele De Carlo – flauto, cori, synth

Simone Matarese – batteria

Tracklist:

  1. Opacità

  2. Sottovuoto

  3. Goodbye My Love

  4. La Noia

  5. Il Grande Libro Del Cane

  6. Rijeka Boat

  7. Una Manciata Di Grammi

  8. Universo

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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04th Giu2018

Enjoy The Void – Enjoy The Void

by Marcello Zinno

Enjoy The Void - Enjoy The VoidProgetto giovane, nato dalla mente di Sergio Bertolino, in Inghilterra e lui scrive tutto da solo. Solo in seguito il progetto si tramuta in una band vera e propria e dà alla luce questo primo omonimo album. Va detto che i brani hanno un sapore inglese molto forte, non solo per testi ma anche per le musiche, gli arrangiamenti, gli effetti; il singolo Our Garden evidenzia senza dubbio questo sapore, pescando da un contesto cantautorale, beatlesiano e, perché no, un po’ Pink Floyd che rimarca l’andamento agiato della musica del combo. Il rock degli Enjoy The Void è infatti fortemente retrospettivo, evita riff portanti, piuttosto gioca tutte le carte su strutture eleganti, come un Lenny Kravitz meno rock e più soffuso (Doubt), capace di dare la giusta importanza alla voce ma accompagnandola sempre con uno stile musicale che è un importante trademark dell’album. Il basso c’è e disegna linee diverse da quelle degli altri strumenti elettrici, valorizzando a dovere le composizioni; le battute come dicevamo prima sono limitate, segno che gli Enjoy The Void non intendono colpire con la vena più rock bensì con uno stile personale ed una profondità di linguaggio da apprezzare. Compare di tanto in tanto un accenno di elettronica, come in Stayaway, che però non spiazza l’ascoltatore.

Bella A Prayer che ci ricorda qualche incedere antico alla Nick Cave modellato in un habitat più moderno, sicuramente ha più mordente di una Don’t Tell Me No che funge più da riempitivo e ci sembra un po’ stanca rispetto agli altri momenti. Una band che sa cosa dire e lo fa in maniera autorevole, puntando a quel rock sofisticato che le band non propongono più, anche solo perché serve un certo spessore ideativo e una particolare classe per approdarvi.

Autore: Enjoy The Void

Titolo Album: Enjoy The Void

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Alternative Rock, Art Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://soundcloud.com/user-835543497

Membri band:

Sergio Bertolino – voce, tastiere, elettronica

Tony Guerrieri – basso

Francesco Magaldi – batteria

Lucio Filizola – chitarra

Giuseppe Bruno – chitarra, cori

Giovanni Caruso – chitarra in Night, cori

Brunella Giannì – cori

Tracklist:

  1. The Most Sublime

  2. Nanaqui

  3. Our Garden

  4. Doubt

  5. The Usual Blues

  6. Something Strange

  7. A Prayer

  8. Night

  9. Don’t Tell Me No

  10. Stayaway

  11. Song For The Forgotten One

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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27th Mag2018

Eschimo – Elvis Ha Lasciato L’edificio

by Marcello Zinno

Eschimo - Elvis Ha Lasciato L'edificioOltre 41 anni sono trascorsi dalla morte di Elvis Presley eppure c’è ancora gente che lo immagina, oggi, seduto su una sdraio di un’isola deserta a prendersi gioco della vita (e dei creduloni). Gli Eschimo non sono così ingenui e anche se citano una frase usata alla fine dei suoi concerti, sono ben più pragmatici nelle argomentazioni che portano avanti. Nessun messaggio di rivoluzione sia chiaro, si parla del solito disagio giovanile che le nuove formazioni sentono e proclamano tramite la nostra musica. Ed essendo questo un tema molto inflazionato (anche se è davvero difficile dire che non meriti voce) a noi interessa più la loro musica. Elvis Ha Lasciato L’edificio passa come una fiammata, il tempo di accendere una sigaretta ed è bruciato, eppure noi ci vediamo diversi livelli. Alcune parti strumentali con tanto di basso simil-fuzz e tastiere che osannano i settanta saggiano il gusto di questo power trio che confeziona brani di un alternative rock prezioso. Gli Eschimo sanno che il ritornello, o il chorus azzeccato, non può mancare ma sanno anche secondo noi che non possono vendersi al dio del pop radiofonico. O forse non sanno né l’una né l’altra cosa e scrivono ciò che sentono, e ciò che sentono a noi piace. Ci piacciono le mutevoli condizioni che si accavallano in Distante, ci piacciono i ritmi lenti di Inutile che non tardano ad esplodere, ci piacciono le spigolosità della loro personalità che vengono fuori ad un ascolto attento (si ascolti solo come esempio Numeri E chiavi Inglesi) anche se in fondo anche ad un primissimo ascolto i brani scendono con piacere.

Una band assolutamente da seguire perché in un full-lenght completo (che speriamo arrivi presto) potrebbero davvero sfondare il telone del rock moderno e sapiente finendo per tuffarsi nei nostri cuori e creare palpitazioni impagabili.

Autore: Eschimo

Titolo Album: Elvis Ha Lasciato L’edificio

Anno: 2018

Casa Discografica: Phonarchia Dischi, The Orchard

Genere musicale: Alternative Rock, Rock

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/eschimoband

Membri band:

Francesco Magrini – voce, chitarra, tastiere

Giulio Beneforti – basso

Giovanni Ranuzzi – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. Inutile

  2. Lettera D’amore

  3. Numeri E Chiavi Inglesi

  4. Distante

  5. Reset

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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26th Mag2018

Acid Jack Flashed & The Pylls – The Invisible Men

by Marcello Zinno

Acid Jack Flashed & The Pylls - The Invisible MenThe Invisible Men è l’album realizzato dalla mente di Giacomo Premoli, in arte Acid Jack Flashed che con queste dodici tracce vuole pescare dal passato, da quei suoni molto anni settanta (The Clash richiamati in diversi momenti), un mood ritmico un po’ beat e un animo da artista solitario. Lui che ha fatto parte di decine di formazioni e che è qui accompagnato da musicisti altrettanto navigati, realizza un album dalle tante influenze ma che alla radice, a parere nostro, non rende chiara l’idea del messaggio che vuole offrire. L’impressione è che la musica di Premoli sia pensata e suonata un po’ così, per divertire ma senza ambizioni particolari; fresca, orecchiabile, semplificata in termini produttivi e con quel sano approccio punk rock che intende guadagnare un fascino retrò, una personalità indie con tanti arrangiamenti ma poca sostanza significativa. D’altra parte lo dice l’artista stesso: “I am no poet – no sir, I’m no high seller, no sir…I’m just having fun” e probabilmente questa frase rispecchia più di ogni cosa la musica degli (o di) Acid Jack Flashed. Se poi aggiungiamo che quasi in concomitanza con l’uscita dell’album il progetto The Pylls si è sciolto allora possiamo collocare questo album come un qualcosa di estemporaneo.

Ci sono momenti dall’ascolto più facile (musicalmente parlando), come Mother Of Humans, e ci sono pezzi un po’ più particolari, come The Thieving Blackbird o I Wish I Did, ma che comunque non propongono composizioni davvero profonde o comunque degne di essere ricordate, tramandate. Anche il sassofono di The Invisible Man, il sapore molto british in diversi momenti, gli intermezzi strumentali in Spiders o le incursioni irish folk di I’ll Be Your Hobbit sono momenti da citare ma in ogni caso non aiutano a far lievitare in maniera significativa il valore artistico di questa uscita. Noi continuiamo a vedere l’ombra di Joe Strummer dietro certe composizioni ma non cercate l’attivismo che i The Clash mettevano al centro della loro musica perché qui siamo su tutt’altri lidi. Se i ragazzi cercavano di divertirsi e nulla più noi siamo contenti che ci siano riusciti. Probabilmente è questo lo stato d’animo che voi stessi dovete assumere se volete avvicinarvi a questo album.

Autore: Acid Jack Flashed & The Pylls

Titolo Album: The Invisible Men

Anno: 2017

Casa Discografica: Areasonica Records

Genere musicale: Alternative Rock, Punk Rock

Voto: 5,5

Tipo: CD

Sito web: https://soundcloud.com/acid-jack-flashed

Membri band:

Roberto Bob Verde – chitarra, voce, sassofono

Acid Jack Flesched – chitarra, voce

Andrea Guglielmi – batteria, percussioni

Lucio Visinoni – basso, voce armonica

Tracklist:

  1. No Sir

  2. Blind

  3. Mother Of Humans

  4. The Invisible Man

  5. Spiders

  6. I’ll Be Your Hobbit

  7. Lovetrouble

  8. The Thieving Blackbird

  9. Discipline

  10. Lettin’ Go

  11. I Wish I Did

  12. End Of The Summer

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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05th Mag2018

Slow Nerve – Slow Nerve

by Francesco Mureddu

Slow Nerve - Slow NerveGli Slow Nerve ci propongono con il debutto omonimo la loro versione personale dell’alternative rock, che pesca spesso e volentieri dal progressive rock italiano anni 70. L’influenza si avverte nelle linee vocali della cantante Flaminia Samperi (che a tratti fa venire in mente vocalizzi adottati da band come gli Osanna) e nelle soluzioni stilistiche scelte dal resto della band (che a tratti fanno venire in mente i Museo Rosenbach). L’album in generale è un composto chimico incolore formato da due atomi di alternative rock e un atomo di jazz, ma nel quale possiamo trovare disciolte moltissime altre sostanze che per comodità chiameremo sperimentazione. Liquid Glass è un brano dall’andamento irregolare ma al contempo fluido caratterizzato da ritmiche jazz e chitarre psichedeliche che fanno da tappeto sonoro a linee vocali ricercate, ma già con la successiva ASIA la band cambia le carte in tavola proponendo una brano riflessivo e dalle atmosfere intimistiche, efficace seconda voce maschile introdotta nel brano. Meno riuscito il duetto su Virgin dove le due voci maschile e femminile non si incastrano a dovere nonostante stiamo parlando di una buona composizione post-rock, così come Skat che si muove su territori più alternative e onirici che fanno venire alla mente i Tool.

La conclusiva strumentale Drive è un’altra ottima composizione a metà tra progressive e psichedelia che personalmente avrei inserito a metà dell’opera per permetterle di spezzare un po’ e diversificare la scaletta. In conclusione ad avercene in Italia di band come gli Slow Nerve, band del presente che guardano al futuro senza scordare il passato.

Autore: Slow Nerve

Titolo Album: Slow Nerve

Anno: 2018

Casa Discografica: Karma Conspiracy Records

Genere musicale: Alternative Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: www.bandcamp.com/slownerve

Membri band:

Flaminia Samperi – synth, piano, voce

Antonio Ciaramella – chitarra

Giulio Izzo – basso, voce

Rocco Pedicini – batteria

Tracklist:

  1. Liquid Glass

  2. Asia

  3. The Mind Is Afraid

  4. Libellula

  5. Skat

  6. Virgin

  7. Waiting

  8. Amber Chain

  9. Slow Nerve

  10. Dive

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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24th Apr2018

Devocka – Meccanismi E Desideri Semplici

by Marcello Zinno

Devocka - Meccanismi E Desideri SempliciI Devocka tornano dopo anni, con qualche novità in formazione ma innanzitutto con un album dal sound maturo e per nulla semplice (sia da concepire che da assorbire). Meccanismi E Desideri Semplici è un album alternative-sintetico, vintage in alcuni suoni, anche se nei testi e nelle melodie si avverte una profondità particolare. Eppure il film non è sempre lo stesso. Le linee di basso e gli effetti vari sanno di new wave, in alcuni momenti (Siamo Già Finiti) le trame lente e martellanti ti spingono in un’altra dimensione temporale, al contrario di altre tracce che incalzano (Nel Vortice) e in cui le chitarre disegnano veri e propri arrangiamenti in una corsa ritmica che evangelizza il rock. Echi, chilate di echi, testi recitati e leggermente melodici (che a volte ci ricordano la metrica di Capovilla), questi i due fattori iniettati nel marchio dei Devocka di oggi e che rende più suggestiva la loro proposta. Oltre questo, tanta varietà in un album che pur con un delle coordinate comuni sembra viaggiare lungo le epoche. Le prime tracce mettono in luce alcuni suoni più ottantiani, con una vena elettrica che al contrario conferisce quel sapore più moderno al progetto. Mentre proseguendo con l’ascolto dell’album la modernità prende talvolta il sopravvento, come in Ultimatum Di Un Errore con testi che sputano odio e assoli impazziti di sponda noise mentre il riff sembra citare influenze hard rock.

I Devocka mettono in scena un rock ricercato e alternativo se guardiamo il resto della scena. Un rock teatrale, suonato e sentito, pieno di musica ma anche di effetti, attenzione ai dettagli. Insomma un album non per tutti ma solo per chi vuole scavare nella profondità del rock.

Autore: Devocka

Titolo Album: Meccanismi E Desideri Semplici

Anno: 2018

Casa Discografica: Dimora Records

Genere musicale: Alternative Rock, Post-Punk

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.devocka.com

Membri band:

Igor Tosi – voce, chitarra, synth

Matteo Guandalini – chitarra

Alessandro Graziadei – basso

Ivan Mantovani – batteria

Stefano Selvatici – chitarra

Tracklist:

  1. Storia Senza Nome

  2. Bestemmia

  3. Maledetto

  4. Lezione A Memoria

  5. Questa Distinzione

  6. Un Bacio Cieco E Interminabile

  7. Siamo Già Finiti

  8. Nel Vortice

  9. Ultimatum Di Un Errore

  10. L’apice Del Masochismo

  11. L’imbecille

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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17th Apr2018

Sick Tamburo – Un Giorno Nuovo

by Igor Cuvertino

Sick Tamburo - Un Giorno Nuovo copertinaCi sono dischi che non hanno bisogno di essere riascoltati. Ti colpiscono dritti al cervello e restano lì, hanno cambiato tutto. Dopo aver ascoltato per la prima volta Sick Tamburo (nel lontano 2009), non volevi riascoltarlo per capirlo o per assimilarlo. Volevi solo tuffarti di nuovo in quel vortice psichedelico e “topoallucinato”, dipingere la tua camera di verde fluo e riempirla di specchi. Otto anni (e due album) dopo esce Un Giorno Nuovo, quarto album della band pordenonese. I tratti distintivi sono attenuati ma rispettati, dalle ritmiche essenziali e chirurgiche ai numerosi arpeggi, dalle frasi e dalle strofe ripetute come mantra, all’ottimo uso dell’elettronica (sempre presente ma mai invasiva). La vera novità è nei testi e nei contenuti. Come nel precedente lavoro Senza Vergogna le parti vocali sono al 90% affidate al leader G.M. Accusani (ex-Prozac+), mentre viene abbandonato quasi totalmente il cantato femminile (infatti l’altra Prozac+ Elisabetta “Boom Girl” parteciperà meno attivamente al progetto, come dichiarato dal gruppo). Pur mantenendo la consueta malinconia di fondo, risulta chiara fin dalla prima traccia (la title track Un Giorno Nuovo) l’apertura a sensazioni positive e ottimistiche, quasi del tutto assenti nei precedenti lavori.

Cosi proprio Un Giorno Nuovo e Oltre la Collina si aprono con suoni quasi acustici, ricordando a tratti i compagni di etichetta Tre Allegri Ragazzi Morti dei tempi d’oro, mentre risultano ben più fedeli al sound tipico dei Sick Tamburo i brani cardine del disco, Sei il Mio Demone, Con Prepotenza e Dedicato A Me (unico cantato da Elisabetta). Molto ben riuscita la collaborazione con il cantautore Motta su Meno Male Che Ci Sei Tu, brano che fonde benissimo la carica positiva del nuovo album con i synth e le strofe psichedeliche ripetute classiche dei Sick Tamburo. Ad Altro Siamo Pronti è un brano di carattere punk dove riemerge lo spettro dei Prozac+, mentre La Fine Della Chemio riprende il tema della lotta contro il cancro, ricorrente più volte nel disco (“Sconfiggeranno quei mali, quelli più brutti, quelli più neri”). L’unica nota stonata da menzionare è il brano Perdo Conoscenza. A chiunque abbia ascoltato almeno una volta l’ultimo disco Senza Vergogna questo brano non può che sembrare una cover della traccia di apertura Qualche Volta Anch’io Sorrido. Perché inserire un brano praticamente identico nelle ritmiche, cadenza e arrangiamenti di uno già pubblicato?!

Con questo album la band dimostra di essere ulteriormente cresciuta, di aver intrapreso un percorso evolutivo che l’ha trasformata dall’essere “gli ex Prozac+” all’essere una realtà ben precisa e consolidata nel panorama alternative rock italiano. Abbandonata in parte l’incisività del sound iniziale, che in effetti alla lunga avrebbe potuto stufare e risultare ripetitiva, oltre che a limitare il numero di estimatori, i Sick Tamburo sono riusciti album dopo album ad evolversi ma parallelamente a mantenere intatti i tratti distintivi degli esordi senza snaturarsi.

Autore: Sick Tamburo

Titolo Album: Un Giorno Nuovo

Anno: 2017

Casa Discografica: La Tempesta Dischi

Genere musicale: Alternative Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/Sick-Tamburo-52564921680/

Membri band:

Mr. Man – voce, chitarra

Miss Understanding – voce, basso

String Face – chitarra

Doc.Eye – batteria

Tracklist:

  1. Un Giorno Nuovo

  2. Sei Il Mio Demone

  3. Oltre La Collina

  4. Perdo Conoscenza

  5. Con Prepotenza

  6. Dedicato A Me

  7. Meno Male Che Ci Sei Tu (feat. Motta)

  8. Ad Altro Siamo Pronti

  9. La Fine Della Chemio

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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10th Apr2018

Casablanca – Pace, Violenza O Costume

by Marcello Zinno

Casablanca - Pace, Violenza O CostumeFacciamo un salto indietro di una ventina d’anni e ripeschiamo quell’alternative rock con testi in italiano, quello che in quell’epoca sembrava rivoluzionare il “nuovo” rock ed essere al tempo stesso l’unico capace a tenere testa al grunge statunitense. Sì ok Afterhours ma non solo. Questo sembra trovare nei Casablanca e nel loro secondo album Pace, Violenza O Costume ma non è solo revival dell’epoca che fu perché i Casablanca adottano delle soluzioni sonore più moderne e suoni più limpidi. Evidenti ad esempio sono le vicinanze con lo stoner ma non nel senso stretto del significato che diamo a questo genere, piuttosto nel fatto che in alcuni pattern di chitarra la band trangugia quei suoni, quegli effetti (Un Taglio In Bocca). Nei Casablanca, pur trattandosi di una band che non cede un passo alla vena elettrica, si cela un approccio compositivo vicino al pop rock: nella recitazione delle liriche, nei ritornelli, nelle melodie, ascoltate per esempio Una Ragione Di Più. E poi come è detto echi di Afterhours che si sento in alcuni momenti, come in Niente Rose o anche in altri brani nell’impostazione vocale di Max Zanotti.

Sprecato a nostro parere il feauturing con Ketty Passa che veste il ruolo di seconda voce nel ritornello, collaborazione che poteva essere giocata molto meglio magari alternando voce maschile e femminile. Noi apprezziamo indubbiamente i momenti più decisi, in cui l’attenzione verso una certa orecchiabilità viene lasciata a casa a favore di una insaziabile sete di rock, come in Un Punto Di Sutura, brano cattivo e che sposa a pieno lo spirito rock. Indubbiamente alcuni tracce possono trovare una giusta collocazione nelle radio e negli ascolti ripetuti dei fan, noi speriamo che i ragazzi trovino una carica energica superiore nelle prossime composizioni. D’altra parte “c’è sempre tempo per sfornare una canzone nuova“.

Autore: Casablanca

Titolo Album: Pace, Violenza O Costume

Anno: 2018

Casa Discografica: Vrec

Genere musicale: Alternative Rock, Pop Rock

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.casablancaofficial.it

Membri band:

Max Zanotti – voce, chitarra

Stefano Facchi – batteria

Giovanni Pinizzotto – basso

Rosario Lo Monaco – chitarra

Tracklist:

  1. Maschere

  2. Ti Sto Cercando

  3. Ti Scriverò Da Qui

  4. Minuetto (feat. Ketty Passa)

  5. Niente Rose

  6. Un Punto Di Sutura

  7. Lei

  8. Una Ragione Di Più

  9. Un Taglio In Bocca

  10. Casablanca

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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30th Mar2018

Using Bridge – Floatin’ Pieces

by Francesco Mureddu

Using Bridge - Floatin' PiecesFloatin’ Pieces è un album figlio degli anni 90 contenente sonorità di chiara derivazione hard rock e stoner, caratteristiche che potrebbero far accostare gli Using Bridge al genere grunge…ma c’è molto di più, in quanto i quattro musicisti riminesi non disdegnano neanche la psichedelia e strizzate d’occhio all’acid rock anni 70. Alcuni brani sono oscuri e ipnotici ma in ogni caso sempre sorretti da una voce grintosa e sofferta che fa ricordare a momenti il compianto Chris Cornell (RIP) mentre in altri fa venire in mente il frontman dei Pearl Jam Eddie Vedder. Amigdala parte con riff acido e un incedere grave della sezione ritmica enfatizzata dalle note acute e ripetute di un pianoforte(più avanti troveremo anche interventi di violino), si avverte subito il lavoro fatto dalla band sul groove e sulla produzione, caratteristica che si riscontra anche nella successiva Velvet Sky più solare e easy della precedente traccia. Di tutt’altra pasta è fatta Leave Your Skin con un drumming potente e chitarre graffianti che rispolverano soluzioni alternative che ogni tanto cadono nel “già sentito”, mentre Anymore è una ballata rock suggestiva e malinconica vicina come stile a Bleeding Me dei Metallica, un po’ come la conclusiva God Knows forse l’episodio più scontato del disco nonostante l’ottima performance della band.

In conclusione un disco che dimostra il senso di misura e di moderazione dei suoi autori, che non eccede nell’aggressività ma neanche nella melodia e alla fine fa contenti un po’ tutti…e scusate se è poco!

Autore: Using Bridge

Titolo Album: Floatin’ Pieces

Anno: 2018

Casa Discografica: Go Down Records

Genere musicale: Alternative Rock

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.usingbridge.com

Membri band:

Manuel Ottaviani – voce, basso

Federico Arcangeli – chitarra, voce

Simone Antonelli – chitarra, voce

Alessandro Bernabei – batteria

Tracklist:

  1. Amigdala

  2. Velvet Sky

  3. Floatin’ Pieces

  4. Werewolves

  5. Anymore

  6. Can Remember

  7. Leave Your Skin

  8. Run to You

  9. God Knows

Category : Recensioni
Tags : Alternative Rock
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