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25th Apr2016

Nekhen – Entering The Gate Of The Western Horizon

by Marcello Zinno

Nekhen - Entering The Gate Of The Western HorizonEntering The Gate Of The Western Horizon è il primo album creato dalla one man band Nekhen, un progetto che si presenta fin dall’artwork come un tutt’uno tra sperimentazione ed oscurità. Nonostante concettualmente sia fortemente ispirato alla cultura egiziana, a livello di sonorità i richiami sono all’avantgarde d’oltreoceano, scenario in cui sono più le singole ispirazioni a generi differenti che realizzano un’opera completa che non un unico punto di riferimento. Così nelle dodici tracce (che a detta dell’artista sono state composte come un unico brano, quindi una forma di concept) ci troviamo divagazioni spazio temporali di sponda Arcturus, riff sludge che abbracciano le leggi tracciate da tantissime band di New Orleans, ambientazioni post-metal che potrebbero avvicinarsi ai momenti più lisergici partoriti dai Tool e tanti altri sovrastrati che potrete percepire ai successivi ascolti. Quello che è chiaro è che non viene a galla una struttura comune di brani, saltano tutti i caratteri di strofe o ritornelli; compaiono sì dei pattern ma sono eccessivamente diluiti per poterli definire il centro di ogni singolo brano, piuttosto suoni, effetti e contorno creano quell’habitat in cui Nekhen si muove e vive.

Riff metal si fanno spesso spazio con forza ad irrobustire il profilo compositivo e alla lunga sembra questo uno dei caratteri che maggiormente resta dopo l’ascolto dell’album, riff cervellotici quasi a sfiorare i Meshuggah più introspettivi. In generale si tratta di un lavoro che sembra molto più lungo della durata effettiva e con la stessa proporzione oscuro. Chi ama la musica sperimentale può trovare in questo nuovo progetto varie grandezze interpretative ed esplorative, ma di sicuro è un prodotto per pochi.

Autore: Nekhen

Titolo Album: Entering The Gate Of The Western Horizon

Anno: 2015

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Avantgarde

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: https://nekhen.bandcamp.com

Membri band:

Nekhen

Tracklist:

  1. Waters Of Ra

  2. Baw Of The Duat

  3. Water Of The Unique Master, Which Brings Forth Offerings

  4. With Living Forms

  5. West

  6. The Depths, Waterhole Of Those Of The Duat

  7. Mysterious Cavern

  8. Sarcophagus Of Her Gods

  9. With Images Flowing Forth

  10. With Deep Water And High Banks

  11. Mouth Of The Cavern Which Examines The Corpses

  12. With Emerging Darkness And Appearing Births

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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16th Mar2016

DAAM – Technicolor Kabuki EP

by Marcello Zinno

DAAM - Technicolor Kabuki EPIl mondo della musica incontra quello dell’arte. E’ così che nasce il progetto DAAM, un trio composto da persone che definire “semplici musicisti” sarebbe alquanto restrittivo. Come ogni vicinanza al mondo dell’arte i DAAM mettono su disco un’espressione musicale difficile da contestualizzare e che esce fuori dai classici canoni con cui i generi cercano di semplificare la musica. Il loro Technicolor Kabuki EP viene presentato come un lavoro avant-garde e questo ce lo conferma l’opener che punta proprio a quegli scenari, anche se già con la successiva Middle Age Moon l’elettronica si avvicina, affiancata da linee vocali molto anni 80. Da qui si parte per il percorso musicale dei DAAM e vengono a galla le doti di producer dei componenti. Artwork e particolari vari richiamano la cultura orientale sulla quale sicuramente i pattern e le influenze restano fedeli, fin dalla prima traccia, pur trattandosi di un EP sperimentalmente variegato.

Dimenticate quindi lo strumento elettrico in quanto tale, qui siamo nel mondo delle manopole e degli effetti che si muove sul confine tra la musica avanguardistica e quella elettronica. L’augurio, almeno per i nostri gusti musicali, è che il trio in futuro sia in grado di aggiungere altri elementi a questo quadro in modo da avvicinarlo ad ambientazioni elettriche.

Autore: DAAM

Titolo Album: Technicolor Kabuki EP

Anno: 2015

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Avant-garde, Elettronica

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://www.facebook.com/DAAM-652521121543985

Membri band:

Davide Serpico

Matteo Gualeni

Bruno Vandyke

Tracklist:

  1. Tokyo Prelude

  2. Middle Age Moon

  3. Kaleidoscopic Dolak

  4. Endless Belcanto

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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26th Gen2016

Nina Madù E Le Reliquie Commestibili – Octopussa

by Marcello Zinno

Nina Madù E Le Reliquie Commestibili - OctopussaIl progetto di Nina Madù va di pari passo rispetto alla sua personalità, è qualcosa che si muove oltre le dinamiche squisitamente musicali e che, a nostro modo di vedere le cose, va anche oltre il concetto di rock band (nel senso più ampio che potete immaginare). Non a caso si passa da pezzi scritti e realizzati con sax, flauto e synth che svelano la band in tutta la propria compattezza a brani di pura elettronica che stridono alle nostre orecchie e si nascondono dietro un tendone electro-industrial che in realtà aggiunge davvero poco. Quindi scartiamo Collutazione Con La Hostess, Coppia Etero e anche Dadi Di Peluche e andiamo dritti al sodo. Nina Madù E Le Reliquie Commestibili non hanno paura di stupire e mettono in musica quello che farebbero su un palcoscenico di un teatro; la recitazione (nono solo alla voce ma anche nell’approccio quasi jam degli strumenti) mescolata a dei testi che apprezzano l’ humor e il nonsense, sono i fattori base dell’offerta, diciamo il corpo del gruppo che poi si veste in maniera differente a seconda delle tracce. La Mummia stupisce perché passa da ambientazioni horror-psichedeliche a un groove surf allegro come non mai; Chef Crudista, viene presentato come un valzer-balera, in realtà è uno sketch bello e buono da apprezzare come fosse un brano degli Elio E Le Storie Tese (periodo Eat The Phikis) insieme al brano Sushi che dopo un’intro sembra presentare un monologo ironico di Rocco Tanica.

L’opener Social Network è il brano che ci piace di più e che viene proposto a fine tracklist in una versione assolutamente particolare. Octopussa è comunque una prova sperimentale e trasversale sui generi(s), ready to use per chi si sente di voler scoprire mondi musicali diversi ma soprattutto interpretazioni particolari.

Autore: Nina Madù E Le Reliquie Commestibili

Titolo Album: Octopussa

Anno: 2015

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Avantgarde, Sperimentale

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.camillabarbarito.it

Membri band:

Nina Madù (Camilla Barbarito) – voce, synth

Il Bullo Psicologico (Ulisse Garnerone) – batteria, synth, pianoforte, basso

L’Abietto Infame (Fabio Marconi) – chitarra, basso, flicorno

Il Cannibale (Raffaele Kohler) – tromba

L’Enigmista (Luciano Macchia) – trombone

Mano Lesta (Arturo Garra) – clarinetto

Tracklist:

  1. Social Network

  2. Collutazione Con La Hostess

  3. La Mummia

  4. Chef Crudista

  5. Coppia Etero

  6. Dadi Di Peluche

  7. Sushi

  8. Social Network (remix, Bonus Track)

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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27th Apr2015

NichelOdeon – InSonar – Ukiyoe

by Amleto Gramegna

NichelOdeon - InSonar - UkiyoeSiamo sinceri, quando in redazione giunge un nuovo lavoro di Claudio Milano scatta sempre un allarme: recensire, o meglio ascoltare, le ultime composizioni dell’artista leccese riserva sempre un duro compito, tanto è complessa, ardita e misteriosa la sua ricerca sonora. Però d’altra parte ogni suo lavoro è sempre affascinante, quindi ci buttiamo a capofitto nell’ascolto. Milano recupera il vecchio monicker dei NichelOdeon, con cui ha composto capitoli fondamentali della storia musicale, e InSonar ultimo giocattolo musicale con il quale realizzare le sue visioni, e realizza Ukiyoe, colonna sonora del cortometraggio Quickworks & Deadworks di Francesco Paolo Paladino (presente in dvd all’interno del disco). Una colonna sonora dunque dove le due anime di Milano (NichelOdeon e InSonar appunto) si fondono insieme, mescolando e straniando la paternità dei brani, fondendo in un unico flusso musicale tutto ciò che è paradigma dell’arte del nostro Claudio, creando appunto un lavoro straniante, ben diverso dai precedenti lavori (da noi già recensiti qui e qui). A ben vedere parliamo di un concept album dove il mare è l’assoluto protagonista.

Milano riprende un po’ i fili del discorso lasciati da Robert Wyatt nel suo Rock Bottom, con il mare inteso come fonte battesimale e di rinascita, con Mondi Fluttuanti intesi quali flussi di coscienza riportati nei binari della conoscenza. Le sperimentazioni qui proposte viaggiano su binari già percorsi in precedenza. La modern classical spadroneggia, con la presenza di una voce tesa tra melodia e ardita voglia di osare (Veleno), il canterbury di Fi(j)uru d’acqua (ed ecco Wyatt), l’avant prog di Marinaio, il dialetto sposato al cantautorato come nella miglior tradizione del teatro-canzone (Ohi Ma).Il turbinante tour-de-force di Ma(r)le, con intense e vibranti presenze armonico- vocale, chiude un album di grande bellezza e difficoltà, dimostrandosi un capolavoro alla stregua di alcuni duri album dei ’70, ignorati forse alla loro uscita ma rivalutati successivamente. Avanguardia pura, una gemma musicale in un arido deserto di piattume fatto di reality, finto-alternative, folk e spazzatura varia.

Non vorremo dare neanche un voto perché ci sembra quasi un’offesa classificare in qualche modo un disco come questo che di rado lo si ascolta – e sopratutto – lo si capisce. Una parola va spesa sulla cover e sulla cura con il quale il digipack è stato realizzato; decidiamo alla fine di metterlo il voto e a culo tutto il resto! (cit.).

Autore: NichelOdeon – InSonar Titolo Album: Ukiyoe
Anno: 2014 Casa Discografica: Snowdonia
Genere musicale: Avantgarde Voto: 9
Tipo: CD Sito web: https://soundcloud.com/nichelodeonhttps://soundcloud.com/insonar
Membri band:

Claudio Milano – voce

Ospiti vari

Tracklist:

    1. Veleno

    2. Fi(j)ùru d’Acqua

    3. Marinaio

    4. Ohi Mà – Nel Mare che Hai Dentro

    5. I Pesci Dei Tuoi Fiumi

    6. Ma(r)le

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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25th Apr2015

Paus – Clarão

by Marcello Zinno

Paus - ClarãoNel grande e sotterraneo campo della sperimentazione troviamo anche questo quartetto portoghese che in realtà tanto sotterraneo non è. Il loro nuovo album dal titolo Clarão si presenta in questo modo, per lo più strumentale: se ad un primo ascolto sembra quasi ostico, in realtà con un orecchio attendo mette in luce tutte le sue potenzialità. Non è nemmeno una questione di rock, qui siamo al di sopra di una concezione musicale di tipo verticale, noi preferiamo parlare di avant-garde ma sarebbe davvero difficile dare una casa propria ai Paus. Ritmi quasi alla The Mars Volta (Bandeira Branca) con quel soft groove e quel sangue latino, effetti ricercati come lo xilofono di Pontimola o le stramberie incomprensibili ed elettroniche di Cume, sono tutte dimostrazioni di una ricerca molto approfondita del songwriting e in generale del sound che i Paus hanno in mente. Ascoltare brani come Ambiente De Trabalho ci fa sentire bene in qualsiasi parte del mondo, un brano internazionale seppur prog nella sua essenza; certo in alcuni frangenti si ostenta e si esce un po’ fuori traccia, come in Nò o anche nelle ambientazioni di Cauda Turca, ma i Paus sono fuori dagli schemi. Noi li preferiamo alla prese con Negro, dove il basso a tratti fuzz e la batteria incalzante dettano il ritmo e le melodie elargiscono gioia, pur sempre nella sperimentazione strumentale.

Non sarà una band che riempirà gli stadi ma ammettiamo che i ragazzi sanno osare e proporre qualcosa di diverso. Un prodotto non mainstream e affascinante per chi cerca nuove soglie, per gli amanti dell’avant-garde così come del post-rock.

Autore: Paus Titolo Album: Clarão
Anno: 2015 Casa Discografica: El Segell Del Primavera
Genere musicale: Avant-garde Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/pausoficial
Membri band:

Helio Morais

Fabio Jevelim

Joaquim Albergaria

Makoto Yagyu

Tracklist:

  1. Corta Vazas

  2. Pontimola

  3. Bandeira Branca

  4. Nò

  5. Ambiente De Trabalho

  6. Primeira

  7. Cume

  8. Cauda Turca

  9. Negro

  10. Clarao

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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16th Mar2015

The Marigold – Kanaval

by Marcello Zinno

The Marigold - KanavalGli album sperimentali, o su alcuni fronti cosiddetti “moderni”, corrono troppo spesso il rischio di risultare indigesti. Non è possibile esimere totalmente da questa impressione Kanaval, ultimo album dei The Marigold, formazione attiva dal lontano ’98 ma con il primo figlio discografico nato solo nel 2004. Le prime due tracce ci spiazzano, più che sperimentazione potremo descriverle come un insieme disomogeneo di rumori che cerca di trovare una forma ma che per forza di cosa sarà astratta. Con spirito critico, questi due brani non sono il giusto e valido biglietto da visita per questa band che di idee ce ne ha e le riesce a mettere in musica. Le prime piccole dosi di musicalità infatti compaiono su Fade Down To Go Down, brano che almeno nel ritornello ricorda certo alternative grunge tanto caro a Billy Corgan, che risulta come una zolletta di zucchero rispetto all’inizio dell’album. Non c’è tempo per tranquillizzarsi perché già la successiva Sick Transit Gloria Mundi piazza un paio di calci nello stomaco con un rock viscerale, a tratti stoner che ci travolge come un tornado nel deserto e in altri momenti introspettivo e cauto.

In questa dualità si muovono i The Marigold, tra strutture musicali destrutturate (di proposito avant-rock) e brani più abbordabili ma pur sempre irriverenti, due facce che fanno fatica a stare sulla stessa medaglia e che, se da un lato affascinano per l’anticonvenzionalità della proposta musicale, dall’altro rischiano di essere per molti inconcludenti. A brani schizzati come Sludge-Jungle e Disturbed noi preferiamo momenti come Third, Melancholia (con echi dei Voivod) che ha qualcosa da dire e stuzzica la nostra sete di rock cupo. Con qualche giocata diversa secondo noi i The Marigold potrebbero davvero volare sulla Luna.

Autore: The Marigold Titolo Album: Kanaval
Anno: 2014 Casa Discografica: DeAmbula Records, Riff Records
Genere musicale: Dark, Sperimentale, Avant-Rock Voto: 5,5
Tipo: CD Sito web: http://www.themarigold.com
Membri band:

Marco Campitelli – chitarra, voce, basso, tastiere

Stefano Micolucci – basso

Giovanni Lanci – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. Organ-Grinder

  2. Magmantra

  3. Fade Down To Go Down

  4. Sick Transit Gloria Mundi

  5. Sludge-Jungle

  6. Third, Melancholia

  7. So Say We All

  8. Disturbed

  9. Demon Leech

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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04th Dic2014

Postit – Aroma(n)tic People

by Marcello Zinno

Postit - Aroma(n)tic PeopleI Postit richiamano fin dal nome l’essenza di “post”, ovvero di un qualcosa che detto in altri termini non ha punti in comune con la “musica commerciale” e al quale bisogna avvicinarsi con la dovuta calma. Forse il “post”, anche se associato al più congruo rock, risulta comunque riduttivo per descriverli visto che l’essenza del loro Aroma(n)tic People si piega ad un avantgarde ricercato e ad influenze progressive sotto il profilo compositivo. Non esistono linee vocali, ma tante chitarre e strumenti melodici che ne compensano l’assenza, o almeno cercano. Si può restare allungo in attesa del refrain facile che venga assorbito da un cervello in costante attesa di qualcosa di orecchiabile, ma purtroppo (o per fortuna) i Postit non lo offrono né (crediamo) hanno intenzione di offrirlo. Così batterie più o meno incisive si alternano ad un pianoforte che cancella la parola “rock” dai nostri pensieri (The Day After) e dei loop che regalano un’aria sperimentale. Vari sono gli elementi che si estrapolano dai diversi paragrafi di questo album: affascinante il basso di Maybe che viene fuori molto più delle chitarre e dei vari arrangiamenti, in quattro minuti che salgono in un crescendo di emozioni e di partiture ritmiche ma che poi in Free diventano esternazioni prog settantiane (in stile gli Emerson Lake and Palmer).

La band, seppur dotata tecnicamente e molto sperimentale, si aggrappa troppo alla tecnica del crescendo facendo palesare già ad inizio brano come si evolveranno le cose per i minuti a seguire; in altri casi si appiattisce e non muta. Se avantgarde deve essere allora la progressione del sound non dovrebbe seguire sempre lo stesso percorso ma sorprendere. Un album comunque sofisticato e che si adatta bene agli amanti del post-rock meno abbienti alle sonorità elettriche.

Autore: Postit Titolo Album: Aroma(n)tic People
Anno: 2014 Casa Discografica: Factum Est Records
Genere musicale: Avant-garde, Sperimentale Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://postitmusic.it
Membri band:

Massimiliano Ferrante – chitarra, loop

Luigi Mosca – piano, synth

Daniele Pluto Marinelli – basso

Domenico Ciak Ciaramella – batteria

Tracklist:

  1. Lost Memories

  2. Maybe

  3. In 2

  4. Free

  5. The Day After

  6. Pink Coffee

  7. Coming Back From Sadness

  8. Midnight In San Nicola

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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20th Nov2014

The Gentlemen’s Agreement – Apocalypse Town

by Marcello Zinno

The Gentlemen's Agreement - Apocalypse TownUn opera pregna di genio quella dei The Gentlemen’s Agreement. Il loro lavoro targato 2014 è ispirato da una mentalità profondamente legata al passato, agli anni del boom economico, di quanto le industrie cavalcavano l’economia e viceversa ma allo stesso tempo battevano anche i tempi della vita delle singole persone. In realtà si ispira ad una fase leggermente precedente, quando le persone facevano sacrifici e non avrebbero visto i frutti ancora per un po’. La fabbrica come contenitore del proprio tempo e dei propri sogni, la stessa fabbrica da cui fuoriesce un certo approccio sonoro e compositivo racchiuso in questo Apocalypse Town per la cui realizzazione la band ha messo in piedi una serie di accordi (baratto) con altre realtà al fine di avere un disco finito con tanto lavoro e senza spendere un euro (o almeno quasi). Il packaging rende assolutamente tangibile questo concept, sia nelle grafiche adottate che nel bullone di metallo collocato per reggere l’intera confezione, collocato al centro a rappresentare il perno intorno al quale si costruisce l’ideologia musicale dei The Gentlemen’s Agreement, una collocazione tutt’altro che casuale.

La musica è più ambigua. Se da un lato l’aggiunta di rumori e di suoni richiama il contesto industriale, la vera parte musicale si discosta da questa visione che ci avrebbe fatto immaginare uno stile molto più pesante (industrial?!). Apocalypse Town suona come un album progressive rock (primi Genesis o anche Emerson Lake & Palmer meno focalizzati sulla tecnica), per la sua ricercatezza acustica più che per i tempi, imbevuto in flaconi di jazz/fusion (Moloch!, Adeus), retrogusti di bossa nova (Rumore Sui Rumori), e miraggi di avant-garde (Leit Motiv #2 – Consapevolezza), rendendo intricata la trama espansionistica di questo passo discografico. C’è dell’altro come in Mordi!Prendi!Vivi che include la citazione al ritornello di Run Run Run dei Velvet Underground, o i cori sparsi nelle varie tracce che si rifanno alla scena musicale italiana anni 60.

Difficile comprendere questo lavoro che è molto più di un insieme di tracce e molto più di un meno semplice concept album: quando la raffigurazione del quadro sta diventando indigesta ecco arrivare una melodia compiacente o un sax leggiadro, ma come dicevamo non è solo l’elemento puramente sonoro che alza il valore di Apocalyspe Town. E’ la sua concezione artistica e soprattutto temporale, aderenza ad un tempo, quello moderno, che risulta (troppo) connesso ad un modo di concepire la vita ma che è allo stesso tempo legato profondamente alle nostre radici, al nostro passato. Dietro una sua collocazione artistica e una non collocazione temporale, nascono le idee che danno vita a queste sonorità le quali, al di là dei gusti, sono super partes rispetto a quanto si sente oggi in circolazione. E di questo va reso merito al quintetto.

Autore: The Gentlemen’s Agreement Titolo Album: Apocalypse Town
Anno: 2014 Casa Discografica: Subcava Sonora
Genere musicale: Sperimentale, Avant-garde Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/TheGentlemensAgreement
Membri band:

Raffaele Giglio – voce, chitarra

Antonio Gomez – contrabbasso, basso, cori

Gibbone – percussioni, pedaliere proto-industriale, cori

Mauro Caso – batteria

Pepo Giroffi – sax baritono, sax tenore, sax soprano, clarinetto, flauto traverso

Tracklist:

  1. Leit Motiv # – Incubo

  2. Moloch!

  3. Il Milione

  4. Dire… Direttore

  5. Rumore Sui Rumori

  6. Mordi!Prendi!Vivi

  7. Leit Motiv #2 – Consapevolezza

  8. KABOOM! Chiude La Fabbrica

  9. I Piedi Lo Sanno

  10. Leit Motiv #3 – Risveglio

  11. Adeus

  12. Come L’acqua

  13. Il Tempo Del Sogno

  14. Leit Motiv #4 – Evoluzione

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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30th Set2014

Parzival – Casta

by Marcello Zinno

Parzival - CastaParsifal è un noto personaggio appartenente ai Cavalieri della Tavola Rotonda e si è differenziato nella storia tra i tanti perché fu l’unico a vedere il santo Graal. Vari sono i rimandi a Parsifal nell’arte e nella musica (qualcuno ricorderà l’album dei Pooh con questo titolo con tante influenze progressive rock e quindi molto prima del loro approdo al pop) e questa band decide di adottarne il nome come moniker. La scelta è azzeccata visto che il sound dei danesi è molto epico, mancano trame fitte e non c’è presenza di chitarre; al di là delle percussioni e della sezione ritmica che dà il passo come fosse una marcia di cavalli che avanzano verso il castello da conquistare, sono i fiati e le tastiere che regnano supreme in Casta, decimo e per ora ultimo lavoro della band. La voce di Dimitrij Bablevskij è molto gutturale in modo da offrire una visione quasi ancestrale del sound, teatrale e oscura (ricorda Tilo Wolff dei Lacrimosa o in alcuni tratti Fuchs dei Die Apokaliptyschen Reiter); se questo aspetto risulta caratteristico della visione musicale dei Parzival e ben si inquadra con gli altri strumenti, va detto che alla lunga rischia di dare una certa piattezza alla proposta tutta in assenza di alti e bassi vocali che darebbero più verve all’album. D’altra parte ci troviamo davanti una line-up mista tra danesi e russi e i suoni caldi non sono ammessi nel loro modo di intendere la musica: in aggiunta a ciò va detto che sono diversi i momenti in cui compaiono delle influenze musicali medio-orientali (come in Himagni Purana e Uttara Purana) frutto della collaborazione con musicisti indiani.

Difficile creare dei distinguo all’interno di un lavoro così compatto: la magniloquenza di Ayo Purana fa il pari con la pomposa e trascinante Andra Purana in una visione unica di panorami tanto avant-garde quanto gloriosi. Nel complesso infatti il passo è appunto lento e molto epico il che rende Casta un album progettato e prodotto per gli appassionati del genere fantasy, per i lettori di Tolkien e per coloro che accettano volentieri impasti orientali è riminiscenze medievali in musica.

Autore: Parzival Titolo Album: Casta
Anno: 2014 Casa Discografica: Mighty Music
Genere musicale: Epic, Dark, Avant-garde Voto: 5
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/parzivalband
Membri band:

Dimitrij Bablevskij – voce, programmazione

Oleg Naumov – batteria, percussioni

Michael Hedelain – batteria, percussioni

Tim Ellegaard – basso

Jens Hansen – tastiere

Tracklist:

  1. Kalachakra

  2. Kurushektra Purana

  3. Himagni Purana

  4. Airyanem Vaejah Purana

  5. Uttara Purana

  6. Navadi Purana

  7. Ayo Purana

  8. Rudra Purana

  9. Yavashtra Purana

  10. Andra Purana

  11. Regnabit

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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22nd Mag2014

Kekal – Autonomy

by Emanuele Tito

Kekal - AutonomyIl gruppo avantagarde metal Kekal torna con Autonomy, due anni dopo aver pubblicato il fortunato 8. Venne rilasciato il 9 dicembre del 2012 dalla tedesca Whirlwind Records, per poi essere rilasciato nuovamente in formato digitale dalla casa discografica indonesiana Yes No Wave Music il 29 giugno del 2013. È il secondo album della band ad essere registrato e pubblicato senza la presenza di membri ufficiali. La sperimentazione sonora è ancora presente in Autonomy (anche senza toccare picchi elevati come nei precedenti lavori), esempi sono Swings Of All Moods e Futuride: suoni ed emozioni provenienti da altre dimensioni, fanno in modo da farci percepire la musica non più come semplice e mero intrattenimento uditivo, ma come un biglietto verso sonorità introspettive e “naturalmente insidiose”. Ricordando un po’ il famoso Habit Of Fire, album del 2007 fortemente apprezzato dai fans, Autonomy, grazie soprattutto ad una tecnica di produzione, missaggio e mastering alquanto professionale, curate direttamente dallo stesso Jeff Arwadi, rievoca delle atmosfere ricercate e molto peculiari. Lo stile vocale di quest’ultimo è completo, il suo cantato pulito è molto influenzato dalla musica orientale di stampo popolare. Molti effetti vengono utilizzati sulla voce (particolarmente l’effetto stereo) e talvolta si possono ascoltare dei growl e scream in sottofondo.

Per la traccia di apertura, Rare Earth Elementes, è stato girato anche un video. Il beat elettronico con cui si inizia ad ascoltare l’album è quasi caotico, ma pian piano viene ristabilito un ritmo regolare ed entra il classico cantato di Awardi. In seguito il brano diventa un perfetto misto fra black metal e musica elettronica: il riff in tremolo picking accompagnato dal beat in puro stampo elettronico è sorprendentemente azzeccato. Quel che si nota in Autonomy è l’eliminazione di ciò che poteva essere troppo azzardato e come eccessivamente fuori controllo, a favore di un lavoro basato principalmente su classici arrangiamenti basilari. Particolare è anche la quarta traccia, Disposable Man. Chitarre elettriche con Phaser e acustiche con arpeggi ci introducono ad un brano che ben presto lascia spazio a sprazzi di grunge in puro stile anni ‘90 e riff sabbathiani. Sorprendente è la traccia numero sei, Indonesianity: il riff rallentato e gonfiato estremamente con un forte deelay ricorda addirittura lavori dei Sunn O))); le tracce di chiusura, Space Between Spaces e Learning To Love The Future si muovono in un’altra direzione: la prima, dalle atmosfere spaziali e caotiche, mentre la seconda, in partenza rilassante, lascia spazio alla massima espressione dei Kekal: statica, avvenente e psichedelica.

Autonomy è un disco solido, che magari potrà deludere qualche fan ancorato al già sopra citato The Habit Of Fire, ma nonostante tutto, quest’album rappresenta un’evoluzione, soprattutto per quanto riguarda gli arrangiamenti, seppur semplificati. Se si è amanti dell’avantgarde (e non solo), Autonomy è un disco che dovrebbe trovarsi nel vostro scaffale.

Autore: Kekal Titolo Album: Autonomy
Anno: 2012 Casa Discografica: Whirlwind Records
Genere musicale: Avantgarde Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.kekal.org
Membri band:

Jeff Arwadi – chitarra, voce, percussioni

Levi Sianturi – basso

Leo Setiawan – chitarra

Tracklist:

  1. Rare Earth Elements
  2. Pandora’ s Empty Box
  3. Go Ahead And Feel The Pain
  4. Disposable Man
  5. Swings Of All Moods
  6. Indonesanity
  7. Futuride
  8. Playground
  9. iComa
  10. Space Between Spaces
  11. Learning To Love The Future
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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