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14th Ott2013

Caesar’s Psycho Machine – Caesar’s Psycho Machine

by Marcello Zinno

Si potrebbero definire una “one man band” se non fosse per la particolare voce di Evelina Nericcio, eppure tutte le musiche dei Caesar’s Psycho Machine, provenienti da vari strumenti, sono frutto del lavoro di Cesare Lopopolo. Strumenti che vanno dall’acustico all’elettrico, dalle corde al fiato, dai ritmi alle melodie e che nel complesso rispecchiano molte idee differenti (anche troppo). Come inquadrare questo primo omonimo lavoro del progetto è molto difficile: appaiono momenti orecchiabili come Misfortune e l’opener Blow Up A Cow (seppur un pò monca) o passaggi interessanti come le retrodatazioni “rumorali” (e umorali) alla The Velvet Underground di Serenade To A Nymph, ma anche tracce meno mature e frutto di accostamenti sonori ardui come Flowers Bloom Like Madness e le divagazioni proto-psichedeliche di Psychotronic Overture. Un biglietto da visita tutt’altro che chiaro. Difficile far aderire questo lavoro ad un’etichetta preconfigurata, che va oltre la stessa tematica del rock trasbordando in un approccio sperimentale, quasi avantgarde. Non a caso giunge presto lo scoglio, Bleeding Youth, un brano di oltre 14 minuti che attinge dai Pink Floyd (si sente il marchio indelebile che questi hanno inciso nella mente di Cesare Lopopolo) in una danza molto chitarrocentrica che presto si perde oltrepassando i confini della musica e transitando verso composizioni ben più ostili; il passaggio da musiche a suoni, da ambientazioni a solismi, seppur in parte interessante risulta eccessivamente prolisso, senza giungere ad una conclusione effettiva.

Nella seconda metà dell’album il quadro non cambia: a parte una Allegory che contiene una struttura e dei colori davvero piacevoli, troviamo la debole Verdant Wetlands, l’ulteriore tentativo futuristico con Industrial Aborigine e vari intermezzi lasciati un pò così, appesi. In generale un tentativo di suonare oltre i confini degli stereotipi abbracciati dai giovani musicisti ma senza creare davvero qualcosa che colpisca il cuore e la mente.

Autore: Caesar’s Psycho Machine Titolo Album: Caesar’s Psycho Machine
Anno: 2013 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Sperimentale, Avantgarde Voto: 4,5
Tipo: CD Sito web: http://caesarspsychomachine.bandcamp.com
Membri band:

Cesare Lopopolo – chitarra, voce, flauto, tastiere,   ukelele, percussioni

Evelina Nericcio – voce

Tracklist:

  1. Blow Up A Cow
  2. Serenade To A Nymph
  3. Flowers Bloom Like Madness
  4. Speech
  5. Misfortune
  6. Psychotronic Overture
  7. Bleeding Youth
  8. Allegory
  9. Air
  10. Verdant Wetlands
  11. TragyComedy
  12. Endless Breath
  13. Industrial Aborigine
  14. Barattoli
  15. Bleeding Youth (Reprise)
  16. Blue Tree Maenad
  17. Let The Elder Hotels Be Opened (bonus track)
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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02nd Set2013

NichelOdeon/InSonar – Bath Salts/L’Enfant Et Le Ménure

by Marcello Zinno

Una confezione che definire preziosa rischierebbe di sminuirla. Claudio Milano (già incontrato in occasione delle precedenti uscite a nome NichelOdeon, l’ultima disponibile qui) mette a fattor comune gli ultimi due progetti nati dalla sua mente in un packaging fatto a mano, con illustrazioni che creano una crepa rispetto a quanto il mercato discografico ci ha abituati, prodotto artigianalmente e in serie limitata di cui noi siamo profondamente fieri di possedere la copia N.1. Quattro pubblicazioni registrate in tre anni di intenso lavoro, due che rientrano nella teatralità e nella multistrumentalità che è propria dei NichelOdeon e che prende il titolo di Bath Salts, mentre i successivi fanno capo ad un (se vogliamo) ancora più complesso discorso incentrato più sui suoni che non sugli strumenti e che si pregia dell’appellativo (possiamo definirlo così?!) di InSonar. Dai primi due album figli del progetto NichelOdeon si intuisce subito che la proposta abbraccia una passione per la sperimentazione: rispetto ai precedenti lavori della band nei quali era presente un’orgia di strumenti spesso percepiti come senza collante alcuno, qui è la voce a prendere le redini del gioco, mentre la musica funge da accompagnamento sapiente. Il brano Rapporto Sulla Fine Di Una Storia ad esempio ricorda le ultime pubblicazioni della band, ma ci sono anche momenti nuovi come Surabaya Johnny che contiene melodie vocali più orecchiabili arricchite da doti recitative di rara intensità in musica. Su questa scia dobbiamo segnalare anche il brano Giulia – Nata In 7 Mesi, Morta Al Primo Appuntamento che attinge in parte alla tradizione cantautorale italiana. La ricetta nel complesso ha comunque la stessa matrice: note dissonanti al servizio di lezioni di teatro sperimentale ed esercizi di stile assolutamente fuori dal convenuto, mettendo a dura prova i limiti che corde vocali e strumenti (non convenzionali) presentano almeno sulla carta.

E non mancano momenti molto complessi come (This Side Of) The Looking Glass, nei quali non si può che ragionare in termini di note, indistintamente se si parla di voce, strumenti o rumori; simili tracciati intricati si riscontrano nella canzone d’amore dannato 7 AZIONI – Musica Per La Carne in cui i giochi tra voce, recitazione e sezione ritmica raggiungono vette parossistiche, sicuramente artistiche. Con il secondo CD viene abbandonato il tema del’amore, le ambientazioni si fanno più tetre, gli argomenti si accostano a guerre ed emozioni meno positive; la musica prende ad inseguire i testi nel duro compito di annerire quel mix di colori precepiti nel primo CD, riuscendo anche a spezzare l’estensione vocale del singer che si attesta quasi esclusivamente su tonalità basse. Intimo il brano Trittico 50 Mg e molto musicale Secca In Festa – Lode Ad Antonio Primaldo ma ben presto il trademark ideale della band viene a galla con la lunga suite L’Urlo Ritrovato di oltre dodici minuti che parte da una soffusa Ave Maria per poi insediarsi in mille intrighi sonori, con un’arpa onnipresente che elogia bene il contributo di un sopranio e di un tenore, forse il brano più difficile dell’album. Noi preferiamo Un Posto Sicuro #2, traccia dalla breve durata ma che riesce a smuovere le emozioni attraverso una trama fitta, intrecciata da un saggio uso delle orchestrazioni e delle parti vocali che ci accompagnano dolcemente verso la fine.

Come pronosticato ancora più ricercato è il discorso per il progetto InSonar che parte con una gregoriana The Simpsons Sing Gounod la quale apre il sipario sul primo tempo dal titolo L’Enfant, mettendo in mostra una ricerca sonora diversa rispetto al progetto precedente: qui il tema musicale assume una forma più piena e meno di nicchia, sono i suoni al servizio di un prodotto più vicino al concetto artistico/teatrale in senso stretto che non alla sperimentazione fine a se stessa. Così il triste e profondo pianoforte di Thief Of Toys riesce a fare da cornice agli inserti ritmici de La Stanza A Sonagli o al sax zorniano di L’Inventasogni procedendo poi per l’impianto psichedelico-sonoro di Menura Latham di floydiana memoria (che tra l’altro vede alla batteria Pat Mastellotto) e la bellissima e crepuscolare rivisitazione di Venus In Furs di Lou Reed. Il bambino diviene menura (un particolare uccello) nell’ultimo capitolo composto da otto tracce tra le quali si ravvedono anche due special song d’eccezione: Song To The Siren di Tim Buckley e Warszawa della storica accoppiata David Bowie/Brian Eno. La prima che sembra essere stata strappata agli anni ’70 e portata di almeno due decenni oltre, la seconda plumbea con un’inniezione di oscurità che la pervade. La restante parte rappresenta le spine su cui la rosa del bambino era sbocciata: stile ed (a)musicalità, divagazioni, suoni e liriche recitate (Plaisir d’Amour), sprazzi di pazzia e di influenze orientali (La Torre Più Alta)…sembra che i NichelOdeon rivivano nella menura, come a voler chiudere il cerchio e completare così un’opera intricatissima che risulta quasi impossibile ascoltare tutta di un fiato ma che va dosata anche in funzione ai propri stati d’animo, in parte colonna sonora di espressioni artistiche molto ricercate e assorbibili solo da poche menti fisiologicamente aperte alla, varia, interpretazione musicale.

Autore: NichelOdeon/InSonar Titolo Album: Bath Salts/L’Enfant Et Le Ménure
Anno: 2013 Casa Discografica: Lizard Records
Genere musicale: Sperimentale, Avantgarde Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://soundcloud.com/nichelodeon

https://soundcloud.com/insonar

Membri band:

Claudio Milano – voce

 

Special Guests:

Elliott Sharp, Trey Gunn & Pat Mastellotto (King   Crimson), Walter Calloni (P.F.M.), Paolo Tofani (Area), Ivan Cattaneo, Nik   Turner (Hawkwind), Dieter Moebius (Kluster), Thomas Bloch (Radiohead), Ralph   Carney (Tom Waits), Dana Colley (Morphine), Graham Clark (Gong), Richard A   Ingram (Oceansize), Albert Kuvezin (Huun-Huur-Tu), Othon Mataragas &   Ernesto Tomasini (Current 93), Nate Wooley, Burkhard Stangl (David Sylvian),   Mattias Gustavsson (Altar of Flies), Werner Durand & Victor Meertens,   Erica Scherl, Michael Thieke, Viviane Houle, Jonathan Mayer (Paul Mc   Cartney), Stephen Flinn, Angelo Manzotti, Roberto Laneri, Vincenzo Zitello   (Fabrizio De André), Elio Martusciello (Chris Cutler), Thomas Grillo,   Pekkanini, Víctor Estrada Mañas, Eric Ross, Takeuchi Masami, Gordon Charlton,   Francesco Chapperini, Luca Pissavini, Fabrizio Carriero, Andrea Murada,   Andrea Illuminati, Max Pierini, Lorenzo Sempio, Andrea Tumicelli, Nicola De   Bortoli, Francesco Zago (Yugen), Michele Bertoni, Alex Stangoni, Michele   Nicoli, Stefano Ferrian, Alfonso Santimone (Robert Wyatt), Luca Boldrin,   Andrea Quattrini, Beppe Cacciola, Simone Zanchini (Teatro alla Scala), Paola   Tagliaferro & Max Marchini, Raoul Moretti, Pierangelo Pandiscia &   Gino Ape (Enten Hitti), Michel Delville (The Wrong Object), Valerio Cosi,   Fabrizio Modonese Palumbo (Larsen), Stefano Delle Monache, Paolo Carelli   (Pholas Dactylus), Andrea Breviglieri, Massimo Falascone, Sebastiano de   Gennaro (Baustelle), Giorgio Tiboni e Laura Catrani (Teatro alla Scala),   Ivano La Rosa, Alessandro Parilli (Davide Van De Sfroos), Francesco   Chiapperini, Anna Caniglia, Marco Confalonieri, Simone Pirovano, Simone   Beretta

Tracklist:

CD 1 – Capitolo I. D’Amore e di Vuoto

  1. Prologo
  2. Un Posto Sicuro
  3. Ricordo d’Infanzia
  4. Surabaya Johnny
  5. Bolle
  6. Rapporto Sulla Fine Di Una Storia
  7. (This Side Of) The Looking Glass
  8. Desiderio Nascosto
  9. 7 AZIONI – Musica Per La Carne
  10. Giulia – Nata In 7 Mesi, Morta Al Primo Appuntamento

CD 2 – Capitolo II. Di Guerre e Rinascite

  1. Terra
  2. Alla Statua Dei Martiri Di Gorla
  3. Fuoco Amico – Mai N.A.T.O.
  4. Trittico 50 Mg
  5. Johnny Dei Pirati
  6. Secca In Festa – Lode Ad Antonio Primaldo
  7. L’Urlo Ritrovato
  8. Un Posto Sicuro #2
  9. Finale – Ninna Nanna
  10. Portami Un Fiore

CD 3 –   L’Enfant

  1. The Simpsons Sing Gounod
  2. L’Estasi Di Santo Nessuno
  3. La Stanza A Sonagli
  4. Thief Of Toys
  5. L’Inventasogni
  6. Menura Latham
  7. Gallia #1
  8. Venus In Furs
  9. Dieci Bambini Cacao
  10. Hamelinvoice

CD 4 – Ashima

  1. Liberami – Tabernacolo Erotico
  2. Song To The Siren
  3. Canción Del Jinete
  4. La Torre Più Alta
  5. Plaisir d’Amour
  6. Warszawa
  7. Gallia #2
  8. Medina
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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30th Mar2013

Fuzz Orchestra – Morire Per La Patria

by Marcello Zinno

I Fuzz Orchestra sono di quanto più rappresentativo l’evoluzione musicale possa rappresentare. Spiegato così può significare tutto e niente ma entrando nel mondo di questo creativo trio possiamo capire quando la metamorfosi delle proprie idee prenda forma anno dopo anno. Dopo un primo lavoro acido e rumoroso ed un secondo capitolo (meglio chiamarlo con il suo nome Comunicato n.2) che sprofondava nell’heavy metal, il trio giunge ad una forma superiore grazie a questo Morire Per La Patria, un album di avantgarde fortemente invischiato di rock (e post-rock) sperimentale tanto da vedere inserimenti di sax e voci recitate, effetti e divagazioni che sanno di elettronico e un senso di claustrofobia che pervade la mezz’ora in compagnia loro. Non una forma canzone né una ricetta da ripetere tra una traccia e l’altra: la “amusicalità” fredda dei Fuzz tenta varie strade di sorta e con diverse soluzioni riesce a differenziarsi non solo rispetto ai propri colleghi ma anche rispetto ad essa stessa e di come si è evoluta negli anni. Il brano più interessante risulta essere Il Paese Incantato, miscuglio di concezioni musicali differenti in grado di essere concepite ed intepretate solo grazie ad un trip di difficile risoluzione. Molto più ovattata e di difficile intepretazione è Svegliati E Uccidi che mescola una chitarra distorta e psicopatologica a delle musicalità tipicamente mediterranee che finiscono per implodere loro stesse in un mantra dall’incedere mistico e senza vincoli temporali.

Non è per orecchie facili questo lavoro che contempla vari racconti (come quello religioso in In Verità io Vi Dico) che non fanno da protagonista di un copione completamente inebriato dalle note, note scritte su un pentagramma divelto e a tratti razionalmente inconcepibile ma artefice di un interesse per nulla irrilevante. La prova conferma il potere dei Fuzz Orchestra di creare composizioni sperimentali senza cadere in cliché eccentrici e fuori contesto. Insomma non da tutti.

Autore: Fuzz Orchestra Titolo Album: Morire Per La Patria
Anno: 2012 Casa Discografica: Wallace Records, Escape from Today, Boring   Machines, Offset, Hysm?, Bloody Sound Fucktory, Il verso del cinghiale, From   Scratch, Brigadisco
Genere musicale: Avantgarde Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.fuzzorchestra.org
Membri band:

Luca Ciffo – chitarra

Fabio Ferrario – tastiere, audiosample

Paolo Mongardi – batteria

Tracklist:

  1. Sangue
  2. La Proprietà
  3. Il Paese Incantato
  4. Svegliati E Uccidi
  5. Viene Il Vento
  6. In Verità Vi Dico
  7. Morire Per La Patria
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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17th Dic2012

Neo – Neoclassico

by Amleto Gramegna

Tanti anni fa, nel 1969 per la precisione, fu dato alle stampe uno strano disco. Un disco stranissimo a partire dalla copertina, che mostrava un uomo con in testa un cappello da quacchero, e con il viso oscurato dalla testa di una carpa. Stranissimo per il nome dell’autore, Capitan Cuordibue e la sua magica banda, e strano per il contenuto: cacofonie sonore, accenni freejazz, distorsioni, blues sghembi, strumenti volutamente spaiati ed una voce sgraziata che guidava tutto il circo. L’opera in questione è, ovviamente, Trout Mask Replica di Captain Beefheart e, se alla sua uscita fu accolto con sonore pernacchie, successivamente fu annoverato come uno dei maggiori esempi di musica sperimentale, nonché come uno dei dischi più influenti sugli sviluppi futuri del filone avantgarde. Grazie a questo disco, e ai dischi di quell’altro folle che risponde al nome di Ornette Coleman, il giovane John Zorn potè incidere la sua musica e permettere ad altri pazzi di proseguire sulla strada spianata anni prima dal Capitano. Oggi, nel 2012, ci giunge il nuovo lavoro del trio laziale Neo che dimostra di aver assimilato, fruito e gioito delle opere sopracitate. Il nuovo Neoclassico è infatti un fantastico contenitore di follie, sperimentazioni e incubi, tra il freejazz e l’avantgarde più estremo.

Il trio laziale, pur senza l’utilizzo di un basso elettrico, spinge il pedale sulla ricerca vera e proria, alla John Zorn dei Naked City, pur non dimenticando le origini “nobili” della loro musica. Infatti le quattro Invenzioni sono re-interpretazioni delle le invenzioni a due voci per Pianoforte di J. S. Bach e, come nelle partiture originali, anche qui vi è un vero e proprio dialogo tra il sassofono di Conti e la chitarra di Maresca. Per il resto è un gran bollito di jazz-free-hardcore-punk-country. Blues tradisce l’amore della musica del diavolo da parte del chitarrista Maresca, Lo Iodio è un free jazz con elementi simil prog, Good Morning presenta un’ossessivo riff di chitarra che funge da tappeto per le improvvisazioni sassofonistiche e batteristiche. È un’opera completa di decostruttività quella che si ascolta. Musica fratturata (basti ascoltare FF FF), spezzata, triturata, e sputata. All’ascolto di tutte queste confuse note ti sembra di essere scagliato violentemente in un grande cesso mentre viene tirata l’acqua, tu alzi la testa e vedi il trio dall’alto che ti fa “ciao ciao” con la manina.

Un lavoro davvero difficile, sconsigliato a chi cerca musica “leggera”. Adatto a chi conosce a menadito la lezione del Capitano Cuordibue e del suo fedele allievo Zorn.

Autore: Neo Titolo Album: Neoclassico
Anno: 2011 Casa Discografica: Megasound
Genere musicale: Avant-garde, Jazz-core Voto: 8
Tipo: CD Sito web:http://www.megasoundrecords.com/neo.html
Membri band:

Manlio Maresca – chitarre

Antonio Zitarelli – batteria

Carlo Conti – sassofono

Tracklist:

  1. Invenzione n. 1
  2. Il Dente Del Pregiudizio
  3. Mechanical Disfunction
  4. Good Morning
  5. Invenzione n. 2
  6. Unjustified Restrictions
  7. FF FF
  8. La Sindrome Di Erode
  9. Invenzione n. 3
  10. Lo Iodio
  11. Ruins Soup
  12. Blues
  13. Invenzione n. 4
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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12th Nov2012

Ephel Duath – On Death And Cosmos

by Marcello Zinno

Per i molti (ahimé) che non conoscono gli Ephel Duath lanciamo noi questo grido di attenzione: a nostra opinione non si può concepire il percorso nel quale si sta imbattendo il metal del nuovo millennio senza aver mai ascoltato un lavoro di questa band. Lo diciamo a gran voce e anche con un pizzico di orgoglio visto che la band nasce a Padova, nonstante oggi sia composta in prevalenza da musicisti stranieri. Tantissimi i cambi di formazione ma il costante Davide Tiso continua negli anni a tenere le redini del progetto, pur non rappresentando la punta di diamante della band: si annovera infatti dietro questo EP Steve DiGiorgio (indimenticabile bassista dei Death con i quali ha realizzato – e mostrato tutta la sua tecnica – i capolavori Human e Individual Thought Patterns) e di uno dei batteristi più eclettici in circolazione, Marco Minnemann (già noto per esperienze professionali con Paul Gilbert e per progetti ben più estremi come Kreator e Necrophagist) da poco uscito “sconfitto” dai provini decisivi per la sostituzione del defezionario Mike Portnoy nei Dream Theater. Una line-up assolutamente di pregio che mette in piedi un EP, questo On Death And Cosmos, che vuole innanzitutto dare una conferma ai fan: nonostante le varie mutazioni genetiche, nonostante i vari scioglimenti (più o meno ufficializzati), gli Ephel Duath sono tornati.

Difficile aspettarsi qualcosa di diverso dai Nostri. Il loro approccio musicale è assolutamente trasversale, c’è chi parla di jazz/fusion nelle loro radici principali e chi di progressive. La verità è che la musica generata da questo progetto è accostabile alle migliori realtà internazionali di avant-garde con una forte dose di post-metal aggiunta nelle ultime produzioni. Ma a pensarci bene è anche difficile avere delle aspettative nei loro confronti visto che con gli Ephel Duath si perde il concetto stesso di canzone, si parla più che altro di composizioni che intrecciano parti assolutamente diverse, parti che non rivestono il ruolo canonico di passaggi di una traccia ripetuti ad una certa cadenza (ritornello? Strofe?) bensì semplicemente creazioni. L’opener Black Prism mette in campo tutti gli insegnamenti di opethiana memoria spingendoli ancora più avanti quando con Reqia vengono esaltati i passaggi acustici imbastiti di tempi dispari fino agli inserti elettrici di una chitarra che si contorce su se stessa. L’ultimo brano, Stardust Rain, conferma la tradizione progressive metal a cui attinge il quartetto e valorizza ancora di più la particolare linea vocale di Karyn Crisis.

C’è da dire che il livello sperimentativo è un pò calato rispetto ai primi lavori (chi ricorda Painter’s Palette?). Noi ci auguriamo che questa nostra percezione dipenda dalla scarsa durata dell’uscita e che nel prossimo album, già annunciato per il 2013, la band riesca a smentirci.

Autore: Ephel Duath Titolo Album: On Death And Cosmos
Anno: 2012 Casa Discografica: Agonia Records
Genere musicale: Avant-garde, Post-Metal Voto: 7
Tipo: EP Sito web: http://www.ephelduath.tumblr.com/
Membri band:

Davide Tiso – chitarra

Karyn Crisis – voce

Marco Minnemann – batteria

Steve DiGiorgio – basso

Tracklist:

  1. Black Prism
  2. Raqia
  3. Stardust Rain
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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13th Ott2012

Red Sky – Origami

by Marcello Zinno

Un nome semplice, un titolo non ricercato che fa il pari con la copertina che richiama quelle forme complesse da creare con la carta, forme che solo la cultura orientale è abituata a trattare. Ma ciò potrebbe portarci fuori strada. Questo Origami non appartiene a quel lato dell’emisfero. Così come la copertina dice poco anche il protagonista (e one man band) di questo progetto non offre indizi in quanto la scelta di indossare una maschera e non svelarsi al pubblico è volta proprio a dare più valore alla musica (un pò il motivo ispiratore degli Slipknot dei primi anni). Ma la proposta che si cela dietro tutto questo mistero è un qualcosa di non eccessivamente sperimentale pur risultando molto ricercata: si autodefinisce avant-garde, agevolata dalla quasi assenza di parti vocali che compaiono solo nella seconda metà dell’album, ma è qualcosa di più completo, una sorta di concept album suddiviso in parti specifiche con diversi approcci alla melodia e soprattutto al senso di composizione. I brani prendono forma (appunto) con lo scorrere delle lancette e si evolvono facilitati dal fatto di non dover rispettare un copione fatto di strofe o di ritornelli ma potendosi dimenare sulla base dei propri istinti.

Ciò che colpisce è che le singole parti non rappresentano comparti stagni: già dalle prime tre tracce idealmente incastonate in una prima sezione, si percepiscono molte differenze: gli inserti molto orecchiabili e poi più orchestrali di Andalusia (Nostalgia Di Un Tramonto) danno costanti spallate ai passaggi più metal di Temporale Notturno, in un turbinio di strumenti che sembrano davvero amalgamti con grande sapienza musicale. Ma questo mix è riconoscibilmente valorizzato da una alta attenzione rivolta alla fase di produzione dell’album: limpida è la chitarra acustica, anzi probabilmente troppo a discapito di sonorità più ricercate e a vantaggio di melodie molto più radiofoniche seppur incastrate in una cornice musicale che difficilmente può trovare spazio per il grande pubblico.

I momenti che si avvicinano al metal sono quelli che fanno apprezzare di più l’accostamento dei suoni e le idee compositive seppur tavolta fanno pesare un pò lo strumentalismo puro. La Notte Si Innamorò Del Sole ne è un esempio che conferma comunque, anche durante le incursioni gotiche, la centralità della sei corde come strumento intorno al quale ruotano gli altri contributi, ma in realtà spesso si percepisce come la musica intesa in senso stretto (note) passi a volte in secondo piano perchè ciò che conta è la musica tutta che un singolo brano riesce a vestire. È sotto questo ideale che nasce Il Filo Rosso, una traccia breve ma molto intensa non solo per la sua poetica romantica ma anche per come si specchia quest’ultima rispetto alla musica. Certo non mancano passaggi migliorabili, che alla lunga si perdono un pò dietro ad una struttura già testata più volte dalla band: parliamo di La Voce Dei Tuoi Occhi Che Mi Rende Pazzo o della stessa title track. Più fresca invece Alla Prossima (Forse Un Giorno Ci Rivedremo), brano dal ritmo più vivo e che tenta di stemperare i sette minuti di durata con vari inserti che cercano di mantenere alta l’attenzione pur parlando di un amore che finisce. Molto bella la versione acustica di L’ultimo Petalo dove le parti vocali iniziano a costruirsi un ruolo (da qui partiranno i Red Sky per il prossimo album?!) su una sovraincisione di chitarre che rende il tutto molto onirico ed un plauso va anche a E Poi Silenzio Pt.2, originariamente cantata da Sara Silvera Darnic mentre qui registrata da Aurora Rosa Savinelli (Ephesar) che riesce a dare una morbidezza nuova alle musiche finora più asettiche.

Di certo va apprezzato il coraggio di una proposta innovativa e l’attenzione riposta nel confezionamento dei brani a livello sonoro, a patto però che sia l’inizio di un viaggio che porti ad una continua evoluzione dei Red Sky.

Autore: Red Sky Titolo Album: Origami
Anno: 2012 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Avant-garde Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.redsky.it
Membri band:

Red Sky – testo e musica

Tracklist:

  1. Gocce Di Eternità (Intro)
  2. Temporale Notturno
  3. Andalusia (Nostalgia Di Un Tramonto)
  4. Ti Ho Sfiorata Nei Miei Sogni
  5. La Notte Si Innamorò Del Sole
  6. Il Filo Rosso
  7. La Voce Dei Tuoi Occhi Che Mi Rende Pazzo
  8. Origami
  9. Alla Prossima (Forse Un Giorno Ci Rivedremo)
  10. L’ultimo Petalo
  11. L’ultimo Petalo (Acoutic Version)
  12. E Poi Silenzio Pt.2 (Acoustic Version)
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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04th Ott2012

Claudio Milano And Erna Franssens aka Kasjianoova – Adython

by Amleto Gramegna

Per parafrasare Charles Bukowsky questa è “musica per computer caldi”. Due voci, un ricordo di Carmelo Bene sempre presente e due computer in corto circuito, questo è l’ensemble del nuovo lavoro del folle Claudio Milano, al quale si aggiunge il sassofono devastato di Ferrian. Solo due lunghe tracce costituiscono il corpus del lavoro da ascoltare, rigorosamente, con il libretto dei testi sotto mano. Soprattutto per via della effettiva bellezza delle liriche, opera dell’artista belga Erna Franssens. I due brani costituiscono uno psicodramma in musica dedicato alla figura ed al lavoro del già citato Carmelo Bene, nel decennale della scomparsa. La prima traccia è un recitarcantando, tanto caro al compianto Demetrio Stratos, nella quale l’istrionica voce di Milano si fonde su variazioni noise derivanti da uniche session al computer. Processori utilizzati come synth modulari, tappeti di silicio ora violenti ora lievi, sono i veri protagonisti di questa opera in due atti. Nei primi 15 minuti assistiamo ad una fusione uomo-macchina degna delle opere di H.R. Giger, o di una pellicola di Cronenberg che troverà il suo apice nella parte centrale per poi scemare in una sorta di trenodia lirica degna di Diamanda Galas.

Il secondo atto è costituito da Adython ossia “Lo spazio precluso ai fedeli e riservato agli officianti del culto per funzioni specifiche per lo più religiose”. Questa volta Milano recita i versi della Franssens accompagnato dal soffiare del sax tenore (non del semplice suono) di Ferrian. I computer utilizzati tessono trame elaborate rumoristiche ora riverberate ora gonfie e tremule di annacquati delay digitali. 32 minuti di affascinante orrore, quasi un Eraserhead musicale. I testi assumono un significato fondamentale per la struttura dell’opera tutta. Anche qui, pur partendo dalla “parola prima della parole” nello smembramento corporale di Antonin Artaud, si affaccia la figura di Stratos sempre più ingombrante e più desiderata, quasi simulacro (se non addirittura simulazione) di una una nuova vocalità persa e affannosamente ricercata. Un disco davvero difficile, da ascoltare come un’opera d’arte più che un semplice cd musicale. Milleeuna voce sono presenti ed è solo compito nostro capirle e decifrarle.

Autore: Claudio Milano & Erna Franssens aka Kasjianoova Titolo Album: Adython
Anno: 2012 Casa Discografica: DenRecs
Genere musicale: Avant-garde Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/kasjanoova
Membri band:

Claudio Milano – voceErna Franssens – voce, testi

Attila Faravelli – computer

Alfonso Santimone – laptop, elettronica

Stefano Ferrian – sassofono tenore

Tracklist:

  1. L’oracolo di Delfi
  2. Adython
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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30th Set2012

The Radiata 5tet – Aurelia Aurita

by Amleto Gramegna

Complesso. Difficile. Inascoltabile. Anzi no, Meraviglioso, pazzesco. Difficile definire l’ultimo lavoro dei The Radiata 5tet, collettivo guidato dall’istrionico Claudio Milano, vincitore del premio omaggio a Demetrio Stratos nel 2010. La copertina-origami nasconde un CD pregno di intense sperimentazioni sonore, ora soffiate, ora urlate, ora sospirate. Naturalmente il paragone con il sommo Demetrio è dietro l’angolo e, non lo nascondiamo, e ad un primo ascolto ci è venuto in mente il sottovalutato Event ’76 dei maestri Area. Ma collegarlo solo a quell’hellzapoppin’ musicale (in quanto tale fu) è ingiusto e riduttivo. Qui parliamo di un lavoro per voce e contrabbasso (non ce ne vogliano gli altri musicisti) dove vi è un dialogo costante, quasi come ospiti, tra il sassofono tenore e il violoncello. Un dialogo strano, spiazzante. Un violoncello privato della naturale bellezza e eleganza, privo di quell’aurea romantica che gli è propria. Grattato, calciato, in grado di emettere lamenti più che melodie. Un sassofono immerso nel brodo primordiale del free jazz. Come insegnava Ornette Coleman o Albert Ayler ben lontano dalle messe laiche del profeta Coltrane. Ci immaginiamo Milano che se la ride sornione e beffardo mentre gli strumenti vengono de-contestualizzati, privati di ogni anima, disillusi dalle sue grida e dai suoi giochi.

È inutile analizzare i brani traccia per traccia, non ve ne è alcun bisogno. Il disco va ascoltato come continuum e noi, novelle Alice nel paese delle meraviglie, non possiamo che seguire il coniglio bianco a quattro corde di Luca Pissavini che ci porta in questo bellissimo pantano alla corte della regina rossa, Cecilia Quinteros, che ci fa conoscere il brucaliffo Stefano Ferrian, e che ci porta a prendere un tè con la tromba folle del cappellaio matto Vito Emanuele Galante. Ma Claudio Milano, in questa folle storia dov’è? Semplice, appare e scompare sempre ridendo follemente come il più pazzo degli stregatti. Sperimentazioni pure, difficilissime da digerire ma davvero fantastiche, tanto che al confronto Mike Patton fa musica da alta classifica. Siete avvisati.

Autore: The Radiata 5tet Titolo Album: Aurelia Aurita
Anno: 2012 Casa Discografica: DenRecs
Genere musicale: Avant-garde Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/denoizeproject
Membri band:

Claudio Milano – voce

Luca Pissavini – contrabbasso

Stefano Ferrian – sassofono tenore

Cecilia Quinteros – violoncello

Vito Emanuele Galante – tromba

 

Tracklist:

  1. Bile dal Po
  2. Eumetazoa
  3. Planula Larvae
  4. Diploblastic
  5. Single Germ Layer “G”
  6. Echinoderms
  7. Spiralia
  8. Radially Symmetrical Cndarians
  9. Vectensis
  10. Ctenophores
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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03rd Set2012

Daal – Dodecahedron

by Marcello Zinno

Siete pronti ad entrare nel regno degli inferi? Come ve lo immaginate? Chitarre sovrastanti, blast beat continuo e urla in pieno growl. Niente affatto: qui si parla di musica strumentale senza parti vocali, orchestrale e più cupa di un miscuglio tra Joy Division e Sister Of Mercy. L’attenzione va oltre le partiture perchè la creazione di un’ambientazione adeguata richiede un’attenzione prima di tutto celebrare e poi uditiva. E così che gocce d’acqua si mescolano ad armonici ed apreggi orientaleggianti, effetti moderni si incontrano con strumenti tradizionali come violino e violoncello, creando a volte delle musicalità contorte e poco orecchiabili tralasciando il concetto di forma-canzone e puntando su sfoghi musicali difficili da inquadrare. Dodecahedron viene presentato come un concept album, nato dalla reinterpretazione di dodici racconti scritti da amici/fan della band e messi in musica principalmente da Alfio Costa e Davide Guidoni, duo che guida appunto i Daal. In realtà le tracce rappresentano delle partiture distanti tra loro, così come probabilmente lo erano i racconti: le influenze progressive debitamente smussate in I e in IX (quest’ultimo di rushiana memoria) non sono accostabili all’epicità di III, così come diversi sono i rumori presenti nella parte iniziale di VI, le scelte armoniche figlie del jazz in IV (tuttavia probabilmente il brano più digeribile) e le instrusioni nell’ambient prima e nel groove poi di VIII.

L’approccio creativo dei Daal ci riporta alla memoria un impavido e intimista John Zorn, non solo nelle musicalità molto ricercate ma anche nella numerologia che come in Filmworks Series vede l’utilizzo dei soli numeri romani; così, allo stesso modo dell’artista statunitense, proseguendo nell’ascolto dei brani ci si trova ingabbiati in un incubo, durante il quale è difficile distinguere la dormiveglia dalla parte di pieno sonno. Un incubo che dura ben 70 minuti, un pò troppi probabilmente a prima vista ma non per il genere proposto, che vince il tempo ponendosi come obiettivo quello di illustrare le proprie idee con la massima libertà. Questo è il vantaggio-svantaggio di Dodecahedron: complesso, ardito e lungo; ricercato, sofisticato e dark; orchestrale, annacquato, sperimentale. Tutto questo dipanato in 70 eterni minuti di musica. E se da un lato vanno apprezzate le caparbietà tecniche e sperimentali dei musicisti che stanno dietro a questo lavoro, dall’altro va riconosciuta l’eccessiva complessità di un’opera che risulta davvero difficile da assaporare prima ancora che da metabolizzare.

Autore: Daal Titolo Album: Dodecahedron
Anno: 2012 Casa Discografica: Agla Records
Genere musicale: Sperimentale, Avant-garde Voto: 5,5
Tipo: CD Sito web: http://www.daal.it
Membri band:

Alfio Costa – piano, minimoog, hammond

Davide Guidoni – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. I
  2. II
  3. III
  4. IV
  5. V
  6. VI
  7. VII
  8. VIII
  9. IX
  10. X
  11. XI
  12. XII
Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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28th Gen2012

Ephel Duath – The Painter’s Palette

by Martino Pederzolli

The Painter’s Palette, la tavolozza del pittore, è il titolo del terzo album in studio degli Ephel Duath e proprio come una tavolozza ogni titolo di canzone è associato ad un colore diverso spaziando dall’amaranto al grigio perla. I Nostri padovani si addentrano, finalmente, in un concept album e riescono a scrivere un disco che segue, almeno musicalmente, un filo conduttore che accomuna tutte le tracce e le avvolge con un’atmosfera insieme innovativa ed antica. La composizione dei brani diventa più regolare rispetto ai precedenti lavori ma senza sacrificare in alcun modo l’originalità dei pezzi che, al contrario, si dimostrano più maturi e meglio strutturati aprendosi anche all’ascolto da parte di chi è nuovo a queste sperimentazioni. Dissonante e con un incedere che sta tra il folle e lo zoppo, The Painter’s Palette si apre con la splendida The Passage (Pearl Grey) che da subito si fa notare per l’uso della tromba e gli stacchi improvvisi che ricordano l’interno di un vecchio jazz club; bravissimi i cantanti Davide Tolomei e Luciano Lorusso che fanno un ottimo uso di scream e melodico riuscendo a portarci sempre con loro senza stancarci mai.

Acido, brutale ed intelligente questo disco ci stupisce man mano che lo ascoltiamo regalandoci pezzi come Praha (Ancient Gold), di una lenta amarezza che denota una larga influenza fusion e progressive; l’emblematica The Picture (Bordeaux), quasi un riferimento al titolo dell’album; Ruins (Deep Blue And Violet) che sposa magistralmente le “cavalcate” tipiche del metal con riff più lenti e riflessivi. Da notare l’origine del gruppo che si formò come una tipica band black metal per poi, coraggiosamente, aprirsi alla sperimentazione, all’avanguardia ma, purtroppo, come succede sempre con i creativi, sottovalutata senza avere la giusta attenzione ed il meritato riguardo in Italia. Allora scegliamo di premiare questo esempio padovano, riconoscendogli il merito di aver scritto un album bellissimo non solo perchè diverso e fuori dalle righe, ma soprattutto per l’intelligenza, la completezza che denota, per la violenta capacità di trasporto che ogni singolo brano esprime.

Nove canzoni, nove colori, una tracklist sinestetica che, ne siamo sicuri, darà alla luce altre opere d’arte.

Autore: Ephel Duath Titolo Album: The Painter’s Palette
Anno: 2003 Casa Discografica: Earache Records
Genere musicale: Avant-garde metal Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/ephelduath
Membri band:

Davide Tiso – chitarra

Luciano Lorusso George – voce

Davide Tolomei – voce

Fabio Fecchio – basso

Davide Piovesan – batteria

Tracklist:

  1. The Passage (Pearl Grey)
  2. The Unpoetic Circle (Bottle Green)
  3. Labyrinthine (Crimson)
  4. Praha (Ancient Gold)
  5. The Picture (Bordeaux)
  6. Ruins (Deep Blue And Violet)
  7. Ironical Communion (Amber)
  8. My Glassy Shelter (Dirty White)
  9. The Other’s Touch (Amaranth)

 

Category : Recensioni
Tags : Avant-garde
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