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21st Dic2016

Chiral – Gazing Light Eternity

by Ottaviano Moraca

chiral-gazing-light-of-eternitySpiegatemi perché se uno è bravo in tutto dovrebbe appoggiarsi o delegare ad altri ciò che potrebbe e saprebbe benissimo fare da solo e non cogliere piuttosto l’occasione di portare a termine un intero progetto beneficiando della completa autonomia sull’impianto stilistico. Questa è la domanda che deve essersi posto anche Chiral per il suo terzo album di black metal e la risposta che si è dato è evidente: non dovrebbe! E infatti troviamo il suo nome dietro tutti gli strumenti, al microfono e persino in veste di produttore. Una one-man-band a tutto tondo insomma che per genere e approccio sembra suggerire una provenienza scandinava e invece non dobbiamo andare oltre le terre piacentine per trovare l’origine di questo artista. Di lui non si sa molto, nemmeno il vero nome, né ci sono foto che possano aiutarci ad identificarlo ma, come per tutti i personaggi di culto, una sana vena di mistero suggerisce la giusta dimensione al progetto e, paradossalmente, proprio la mancanza di informazioni aiuta ad inquadrare il personaggio.

Il suo black metal è lancinante, tirato e non rinuncia mai a quel tocco di atmosfera che lo rende anche vario e piuttosto movimentato. Un fattore indispensabile vista la lunghezza delle tracce che in un paio di occasioni sfiorano addirittura il quarto d’ora! Le ampie divagazioni ambient aggiungono poi quell’elemento insospettabile, sorprendente, dalla cadenza ossessiva e quasi ipnotica che colloca questo disco in un’elite ristrettissima di proposte soltanto vagamente assimilabili. Siamo dunque difronte ad un lavoro impegnativo e di difficile assimilazione che richiederà tutta la vostra attenzione per essere capito e apprezzato. Fortunatamente Chiral riesce nell’ardua impresa di dare alle sue composizioni struttura e articolazione a sufficienza per scongiurare il rischio di cadere nella monotonia con tutto guadagno almeno della comprensibilità, visto che di immediatezza non si può davvero parlare. Ma so che siete tutti curiosi di sapere come il nostro eroe se la cava in questa sua missione in solitaria e quindi veniamo al capitolo sulla tecnica. Com’è ovvio non gli è possibile mantenere lo stesso livello qualitativo in ogni ruolo quindi ad una sezione ritmica un po’ prevedibile si affianca l’assai più ispirato lavoro di chitarre e tastiere. Eccellente invece l’interpretazione al microfono che piace perché si dimostra, se non versatile, comunque molto espressiva, tanto da obbligare a chiedersi dove potrebbe arrivare il progetto Chiral se potesse contare su musicisti di professione a comporre una formazione più classica.

Non che il grande protagonista di questo CD sfiguri in qualche frangente particolare, anzi è addirittura miracoloso quanto sia elevato il livello generale delle sue performance con tutti gli strumenti. Dove l’album mostra invece qualche pecca è nella produzione. Perché se i volumi e i suoni danno correttamente chiarezza e leggibilità anche nei passaggi più concitati, è pur vero che alcuni suoni, soprattutto di batteria, appaiono un po’ scadenti abbassando la qualità percepita di tutto l’album. Ed è un peccato perché invece in Gazing Light Eternity c’è molta ispirazione e dunque non ci resta che augurare a questo artista di trovare al più presto una casa discografica in grado di elevare la sua prossima opera ai livelli che certamente merita.

Autore: Chiral

Titolo Album: Gazing Light Eternity

Anno: 2016

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Ambient, Black Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://chiralitaly.wordpress.com

Membri band:

Chiral

Tracklist:

  1. Part I (The Gazer)

  2. Part II (The Haze)

  3. Part III (The Crown)

  4. Part IV (The Hourglass)

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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06th Dic2016

Glorior Belli – Sundown

by Ottaviano Moraca

glorior-belli-sundownNon sono un grande appassionato di black metal ma in certi giorni mi dispiace. Oggi è uno di quelli perché un maggior background mi aiuterebbe ad apprezzare questo lavoro dei Glorior Belli che dalla loro Parigi quest’anno sfornano il sesto album di una carriera più che decennale. In verità il gruppo fa capo ad un unico membro, Billy Bayou, che continua il suo viaggio musicale attraverso diverse contaminazioni per giungere oggi ad un black lancinante ma non proprio classico e soprattutto non così estremo come il cantato growl e le distortissime chitarre iniziali potrebbero suggerire. I ritmi alternano tempi dilatati e quasi ipnotici a mitragliate di doppia cassa mantenendo però costante la suggestione di atmosfere maligne e oscure. La produzione è degna di tanta cattiveria e riesce ad enfatizzarne l’effetto soprattutto grazie a suoni molto ben equalizzati mettendo solo sporadicamente la voce troppo davanti. Come anticipato non sappiamo chi abbia suonato su questo disco ma, quando si scatena, la sezione ritmica è un vero rullo compressore mentre la chitarra del padrone di casa tiene il passo intessendo malvagità nella melodia dell’intero album. Il tutto è condito da un cantato growl apprezzabilissimo perché non esasperato a cui si potrebbe chiedere solo un po’ di varietà in più.

In definitiva questo Sundown è un disco sorprendente per diversi motivi. Innanzitutto mostra un’ispirazione e una freschezza che non è lecito aspettarsi da un musicista, per di più solista, di così lunga esperienza. Inoltre piace perché le composizioni sono movimentate a tal punto da spezzare non solo la monotonia ma da dare anche quel respiro che in tanti CD del genere manca. E’ questo ad aggiungere interesse e fruibilità all’intero album. Ultimo, ma non meno importante, questo disco riesce a piacere e a convincere anche chi non mastica quotidianamente la materia a dimostrazione della validità di una proposta che a ragione punta tutto sull’impatto finale invece di perdersi, come spesso accade, in mille rivoli concettuali o in un’insensata brutalità. Forse non mi spingerà a diventare un fan del black metal ma di Billy Bayou e dei suoi Glorior Belli sì.

Autore: Glorior Belli

Titolo Album: Sundown

Anno: 2016

Casa Discografica: Agonia Records

Genere musicale: Black Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.gloriorbelli.com

Membri band:

Billy Bayou – chitarra, voce

Tracklist:

  1. Lies-Strangled Skies

  2. World So Spurious

  3. Rebels In Disguise

  4. Thrall Of Illusions

  5. Sundown (The Flock That Welcomes)

  6. Satanists Out of Cosmic Jail

  7. Upheaval In Chaos Waters

  8. We Whose Glory Was Despised

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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28th Nov2016

Emrevoid – Riverso

by Marcello Zinno

emrevoid-riversoGli Emrevoid, band totalmente tricolore, uscì qualche anno fa con questo EP che doveva segnare un nuovo cammino per la band, musicale ed artistico. Provenienti da varie formazioni, il quartetto intendeva costruire uno stile personale fedele comunque alla scena metal estrema. Quello che troviamo noi in queste sei tracce è un black metal con sferzate death in cui i confini non sono molto evidenti; l’elemento cruciale, che noi promuoviamo a pieno titolo, è dato dai testi in lingua italiana, chicca davvero rara da trovare in band di pari genere, visto che la tentazione di guardare oltre i confini nazionale è troppo ghiotta. A noi ricordano molto i Veratrum e la loro irruenza distruttiva, anche se gli Emrevoid optano per un profilo più elettrico lasciando a casa quegli arrangiamenti che conferiscono una vera epica e allo stesso tempo infernale abbracciata dai colleghi lombardi. Diciamo che in Riverso c’è più attinenza alla radice black metal, con le cavalcate tipiche della tradizione scandinava e un sound crudo che solo in alcuni frangenti sposa il riffing death; anche il growl è tipicamente black, stile che sembra risultare ancora più crudo in particolari frangenti, come la parte finale di Hic Et Nunc.

Molto variegata come traccia Obbedienzassenza, al contrario dell’opener Patibolo che invece si muove su frange più devastanti; cariche di odio anche le strofe della titletrack che assumono la forma di una marcia militare, pur spaziando poi tramite diverse variazioni nel corso dei 4 minuti totali. Una prova veloce, spigolosa e interessante: noi auguriamo a questa formazione di tornare presto sulle scene con un full-lenght, continuare con testi in lingua originale e caricarsi di attitudine estremamente esplosiva.

Autore: Emrevoid

Titolo Album: Riverso

Anno: 2014

Casa Discografica: Drown Within Records

Genere musicale: Black Metal, Death Metal

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://emrevoid.bandcamp.com

Membri band:

Fabio Savini – batteria

Alessandro Rossi – chitarra

Riccardo Zappi – basso

Gaetano Rizzo – voce

Tracklist:

  1. Patibolo

  2. Il Tuo Disegno

  3. Mostro

  4. Obbedienzassenza

  5. Riverso

  6. Hic Et Nunc

Category : Recensioni
Tags : Black metal, Death metal
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11th Ott2016

Bloodred – Nemesis

by Trevor dei Sadist

Bloodred - NemesisDopo un paio di EP nei quali già s’intravedevano buone cose, il progetto di Ron Merz, chiamato Bloodred, si pone al pubblico con il primo e tanto sospirato album. Bloodred, si tratta di una “one man band”, il polistrumentista teutonico è il protagonista assoluto anche di questo full lenght, dividendosi i compiti tra chitarra, basso, voce, synth, tutto nelle sue mani. Tuttavia con questo nuovo lavoro andiamo a sfatare il falso mito, è vero, i problemi potrebbero nascere in sede live, ma credetemi, al termine delle registrazioni, non sembrano mancare altre persone; Ron Merz, ha fatto le cose davvero molto bene. Andiamo a vedere nei dettagli questo nuovo Nemesis, titolo dell’album in questione. Il genere sul quale si muove il progetto di Merz è da attribuirsi a un black/death epico, tanto per intenderci, qualcosa di Amon Amarth, Emperor, Ensiferum, Borknagar, giusto per collocare meglio la musica dei Bloodred. Solo qualcosa di sinfonico spezza il brutale incantesimo che dal primo minuto di questo Nemesis mi soffoca, senza soste, ne sono felice, non mi fermo, anzi la sensazione è di volermi far male con il sound ossessivo e martellante dei Bloodred.

Tempi grind, epiche cavalcate, chorus sinistri, il tutto confezionato senza sbavature, rivolto a chi ama il mondo del metal estremo. La voce, che in troppe occasioni è l’ago della bilancia di molti dischi, si muove su parametri strettamente legati al black metal old school, sofferente, disperata. Tra le mie preferite The Hail Storm e The Lost Ones, quest’ultima una vera badilata in faccia, grazie all’adrenalina con cui Ron Merz riesce a trascinare l’ascoltatore. Dischi come questo Nemesis, rispondono alla domanda se tra il black/death e il metal classico, esiste un collegamento, assolutamente sì, sentire per credere. Nonostante non si gridi al miracolo, quest’album di esordio targato Bloodred è da tenere in considerazione. Bloodred, la creatura di Ron Merz, che non si è fermato solo ed esclusivamente a suonare tutti gli strumenti, ha deciso che poteva e doveva occuparsi anche della parte discografica, la decisione infatti è caduta sull’autoproduzione. Massima stima, per questo eclettico musicista, a me non resta altro che attendere il prossimo lavoro, nel frattempo mi ascolto per bene questo Nemesis. In alto il nostro saluto!

Autore: Bloodred

Titolo Album: Nemesis

Anno: 2016

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Black Metal, Death Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.bloodredband.com

Membri band:

Ron Merz – chitarra, basso, voce

Tracklist:

  1. Feel Voices On The Wind

  2. Tragedien | Svenskehuset

  3. Nemesis

  4. The Hail-Storm

  5. Collateral Murder

  6. The Lost Ones

  7. Spirits Of The Dead

  8. Im Kalten Licht Der Ewigkeit

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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02nd Ott2016

Selva – Eléo

by Marcello Zinno

Selva - EléoA metà tra un EP e un full-lenght giunge il nuovo lavoro dei Selva, formazione che fa della sperimentazione e del violento black metal il proprio cavallo di battaglia. 4 tracce che superano la mezz’ora di ascolto e che presentano bene i due lati della medaglia a nome Selva: quando il metal prende il sopravvento sono le cavalcate e le sfuriate che dipingono di nero l’intera scena, ad eccezione di alcuni momenti in cui melodie oscure e da colonna sonora vengono fuori; nei passaggi più lenti e cupi invece compare l’altro elemento dei Nostri, attimi questi che fanno tirare il fiato e danno pomposità al tutto. L’opener Soire raffigura bene questa duplice visione della musica, mentre la lunga Alma costituisce sicuramente un esercizio più spostato verso il black metal, di sicuro figlio delle influenze nordiche sia per tempi che per costruzioni belligeranti; l’unico elemento fuori dalle righe in questo brano è dato dal violino e dagli archi di Nicola Manzan (Bologna Violenta) nella seconda parte della traccia che aprono a spiragli strumentali vicini al post-rock (genere che la band stessa inserisce tra le proprie influenze). Nostalgìa rappresenta il momento più estremo di Eléo, in cui la visione black spinge un cuore glaciale quanto i paesi scandinavi.

In generale un lavoro coraggioso per essere proposto nel nostro Paese in cui queste sonorità non sono di certo comuni ma allo stesso tempo un prodotto non originale se osservato nel genere di riferimento e se si tiene conto della ormai folta schiera di band europee fautrici di black metal oltranzista.

Autore: Selva

Titolo Album: Eléo

Anno: 2016

Casa Discografica: Overdrive Records, Shove Records

Genere musicale: Black Metal

Voto: 5,5

Tipo: CD

Sito web: http://selvapbs.bancampa.com

Membri band:

Tommaso Rey – batteria

Andrea Pezzi – basso, voce

Alessandro Andriolo – chitarra, voce

Tracklist:

  1. Soire

  2. Alma

  3. Indaco

  4. Nostalgìa

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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15th Set2016

Apokathilosis – Where Angels Fear To Tread

by Marcello Zinno

Apokathilosis - Where Angels Fear To TreadLa conferma che il black metal non è un genere da circoscrivere solo ai Paesi scandinavi ci arriva, nei decenni, da una serie di nuclei (a volte sparuti altre volte più vivi) sparsi per i vari continenti che continuano a portare il verbo del metal nero lungo le generazioni. Un verbo complesso, che a volte si mescola con il paganesimo, altre volte con scelte politiche o artistiche intransigenti, o in alcuni casi come semplice espressione di violenza e crudezza messa in musica. Con i giovani Apokathilosis, progetto sorto da tre anni, tocchiamo una realtà sulla carta molto originale. Si tratta infatti di una band irlandese, luogo dove nuclei di questo tipo sono davvero rari, e che si dichiara profondamente influenzata dalla scena black metal greca (nota soprattutto per le sue sponde nazionalistiche che ci ricorda formazioni come Rotting Christ, Necromantia e Varathron, o se vogliamo andare ancora più nel profondo, The Shadow Order, Wolfnacht o Der Stürmer). Eppure gli Apokathilosis si dicono liberi da ogni vincolo religioso e convinti che l’umanità non vada salvata da nulla. Nella loro musica si nota comunque la compostezza e la freddezza del black metal nordico, che non può essere chiaramente ignorato da una band che professa questa musica: cavalcate acerbe e processioni funeree in ambienti corrosi dal fumo sono ben presenti in queste sei tracce, ideate e realizzate tutte da due soli musicisti, che si celano dietro questo progetto.

In alcuni frangenti si scova qualcosa di diverso: la chitarra non ha il canonico suono animalesco di produzioni ben più low cost, bensì spicca a volte sopra gli altri strumenti, come nell’interessante To Die A Thousand Deaths, brano che presenta degli stacchi e dei pattern quasi thrash metal, o come in The Untameable Human Spirit. Noi sentiamo lo spirito dei Bathory dietro il loro sound ma ci vediamo anche influenze diverse e uno spiraglio che può far presagire ad un’evoluzione sonora in futuro lontana dal black metal più circoscritto. Capiremo insieme quanto lontano andranno gli Apokathilosis.

Autore: Apokathilosis

Titolo Album: Where Angels Fear To Tread

Anno: 2015

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Black Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://apokathilosis.bandcamp.com

Membri band:

Felipe Roquini

Marttjn Rvbjn

Tracklist:

  1. Awaken Thee

  2. Where Angels Fear To Tread

  3. Ashes

  4. To Die A Thousand Deaths

  5. The Untameable Human Spirit

  6. Synchronicity

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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27th Giu2016

SPEKTR – The Art To Disappear

by Marcello Zinno

SPEKTR - The Art To DisappearIl fenomeno dei duo project non è semplice espressione di una semplificazione musicale a suon di tecnologia puramente italiana, ma è foriero di nuove realtà anche oltre i nostri confini. E così non solo troviamo di tanto in tanto band straniere a ripresentare in line-up un’essenziale sonorità che solitamente sono create per formazioni ben più corpose, ma ci capita anche di conoscere ed ascoltare band che trovano naturale sperimentazione dietro la generosità di strumenti, per lo più elettronici, che le menti (e le poche braccia) possono usare. Così il duo SPEKTR confeziona nove tracce all’interno del prodotto The Art To Disappear, un esercizio di musica estrema, potremo dire un tentativo di spostare un po’ più lontano i classici cliché del black metal, fatti di riff grezzi e scenari cavernicoli. In questo modo la band unisce sicuramente i dogmi indiscussi del black (ferocia, blast beat ma anche atmosfere oscure) con intermezzi ambient e soluzioni più moderne (loop, sampler, voci probabilmente campionate e chi più ne ha più ne metta), il tutto però mantenendo un’originalità di fondo ed evitando scelte kitsch che farebbero urlare allo scandalo (e ad eventuali dichiarazioni di morte) i blackster più incalliti. Uno di questi momenti potrebbe essere identificato in From The Terrifying To The Fascinating, i cui primi due minuti farebbero la gioia degli amanti del black metal, salvo poi cadendo in un trip-hop acido e malconcio che sa di pura pazzia, per poi tornare su binari alla Mayhem per intenderci. Ancora più rappresentativa è la title-track, che chiude il lavoro con i suoi oltre dieci minuti di sperimentazione onnicomprensiva, a ben rappresentare le idee del power-duo.

Altro esercizio di buon melting pot è That Day Will Definitely Come: voci assenti, carica emotiva a livello musicale, cambi di scenografia (audio) da colonna sonora e sorprese ad ogni minuto. Noi li troviamo molto originali e coraggiosi per puntare ad uno stile così particolare ma soprattutto per decidere di modificare delle strutture che i fan custodiscono gelosamente (e potremo dire quasi ai limiti della fede nazionalistica) e che vorrebbero mantenere al contrario inalterate pena l’accusa di alto tradimento. Anche per questo (coraggio) gli SPEKTR vanno premiati.

Autore: SPEKTR

Titolo Album: The Art To Disappear

Anno: 2016

Casa Discografica: Agonia Records

Genere musicale: Black Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/Spektr-341682829246180

Membri band:

kl.K. – voce, batteria, programming

Hth – voce, chitarra, basso, programming

Tracklist:

  1. Again

  2. Through The Darkness Of Future Past

  3. Kill Again

  4. From The Terrifying To The Fascinating

  5. That Day Will Definitely Come

  6. Soror Mystica

  7. Your Flesh Is A Relic

  8. The Only One Here

  9. The Art To Disappear

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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16th Giu2016

Crafter Of Gods – The Scarlet Procession

by Marcello Zinno

Crafter Of Gods - The Scarlet ProcessionArrivano sulle scene i Crafter Of Gods con un EP che ben accende i riflettori sul proprio sound. Siamo nelle lande del black metal sinfonico, di sponda Dimmu Borgir ma anche con un sapore talvolta orientale tanto caro agli Orphaned Land (In The Midst Of Oceans’ Infinity), il tutto esteso in tracce lunghe che offrono la possibilità di cambiare direzione e riempire di elementi compositivi ogni singola take. Nonostante i vari cambi di line-up, i ragazzi sono giunti ad una configurazione chiara della propria musica: voce maschile e voce femminile si appoggiano l’un l’altra, anche se per le parti principali la fa da padrone il growling maschile, inoltre va annoverato un importante ruolo delle tastiere non solo nel tessere trame sinfoniche ma anche con arrangiamenti e solismi che accontentano i fan dei Die Apokalyptischen Reiter e del minaccioso Dr. Pest. Alta deve essere l’attenzione per seguire tutto il dipanarsi delle tracce che compongono The Scarlet Procession visto che si può parlare di vere e proprie mini-suite, composizioni dalle tante sfumature che se, a nostro parere fossero valorizzate da una migliore produzione, potrebbero davvero destare l’attenzione oltre i confini nazionali.

I ragazzi riescono anche a inserire un sapore viking metal in alcuni momenti dell’EP, come nel brano In Silence Of Death We March, ulteriore effetto sorpresa che si cela sotto il complesso e intricato drappo che si stende lungo le loro idee. Un drappo che va osservato ed apprezzato perché, dati i presupposti, questo quartetto ha delle ottime prospettive per il futuro.

Autore: Crafter Of Gods

Titolo Album: The Scarlet Procession

Anno: 2015

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Symphonic Black Metal

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://crafterofgods.bandcamp.com

Membri band:

Giovanni Perin – voce, chitarra, tastiere

Nicola Trentin – voce, chitarra, tastiere

Luca Felet – basso

Alessandro Padovan – batteria

Tracklist:

  1. The Tempest Legacy

  2. In The Midst Of Oceans’ Infinity

  3. A Mirage Of Hanging Moons

  4. In Silence Of Death We March

  5. Celestial Breed, Treacherous Blood

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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20th Apr2016

Al-Namrood – Diaji Al Joor

by Cristian Danzo

Al-Namrood - Diaji Al JoorE’ interessante notare come il black metal abbia attecchito in alcuni Paesi dove storicamente la tradizione metal non è mai stata forte o presente. Medio Oriente, sud est asiatico sono zone geografiche popolate da molti ensemble che si danno a questo genere. Basta farsi un giro su metal archives, la wikipedia del metal presente sul web, per constatare personalmente ciò che scriviamo. Sarà la facilità di iniziare con questo genere o una ribellione verso governi e teocrazie che poca libertà lasciano agli individui? Non è dato saperlo, ma sarebbe un buono spunto per una seria indagine sociologico-musicale. Lanciamo l’idea che non approfondiamo perché non siamo nella debita sede. Parliamo invece della musica degli Al-Namrood e del loro ultimo album, capendo anche così, il perché di questa lunga parentesi introduttiva. Semplicemente perché la band in questione proviene dall’Arabia Saudita ed è al suo sesto full length.

Diaji Al Joor è un album plumbeo, nel quale il black metal viene arrangiato in maniera sapiente ed originale con strumenti della tradizione mediorientale, integrati perfettamente e facenti parte dello stile e della colonna portante della band. Quindi, non un sottofondo o un accompagnamento. Qui gli strumenti folk hanno la medesima importanza di chitarre, basso e batteria. E, in un genere come il black, questo non è per nulla poco. Volendo andare ad analizzare in profondità, moltissimi riff sono di matrice completamente nordica e si rifanno allo stile proprio, duro e puro, dettato dai gruppi scandinavi della prima ora che inventarono il genere. Il tutto viene poi impastato con un death metal molto pesante e gli strumenti della tradizione, tracciando un discorso personale che permette agli Al-Namrood di distinguersi in un panorama dove le innovazioni non sono molte e dove è difficile emergere in maniera chiara e netta. Quindi, già da qui bisogna complimentarsi con questi ragazzi.

Diaji Al Joor risulta oscuro e tenebroso e gran parte del merito va alla voce versatile ed inquietante, quando decide di usarla in un certo modo grottesco e schizofrenico, del cantante Humbaba. In alcuni passaggi sembra di sentire un disperato rinchiuso e dimenticato completamente in manicomio. Per chi riesce a superare l’ostacolo e l’ostracismo linguistico per un cantato che sia esclusivamente inglese, Diaji Al Joor è profondamente consigliato. Piccola curiosità: gli Al-Namrood non fanno live né si lasciano fotografare in faccia. Più cupi di così!

Autore: Al-Namrood

Titolo Album: Diaji Al Joor

Anno: 2015

Casa Discografica: Shaytan Productions

Genere musicale: Black Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/alnamroodofficial

Membri band:

Humbaba – voce

Mephisto – chitarra, basso

Ostron – strumenti Arabi

Tracklist:

  1. Dhaleen

  2. Zamjara Alat

  3. Hawas Wa Thuar

  4. Ejhaph

  5. Adghan

  6. Ya Le Taasatekum

  7. Hayat Al Khezea

  8. Ana Al Tughian

  9. Alqab Ala Hajar

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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29th Mar2016

Painful – Imagines Pestis

by Trevor dei Sadist

Painful - Imagines PestisTerzo album per i teutonici Painful: la band, dedita a un black metal con qualche venatura death, si è data davvero da fare e dal 2009 a oggi ha già sfornato tre interessanti album. Tra questi, l’ultimo nato Imagines Pestis, full lenght, fuori da qualche mese. Dopo un intro dalle caratteristiche orrorifiche, ci addentriamo nel vivo di questo nuovo album, targato Painful: l’acceleratore viene messo a dura prova, già dalle prime note di Black Death, i Nostri non concedono nulla al nemico, la band è decisa a far male, il drumming di Dane Jorger non lascia scampo giocando un ruolo di assoluta importanza, così come i riffs di chiara matrice black, ossessivi, oscuri, mentre Mike Obwald, trascina la band, tra striduli screaming e growl voice più accostabili al movimento death. Tempi grind entrano nel vivo del black metal, anche se, a tratti, c’è spazio per riffs cadenzati e mid tempo che aggiungono versatilità al disco, pur restando aggrappati ad un filone di omogeneità, e questo succede già nella prima parte dell’album, come nel caso di Lurking Shadows e Blood Of My Blood. Quello che ho apprezzato è stato la scelta di una produzione acustica, non troppo artefatta, che all’orecchio suona naturale, senza risultare, anacronistica o scarica.

In Holy Heresy, i Painful, vogliono mettere in chiaro il concetto di anticristianesimo, ne scaturisce uno dei brani migliori dell’intero album, accostabile ai Cradle of Filth dei primi anni. A metà album troviamo, prima Engelmacher, song dal sapore epic-heavy, specie nei riffs, mentre la successiva A Cruel Streak, ci cala nuovamente nell’abisso della brutalità, tra voci growl e screaming, in un duetto che ricorda, nell’intenzione, i primi Deicide. Chaos Resurrection si fa apprezzare per l’ottimo lavoro svolto dalla sezione ritmica, con una doppia cassa che domina la scena. Il nostro cervello è ormai rapito, stregati dalla consapevolezza di questa band che, nonostante ci stiamo avvicinando al termine di questo nuovo capitolo in casa Painful, lascia ancora spazio per altro genuino death/black. Armored Faith è costituita da qualche frangente modern-thrash, tuttavia voci demoniache ci ricordano l’appartenenza dei nostri.

I 7.04 di Death And Despair sono “l’arrivederci alla prossima”, si chiude molto bene questo nuovo lavoro, i Painful hanno dato dimostrazione di una prova di tutto rispetto, senza compromessi, fedeli alla linea di chi ha fatto del black metal una ragione di vita. L’angoscia del black metal vive sempre tra noi. In alto il nostro saluto!

Autore: Painful

Titolo Album: Imagines Pestis

Anno: 2016

Casa Discografica: Saol, Cmm

Genere musicale: Black Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.painful-metal.de

Membri band:

Mike – voce

Mucha – chitarra

Axx – basso

Dane – batteria

Tracklist:

  1. Imagines Pestis

  2. Black Death

  3. Lurking Shadows

  4. Blood of My Blood

  5. Holy Heresy

  6. Engelmacher (The Abortionist)

  7. A Cruel Streak

  8. Chaos Ressurection

  9. Armored Faith

  10. Death and Despair

  11. (Un)Holy Heresy Bonustrack

Category : Recensioni
Tags : Black metal
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