• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
11th Nov2021

Amedeo Giuliani – Il Viaggio Di Chinook

by Paolo Tocco
Un disco morbido, generoso di liriche poetiche, pop fin dentro le ossa per quel che significa il pop alto d’autore, leggero alla buccia ma decisamente denso di significati nelle pieghe dei tanti dettagli. E potrei cominciare così ora che mi viene chiesto cosa ne penso di questo lavoro, classico, “antico” nella forma e nelle intenzioni, ancora acerbo per molti tratti come nel singolo Gabbia Di Vetro (e nello specifico nel video ufficiale): entrambi aspetti che poco rappresentano questo nuovo lavoro di Amedeo Giuliani, cantautore abruzzese che arriva alla sua nuova pubblicazione con la Music Force di Chieti. Si intitola Il Viaggio Di Chinook questo disco che è saldamente ancorato alla scuola classica di De Gregori e compagni (legame che tradisce soprattutto nei momenti più “rock” della scrittura) e ribadisco un concetto che mi ha incuriosito tantissimo: lasciando girare questo CD che si apre proprio con il singolo di cui sopra si ha il malsano pregiudizio di pensare che sia questo il verso e la direzione di un intero disco. Eh no miei cari. Il Viaggio Di Chinook ha tutt’altro da raccontare. Già da subito, sin dalla traccia successiva Il Casellante si smaschera una verità che fa gola ai puristi della canzone d’autore, traccia che a suo modo svela anche richiama battistiani che mai stonano nella scrittura. E dobbiamo anche citare la fantasia favolistica di Figlio Di Un’idea con questi colori “medievali” alla Branduardi…o Luca Cubana che davvero esce dalle aspettative andando a regalare tonalità latine, quel certo modo di pensare alla musica che un poco strizza l’occhio al Fossati di Ah Che Sarà e quindi a tutta quella scuola che dalla bossa poi contamina la canzone italiana.

Forse davvero brani come Artista Di Strada o Codice A Barre – almeno per le abitudini di oggi – è troppo ma troppo aderente a quel De Gregori un po’ blues un po’ rock di Finestre Rotte (per citarne una delle tante che ripesca dal cilindro formule ampiamente utilizzate – anche dal sottoscritto, sia chiaro). Il Viaggio Di Chinook è molto più che la ballata di Gabbie Di Vetro che sinceramente avrei evitato di inserire in un disco di ben altra profondità dove le liriche non cercano soluzioni scontate, dove le immagini scorrono liquide ma con parole “difficili”, direbbe un adolescente di oggi. Dalla mia cerco sempre quel quid poetico che la potenza di De Gregori e compagni ormai ci ha instillato nelle vene ma ahimè ci sarà un motivo perché loro sì e noi altri no e se posso sempre permettermi un ultima postilla, la bellezza di questo disco di Amedeo Giuliani è assai scomoda agli ascolti superficiali di oggi: manca la melodia che funziona, manca la scrittura che si fischietta, manca il ritornello che prende. Ed ecco che Il Viaggio Di Chinook diventa un disco da palato fine, da misurare con gli ascolti, con il tempo, con quel ricercare la bellezza dentro i contenuti e non dentro la forma, robe che oggi ci sogniamo, pure utopie da fantascienza.

Insomma, Il Viaggio Di Chinook è un disco che punta agli intenditori anche se il nostro ha troppo abusato dei fantasmi famosi, troppo…così tanto che questo lavoro paga il prezzo di una personalità che non emerge e non si fa vedere.

Autore: Amedeo GiulianiTitolo Album: Il Viaggio Di Chinook
Anno: 2021Casa Discografica: Music Force
Genere musicale: CantautoraleVoto: 6
Tipo: CDSito web: www.facebook.com/amedeogiuliani75
Membri band:
Amedeo Giuliani
Cesare Zarbo
Tracklist:
1. Gabbia Di Vetro
2. Il Casellante
3. Figlio Di Un’idea
4. Neve
5. Luna Cubana
6. Artista Di Strada
7. Mela Acerba
8. Codice A Barre
9. Non Aver Paura
10. Vorrei Vedere I Mare
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
1 Comm
23rd Mar2021

VonDatty – Nemico Pubblico

by Marco Pisano
Nemico Pubblico è il quarto album del cantautore romano Roberto Datti, in arte VonDatty, prodotto da Vrec e distribuito da Audioglobe, uscito quest’anno. Co-prodotto assieme a Pierfrancesco Allotta, vanta la partecipazione di numerosi ospiti di rilievo del panorama musicale nostrano, quali Roberto Dell’Era (Afterhours, The Winstons), Giorgio Baldi (chitarrista e produttore di Max Gazzé), Lucio Leoni (voce nella prima traccia e presente saltuariamente in altri brani), Lara Martelli (che compare in Hanno Bendato Il Mio Cuore) e Dj Myke (autore del remix di Maledetti Giorni, traccia di chiusura dell’album). Il cantautore romano, in questo nuovo lavoro, ci offre un cantautorato dal forte sapore pulp e noir, con molti richiami alle colonne sonore dei film anni settanta. Le strutture tipiche della forma canzone, vengono accompagnate da testi incisivi, profondi e molto introspettivi, trasformando i brani in una sorta di “spazio di autoanalisi” e di ricerca interiore, nei quali è possibile mettersi a nudo e confrontarsi con le proprie paure, speranze, sogni e fantasmi con la massima sincerità e trasparenza.

Coraggiosa e azzeccata la scelta di puntare sulle atmosfere pulp e noir, suggerite da sonorità con suggestioni roots e blues, e con qualche incursione nella psichedelia, principalmente grazie all’uso di effetti quali tremoli, echi e reverberi inseriti nelle chitarre, che ricordano molto le colonne sonore dei western del grande Sergio Leone, con le sue atmosfere sospese e cariche di tensione. Elementi che contribuiscono a rendere il sound generale movimentato e dinamico, mai troppo banale o troppo piatto. Nel complesso si tratta di un lavoro ben prodotto e ben concepito, davvero gradevole e godibile.

Autore: VonDatty Titolo Album: Nemico Pubblico
Anno: 2021 Casa Discografica: Vrec
Genere musicale: Cantautorale, Pop Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/VonDatty
Membri band:
VonDatty –  voce
Gabriele “Lolla” Proitetti – chitarra
Pierfrancesco Allotta – basso
Vieri Balocchi – batteria
Tracklist:
1. Intro (Feat. Lucio Leoni)
2. Gli Aspetti Generali
3. Spleen
4. Maledetti Giorni (Feat. Dell’era)
5. Latte
6. Hanno Bendato Il Mio Cuore (Feat. Lara Martelli)
7. Nervi
8. Due Animali Feroci
9. Spy story
10. Nemico Pubblico
11. Maledetti Giorni (Dj Myke Remix)
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
05th Nov2020

Marco Vorabbi & Le Dovute Precauzioni – Verranno I Tempi Migliori

by Paolo Tocco
Purtroppo, e dico purtroppo, capita in un momento di grossa e grassa polemica questo disco. Lo avvio durante un giorno macchiato di discussioni benevoli e portatrici sane di confronti costruttivi. Soltanto non sono ancora giunto personalmente ad una soluzione e quindi, tutto quel che seguirà, sarà arricchito da un doverosissimo forse…concedetemi il beneficio del dubbio insomma. Il titolo del confronto era: ma serviranno tutti questi dischi che escono oggi, ogni giorno? Ma non è che, come al solito, da ottimi paraculi quali siamo, in nome di una libertà ormai di moda da osannare, si liberalizza la voce di tutti? E questa non ha tanto la faccia di essere “anarchia” dentro cui finisce “laqualunque” che dà alle stampe dischi che sinceramente…boh…servono? Con questo animoso acido in corpo metto in play un disco dal titolo speranzoso (soprattutto oggi) che è Verranno I Tempi Migliori di Marco Vorabbi & le dovute precauzioni. Ironia sicuramente ma anche tantissimo lifestyle di provincia nelle 11 tracce inedite che dipingono la vita quotidiana dei piccoli centri di periferia. Va bene. Ci piace. Mah? Sfacciato il rimando a De Andrè, anche lirico e anche nella scelte di certe rime e certe parole…ma anche ad un più dannato Piero Ciampi con quella monotona cadenza frustrata e poi quel piglio vocale che quasi ricorda il buon The André che a lui faceva il verso per mestiere d’arte e un po’ ricorda anche quel Lorenzo Kruger che sempre a loro fa sempre il verso. (E se Marco Voraci fosse The Andrè? Apriamo il gossip…).

Insomma, di personalità, di novità, di tratti che rimandano a qualcuno di preciso neanche l’ombra. Un disco che mette assieme tante cose di altri e si sviluppa così, senza neanche la capacità di generare un motivo che sia estetico o concettuale per farsi sottolineare. Questo disco potrebbe essere il disco di tanti o un collage di tanti dischi altrui…dunque chi sia questo Marco Vorabbi e quali siano le sue “dovute precauzioni” sinceramente non riesco a capirlo. Sicuramente ha il piglio di scrivere cose intelligenti e argute, sicuramente ha la voce che lo aiuta molto nel cadere dentro un preciso cliché…per quanto spesso fuori tono nelle chiuse delle melodie…sicuramente ha idee partigiane e popolari che restituiscono quella dimensione “quotidiana” di quartiere alle canzoni, soluzione popolare sempre vincente. Ma sinceramente non trovo un senso, un motivo, un qualcosa che mi faccia dire: ecco il disco di Marco Vorabbi & Le Dovute Precauzioni! In altre parole: se a lui sostituisco mille altri come lui, se alle sue melodie sostituisco mille altre soluzioni come questa, sinceramente non riconosco l’origine e la differenza.

Sono spietato? Eh sì, forse sto esagerando…sicuramente è uno scrivere figlio della conversazione di oggi. Ma, a voler essere davvero sinceri, potete biasimarmi? Ed io non sono uno che deve per forza cercare l’originalità. I nostri grandi cantautori italiani tutto erano tranne che originali. Ma dentro cliché ampiamente copiati ed importati c’era la loro anima assolutamente riconoscibile. Tra Guccini, De André, De Gregori eccetera ci sono abissi infiniti nonostante tutti stanno dentro forme per niente originali. Eppure un pezzo di Ciampi lo riconosco prima ancora di sentire la sua voce. Questo intendo: ha senso fare un disco privo di personalità affidandosi soltanto all’impalcatura estetica di una canzone? Impalcatura che poi non è neanche così capace di sfoggiare forza e bellezza. Sia chiaro anche questo…ci fosse almeno il pezzo del secolo dentro.

Un sommario “boh” dopo l’ascolto di questo disco, magari accetterete le mie scuse, magari rifletteremo assieme, magari domani avrò maturato un pensiero totalmente opposto a questo. Di sicuro questo titolo vince su tutto: arriveranno i tempi migliori.

Band: Marco Vorabbi & Le Dovute Precauzioni Titolo Album: Verranno I Tempi Migliori
Anno: 2020 Casa Discografica: Beta Produzioni, Artist First
Genere musicale: Cantautorale Voto: 4
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/Marco-Vorabbi-e-le-dovute-precauzioni-109507340485902
Membri band:
Marco Vorabbi – voce, chitarra
Roberto Penna – basso
Pietro Galvani – batteria
Roberto Galvani – violino, viola
Alex Magnani – banjo, bouzouki, mandolino, fisarmonica
Marco Barosi – cori
Giacomo Senatore – cori
Tracklist:
1. 10mila Birre
2. Giulia
3. Mezcal
4. Giuseppe
5. Freddy
6. Pugni D’euro
7. Bio Parco
8. Irpef
9. Il Disco Di Bob Marley
10. Io Mento
11. Il Gentleman
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
1 Comm
23rd Gen2020

Senna – Sottomarini

by Paolo Tocco
Perché vogliamo le ali di una rondine se poi voliamo nella grandine? Una domanda semplice e complessa, visionaria quanto basta per farmi capire che l’equilibrio tra l’ingenuità poetica e il peso sociale è stato raggiunto… appena, forse manca poco… ma è stato raggiunto. Che poi voglio sottolineare una cosa: questo suono tanto decantato analogico, non è quel famoso abito che realizza il monaco. Insomma capiamoci bene: Sottomarini è un disco che nasce dal cuore e non dal suono, nasce dall’urgenza e non dalla tecnica, nasce dallo spirito di essere e non dalla moda di apparire. E oggi, tornare vintage, tra vinili e lo-fi è una moda abusata senza troppo gusto e mestiere. E in questo i nostri Senna peccano a loro modo restituendo video che usano filtri banali per sembrare antichi, facendo il verso agli anni 80 ma senza curarsi di particolari importanti come la nuova Panda al distributore di benzina. Errori che portano il dialogo fuori la coerenza…almeno così l’ho letta io, chiedendo scusa se ho usato una cattiva codifica.

Ma non è di video che dobbiamo parlare, visto che in questa direzione non mi hanno conquistato. Mi affascina invece Sottomarini per com’è, per come si presenta, per la voce che mostra e per la liquida semplicità della scrittura. Disponibile anche in vinile, di cui spero a breve di poterne realizzare un focus, perché questo lavoro merita attenzione. I Senna vengono da Ostia, dal mare, dal lido famoso e da lì ci restituiscono un bellissimo disco di metropolitana abitudine alla provincia, di nebbie finissime, di amori che si inseguono, di leggerezze spirituali che sono proprie degli adolescenti. Ma non è un disco di adolescenti. È un disco di provincia e per parlare di provincia si dev’essere uomini già maturi dentro. Correndo verso la notte, perché la provincia vive di notte senza fare rumore sfacciato. Misurandosi in sigarette e sperando che la California sia il profilo umano di questa nostra Italia. Bellissimo questo dolcissimo planare delle linee di batterie che sono vellutati ingredienti del tutto, sono appoggi che si fanno sostegni, sono caratteri silenziosi che si fanno colonne portanti. Belle le linee di pianoforte che ricoprono di gusto italiano il pop che sono nel DNA dei brani. E le voci corali che inevitabilmente ci riportano alle trame solipsistiche di Simon & Garfunkel – con tanto di cappello per le differenze dovute, s’intenda – sono vere pitture quotidiane di questa Italia che ancora una volta vuol rimestare il passato visto che al futuro non è che ci si conti poi tanto.

L’inciso di Addio Alla Città è il momento più americano del disco secondo me, ma anche un momento mio tutto italiano in cui riesco a guardare i vicoli soleggiati di una domenica pomeriggio in cui ho solo bisogno di evasione e posso anche permettermi il lusso di perdermi ovunque. E se proprio vogliamo parlare di suono vintage allora, cari Senna, dovevate lasciarlo più libero e meno prodotto questo suono del disco: mi arriva invece composto, senza sbavature, con troppi ricami che non penso abbiate curato con taglierino e collante per nastri magnetici. Poi magari mi sbaglio ed ecco qui le mie scuse. Ma temo che da qualche parte l’uso dei computer, quantomeno a raffinare il prodotto, debba venir fuori. E lo sento molto raffinato. Da un lavoro così vero, così sincero, così trasparente, mi sarei aspettato più quello sporco del cortile che riporti a casa dopo una partita a calcetto che qualche alone sistematico che hai sempre quando compri un condizionatore industriale. Brani come Mignolo sono tremendamente TheGiornalisti vecchia maniera che tutto hanno tranne che un suono analogico. Quel synth anni 80 probabilmente dovevate evitarlo per non ricadere nelle somiglianze per niente edificanti. E la bellissima Le Cose A Metà inevitabilmente mi rimandano ai Modà delle fragole quando vogliono fare i romantici. Solo che loro non ci riescono…voi ci avete messo meno di 4 minuti. Ed è la chiusa affidata a Uguale E Diverso che mi fa capire quanto vi sia naturale unire melodia e sentimento, musica e normalità. E non servono troppe impalcature.

Nessun mito e niente supereroi. Siamo lontani dai grandi dischi che cambiano la vita. Ma Sottomarini è un lavoro che affiora con l’umiltà di uno sguardo da ragazzino nel mezzo del frastuono patinato dei tanti “artisti” modaioli che si fingono cantautori. Sottomarini è un disco di quel cantautorato semplice, leggero (parola chiave per questo disco…e non solo per rendersi galleggianti), che suona come suona un pensiero privato che, se proprio dobbiamo confidarlo a qualcuno, usiamo quel tono di voce a malapena sussurrato, che quasi ci si deve nascondere. È un disco che vuol svelare segreti e sceglie una domenica pomeriggio per farlo. Almeno penso che sia domenica. La notte in provincia, amici delle grandi città, è qualcosa che non potrete mai capire, presi come siete ad ammazzare la noia. Sottomarini è un bel disco e che si fottano gli sperimentatori nostrani che cercano la novità. La maggior parte di voi non è neanche capace di far funzionare le basi.

Autore: Senna Titolo Album: Sottomarini
Anno: 2019 Casa Discografica: Roma 10
Genere musicale: Cantautorato, Indie Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/sennacomeilfiume
Membri band:
Carlo Senna – voce, pianoforte, piano elettrico, chitarra classica, acustica ed elettrica, sintetizzatori, drum machine, rumori ambientali
Simone Senna – voce, basso elettrico
Valerio Meloni – voce, batteria, shaker, tamburello, chitarra acustic
Tracklist:
1.(Punto E A Capo)
2. Giulia
3. Agosto
4. Addio Alla Città
5. Mignolo
6. Le Cose A Metà
7. Fiume
8. (Riavvolgi)
9. Italifornia
10. Uguale E Diverso
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
18th Lug2019

Anèdone – La Superficie Delle Cose

by Paolo Tocco
Ho sempre amato il silenzio e la luce soffusa delle piccole stanze. L’ho amata da sempre. Perché in qualche modo mi ha sempre raccontato qualcosa di me che non conoscevo, ha fatto più di quanto ogni sogno ed ogni esperienza possa fare. Mi racconta di quel desiderio di sgusciare fuori da ogni sistema calcolato, da ogni momento omologato e che diventi una moda per individui fragili e senza potere critico. L’ho sempre amata quell’attesa di cose che neanche io sapevo bene che faccia avessero. Si resta sospesi nel silenzio, quello sereno e senza troppe ombre in movimento…si resta sospesi, ma non come fossimo appesi – che sembra più un vezzo di morte. Direi che somiglia più ad una fluttuazione tra polvere fine e luce di candela. Si resta sospesi e con le braccia a nuotare un poco ci si muove, si galleggia, come nelle cittadine di una provincia nuvolosa di una domenica anonima nel bel mezzo del giallo autunnale e anche i suoni galleggiano a farci caso. Ed è in questo stato di cose che amo osservare quel che corre d’intorno e pensarlo e poi alla fine farlo mio…è da questa codifica che nasce la mia personale repulsione per l’immonda superficie delle cose.

Trovo che questo primo disco personale di Francesco “Franz” Martinello sia una puntuale e salvifica fotografia di questo stato d’animo che più mi rappresenta, che più amo. Il progetto lo ha titolato Anèdone, che rappresenta – ci spiega – la primigenia sensazione che riconduce l’individuo maturo a qualcosa di puro del suo percorso su questa terra. Banalmente, per modo di dire, “anèdone” è il primo sapore di casa, il primo bacio, la prima ricerca personale, il primo esserci consapevolmente. Divenuto poi un progetto in trio con Francesca “Meggie” Covre alle doppie voci e chitarre e Giacomo “Jacu” Iacuzzo alle percussioni e altri “giocattoli”, eccovi finalmente un disco che non ha canali digitali e violenti streaming gratuiti, non l’ho trovato in rete e non l’ho cercato più di tanto. L’ho lasciato girare nello stereo ed è quello che continuerò a fare per parecchio vista la profondità che suscita questo lavoro dal titolo, ahimè troppo didascalico, La Superficie Delle Cose”. Ed il suono galleggia in bilico tra belle sensazioni di melodica psichedelia, dolce e senza acide incomprensioni; le chitarre spesso sanno solo di dialoghi acustici e mai di muri disturbanti, il drumming è deciso dal gustoso suono di rullante e cassa o nelle percussioni che a tratti richiamano scenari world sempre ancorati ad una fluttuante urbanizzazione. Il tutto ha un corpo che non ha presunzione e pretesa di inventare soluzioni rivoluzionarie ma resta tutto fermo in una coerenza “pop” evanescente, che spesso altera con buon gusto la classica forma strofa-ritornello ricordando in più parti il Battiato dei momenti più ispirati anche grazie ai disegni melodici che fa la voce. In questa chiave l’omaggio a De Gregori cade a pennello con Babbo In Prigione così rappresentante e colpisce – per chi la ama – Chiodi e quel ritrovarsi sfacciatamente in quella poesia di Agota Kristof, brano che più di tutti rende incisivo il lavoro di suono sulla sezione ritmica.

Quasi si ritorna con i piedi a terra nella sottaciuta Giorni Di Ottobre, di questa introduzione che riporta alla scena indie, con il suo incedere spesso corale e quella forma canzone che mi riporta ai Siberia soprattutto quando usa parole come betulle…ma sono solo impressioni, sia chiaro. E non a caso la grafica di questo lavoro ha colori di nuvole all’orizzonte e crepe di superficie nella pietra. Ed è suggestivo in questo tempo di nuvole ritrovarsi ad ascoltare come in Sogno gli Anèdone danno musica a quel discorso che la storia non dimenticherà mai, di quando il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington Martin Luther King Jr. parlò del suo popolo, del popolo di tutti, di un sogno americano che non ha colori sulla pelle. La Superficie Delle Cose è un disco che non appare, che va ascoltato, che ha ricerca e personalità, ha quel sapore che prescinde dal volere popolare e verso esso si muove per l’incontro di gusto e di dialogo senza svendersi e senza mai scendere a compromessi. Un disco che va misurato a gocce piccole e puntuali…e in questa era storica in cui anche i ragazzi non capiscono più un testo scritto, temo che opere simili restino destinate al buio delle caverne o di quelle stanze intime in cui soltanto chi ha voglia di scardinare l’uscio e spegnere i cellulari può darsi la possibilità di arricchirsi e di ritrovarsi tra le scritture di Francesco “Franz” Martinello e degli Anèdone. Io ci penserei due volte prima di usare questo disco come sottofondo per i vostri cocktail a bordo piscina…maledetta superficialità che ovunque imperi nella mente di queste pecore belanti.

“L’immonda superficie delle cose, è come ghiaccio nero, come acqua col veleno”.

Autore: Anèdone Titolo Album: La Superficie Delle Cose
Anno: 2019 Casa Discografica: Schiavetti Records
Genere musicale: Cantautorale Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/anedone2019/
Membri band:
Francesca Covre – chitarra, cori
Francesco Martinello – voce, chitarra, bouzouki
Giacomo Iacuzzo – percussioni, campionamenti, batteria
Tracklist:
1.La Superficie Delle Cose
2.Giorni Di Ottobre
3.Chiodi
4.Babbo In prigione
5.Un Profilo Sbiadito
6.Sogno
7.La Veglia
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
13th Giu2019

Orizzonte Delle Genti – Come Un Gregge

by Paolo Tocco
Caro Massimiliano Piantini voglio raccontarti una mia piccola recentissima storia di vita vissuta. Spero che basti questo per dare una forma al mio pensiero, per quel che vale, sul tuo disco d’esordio. Mi scrivo con una ragazza che non conosco. Entriamo in contatto su facebook a seguito di ricerche di altre persone. Parlando del più e del meno si arriva a trattare di argomenti inerenti al mio lavoro, dunque mi dice: “Wow, io adoro la musica e adoro parlarne”. Io le rispondo: “A me no, odio parlarne, mi annoia…c’è solo un mare di ignoranza e di superficialità”. Così lei un po’ colta di sorpresa, un po’ quasi a raccogliere una sfida e un po’ perché quando ci dicono frasi simili subito dobbiamo dimostrare che gli ignoranti e i superficiali sono sempre gli altri, quelli che parlano a vanvera, mi fa domande e vuole ascoltare la mia musica. Io le lascio un link a youtube. Ti riporto di seguito la conversazione del giorno dopo:

Bella Luna Nera mi piace molto. Complimenti.
Oh grazie mille. E cosa ti è piaciuto in particolare?
Beh il ritmo, il mood. In genere non amo i cantautori quindi ritieniti fortunato.
Grazie ancora. Ma quindi di quella canzone cosa ti è piaciuto?
Te l’ho detto… mi piace l’atmosfera che crea.
E secondo te di cosa parla?
In che senso?
La canzone dico…di cosa parla?
Beh dimmelo tu…
Io so di cosa parla. Visto che sei un’ascoltatrice di musica, visto che è la canzone di un cantautore, visto che ho lavorato quasi un anno per quel testo… sono curioso di sapere da te di cosa parla, che messaggio ti ha lasciato.

Non ha più risposto. Dunque, caro Massimiliano Piantini, capiamoci. Ma oggi che siamo sommersi di una superficialità che ha metastasi incurabili anche nel banalissimo rapporto tra le persone, oggi che addirittura non abbiamo neanche più educazione nel comportarci oltre che nella cultura e nella curiosità, oggi che il mainstream osanna Calcutta, Motta, Truppi e compagnia cantando…tu, mio caro Massimiliano Piantini, a chi pensi sia arrivato questo disco? Io penso a nessuno, facendo eccezione (forse) di ragazza, moglie, sorella, fratello, madre, padre e una ristrettissima cerchia di persone immediatamente confinante con il tuo vissuto privato. E attenzione: io trovo che sia questo uno dei più grandi complimenti che possa farti. Hai scritto un disco importante, di liriche importanti, di quella scrittura partigiana che inevitabilmente mi ha riportato dal grande Lolli (che ho avuto la fortuna di conoscere e di ammirare da vicino). Mi riporti nella danza sarcastica e intelligente di Gaber con quella preziosa Valzer Dei Precari (complimenti davvero), mi hai condotto per mano in una fotografia italiana che un Pasolini avrebbe certamente apprezzato…lo hai fatto con una non forma canzone che ormai annoia e distrae (loro) perché non si ha (loro sempre) più il cervello capace di concentrarci per più di qualche secondo e i tuoi ritornelli – semmai possiamo chiamarli così – non arrivano mai… ma sei pazzo o cosa? Anche questa recensione, dopo 3 righe è andata perduta, pattumiera che leggeranno solo gli idioti come noi o i facenti parte di quella cerchia di cui sopra, noi che possiamo considerarci (per loro sempre) irrimediabili falliti al cospetto delle estetiche di plastica industriale (osannate da loro sempre). E sono sicuro che non sei manco uno che sa farsi i selfie… sei un pazzo!!! Ma siamo in due…almeno di questo ne sono certo.

Ma sei mai andato in giro a chiedere alla gente perché si festeggia il 2 giugno? Qua siamo tutti bravi ad offenderci…ma ti prego, fallo e poi riporta su un blog le risposte. E tu ci hai scritto anche una canzone? Le scarpe chiodate, tra le gambe un fucile, ordini scritti, un copione da dire e sbatte i tacchi al regime… mah, chiedo scusa a tutti voi, sarà che sono in un cattivo periodo, ma trovo che oggi cotanta grazia partigiana, tra forza poetica e gusto melodico, sia solo polvere da scansare per evitare che si copra lo schermino glitterato del nostro magico “aifon” con cui dobbiamo fotografarci il bel culo (speriamo sodo) per dire che siamo al mare. Dunque: Massimiliano Piantini, in questo progetto che si chiama Orizzonte Delle Genti, pubblica un primo EP dal titolo Come Un Gregge. Lasciate perdere (voi, cioè i loro di prima): è canzone impegnata politicamente, socialmente, è canzone lunga anche di 6 minuti, è una canzone che pretende ascolto, cultura e attenzione. Quindi mio caro Massimiliano Piantini, se già la mia forma canzone decisamente pop è data in pasto al niente, figuriamoci un disco come il tuo, che imbecilli come me considerano prezioso…pensa tu! Che poi la tua voce gioca un ruolo importante nel richiamare quel periodo, anni 70 e contestazione proletaria, che poi non ti sei neanche piegato ad arrangiamenti banali, mi piacciono i frequenti cambi di scena che introduci, rimodulazioni del periodo e quello spezzare il flusso cosciente come accade per esempio in Ballata Per Ennedue dove alla “strofa” ostinata si accoppia una grazia distesa di “fisarmonica provenzale”…e ciò accade con eleganza, senza soluzione di continuità.

Sarà che sono legato a quella scena di musica, sarà che ho i dischi dei Cantacronache, di Amodei, di Profazio, sarà che penso che i “vari Calcutta” siano la celebrazione del niente e del vano, sarà che quando ho letto riferimenti a Le Luci Della Centrale Elettrica ho pensato ad una svista enorme, sarà quel che sarà, ma trovo che questo sia davvero un disco di arte artigiana di cantautore che ha qualcosa – finalmente – da dire. E ora voi altri offendetevi pure, datemi del presuntuoso e minacciatemi sui social. Il fatto però resta e quello non lo potete contestare: un disco come questo resterà a prendere la polvere mentre la banalità della scena indie mainstream – ma banalità bieca e ignorante – riempie le piazze di gente che “come il gregge” ripete a pappagallo versi banalissimi di cui manco ha capito granché e lo fa con il cellulare in mano per fare foto da postare sui social e dire a tutti gli altri omologati del gregge che “io c’ero”. Ascoltatevi 9 Dicembre…Apparenza. Schiavi e vittime di apparenza. Burattini, questo siamo diventati. E questo disco se ne fotte e vi volta la faccia e la schiena e pure il cuore. Se avete fegato, spegnete l’ “aifon” e provate ad ascoltare. Ascoltare…che strana parola questa! La usavano i nostri nonni. Bravo Massimiliano Piantini.

Autore: Orizzonte Delle Genti Titolo Album: Come Un Gregge
Anno: 2019 Casa Discografica: Zenith Recordings
Genere musicale: Cantautore Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/orizzontedellegenti/
Membri band:
Massimiliano Piantini – voce, chitarra, tastiere
Simone Sonatori – basso, chitarra
Alessandro Matteucci – tastiere, fisarmonica
Frank Andiver – batteria in 9 Dicembre
Paolo Palopoli – chitarra in Ballata Per Ennedue
Tracklist:
1. 9 Dicembre
2. Ballata Per Ennedue (Uomini E No)
3. Come Un Gregge
4. 2 Giugno 2004
5. Assolata Noia
6. Valzer Dei Precari
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
08th Apr2019

Iacampo – Fructus

by Sara Fabrizi
Marco Iacampo, cantautore veneto già ben piazzato nel circuito cantautorale nostrano, né troppo mainstream tantomeno indie, un anno fa ha pubblicato un album, Fructus, che si pone come l’apice ideale di una trilogia iniziata nel 2012 con Valetudo e proseguita nel 2015 con Flores. Sonorità folk e pop inteso come popolare. Contaminazioni etniche, mediterranee e tropicali (brasiliane), forte della collaborazione con Leziero Rescigno (La Crus, Amor Fou) e Gui Amabis (artista e produttore brasiliano). Ne risulta un album pieno, rotondo. Non scarno ma ricco di suggestioni, pur nella sua apparente essenzialità. La sua scrittura è immediata, fresca e parla dritta all’anima. Innestata su melodie non prevedibili ma complesse e variegate. Un disco folk, quindi, ma raffinato e caldo, a tratti tenero. La varietà strumentale e i cori femminili (si sente anche la voce di una bimba) conferiscono un tono ancora più caldo ad un lavoro già molto solare. Tematiche che variano da quelle più positive a quelle meno, mantenendo sempre un piglio propositivo e ottimista.

11 tracce che si susseguono e rincorrono con l’aria di un concept album ma di tipo circolare. Più che di una evoluzione track by track potremmo parlare di una circolarità appunto, di un continuo rimando. Melodie delicate che si fanno via via più complesse e composite per poi colorarsi di soul e suggestioni geograficamente lontane. Ma senza perdere di vista la leggerezza di una scrittura sempre elegante, mai tediosa, dritta, efficace. Popolare, ma con classe. Davvero un bell’album che sa di buono, di vero, di autentico.

Autore: Iacampo Titolo Album: Fructus
Anno: 2018 Casa Discografica: Ala Bianca Group, Urtovox rec
Genere musicale: Cantautorato Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.iacampo.net
Membri band:
Marco Iacampo – voce, chitarra
Enrico Milani – violoncello
Filippo Zonta – percussioni, voce
Leziero Rescigno – cajon, percussioni, tastiere
Sergio Marchesini – fisarmonica
Gui Amabis – campionamenti
Marco Penzo – basso, contrabbasso
Tracklist:
1. Il Frutto Del Deserto
2. La Vita Nuova
3. Le Mie Canzoni
4. Dormi Fino Ad Un Giorno Nuovo
5. Dividi Il Pane
6. Così Buono
7. Un Giorno Splendido
8. Fiore Di Campo
9. I Demoni
10. Riva
11. Anni Luce
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
08th Apr2019

Esposito – Biciclette Rubate

by Cristian Danzo
Diego Esposito, il cui nome d’arte è semplicemente il cognome, rilascia Biciclette Rubate, il suo secondo lavoro due anni dopo il debutto E’ Più Comodo Se Dormi Da Me. Ha dietro di sé un background di tutto rispetto: una apparizione ad X-Factor, una al tradizionale concerto del 1° Maggio, oltre ad avere vinto per due anni di fila (2016-2017) Area Sanremo ed avere rappresentato il cantautorato italiano all’ambasciata italiana di Pechino. Quindi un artista che ha già un ricco curriculum alle sue spalle. Partiamo subito con l’analisi di ciò che non ci piace di Biciclette Rubate. Due pezzi, Voglio Stare Con Te e Solo Quando Sei Ubriaca tentano un accattivante mix tra lo stile dell’autore ed un suono catchy e radiofonico di facile presa. In effetti, per quanto riguarda la seconda affermazione, Solo Quando Sei Ubriaca riesce appieno nel suo intento. Il problema è che si snatura tutto e l’album si sfilaccia non poco con questi due pezzi che sfociano totalmente nel pop più orecchiabile, la cui presenza nel mercato musicale è già sostanziosa, e che nulla ha da dire.

C’é anche un terzo pezzo che tenta questa via ed è, al contrario, pienamente riuscito. Diego, infatti, mantiene vive tutte le caratteristiche stilistiche di Esposito senza andare a perdersi in qualcosa di scontato. Lo stile del cantato è molto particolare in quanto Esposito declama dietro il microfono le sue liriche quasi senza respiro o pause, e senza urlare è come se lo facesse. Sembra che in lui ci sia un’urgenza di esprimere frasi, pensieri ed arrabbiature sbattendole con violenza in faccia al mondo. Ma lo fa con delicatezza, rendendo questo effetto di contrasto veramente azzeccato. I pezzi che primeggiano in Biciclette Rubate sono la opener Bollani, la chiosa di Le Viole, La Casa Di Margò e Marina Di Pisa.

Album molto ben prodotto e suonato che aprirà nuove vie a questo ragazzo. Possiamo dire che, se mieterà successo e consenso, sarà per dei veri meriti e perché la sua proposta la troviamo valida e per nulla scontata.

Autore: Esposito Titolo Album: Biciclette Rubate
Anno: 2019 Casa Discografica: iCompany/luovo
Genere musicale: Cantautoriale Voto: 7
Tipo: Digitale Sito web: https://www.facebook.com/DiegoEspositoOfficial/
Membri band:
Diego Esposito – voce
Tracklist:
1. Bollani
2. Voglio Stare Con Te
3. Biciclette Rubate
4. La Casa Di Margò
5. Solo Quando Sei Ubriaca
6. Le Canzoni Tristi
7. Diego
8. L’Amore Cos’è
9. Marina Di Pisa
10. Le Viole
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
07th Mar2019

Martino Adriani – È In Arrivo La Tempesta

by Paolo Tocco
Non si fa così direttore. Vorrei di cuore tornare a stroncare i dischi. Posso? E quando me lo gira un disco da stroncare? Perché ad ascoltarlo bene devo salvare dalle mie taniche di napalm anche questo nuovo disco di Martino Adriani. Devo farlo…sarei ipocrita se dicessi che non mi piace. Eppure veste a pieno (o quasi) il cliché del cantautore indie di oggi, formula e cocktail che vi giuro non riesco a sopportare. Però qui, quasi da subito, si respira altro che porta fuori strada e, lasciando la statale degli indie futuristici di questo benamato c…o, si scoprono vedute assai interessanti. Perché poi alla fine non c’è storia che tenga: la semplicità, il valore delle piccole cose, la cura per ogni parola fa di un disco il vero cuore pulsante che gli fa meritare un plauso e un’ode. È In Arrivo La Tempesta come trovo tra le strofe di Bottiglia Di Chianti, il “mio” brano del disco. E la voce di Martino sia sottile come piace a me, ma non annegata di effetti che la facciano sembrare ovvia…e i suoni di questo disco sono trattati tantissimo ma neanche esageratamente pensando di lasciare evidente la corda di una chitarra, il bel tappeto di qualche sintetizzatore o le pelli dei tom e del rullante come in Per Mezz’ora Del Tuo Sguardo – bellissimo cortometraggio di 5 minuti in bilico tra tinte persiane e quel certo modo di fare dell’amore una visione nebulosa.

Le dissonanze armoniche di Paolo Conte Nello Stereo con questa melodia lirica che si fa pop e altrettanto sognante. E l’estro metropolitano di Paranoic Village che quasi richiama la Marina Marina di Rocco Granata si tinge di queste chitarre elettriche che un poco mi ricordano i REM di quel Kenneth lì. E se il singolo Ariel ha quel sapore surf che un poco tanto ricorda la bellissima Every Morning di Sugar Ray, e se Sorriso ha quel piglio metrico sulla circolare “libera – liberati” (a cui forse dobbiamo associare il bel pensiero di Finardi quando voleva liberalizzare le droghe), allora Lulù e Demoni ci fa tornare nella bellissima pittura d’autore italiana: la prima con la delicatezza delle visioni romantiche di città, la seconda con quel rock di provincia. Se mi si concede l’appunto lo farei volentieri: qui sinceramente l’effetto di voce mi piace davvero poco, butta fuori la voce dal mix e quasi rompe senza alcun preavviso quel torpore di nebbia e provincia (appunto) che tanto rende fascino al brano.

Un disco che ora dovrò misurare testi facendo, parola per parola ma da subito si percepisce quel piglio quotidiano e coerente, quella voglia di ascoltare gli altri e agli altri parlare. Martino Adriani non si inventa sacerdote e non cambia il mondo (e non lo vuole cambiare). Questo è un disco semplice ma che tradisce uno spessore che in tempi di persone meno piccole e impegnate sul nulla sarebbe divenuto un bel momento di condivisione e un bel disco di cui aver conto. Peccato che mancano ancora quelle soluzioni vincenti per il gusto e per il comun sentire che farebbero di canzoni come Bottiglie Di Chianti dei veri gioielli…per la nicchia, sempre che sia chiaro.

Caro Martino e caro direttore, se questo disco fosse anche in vinile lo farei girare con un bel bicchiere di vino nel momento in cui qualcuno mi chiede se c’è qualcosa di nuovo che sia pop, che sia cantautore, che sia assai poco convenzionale e dedito al rispetto dei cliché, che invece di chiudere le melodie in modo tradizionale le apre cercando anche di visitare altre tradizioni, che invece di usare parole d’amore usa l’amore per scrivere le parole. Semplice. Come la tempesta che quando arriva cambia le cose. Ora manca il passo successivo, ma dai suoni scorsi, questo ragazzo sembra proprio in corsa per la crescita. E ciao.

Autore: Martino Adriani Titolo Album: È In Arrivo La Tempesta
Anno: 2019 Casa Discografica: Alka Record Label
Genere musicale: Cantautore Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/MartinoAdrianiCantautore/
Membri band:
Martino Adriani – voce, chitarra
Tracklist:
1. Ariel
2. Lulù
3. Sorriso
4. Demoni
5. Bottiglie Di Chianti
6. Per Mezz’ora Del Tuo Sguardo
7. Paolo Conte Nello Stereo
8. Paranoic Village
9. Il Mio Mondo

Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
31st Gen2019

Magora – Frenologia

by Paolo Tocco
Quando l’amico e illustre giornalista (ma illustre sul serio) Donato Zoppo mi fece conoscere l’opera prima, solitaria e individuale, di Roberto Fedriga ho pensato, senza mitizzare nessuno sia chiaro, di star ascoltando un gran disco: finalmente un lavoro fiero di personalità riconoscibile, di identità e di unicità in questo mare di copie su copie di scopiazzanti professionisti di formule chimiche e sonore capaci di restare nel mercato corrente. Amen. Roberto Fedriga ha saputo affascinarmi già da quell’esordio eponimo del 2014: questa voce che sull’istinto del pensiero rimanda a Daniele Groff, se non fosse che quest’ultimo ha una timbrica che apre più verso regioni squillanti e quella del Nostro si fa più roca e appena velata di nebbia, intensa nel restare comoda senza mostrarsi particolarmente invadente. E poi colpiva la scrittura che sapeva rintracciare melodie che restavano resistenti alla memoria fin dal primo ascolto, seducenti al gusto ed eleganti di semplicità. Insomma, un esordio efficace che conservo con molto interesse.

Cosa aspettarsi di diverso ora che Fedriga lascia i panni del solista e si fa band? Eccovi l’esordio pop cantautorale dei Magora dal titolo Frenologia. Questo filo conduttore che si arrampica sul concetto dei primi anni ‘800 chiamato frenologia dagli studi di Franz Joseph Gall secondo il quale il nostro caro cervello sarebbe suddivisibile o costituito da 27 zone, ognuna responsabile di specifiche funzioni psicofisiche dell’individuo. Sinceramente il filo conduttore con questo tema lo rintraccio poco e lo trovo poco utile al fine del lavoro. Diversamente sento che Frenologia abbia 10 inediti indipendenti, individuali e decisamente efficaci dalla scrittura ricca di rimandi e di innesti che si rincorrono tra le loro stesse melodie, quasi a richiamarsi a vicenda. Rimandi e assonanze. Ecco: assonanze è più corretto. Quindi assonanze velate tra la bellissima apertura Sabbia O Caffè o il singolo Damnatio Memoriae come anche sembrano apparire ombre simili nella chiusa Anice e nell’elegantissimo noir Digiuno Opportuno. Ma sono solo ombre di qualcosa che torna a caratterizzare una scrittura che si fa unica, a prescindere. Ed ecco la parola regina di questa mia piccola recensione: unicità. Niente di nuovo s’intenda, niente di rivoluzionario e niente che cambi il giro della giostra.

Voglio però sottolineare che la scrittura dei Magora (e di Fedriga nello specifico), bella o brutta che arrivi al vostro ascolto, è oggettivamente manifesto di una personalità matura e solida, che valorizza le sue naturali caratteristiche e che ne fa soluzione melodica e testuale oltre che una bellissima estetica di canto e di forma, cose preziose che in assoluto sanno imprimersi e rendersi personali. Uniche. E i Magora sanno farlo senza cercare chissà quale invenzione balorda che poi alla fine risulterà essere l’ennesima copia mal fatta delle precedenti ancora peggiori. E finalmente ho tra le man un disco “suonato”, che pare un orrore doverlo dire ma ahimè tanto è il fondo in cui siamo caduti. Altrettanto eleganti e vellutati i contributi di sax di Guido Bombardieri ma decisamente sfacciati, forse troppo, a quei R.E.M. di What’s The Frequency Kenneth – momento topico per la formazione di Stipe che pareva essere tornata a quel rock grezzo prima maniera. Pareva. E pareva male purtroppo. Ecco, forse è questa l’unico pegno che potrei far pagare ai Magora: perché in tanta personale composizione ben riuscita andare a ficcarci dentro arrangiamenti e timbriche di chitarre così decisamente caratteristiche di altri (in questo caso grandissimi altri)? Perché non cercare il proprio anche in questa direzione? Avete fatto 30…distava così tanto il 32?

La band di Athens ha dato molto all’ispirazione dei nostri a quanto pare, persino i tamburelli e gli arpeggi di I Ricordi Nel Legno sono soluzioni che hanno marchiato la loro discografia per almeno 10 anni. E nei miei immani deliri di similitudini sia fisiche che sonore, come non potrei rintracciare Begin The Begin tra le trame sottili di Piedi Umidi? Ovviamente l’estetica va appena capovolta e smussata negli angoli, stuccare via il buco lasciato dal celebre stop con riff di chitarra di Buck e tirare dritti… ma, l’istinto e il primo acchito mi rimandano a quel tempo. Non ci posso fare niente e lo so: sono un folle visionario. Ma ascoltate bene e senza pregiudizi e poi ne riparliamo. Insomma, lasciando da parte questi santi REM (pace alla musica loro), i Magora hanno sfornato un disco davvero importante che, come al solito, verrà ignorato perché dentro c’è quel tanto che serve per scomodare l’ascolto del pubblico a cercare e anzi ricercare se stessi e a perdurare fatica nel confrontarsi con qualcosa che, con mestiere e gusto, sa slittare fuori dai cliché omologati e dalle piste battute dai burattini e dai burattinai di questo santo commercio. Di fronte alla personalità ci vuole altrettanta personalità per reggere il confronto. E avere personalità, ad oggi almeno, significa emarginazione. E lo diceva Pasolini almeno mezzo secolo fa. Gran bel disco. Bravi. Per quel che può contare il mio piccolo parere.

Ah dimenticavo, a proposito di folli quanto indemoniate similitudini che vivono nella mia testa. Grazie per Qualche Morso In Più: bella di suo e niente altro da dire ma, sempre nelle mie scellerate visioni da invasato, mi avete riportato alla mente la bellissima Down River di Gravenhurst, brano di un disco memorabile per la mia vita, disco che ho perduto un giorno e che giuro, ma lo giuro seriamente, ora corro a ricomprare.

Autore: Magora Titolo Album: Frenologia
Anno: 2018 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Cantautorale Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.magora.it
Membri band:
Roberto Fedriga – voce
Andrea Lo Furno – chitarra, voce
Luca Finazzi – batteria
Alberto Lazzaroni – basso
Tracklist:
1. Sabbia O Caffè
2. Le Mani Non Dimenticano
3. Damnatio Memoriae
4. Qualche Morso In Più
5. I Ricordi Nel Legno (feat. Guido Bombardieri)
6. Piedi Umidi
7. Lara (feat. Guido Bombardieri)
8. Foce (feat. Boris Savoldelli)
9. Digiuno Opportuno (feat. Guido Bombardieri)
10. Anice
Category : Recensioni
Tags : Cantautorale
0 Comm
Pagine:1234567891011»
Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • Novaffair – Aut Aut
    • Depulsor – Walking Amongst The Undead
    • Giuseppe Calini – Polvere, Strada E Rock’n’roll
    • Bull Brigade – Il Fuoco Non Si È Spento
    • Mandragora Scream – Nothing But The Best
  • I Classici

    • Royal Hunt – Moving Target
    • Angra – Omni
    • Black Sabbath – 13
    • Saxon – Inspirations
    • Whitesnake – Forevermore
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Podcast Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in