• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

Il sito ufficiale di Rock e Heavy Metal che si arricchisce ogni giorno con due nuove recensioni!

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
20th Apr2012

Eskimada – Eskimada

by Marcello Zinno

Eskimada è il nome della band. Eskimada è il nome del primo capitolo sulla lunga distanza. Un film apparentemenete semplice ma la realtà è ben diversa. Dietro questo nome infatti si celano una serie di artisti provenienti da altri progetti: la voce dei Golgo, la batteria dei Millennium, la chitarra degli Acting Out ed il basso degli Unframed uniscono le forze ed in cinque anni costruiscono un qualcosa, spinti anche dai vari concorsi musicali vinti negli anni. La proposta dei cinque può essere configurata come un crossover non ricco di tecnicismi ma alla costante ricerca di una compattezza sonora ed una raffinatezza apprezzabili. Le somiglianze con band che hanno già detto molto su questi ambiti (come in All I Need dove troviamo richiami diretti ad Incubus e meno diretti a Limp Bizkit) sono ben percepibili anche se c’è uno sfondo di tutto questo film che tende a far luce su una certa personalità del combo (che pensiamo uscirà ancora di più in futuro). Raffaele Pibiri, autore di quasi tutti i testi dell’album, sembra avvicinarsi a Mike Patton nelle parti più calde mentre si allontana a miglia di distanza nei momenti più aggressivi mostrando un’escursione (più che un’estensione) vocale davvero rilevante. La già citata All I Need soffre un pò dell’eccessiva lunghezza: gli Eskimada infatti risultano preziosi sulla breve distanza, finendo per ripetersi un pò troppo nei refrain principali lungo il cammino; non a caso Keep In The Strength resta impresso nella mente e convince subito circa le intenzioni della band. Ciò non toglie che i 32 minuti dell’album risultano assolutamente piacevoli e non un compito assolvibile da chiunque.

Sopra le righe le parti di basso che spesso prendono il sopravvento e sono, a ragione, valorizzate nella produzione di queste 9 tracce; una parentesi a parte il brano Lose Control che assume uno humor diverso, quasi una sperimentazione cercando comunque di restare ancorati al forte impatto rock di base. Ma gli Eskimada non sono solo riff duri ed impatto sonoro: in Interiudio mostrano tutto il loro amore per l’armonia senza doversi per forza di cose abbandonare ad una ballad, mentre nella bella Action restano fedeli al senso più canonico di crossover (ammesso che ne esista uno) riuscendo perfino ad entrare negli ascolti di qualche neofita. Una band giovane ma che molto probabilmente in futuro avrà molta voce in capitolo.

Autore: Eskimada Titolo Album: Eskimada
Anno: 2011 Casa Discografica: P.R.A.V. Productions
Genere musicale: Crossover Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/eskimada
Membri band:

Raffaele Pibiri – voce

Ivano Pischedda – chitarra

Alessandro Derosas – chitarra

Giovanni Ambrosino – batteria

Enzo Di Ciaccio – basso

 

Tracklist:

  1. Keep In The Strength
  2. All I Need
  3. Stand
  4. Hero
  5. Lose Control
  6. Interiudio
  7. The 16th Minute
  8. Right Now
  9. Action
Category : Recensioni
Tags : Crossover
1 Comm
14th Apr2012

System Of A Down – Mezmerize

by Marcello Zinno

System Of A Down, band autrice di 5 album nella prima parte della propria carriera, pochi come numero ma essenziali per imprimere un solco nel music-style odierno. In realtà la novità portata dai SOAD è stata proprio quella di proporre un sound molto heavy, formato dalle radici del nu metal (etichetta spesso erroneamente affibbiata alla band), ma allo stesso tempo molto lontana dai timpani dell’ascoltatore medio. La miscela di idee e di sound differenti incorniciati da cambi di tempo imprevisti e sperimentazioni sempre dietro l’angolo hanno fatto dei System Of A Down una band culto e subito hanno scaraventato i Nostri verso un successo immediato. Se proprio si vuole disquisire, le argomentazioni sono tutte sul genere: secondo noi si possono incastrare i SOAD nel crossover di nuova generazione, che tanto deve a Faith No More (per i più tradizionalisti) ed ai primi Incubus (per i più moderni). Così dopo 3 grandi successi i nostri 4 eroi armeni si fanno sentire ancora una volta con Mezmerise, uscito nella primavera 2005, assaggio per il successivo Hypnotize.

Mezmerise continua la strada percorsa in passato dall’omonimo e da Toxicity su tutti, mettendo sempre in prima luce una sperimentazione, questa volta anche vocale, di tutto rispetto. La produzione è migliorata oltre i limiti già toccati in precedenza ed il sound si è evoluto verso una direzione molto più heavy e compatta, studiata e tecnica ma sempre avvolgente ed a tratti accessibile: in varie parti sembra trovarsi dinanzi ad un “Metallica-sound”, convincente e roccioso. Le variazioni sul tema sono tante e per chi ascolta i System dagli esordi si sa che non c’è nulla di programmato nelle loro idee. Una delle poche radici comuni è data dai significati politici conferiti ai testi, con le numerose campagne svolte in passato dalla band a causa del massacro di un milione e mezzo di armeni da parte del governo turco nel 1915 e realizzate affinché gli Stati Uniti recidessero i legami con la Turchia. Dopo B.Y.O.B. e Cigaro, che rappresentano una sedia elettrica per il nostro debole cuore, entrambe impreziosite da potenza rude e gretta, è da segnalare la doppietta che segue il concept targato “Hollywood”: la prima che potrebbe sembrare una ballad dei Green Day a ben vedere risulta un pezzo molto studiato e malinconico, protagonista di mille emozioni differenti pur risultando un dislivello rispetto alle track precedenti; la seconda ancora più seriosa si avvale di una voce prodotta da un synth ben calibrato, e l’heavy che riprende anima e ricchezza.

Cosa attenderci dai System Of A Down a questo punto?!? Non lo si sa più ma è tutto da vivere e così compaiono venature prog nella dolorosa Question!, in calzante bilico tra la depressione e l’avveniristico desiderio di esplosione, complice un riffing da paura. Ancora maggiore enfasi viene data ad una sonorità thrash, emozionante novità rispetto al passato, sicuramente uno delle perle dell’album. Anche Radio-video risulta essere degna di nota con un passaggio folkloristico spartiacque tra riff cadenzati e turbolenti, heavy come non mai, e le voci che si mescolano ed ipnotizzano, mentre i tempi diventano sempre più retrò e futuristici allo stesso tempo. Un’innovazione quasi vintage, è questo il vero segreto della band che finisce per stupire sempre concedendo una forte personalità ad ogni singolo pezzo.

Il thrash la fa da padrone anche in Revenga e Sad Statue con quest’ultima che ha un bridge da paura, lento e che fa innamorare di sé senza scampo, condito da chitarre ferratissime; dopo una intro blanda come una carezza data prima della buona notte, giunge uno dei colpi più indimenticabili del lotto, This Cocaine Makes Me Feel I’m On This Song, la quale riprende la pazzia degli esordi e la riporta direttamente ai giorni nostri accennando anche un minimo di screaming che infervora un Malakian senza timore, sia per quanto riguarda riff poderosi e distruttivi che per un pianoforte lontano anni luce da quanto ci si potrebbe attendere in una tale atmosfera. Attimi che sembrano durare una vita, mentre ci si sveglia con Violent Pornography, aperta da strofe rappate quasi in stile Suicidal Tendencies. Ma la vera sorpresa sono i tempi dei vari attimi vissuti che si intrecciano prima di giungere ad un ritornello granitico ed indistruttibile che rilancia di nuovo il ’tallica-riffing veloce e protagonista dell’intera uscita. Insomma 12 brani che fanno venire l’acqualina per il successivo Hypnotize e che anticipano la nascita di centinaia di band a venire.

Autore: System Of A Down Titolo Album: Mezmerize
Anno: 2005 Casa Discografica: Columbia Records
Genere musicale: Crossover Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.systemofadown.com
Membri band:

Serj Tankian – voce

Shavo Odadjian – basso

Daron Malakian – chitarra e tastiera

John Dolamayan – batteria

 

Tracklist:

  1. Soldier Side (intro)
  2. B.Y.O.B.
  3. Revenga
  4. Cigaro
  5. Radio/Video
  6. This Cocaine Makes Me Feel Like I’m On This Song
  7. Violent Pornography
  8. Question!
  9. Sad Statue
  10. Old School Hollywood
  11. Lost In Hollywood
  12. Lonely Day
Category : Recensioni
Tags : Crossover
3 Comm
31st Mar2012

The Mars Volta – Octahedron

by Marcello Zinno

Non è possibile. Questa è la frase che con lo stesso stupore di una sciagura imprevista fuoriesce inaspettatamente dalle mie labbra dopo il primo ascolto di uno qualsiasi dei lavori dei The Mars Volta. Ciò accade ormai a cadenze sempre più ravvicinate visto che dai loro esordi di album targati Cedric e Omar ne stanno giungendo copiosamente e questo Octahedron non fa altro che rimpinzare il fascino del duetto. Parliamo solo di loro due perché in realtà sono loro i soli artefici di tutto questo (con quel piccolo zampino di John Frusciante come da loro tradizione), lasciando a tutti gli altri (eccellenti) musicisti il compito di accompagnarli in sede live. Si sono reinventati per l’ennesima volta, hanno cercato di spingere più in là sia la mente che le emozioni e anche qui sono riusciti nel loro intento: stupire, affascinare, lasciare interdetti. Dopo quella jam session chiamata Amputechture e il prog architettonico e mistico di The Bedlam In Goliath era il momento di partorire un album molto più intimista ed introspettivo. Era il momento di Octahedron, un album che guardando alle spalle di questi artisti potrebbe risultare un insieme di ballad ma a ben vedere non è che l’ulteriore apprendimento musicale capace di sfociare in uno sperimentalismo assolutamente sopra le righe.

Il rischio di non comprendere queste otto tracce è notevole: le parti musicali risultano molto più semplificate rispetto al trademark della band ed i testi stessi risultano meno arzigogolati e più diretti (addirittura i titoli delle canzoni sono leggibili, mai accaduto prima), ma le note suadenti di Omar ed i mille volti di Cedric frantumano ogni singolo dubbio. C’è da attendere ben cinque tracce prima di spolverare il groove a cui i TMV ci hanno da sempre abituati e che stavolta prende il nome di Cotopaxi, mentre Disperate Graves e Luciforms rappresenta il varco tra quello che erano (easy jazz/prog alternativo) e quello che sono oggi (?!). Tutto il resto è una visione onirica dal sapore psichedelico che non cerca di basare il proprio fascino né sulla musica né sulle parole ma sul concetto più generico di arte, ai quali i Nostri sicuramente si avvicinano più di ogni altra band attuale. Il passaggio più toccante si chiama Copernicus in cui le note profuse dalla sei corde di Omar si chiudono in un dolore anoressico, mostrando in alcuni momenti una difficoltà (voluta) nell’esprimersi in altri invece la sottoposizione ad una dieta ferrea che ne dimezza l’entità; durante questo lungo calvario Cedric si diletta in mille interpretazioni diverse offrendo all’armonia che vaga nella sua mente il miglior significato d’esistere e riuscendo musicalmente a sovrastare la melodia della musica che lo accompagna.

Il resto è tutto da godere, ma con calma e dedizione. E se non riuscite a trovare qualcosa che davvero vi piaccia dei The Mars Volta non preoccupatevi, la loro musica non è (e non vuole essere) per tutti.

Autore: The Mars Volta Titolo Album: Octahedron
Anno: 2009 Casa Discografica: Mercury Records Ltd
Genere musicale: Rock psichedelico, Crossover Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.themarsvolta.com
Membri band:

Omar Rodriguez Lopez – chitarra, musica, arrangiamenti

Cedric Bixler Zavala – voce

Isaiah “Ikey” Owens – tastiere

Juan Alderete – basso

Thomas Pridgen – batteria

Marcel Rodriguez-Lopez – sintetizzatori, percussioni

John Frusciante – chitarra

Mark Aanderud – pianoforte

Tracklist:

  1. Since We’ve Been Wrong
  2. Teflon
  3. Halo Of Nembutals
  4. With Twilight As My Guide
  5. Cotopaxi
  6. Desperate Graves
  7. Copernicus
  8. Luciforms
Category : Recensioni
Tags : Crossover, Psichedelia
0 Comm
04th Mar2012

NoMoreSpeech – NoMoreSpeech

by Marcello Zinno

Tanto si potrebbe dire su questa giovane band dal nome ormai noto ai più. Ormai viviamo un’era in cui le band giungono all’esordio discografico già molto conosciute, ma in questo caso non scomodiamo youtube o il social network di turno, perchè i NoMoreSpeech stanno costruendo una gavetta fatta di live (come cover band) in giro per l’Italia e del nome del(la) frontwoman Alteria, già conosciuto come speaker radiofonico e per la conduzione di programmi musicali (su Rock TV e su RAI5) oltre che per la sua collaborazione nel progetto Rezophonic. Finalmente i ragazzi giungono alla loro prima fatica che ha scomodato gli At The Strands Studio di California per la fase di mastering, un album con un biglietto da visita non soggetto a diverse interpretazioni. L’iniziale Lying Queen, profondamente influenzata da Chris Cornell per le parti vocali, è un brano in cui Alteria cerca di dare una rivisitazione diversa della sua ‘personalità vocale’: invece di puntare sul classico attacco aggressivo decolla con una voce pacata che però al tempo stesso presagisce l’inferno. Curiosa la scelta di inserirla come opener di un esordio, probabilmente complice anche il riff di chitarra che la fa da protagonista.

La semplicità degli AC/DC per quanto concerne le strutture delle tracce, un impianto chitarristico molto debitore al nu metal, ma più di tutti si notano come minimo comun denominatore le influenze delle band che i NoMoreSpeech hanno portato in giro attraverso le loro cover: Rage Against The Machine, System Of A Down e Lacuna Coil in primis (oltre a qualcosa targato Stone Sour). Lo stesso Tony Cordaro, alle sei corde del progetto, richiama Tom Morello in alcuni assoli e dimostra una buona maturità stilistica nei vari pezzi. Non a caso i brani sono tutti di grande impatto e trascinano in un groove piacevole; ad un ascolto approfondito ci si aspetterebbe qualcosa di più considerando il calibro dei musicisti, senza riferirci alla bravura, che emerge da ogni singolo minuto d’ascolto, ma solo in termini di personalità e caratterizzazione del sound. Think Or Feel è un esempio di un pezzo ottimamente bilanciato tra la razionalità di un songwriting ben realizzato e l’emotività di quattro minuti che restano nel segno, pieno di diverse influenze e con vari arrangiamenti che mettono in chiaro l’esperienza del quartetto. Ma ad esempio Bplan chiama in causa i System Of A Down con il loro crossover inframmezzato da parti pazzoidi e refrain più diretti con stacchi ritmai, mentre Picture Of Cold sa qualcosa di Pantera/Down pur aprendosi con una buona ambientazione che in fretta mette in risalto i ritmi slughe metal delle band citate.

Mettendo in disparte la cover di Relax, troviamo in chiusura una Screaming For Nothing che se da un lato rende più morbidi i nostri NoMoreSpeech stuzzica la curiosità su una personalità che i Nostri potrebbero man mano assumere. In conclusione a livello di produzione e di sound questo lavoro risulta assolutamente ineccepibile e si notano comunque delle particolarità evolutive tra gli undici brani del full-lenght, fattore che ci spinge ad essere curiosi sul futuro di questa band.

Autore: NoMoreSpeech Titolo Album: NoMoreSpeech
Anno: 2012 Casa Discografica: Massive Arts
Genere musicale: Crossover Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.nomorespeech.com
Membri band:

Alteria – voce

Tony Cordaro – chitarra

Nando De Luca – bass

Roberto Fabiani – batteria

Tracklist:

  1. Lying Queen
  2. Bonjour
  3. Think Or Feel
  4. Stronger
  5. Bplan
  6. Picture Of Gold
  7. Void
  8. Here And Now
  9. No Reason
  10. Relax
  11. Screaming For Nothing
Category : Recensioni
Tags : Crossover
1 Comm
27th Feb2012

Sushi Rain – Breathless

by Marcello Zinno

Bastano davvero pochi secondi di ascolto per capire che i Sushi Rain non sono una band di “primo pelo”. Tanta tecnica e tanti suoni ben amalgamati insieme, incastrati in uno scenario ritmico davvero di alto livello, un risultato che non potrebbe essere raggiunto da una band alle prime armi. Non a caso la band esiste dal lontano 2002 quando il moniker era Valentine e il genere proposto era un hard rock molto diretto. Gli anni sono passati, la line-up è cambiata e a lato delle radici fortemente hard’n’heavy si è inserita una dose di funk ingombrante ma molto saporita. Da questa reale contaminazione ne esce un crossover davvero stimolante, che talvolta richiama la dance anni ’80 pur avendo sempre le chitarre in prima linea, mentre in altre occasioni richiama commistioni di Faith No More, Primus e Livin Colour (questi ultimi veri geni gel filone e padri indiscussi del sound Sushi Rain). È così che la sei corde di MADame MADness si impone come farebbe un Eddie Van Halen, un Nuno Bettencourt o uno Steve Vai meno ingombrante, ma senza occultare gli altri strumenti, in primis batteria e tastiera che mantengono sempre il loro ruolo essenziale.

Anche i momenti più lenti, come Don’t Waste More Tears, non sembrano mai scontati ma anzi nascondono tanta sapienza costruttiva da risultare appetitosi anche ad un orecchio molto esigente. Ma il vero asso nella manica della band sono i passaggi più tirati come Shake Your Body To The Disco Hell e le parti dispari come l’inizio di American Show (brano molto poco orecchiabile quanto davvero interessante tecnicamente). Così i ritmi viaggiano sempre tirati e sul filo del rasioio, con introduzioni di sax, cambi di tempo e l’imprevedibilità che è l’unico elemento certo di questa band così piena. In alcuni tratti ricordano la tecnica infinita di Elio E Le Storie Tese anche se in quel caso Cesareo, pur avendo un background molto metal, è trattenuto per ovvi motivi; li differenzia anche la scelta dei Sushi Rain per un cantato in inglese che li rende molto più internazionali. Buona tra l’altro la produzione che unita all’impatto delle personalità dei sette musicisti fa divenire Breathless un lavoro appetibile più in un contesto live che in studio.

Man mano che si procede nell’ascolto le parti divengono sempre meno digeribili, a discapito dei due brani in apertura diretti e spassosi: ne è un esempio Happy For Another Night con un assolo di chitarra difficile da pareggiare (anche in Midnight Queen Francesco offre il suo meglio) ma un’atmosfera tutta da interpretare che spiazza l’ascoltatore meno attento e che richiede più ascolti. Questo non può far che apprezzare ancora di più il sound Sushi Rain a discapito dei brani canticchiabili sotto la doccia che non rientrano nel loro repertorio. Particolare la ghost track finale, strumentale di un minuto e mezzo dall’animo pazzoide ma non ci si poteva aspettare diversamente da loro: una band assolutamente da seguire e che in futuro potrebbe regalarci grandi soddisfazioni!

Autore: Sushi Rain Titolo Album: Breathless
Anno: 2011 Casa Discografica: Madamadorè Records
Genere musicale: Funk, Crossover Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/funkvalentine
Membri band:

Matteo Carrai – voce

Alessandro Marzi – voce

MADame MADness – chitarra

Alessandro Biondi – tastiera

Alessio Crocetti – sax

Fool Rabbit – basso

Azusu – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. Shake Your Body To The Disco Hell
  2. Something Illegal Inside My Life
  3. Don’t Waste More Tears
  4. American Show
  5. Happy For Another Night
  6. Big Mistake
  7. Midnight Queen
  8. I Wanna Fall In Love
  9. Fly
  10. Chianti Wine Shred
Category : Recensioni
Tags : Crossover
0 Comm
18th Feb2012

The Mars Volta – Amputechture

by Marcello Zinno

Ci si dirige al negozio di dischi preferito, dopo un’attenta analisi (ed indecisione) si sceglie l’album giusto, quello che alla sola copertina già regala un sorriso luminoso. Si torna a casa, lo si scarta e, inserito nel lettore CD, ci si appresta all’ascolto. Un processo normale, quasi ovvio per le nostre abitudini di acquisto, se non fosse che l’album in questione è in grado di tracciare una crepa tra il “prima”, attimo di spensieratezza e curiosità volta all’ascolto, ed il “dopo”, tumulto celebrale in un vortice psichedelico. Il passaggio è caratterizzato dall’ingresso in questo tunnel, allo stesso modo in cui riusciamo di notte a chiudere gli occhi (ed i sensi) ed introdurci in un sogno lacerante ed allo stesso tempo misterioso. Il compito di questo passaggio spetta a Vicarious Atonement, l’opener che dispiegando chitarre raggianti presenta un concept contorto, che ha tutta l’aria di un qualcosa di indigesto ma anche di eccessivamente intricato, qualcosa che va capito, ascoltato. Questo alone di complessità ci accompagnerà per tutto il disco.

La voce di Cedric, accompagnata in simmetria con la lead guitar, ci spinge nel vortice senza anticiparci troppo cosa ci sta accadendo; nessuna fretta, non vi è la minima traccia di velocità, eppure le note riescono ad incastonarsi perfettamente, quasi come se fosse una jam-session provata mille volte (i The Mars Volta sono paradossali anche in questo). Ma l’esplosione reale, l’impatto con la fine del tunnel, si ha solo all’apertura di Tetragrammaton quando mille rumori conditi da un tempo molto progressive (e non il contrario) ci aprono gli occhi nel sonno. Le armonie ci accompagnano suadenti riuscendo ad alternarsi ed alterarsi con il ritornello stoppato e stravagante, uno dei tanti fattori che mostra l’apertura mentale dei musicisti; una grandissima attenzione alle atmosfere ed agli arrangiamenti ne fanno un album molto sperimentale, anche più dei due precedenti lavori, già di per sé molto coraggiosi. A metà brano ritorna qualche fatiscenza progressive settantiana (King Crimson, Pink Floyd) che rappresenta solo un taglio insieme ad una seconda parte allucinogena e claustrofobia, quasi come sottofondo di un film dell’orrore, mentre poi, irruente, rientra il ritornello (con quella irruenza che pochi sanno metterci) ed un riff impazzito gira intorno agli altri strumenti danzanti. Progressive rock a manetta, di quello sperimentale, orchestrale, ma anche secco, capace di spiazzarci ad ogni cambio, compresi i 3 minuti prima della parte finale della track: indecifrabili.

Rilassante, subliminale, giunge Vermicide l’unica che riesce a seguire una struttura canzone ipotetica senza tradire l’approccio tenuto finora. Soave, cerca di non semplificare le cose sempre con uno spessore intenso, lo stesso spessore che viene lasciato libero, come una cavallo a briglie sciolte, nella fantastica Meccamputechture: esplosiva, disarmante, colma di effetti ma non trasbordante, eccessivamente piacevole nel tentar di scomporre ogni suono e farlo proprio. 6 corde da protagonista (grazie anche al contributo di John Frusciante), che resta inequivocabilmente distante rispetto al resto del sound, rappresentando talvolta un elemento di rottura piuttosto che di fusione. Ingredienti bit su un’elettronica a tutto tondo, sax, trombe e percussioni, non fanno altro che impreziosire questa traccia, non meno dell’acustica Asilos Magdalena, in spagnolo (come i The Mars Volta ormai ci hanno abituato in ciascuna loro uscita) piena di salite e discese di umore. Carica di groove Viscera Eyes ci riporta ai tempi di De-loused In The Comatorium, con un alternarsi tra inglese e spagnolo ed una base anche qui da soundtrack. Molto più elettronica entra dentro con un ritmo incalzante, standard ma mai piatto, incessante e frenetico fino a quando, al 6° minuto entra un basso profondo ed audace e trascina il combo verso dei tempi bossa e regala un assist ad un assolo di chitarra prorompente, in crescendo, che spiazza ogni possibile singola emozione.

Ma il momento giusto per Juan Alderete arriva all’apertura di Day Of The Baphomets in cui dà sfoggio di tutta la sua tecnica prima di aprire le danze con dei tempi da attacco che non esitano a modificarsi appena una metamorfosi si scruta all’orizzonte (con uno scambio di ruoli tra strumenti a fiato e strumenti a corde rovente ed un quasi finale in preda a rozze percussioni impazzite). Rilassante e costantemente in phatos, El Ciervo Vulnerado continua nel portare a termine il duro compito di quest’album: tramite sperimentazioni, idee vorticose e brandelli di musica strappata ai vari generi, creare un solco differenziante rispetto alla solita musica che si ascolta in giro ed avvicinare sempre di più la musica stessa ad un concetto artistico, oggi spesso dimenticato. Tutta l’atmosfera vissuta in questi ultimi 9 minuti circa rappresenta la pillola rossa che dobbiamo (ahimè) ingoiare per risvegliarci dal sogno e ritornare alla triste e piatta realtà. L’unica cura a disposizione?? Ripremere il tasto play.

Autore: The Mars Volta Titolo Album: Amputechture
Anno: 2006 Casa Discografica: Gold Standard/Universal
Genere musicale: Crossover, Alternative Rock, Progressive Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: http://www.themarsvolta.com
Membri band:

Omar Rodriguez-Lopez – chitarra

Cedric Bixler-Zavala – voce

Juan Alderete De La Pena – basso

Jon Theodore – batteria

Isaiah Ikey Owens – tastiere

Marcel Rodriguez Lopez – percussioni

Adrian Terrazas Gonzales – flauto

Pablo Hinojos-Gonzales – suoni

John Frusciante – chitarra

Tracklist:

  1. Vicarious Atonement
  2. Tetragrammaton
  3. Vermicide
  4. Meccamputechture
  5. Asilos Magdalena
  6. Viscera Eyes
  7. Day Of The Baphomets
  8. El Ciervo Vulnerado
Category : Recensioni
Tags : Crossover
0 Comm
08th Feb2012

Rifkin Kazan’ – Bulgarian Nirvana Marasma

by Marcello Zinno

Questo lavoro degli esordienti e giovanissimi Rifkin Kazan’ (se non consideriamo gli EP prodotti con il vecchio moniker) dà un sonoro schiaffo a tutti quelli che credono che le idee più interessanti, le band più originali siano tutte “bloccate” nelle mani di etichette o nelle righe di contratti già firmati e sigillati. Sì perchè i Rifkin Kazan’ con la loro autoproduzione spaccano tutte le regole di canonicità e sui binari di innovatori del passato (per lo più System Of A Down) offrono una personale interpretazione del rock del nuovo millennio, genere che non può essere claustrofobicamente rinchiuso in un riff o in un refrain ma che va visto ormai a 360°. Non a caso i cinque artefici di questo Bulgarian Nirvana Marasma ce la mettono tutta per personalizzare ogni singolo brano e ci riescono davvero! La tecnica e le sfuriate pungenti delle sei corde in Ko?Ok! sono solo un presagio intorno cui far ruotare le musicalità orientaleggianti richiamate dalla fisarmonica ma anche da molti arrangiamenti posti qua e là; i tempi (chi ha detto che il rock è solo in 4/4?) riescono a dare più tono e colore ed è anche grazie a loro che i 3-4 minuti di ogni brano ci sembrano una composizione senza fine, con all’interno centinaia di strumenti e di effetti tutti all’unisono, nel segno del rock.

C’è anche del groove, visto come elemento di fondo che trascina chi ascolta questo ottimo lavoro, perchè la carica trasmessa da alcuni passaggi è assolutamente abbondante, pur adeguatamente placata da momenti più calmi. I primi minuti di Paul In The Manhole sono il giusto esempio della sperimentazione di cui sono in grado i Rifkin Kazan’, una sperimentazione che non vuole risultare complessa da digerire ma assolutamente musicale e piacevole, anche per un palato non abituato a suoni intricati. Le due chitarre vivono in una simbiosi di valore, nella quale le costruzioni sonore non si ricalcano abitudinariamente ma in maniera vicendevole si scambiano passaggi del tutto distinti pur compattandosi negli attimi principali di ogni singolo brano. Un grande lavoro di songwriting.

Un album che può suonare davvero bene anche in un contesto punk, data la compattezza del riffing mostrata, altra essenza del trademark dei Rifkin Kazan’che sicuramente si sentono più a loro agio in un clima festaiolo e da buskers per intenderci. Frequenti gli accostamenti con Serj Tankian e con il suo progetto principale, rendendo così la prova della band accostabile ad un progetto crossover più che ad un genere ben distinto. Gogol Bordello, The Mars Volta…c’è tanto dentro questo gruppo ma c’è anche tanta originalità e tanta voglia di differenziarsi. E questo Bulgarian Nirvana Marasma ha tutte le carte in tavola per riuscire nell’intento.

Autore: Rifkin Kazan’ Titolo Album: Bulgarian Nirvana Marasma
Anno: 2011 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Crossover Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/rifkinband
Membri band:

Lorenzo “Bana” Soldani – batteria

Giacomo Manzini – basso

Francesco Giovanetti – chitarra, voce

Paquale Evarista – tastiera, fisarmonica

Matteo Borghi – chitarra

Tracklist:

  1. Intro
  2. Ko?Ok!
  3. Kebab
  4. Odos And Ends
  5. Paul In The Manhole
  6. The Hobo’s Song
  7. Bulgarian Nirvana Marasma
  8. The Melurs
  9. To And Fro
Category : Recensioni
Tags : Crossover
0 Comm
20th Gen2012

The Mars Volta – De-Loused In The Comatorium

by Marcello Zinno

Probabilmente la band che incarna meglio il senso dell’evoluzione musicale. I The Mars Volta nascono dalle ceneri degli At The Drive In, gruppo con il quale le loro idee rock punk erano riuscite ad aver giusta manifestazione. Cedric Bixler (voce) e Omar Rodriguez (chitarra) sono riusciti a vedere un altro spiraglio nella loro mente contorta e così hanno deciso di formare un gruppo etichettabile solo con il proprio nome. La loro proposta infatti spazia dal rock al fusion, dal jazz alla psichedelia, toccando terre prog con la stessa faciltà con cui si spazzia per il groove. Abbandonati proprio due mesi prima dell’uscita di questo primo full-lenght dal loro esperto di suoni Jeremy Ward (morto per overdorse), in nostri eroi non manifestano alcuna paura a trattare temi delicati nei propri testi, come quello del coma dello stesso Ward, argomento che gira intorno all’intero concept.

L’album si presenta da subito in modo molto psichedelico e vuol rappresentare, nelle poche note di Son Et Lumiere, tutta la sperimentazione di cui sono capaci i The Mars Volta. Ma è solo un sipario quello che si sta aprendo, lasciando la scena al colore di una luce piena di sfondi differenti che prendono forma già con Inertiatic ESP. Le chitarre si accavallano e si danno spazio a vicenda, mentre un basso groove scalza il tempo e s’impone nella scena stoppando se stesso e portando i tamburi ad un sapore unico. Cedric fa sfoggio della potenza delle sue corde vocali attraverso delle linee pulitissime e prive di stridolii; la carica sale ed i tempi dicono sempre la loro, Roulette Dares (The Haunt Of) conquista con la sua durezza mai meglio mescolata ad una malinconia amara e dolce allo stesso tempo ed un riff che si imprime e non molla più. Imprevedibili, improvvisi, inaspettati, impercettibili ma significativi, sperimentali ed essenziali, ingegnosi e moderni, il sound dei The Mars Volta non perde mai coraggio di pizzicare qualcosa dal passato e sbatterlo a 300 km/h contro il tempo per raggiungere epoche ancora inimmaginabili.

Tira Me A Las Arañas rappresenta la calma prima dell’ inannunciato terremoto di suoni scaraventato ed incorporato in Drunkship Of Lanterns: sezione ritmica compressa come un file zip da 1000 documenti, energia pura allo stato brado che trapela da ogni singolo bending, assoli che non fungono da faro protagonista bensì da cornice per l’esplosione della scena. Le radici rock sono cresciute, straripate dalla terra acerba delle loro prime uscite con la precedente band, e si intrecciano in mille altre, mai creando confusione bensì rendendo uno spettacolo di suoni e di atmosfere stupendi da assaporare. A metà album la nostra sete sembra quasi averci abbandonato come bisogno primario, ma loro sono pronti a regalarci una doppietta meravigliosa: Eriatarka e Cicatriz ESP. Erano anni che non si ascoltavano dei pezzi del genere, una compattezza unica ed una band che convince anche e soprattutto l’ascoltatore più attento, mentre lo colpisce direttamente al cuore, direttamente nell’animo. Note indescrivibili fanno la coda in uno scenario folle ed a tratti romanticissimo. Riff essenziali che contengono in una manciata di minuti anni ed anni di musica. Non appena Jon Theodore accenna ad un bridge lento, il voltaggio del gruppo è pronto a scaricare montagne di emozioni, come nel basso di Cicatriz accoppiato ad un charlestone che suona da far paura, mentre Cedric con la sua semplicità regala sogni ed il lavoro di Ward scorre nelle vene di ogni singolo attimo dell’opera. La sperimentazione inonda fino a quando la scena non diventa cupa ed afona, come la stanza di una clinica dove i rumori annullano la loro assolutezza, e si giace insapore apprezzando degli oggetti volanti frutto della nostra pazzia. Ma anche qui il coma sta per terminare con una scaraventata di potenza a pieno regime che infiamma tutto ciò che può essere apprezzato ed immaginato (dopo decine di ascolti) ed i passaggi si fanno intensi e mistici ed il protagonista perde la strada della salvezza.

This Apparatus Must Be Unearthed “sciala” nel rock elettronico con una libertà ammirevole (le basi rock del gruppo sono forti come delle dighe), mentre Televators rappresenta la ballad che serve per farci innamorare, dolce e quasi tribale ma sempre amara come i nostri ci hanno insegnato. Take The Veil Cerpin Taxt risana le ferite dell’ascoltore abbattendosi come un fustigatore a corpo morto e creando l’eco del dolore della band, questa volta più positivo anche nei suoni. La psichedelica non si stanca, un album da vivere. Special guest del lavoro: Flea e Frusciante dei Red Hot Chili Peppers, dopo aver dichiarato che i The Mars Volta sono il miglior gruppo di supporto che la propria band ha mai avuto.

Autore: The Mars Volta Titolo Album: De-Loused In The Comatorium
Anno: 2003 Casa Discografica: Universal
Genere musicale: Crossover Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.themarsvolta.com
Membri band:

Cedric Bixler-Zavala – voce

Omar Rodriguez-Lopez – chitarra

Juan Alderete – basso

Jon Theodore – batteria

Ikey Isaiah Owens – chitarra

Jeremy Michael Ward – effetti

Tracklist:

  1. Son Et Lumiere
  2. Inertiatic ESP
  3. Roulette Dares (The Haunt Of)
  4. Tira Me A Las Arañas
  5. Drunkship Of Lanterns
  6. Eriatarka
  7. Cicatriz ESP
  8. This Apparatus Must Be Unearthed
  9. Televators
  10. Take The Veil Cerpin Taxt
Category : Recensioni
Tags : Crossover
1 Comm
23rd Dic2011

Spread – C’è Tutto Il Tempo Per Dormire Sotto Terra

by Marcello Zinno

Splatter, pulp. Questo è l’inizio di C’è Tutto Il Tempo Per Dormire Sotto Terra con la cover di Finchè La Barca Va di Orietta Berti: un ritmo cadenzato ed uno humor alla Rage Against The Machine che ben presto si tramuta in uno sfogo alla System Of A Down. È un incubo? Stiamo sognando? È una domanda plausibile ma stavolta non basta il classico pizzicotto per capire se siamo tra le braccia di Morfeo o se ormai abbiamo inghiottito la pillola rossa e nessuno ci potrà riportare più indietro. Forse lo slogan “Merry Christmas and Happy New FEAR” è azzeccato per capire le intenzioni della band ma ecco che entra l’ennesimo passaggio che ci spiazza: la strumentale Charlie fatta di rumori ed arrangiamenti che sembrano uscire dalla chitarra di Omar Rodríguez-López (The Mars Volta) e da un film di Dario Argento.

Teatrale più che cinematografico, sperimentale più che alternativo, anticonvenzionale più che strano, pazzo più che coraggioso, saggio più che tecnico: in altri termini artistico più che semplicemente musicale. Dimenticate gli amanti dell’estremo, degli eccezzi, quelli per cui la velocità è il primo ingrediente da mettere in musica. Qui tutto è a rilento (doom?!), come se prendesse il giusto peso e desse la possibilità a tutti di riflettere, di “sentire” la musica. Una colonna sonora dark, un film horror che tiene sempre l’ascoltatore sul filo del rasoio perchè è la sua attenzione che esige. No perditempo.

È con Urina che la band tocca il suo apice: sembra di assistere ad una convulsione calcolata dei Dillinger Escape Plan, emotiva e pacatamente fuori controllo. Senza nulla togliere alla parentesi orchestrale di Castello Di Poppi. L’incubo continua. Gli effetti sono solo un contorno perchè è la trama quella che conta, tanto che ogni traccia potrebbe descrivere una scena di un film diverso e ben alimenta l’immaginario, tanto che forse un contenuto video sminuirebbe il valore del singolo brano mentre i testi in italiano ne rafforzano la propria caratterizzazione.

Ah dimenticavo. Loro si chiamano Spread. Teneteli d’occhio.

Autore: Spread Titolo Album: C’è Tutto Il Tempo Per Dormire Sotto Terra
Anno: 2011 Casa Discografica: Il Verso Del Cinghiale Records
Genere musicale: Crossover Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/spreadrock
Membri band:

Roby – voce, chitarra

Paolo F – chitarra

Paolo C – batteria

Valentino – basso

Tracklist:

  1. Fin Che La Barca Va
  2. M.C. ‘N.H.N.F.
  3. Charlie
  4. La Piramide (Signoraggio)
  5. Elastico
  6. Gundamn
  7. Urina
  8. Castello Di Poppi
  9. In Guardia!
  10. Moscerini
  11. Flessibile
  12. A-Lot-Ano
  13. Trittico
Category : Recensioni
Tags : Crossover
0 Comm
13th Nov2011

Andrea Ra – Nessun Riferimento

by Marcello Zinno

Il coraggio e la capacità di osare sono degli ingredienti che noi di RockGarage apprezziamo a dismisura, elementi incontestabilmente (onni)presenti in questo lavoro del bassista Andrea Ra. Già il fatto di avere tra le mani e trovare nei negozi di dischi un lavoro di un bassista, ruolo in genere assoldato nelle seconde linee di una band, risulta molto poco scontato e davvero rallegrante per chi scrive qui negli ulteriori scomodi panni di ex collega di Andrea.

In genere fattori come i testi in italiano e la generica categorizzazione come lavoro rock fanno subito intravedere, almeno per le uscite del nostro Paese, pochi spiragli di originalità ed invece dobbiamo amettere che Andrea Ra riesce sempre a tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore non solo da un punto di vista musicale, che sguazza agiatamente nel crossover più raffinato e meno aggressivo, ma anche secondo un aspetto squisitamente ideativo. Nessun Riferimento infatti è un psycoconcept che si incastra intorno al tema del nubifragio, un viaggio onirico che continua dal precedente Scacco Matto e nel quale il senso di perdizione del protagonista (un punto di non ritorno) si specchia con le patologie che la società mostra di avere. Brani non banali in termini compositivi ma pur sempre adatti anche ad un ascolto semplice (Mi Avveleno Di Te), pur talvolta arricchiti da interventi preziosi come lo slap esuberante di C’è La Luna Piena (Stasera), il cantato fuori stile della title track (a Morgan piacerebbe molto questo pezzo), la pazzia di Mr.Vanni che si rifà senza mezze misure ai Primus e stecchisce con il suo saltare dal crossover allo swing senza alcuna difficoltà.

Sentite un vuoto perchè i Bluvertigo ormai sono scomparsi e non sapete più da chi attingere originalità e nuova ispirazione? Siete nel posto giusto. Questo lavoro va seguito track-by-track come un vero e proprio viaggio perchè, come fosse un romanzo di Ken Follett, non fornisce indizi su come procederà ed ogni ulteriore passo risulta un mistero ricoperto sempre da quella vena dark-wave che ci aiuta a restare sulle spine.

Un artista che va oltre il concetto musicale, un artista a cui la dimensione live potrebbe stare stretta visto che andrebbe apprezzato nella sua interezza creativa. Noi nel futuro di questo artista vediamo ancora più coraggio, perchè le possibilità ci sono tutte e poco conta se si fa strada il rischio che il pubblico si stringa ad una cerchia ristretta di fan, l’importante è riuscire a proporre qualcosa ancor più fuori dai canoni, ancor più unico. Se possibile.

Autore: Andrea Ra Titolo Album: Nessun Riferimento
Anno: 2011 Casa Discografica: Modern Life
Genere musicale: Crossover Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.andreara.com
Membri band:

Andrea Ra – voce, basso, chitarra

Giacomo Anselmi – chitarra

Damiele Click – batteria

Marco La Fratta – chitarra

Luna Gualano – cori

Tracklist:

  1. Mezzanotte
  2. C’è la luna piena (stasera)
  3. Mezzanotte e 16
  4. I soldi del pupazzo
  5. Mezzanotte e 39
  6. Mi avveleno di te
  7. L’una e 02
  8. Nessun riferimento
  9. L’una e 36
  10. Mr. Vanni
  11. Le due e 21
  12. Anche oggi uguale a ieri
  13. Le due e 25
  14. Agnello
  15. Le tre e 26
  16. Lo sapevi benissimo
  17. Le quattro e 22
  18. Insieme al vento
  19. Le cinque e 19
  20. Non sarò il tuo Borromini
  21. Le cinque e 27
  22. Domani partirò
  23. Le sei
Category : Recensioni
Tags : Crossover
0 Comm
Pagine:«12345678910»
« Pagina precedente — Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • Powerdrive – Rusty Metal
    • Morso – Lo Zen E L’arte Del Rigetto
    • Aerostation – Aerostation
    • Nowhere – Nowhere
    • Brent Steed – Jungleheart
  • I Classici

    • Hillstomp – After Two But Before Five
    • Porcupine Tree – Recordings
    • Boston – Walk On
    • The Kills – Keep On Your Mean Side
    • The Black Keys – The Big Come Up
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Marillion Metalcore Metallica Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
  • Nuovi Videoclip

    • Holding Absence – You Are Everything
    • Fry Days – Bonus
    • The Mothman Curse – Otherside Of The Mirror
    • Ze Gran Zeft – Gorilla
    • Browbeat – A Forgotten Number
    • Nanowar Of Steel – Ironmonger
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in