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25th Lug2012

Darkthrone – Circle The Wagons

by Alberto Vitale

Se FOAD è stata la seconda svolta dei Darkthrone, la prima fu dal death metal al black metal, la seconda li ha visti declinare totalmente verso il black’n’roll, allora Circle The Wagons è l’affinamento della band appunto in questa seconda direzione. Se FOAD aveva un approccio quasi parodistico al metal, fissandolo con citazioni alla vecchia scuola dell’heavy metal, e proponendo anche canzoni ironiche ma dalle intenzioni celebrative, vedi Canadian Metal, Circle The Wagons è l’architettura definitiva dell’andamento musicale scelto dai Darkthrone. L’atteggiamento alcolico del duo norvegese non è annacquato, la musica è sempre ruvida, gli accordi base sono sempre quei quattro che strutturano i pezzi. I riff marciscono perché ripresi e suonati fino allo stremo, mentre le voci di Nocturno Culto e Fenriz sono gelide a tratti stonate, volutamente, e impegnate a fare cose che nemmeno potrebbero. Ma loro sono i Darkthrone: “anti, “contro”, anticonformisti, assolutisti, irrispettosi, eccentrici…cosa ancora?

Speed metal o heavy metal in stile NWOBHM che sia, l’apertura dell’album è affidata a Those Treasures Will Never Befall You. Voce semplice e casalinga, sforzata o iraconda che sia è tutto un riprendere il vecchio heavy metal e passarlo come una seria esaltazione del riff semplice e diretto, ma anche cavernoso e arcigno. Battono come ossessi i due e la canzone punge i nervi tatuandosi su quelle fibre. Running For Borders incede su un 4/4 moderato, ma è I Am The Graves Of The 80’s che in poco più di 3’ sigilla ogni tentativo di prendersi troppo sul serio e rimettere in corsa la band su territori classic metal, svolti con selvaggia maestria e ironica volontà di trasfigurare vecchi cliché stilistici. Tutto Circle The Wagons vive su variazioni più sensibili e meno spavalde rispetto a FOAD o forse sono solamente più macchinose. Infatti Stylized Corpse si arrocca in una sorta di heavy/doom mai sentito prima nelle partiture di Nocturno Culto (si deve forse risalire a Total Death). Circle The Wagons è un outtake degli Iron Maiden? No, sono sempre Fenriz e Nocturno Culto che giocano (nel vero senso della parola) con cose trovate in soffitta o forse nella loro collezione di album a 33 giri. Un inno dal ritornello accattivante, un’andatura coinvolgente, le voci messe in piedi con serena e gioiosa modalità. Heavy metal ripreso e suonato con l’anima nera di due black metaller. Black Mountain Totem è la canzone che ricorda maggiormente la linea stilistica dei riff di FOAD. Altro brano esemplare è Bränn Inte Slottet. Atto conclusivo dell’album, aperto da un coro in crescendo, riffoni che ricordano i Black Sabbath, in maniera accelerata, i Darkthrone stessi a velocità moderate per questa conclusione che è una strumentale.

Pubblicato nel marzo del 2010, Circle The Wagons guadagnò diversi consensi positivi, ma anche qualcuno che seppellivano questa seconda escursione dei due norvegesi nel black’n’roll. Rispetto al precedente FOAD, questo lavoro ha qualcosa in meno in immediatezza, ma non si discosta dalla linea tracciata da quel precedente album. Non mancano episodi di mestiere, ma i momenti migliori e superlativi sono altrettanto pochi. L’album diventa una conferma di quella volontà di cambiare, di esporsi su altri territori e apparire sinceri in questo atto di devozione verso l’heavy metal pur giocandoci sopra con ironia. Risultato? Un album godibile per i fan veri, meno interessante per chi invece non è un devoto assiduo del culto di Darkthrone.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Circle The Wagons
Anno: 2010 Casa Discografica: Peaceville Records
Genere musicale: Black Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce, chitarra, basso

Fenriz – batteria, chitarra, voce

Tracklist:

  1. Those Treasures Will Never Befall You
  2. Running For Borders
  3. I Am The Graves Of The 80’s
  4. Stylized Corpse
  5. Circle The Wagons
  6. Black Mountain Totem
  7. I Am The Working Class
  8. Eyes Burst At Dawn
  9. Bränn Inte Slottet
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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18th Lug2012

Darkthrone – FOAD

by Alberto Vitale

La sfida dei Darkthrone, dopo una fiumana di album, era quella di reinventarsi ma rimanendo se stessi. Almeno nella propria e radicale concezione musicale e di come è proposta. Nel 2007 e dopo l’album The Cult Is Alive, Fenriz e Nocturno Culto concepiscono Fuck Off And Die (riassunto nell’acronimo FOAD). Il titolo è un aperto stato di impazienza verso chiunque segue e fa la scena black metal, un atteggiamento di insofferenza verso gli schemi, le parole spesso antipatiche ricevute, verso coloro che hanno saccheggiato idee altrui per costruirsi una propria e traditrice reputazione. Più di ogni altra cosa FOAD rappresenta la rottura definitiva verso il black metal e la volontà di andare oltre quel genere, ma riproponendo uno stile più essenziale, immediato e che pesca dalle lezioni impartite anni a dietro da band che hanno poi svezzato una scena intera: Venom (già dal titolo dell’album), Bathory, Mötorhead, Celtic Frost, ma anche il primordiale thrash metal, il punk e, soprattutto, la mitica NWOBHM, cioè il gene primario dell’heavy metal. Nocturno Culto e Fenriz si rifanno ai riff classici, anche nella struttura della canzone ed ecco che nasce (a detta di Fenriz) la New Wave Of Black Heavy Metal dei Darkthrone.

FOAD venne anticipato in estate da un EP, nel quale figuravano due pezzi leggermente modificati presentati in anteprima; il tutto anticipava spaventosamente bene la direzione che il nuovo lavoro del duo norvegese avrebbe offerto. Se The Cult Is Alive era meno nero e più spedito e con forze altalenanti di punk, FOAD è l’essenza dell’heavy metal che entra in note nere, oscure, marce, underground, approssimative. Il risultato è un black’n’roll dai toni poco black e dall’aspetto quasi retrò, ma con sonorità underground. L’album è inciso con una qualità tutto sommato dozzinale. Le chitarre di Nocturno Culto sono catarrose e catramose, rubano la scena ad un basso che pulsa come un’ombra maligna e con la batteria di Fenriz potente, asciutta (grandiosa la cassa registrata senza eccessi e trigger di sorta, lo facessero anche gli altri!). Nocturno Culto, the voice, canta e recita in modo pazzesco, a volte parodistico, ma sarà anche Fenriz ad esibirsi in diverse canzoni. Il tutto è sigillato da una copertina disegnata in bianco e nero e con Mr. Necro, un essere in stile Eddie degli Iron Maiden, che sarà il nuovo soggetto di tutte le copertine future.

Le prime note di These Shores Are Damned sono un ruggito fragoroso e i riff hanno quell’ottantiano heavy metal che corrode, ma è Canadian Metal la vera svolta nel sound dei Darkthrone. Con uno stile che ricorda gli Onslaught, Fenriz parte cantando “Sex With Satan the loudest song. Sounds like a hammer from hell”, un capolavoro. Un heavy fulminante e robusto, con venature proto thrash metal, e Fenriz che prova a tirare su un falsetto acuto nel ritornello che è quasi una parodia o uno scherzo. La canzone è un tributo ai Voivod, Anvil, Exciter. The Church Of Real Metal è un’altra canzone decisamente parodistica: ispirata da tante band di metal underground è strutturata su un tempo lento e con un ritornello quasi in stile epic metal. Affermare che è il tipico pezzo basato su tempi lenti e medi alla Darkthrone sarebbe davvero pretenzioso. Nonostante tutto la pachidermica andatura, il riffing di puro heavy metal classico, l’assolo di Czarl (Aura Noir) dozzinale e spartano insieme, rendono il brano un atto davvero piacevole e allegro. Se The Banners Of Old ha un’atmosfera decisamente orrida, nera e malsana, FOAD, cantata da Fenriz, è un’altra bordata dalle chitarre in modalità old style, per quanto concerne i riff. Fenriz eleva la voce fin che può, la sua batteria è perfetta nell’incollarsi alle note di Nocturno Culto, il quale lega il basso in modo fedele ai colpi del compagno. Tutto funziona e anche il ritornello più semplice di questo mondo e che chiunque ha sentito, almeno una volta nella vita, in un album heavy metal: “Fuck Off And Die!”. È Splitkein Fever, isieme a The Banners Of Old, ad essere tra le canzoni più atipiche e con una distorsione della chitarra totalmente diversa dal resto. Raised On Rock è un’altra canzone fissata su schemi e volteggi delle chitarre in modalità old school e con Fenriz alla voce, come per Pervertor Of the 7 Gates, la quale ha qualcosa che riavvicina i Darkthrone di FOAD a quelli di Total Death. Wisdom Of The Dead, posta in chiusura, rinverdisce l’essenza più black metal e che ancora brucia nel fondo del cuore della band.

In FOAD vengono citate una serie di band, le quali sono legittime ispiratrici di queste canzoni, oltre che vivamente consigliate ai fan. Leggere nomi come Zemial, Manilla Road, Repulsion, Axegrinder, ma anche Bathory, Mercyful Fate e altri ancora, ha un suo fascino ma si intravede anche un filo conduttore comune che in FOAD sembra acquisire uno spessore importante. Le canzoni riescono a fare presa, alcune riescono a divertire, grazie alla goliardica ripresa di certe soluzioni e cliché tipici dell’heavy metal. La sfida dei Darkthrone è vinta: il sound è rinnovato, le caratteristiche migliori del duo non sono state perdute, la ripresa di schemi vecchi avviene attraverso un senso di divertimento e di allegria, proponendo così un lavoro non terribilmente serio, ma terribilmente convincente!

Autore: Darkthrone Titolo Album: FOAD
Anno: 2007 Casa Discografica: Peaceville
Genere musicale: Black Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce, chitarre, basso

Fenriz – batteria, voce

Tracklist:

  1. These Shores Are The Damned
  2. Canadian Metal
  3. The Church Of Real Metal
  4. The Banners Of Hold
  5. FOAD
  6. Splitkein Fever
  7. Raised On Rock
  8. Pervertor Of The 7 Gates
  9. Wisdom Of The Dead
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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11th Lug2012

Darkthrone – The Cult Is Alive

by Alberto Vitale

Doveva cambiare qualcosa nei Darkthrone e non per imposizione, ma solo per via di una fisiologica evoluzione che in tutte le band musicali avviene nel tempo. Come i serpenti che si svestono della pelle per esibirne una nuova, i Darkthrone in The Cut Is Alive, ovvero il loro dodicesimo album, espongono un sound che si rifà più al rock che al black metal. Fu lo stesso Fenriz a dire “call it BLACK METAL or EVIL ROCK. I don’t care”. Se i demo sul finire degli anni ’80 furono la genesi e Soulside Journey, 1991, il vecchio testamento nel segno meschino del death metal, con l’aggiunta dell’apocrifo Goatlord, 1996, la loro saga eterna e mitologica si sviluppò nel 1992 con A Blaze In The Northern, il loro primo editto imperiale nel segno del black metal. Da allora ogni album del duo era il verbo, e il suono, che ogni figlio del metallo nero attendeva con ansia e onore; il tempo è però tiranno e la pedissequa ripresa del loro stile stava ghettizzando i Darkthrone. Due anni prima Sardonic Wrath aveva lanciato i primi segnali di una rinnovata intenzione di Fenriz e Nocturno Culto a rivedere il loro pur sempre letale black metal, infondendovi elementi di brutale punk e tendenze classicamente heavy metal. Nel finire del febbraio 2006 i Darkthrone danno in pasto alle orde di adepti The Cult Is Alive.

L’album mostra un sound rinnovato, nelle dinamiche, nelle tendenze stilistiche, ma non privo dei canonici elementi che i Darkthrone hanno da sempre fatto mostra nelle loro canzoni. Le tipiche frenate, le andature improvvisamente mastodontiche, i mid-tempo piantati all’improvviso a spezzare qualche bordata furiosa. Un drumming robusto e comunque sempre lineare, una chitarra dalla distorsione roca e intrisa di un groove gelido, The Cult Is Alive è questo, ma è anche una ripresa di punk estremizzato e di andature che, dal suo successore in poi, verranno bollate come Black ‘n Roll. L’idea di fondo di Fenriz e Nocturno Culto era appunto quella di riprendere la concezione musicale di quei generi come l’heavy metal primordiale, il punk e il rock più spinto possibile e fonderli attraverso la loro visione estrema e distorta della musica. Una visione comunque black metal, rievocando la nascita del genere attraverso i Venom e i Bathory e abbinandoli al punk più approssimativo possibile.

The Cult Of Goliath è la prima mazzata, sommariamente il percuotere di Fenriz è dannatamente punk e Nocturno Culto non sembra essere da meno, ma la bestialità della distorsione e i riff così veloci e aggressivi vanno anche oltre quel genere. Lo stesso vale per i primi minuti della travolgente Too Old Too Cult (canzone ripresa anche per un interessante mini EP che porta appunto quel nome), qui il punk abbonda, ma nella fase centrale le tipiche frenate dei Darkthrone ricalcano appunto i Venom. Se Atomic Coming è dedicata a Piggy dei Voivod, rivelandosi anche una ripresa di come i canadesi evolsero l’hardcore-metal, Graveyard Slut cita il punk e il rock, attraverso suoni tenebrosi e decisamente black metal, ma con l’esibizione alla voce di Fenriz. Forse sono De Underjordiske e Underdogs And Overlords ad essere i brani più canonicamente black metal in The Cult Is Alive, soprattutto la seconda canzone che si ispira agli scenari di Under A Funeral Moon. Seminando la musica di elementi più fruibili ecco spuntare situazioni più semplici, come Whisky Funeral, 4’ di quasi motorheadiana memoria, istintivi, immediati. Tyster På Gud, francamente sembra un riempitivo, mentre Shut Up è la feroce invettiva (forse un pochino stucchevole) dei Darkthrone a tutti coloro che gli hanno saccheggiato le idee facendo fortune (“copi il mio stile e ti definisci un uomo”). Chiude Forebyggende Krig, canzone messa su tempi lenti e quindi ancorata alle funeree e cadenzate andature tipiche di sempre.

The Cult Is Alive è il ritorno dei Darkthrone alla Peaceville, forse i tempi erano maturi per l’etichetta a non rischiare più di imbarazzarsi per l’accostamento del loro nome a simpatie ariane e naziste. Tra il precedente Sardonic Wrath e The Cult Is Alive vennero anche pubblicati Under Beskyttelse Av Mørke, un EP con pezzi editi, una nuova e speciale versione della compilation Preparing For War e l’EP Too Old Too Cult, quasi in contemporanea con l’album d’appartenenza. Le registrazioni avvennero nello studio privato e casalingo dei Darkthrone, Necrohell 2, con la regia di Nocturno Culto, il quale svolse un lavoro magnifico, per quanto concerne la resa finale dei suoni. Il basso suonato da lui stesso è perfettamente nitido e udibile in ogni singolo passaggio.

Autore: Darkthrone Titolo Album: The Cult Is Alive
Anno: 2006 Casa Discografica: Peaceville Records
Genere musicale: Black Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Cult – voce, basso, chitarra

Fenriz – batteria, voce

Tracklist:

  1. The Cult of Goliath
  2. Too Old Too Cold
  3. Atomic Coming
  4. Graveyard Slut
  5. Underdogs and Overlords
  6. Whisky Funeral
  7. De Underjordiske (Ælia Capitolina)
  8. Tyster På Gud
  9. Shut Up
  10. Forebyggende Krig
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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04th Lug2012

Darkthrone – Sardonic Wrath

by Alberto Vitale

Dopo aver inciso una notevole quantità di album (dieci in quindici anni) per i Darkthrone arriva un momento forse cruciale. Se una band di metal estremo non ridisegna il proprio sound a qualcuno la cosa potrebbe non andare giù. Per Sardonic Wrath la critica si è concessa qualche insofferenza alla standardizzazione dell’operato dei Darkthrone, dichiarandolo apertamente oppure esprimendo giudizi di circostanza, cioè giudizi nei quali si riconoscevano a Fenriz e Nocturno Culto il loro ruolo di capostipiti del balck metal, ma mettendo allo stesso tempo in evidenza l’ottusità del songwriting. Per alcuni erano dunque i Darkthrone di sempre, uguali a se stessi e oggettivamente privi di innovazioni. Per altri erano i Darkthorne, scolpiti nel granito nero del black metal, inattaccabili, unici, autori di un lavoro comunque d’impatto e sostanza.

Sardonic Wrath nell’iniziale versione promo vedeva otto canzoni e non nove come nella versione finale. Mancava Rawness Obsolete a chiusura dell’album e una versione leggermente differente di Hate Is The Law. Da una prima intervista a Nocturno Culto si parlò di un nuovo album, appunto Sardonic Wrath, concepito anche con influenze non propriamente black metal. La cosa forse montò anche le aspettative degli addetti ai lavori, ma Sardonic Wrath è a conti fatti un album puramente dei Darkthrone. Il modo di suonare e concepire i pezzi è quello canonico di Fenriz e Nocturno Culto, il primo mostrando un lavoro muscolare, maratoneta delle bacchette e il secondo attraverso una concatenazione di riff che passano da estasi di velocità feroce e istintiva a cadute marziali e appesantite.

Sjakk Matt Jesu Krist (più o meno Checkmate Jesus Christ) e Hate Is the Law sono due corrosive sorelle del crust-punk, soprattutto la seconda che sembra rievocare lo spettro dei Discharge. Information Wants To Be Syndicated ha un passo caotico e spedito, ma propone una fase centrale in low tempo, massacrando le linee melodiche del black metal con un pathos da cerimonia a Satana. Tutto come da copione, tutto nella tradizione nera dei Darkthrone, come per Straightening Sharks In Heaven, Alle Gegen Alle (ovvero All Against All), canzone esposta in andante mid-tempo, vera marcia trionfale del male che sfila nel mondo, con una coda finale heavy-punk sostenuta e dirompente. Anche Man Tenker Sitt è rapida ma non veloce, con l’abrasivo riff di Nocturno Culto teso a rendere il clima carico di orrida tensione. Se Sacrificing To The God Of Doubt ricorda più il black metal di carattere svedese, come i Marduk, ad esempio, anche grazie ad un numero di variazioni nei ritmi e nel riffing al di sopra della media, la conclusiva Rawness Obsolete sigilla l’album con chiodi neri e affilati, piantati con colpi lenti e disumani. Canzone dalla melodia funerea, malinconica, ma epica sembra essere la giusta chiusura di questo lavoro segnato da un sound più morbido o comunque meno frenetico e non totalmente di puro black metal ossessivo e maledetto.

Sardonic Wrath è la costruzione di trame melodiche, le quali Nocturno Culto tinge con estrema semplicità, senza troppe complicazioni nelle partiture delle chitarre, le quali sono degnamente accompagnate da un buon sound del basso. Fenriz è puntuale, marca stretta ogni nota con i suoi colpi pesanti e squadrati. Riprendono se stessi, questo è innegabile, ma le canzoni hanno una semplicità istintiva decisamente più nitida anche rispetto al precedente Hate Them e Plaguewielder. Tuttavia qualcosa nel sound e nelle intenzioni dei due sta cambiando, il germe del futuro black ‘n roll sta covando e qualcosa di spettrale e fantastico accadrà negli anni avvenire, ma occorre tenere ben aperte le orecchie, in questo Sardonic Wrath, per capirlo.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Sardonic Wrath
Anno: 2004 Casa Discografica: Moonfog
Genere musicale: Black Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce, chitarre, basso

Fenriz – batteria

Tracklist:

  1. Order Of The Ominous
  2. Information Wants To Be Syndicated
  3. Sjakk Matt Jesu Krist
  4. Straightening Sharks In Heaven
  5. Alle Gegen Alle
  6. Man Tenker Sitt
  7. Sacrificing To The God Of Doubt
  8. Hate Is The Law
  9. Rawness Obsolete
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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27th Giu2012

Darkthrone – Hate Them

by Alberto Vitale

Registrato nel freddo dicembre del 2002, Hate Them è una gelida roccia scolpita dal tipico sound dei Darkthrone. L’album vede il collettivo lavoro di Fenriz e Nocturno Culto, svolto in 26 ore, tra registrazione e missaggio, nel Pan Lydstudio. Hate Them è Darkthrone al 100% perché non si discosta per nulla dal loro modo di suonare e intendere il black metal. Inossidabile, spietato e ruvido black metal suonato a ritmi impazziti o in pachidermici mid-tempo, tra atmosfere feroci e squarci di epica d’annata. Rust, apertura dark ambient, tenebrosa messa in scena in musica stile The Blair Witch Project, ferita all’improvviso da un riff lancinante di Nocturno Culto che diventa marziale e cadenzato. Fenriz entra in scena dopo qualche secondo, con colpi lenti ma pesantissimi, a sostegno di questa marcia che si rivela essere tra le canzoni più belle dei Darkthrone. Un lento andare che trova sfogo in colpi devastanti e riff neri come l’anfratto più buio dell’inferno. Det Svartner Nå, ovvero “It Darness Now”, è basata su dei riff spediti, dai pallidi toni heavy metal, ma tesi come cavi che vibrano al ritmo imposto da Fenriz. Fucked Up and Ready to Die è la canzone più breve, le altre oscillano tra i 5’ e i 6’. È ruvida, nera, raw black metal d’annata. Ytterst I Livet, ovvero “On The Edge Of Life”, ha un andamento che ricorda la Quintessence di Panserfaust. Tempo lento, incedere maestoso e squarci di velocità in ascesa.

Divided We Stand è un esempio dei Darkthrone votati a velocità eccessive, con un enorme lavoro di Fenriz alle pelli, impegnato a variare il proprio drumming e contribuire ad un black metal corrosivo e ferale, in simbiosi con il ringhiante Nocturno Culto, impegnato anche con la sei corde a creare melodie demoniache. I toni accesi e di metallo nero non calano nemmeno in Striving For A Piece Of Lucifer, bordata alla Darkthrone old style, e in Honour of Thy Name, altro lungo (quasi 6’ e mezzo) massacro black metal nello stile dei primi anni ’90. Hate Them si chiude con una ripresa di quel tema oscuro e sinistro (composto da Lrz) che precede Rust; la discesa negli inferi pagani è completa.

Hate Them è la conferma della magnificenza dei Darkthrone. Fenriz e Nocturno Culto sollevano ancora una volta il proprio scettro del potere, esibendo una sontuosa e maligna prova di forza che va anche oltre il precedente Plaguewielder. Si intravedono dei passaggi di black metal indebitato con la migliore tradizione heavy metal, ma la vera rivoluzione stilistica dei Darkthrone non è ancora matura e l’oscurità del black metal regna ancora sovrana nell’animo torbido dei due imperatori solitari.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Hate Them
Anno: 2003 Casa Discografica: Moonfog Productions
Genere musicale: Black Metal Voto: 7,5
Tipo: CD, LP Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – chitarra, basso, voce

Fenriz – batteria

Tracklist:

  1. Rust
  2. Det Svartner Nå
  3. Fucked Up And Ready To Die
  4. Ytterst I Livet
  5. Divided We Stand
  6. Striving For A Piece Of Lucifer
  7. Honour Of Thy Name
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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20th Giu2012

Darkthrone – Plaguewielder

by Alberto Vitale

Il nuovo millennio per una band ancestrale e mitologica come i Darktrhone si aprì con una compilation intitolata Preparing For War, un titolo quasi kafkiano, dietro il quale si celavano canzoni già note e alcune provenienti da vari demo. Infatti la stessa copertina proviene da quello di Cromlech. Preparing for War festeggia i dieci anni della band e ne racconta anche la genesi, grazie ad una sorta di bio contenuta nella raccolta. È dunque Plaguewielder il nuovo album per gli anni 2000 e nonostante la nuova epoca, Fenriz e Nocturno Culto sono uguali a se stessi. Come sempre. La musica racchiude ormai il loro tipico canovaccio, il black metal suonato e possente e fatto con due velocità. A qualcuno, davvero pochi, della “critica” la cosa non andò giù.

Plaguewielder è Darkthrone allo stato puro, è dunque un nuovo mattone nella fortezza del metallo nero dei due cavalieri maledetti. Weakling Avenger si erge oscura e veloce, con quel clima da black metal norvegese. Raining Muder ha un riffing che melodicamente si riallinea al precedente Ravishing Grimness e con Fenriz che percuote nel modo più ossessivo possibile, salvo addolcirsi nella tipica sterzata alla Darkthrone, cioè quando il tempo viene rallentato esageratamente. Sin Origin è la prima canzone in mid-tempo delle sei, quasi l’unica, e l’andazzo è quello di un coltello che scotenna l’ascoltatore lentamente o con furia e che dentro di sé contiene la futura svolta stilistica (riflessione fatta col senno di poi, ovviamente) verso il black’n’roll. Plaguewielder propone anche un sound più “organizzato” nella resa, nonostante l’impasto sonoro sia comunque appiccicoso, gli strumenti agiscono tutti a livelli che permettono di apprezzarne il lavoro svolto. Command è un’altra bordata veloce e cattiva, sostenuta e spontanea nella sua essenza. I, Voidhanger possiede un riffing più articolato del solito e giocato su più velocità, con Fenriz che segue e marca Nocturno Culto ad ogni secondo. Chiude l’album Wreak, canzone spedita, ma impostata su due velocità di base e fatta del black metal più ruvido e sconquassante di sempre, ma con una fase centrale in cui si crea una progressione armonica eccezionale e non riscontrabile negli altri pezzi.

Con sei canzoni dal minutaggio che sfiora i sei minuti ciascuna, Plaguewielder è probabilmente il lavoro che consolida il brand Darkthorne: black metal senza troppi fronzoli, qualche temporale o delle fiamme al vento e nulla più, essenzialità, tanta di potenza e tessuti melodici neri e malvagi. L’istituzione di Nocturno Culto e Fenriz propone un lavoro che si rifà il meglio di cosa hanno realizzato fino a quel momento, attraverso un sound ruvido ma non troppo massacrato nella resa sonora. Non sarà ricordato come un capolavoro nella loro discografia, ma in qualità e inventiva stilistica non avrebbe nulla da invidiare ad un A Blaze In The Northern Sky o ad un Under A Funeral Moon, ma questi giunsero prima e Plaguewielder è in debito con loro, ma non con altri album black metal usciti proprio in quel periodo.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Plaguewielder
Anno: 2001 Casa Discografica: Moonfog Productions
Genere musicale: Black Metal Voto: 7
Tipo: CD, LP Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce, chitarra, basso

Fenriz – batteria

Tracklist:

  1. Weakling Avenger
  2. Raining Murder
  3. Sin Origin
  4. Command
  5. I, Voidhanger
  6. Wreak
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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13th Giu2012

Darkthrone – Ravishing Grimness

by Alberto Vitale

La genesi dei Darkthrone è un qualcosa di poco ordinario. Un approccio al death metal e poi una sincera sterzata stilistica verso il black metal, genere che ha contribuito a rendere immortale con una serie di lavori e attraverso l’impegno di soli due musicisti. Nel 1999 i Darkthrone venivano da tre anni di silenzio e dalla pubblicazione di un lavoro per molti interessante, Total Death, ma non all’altezza dei suoi predecessori e dalla riscoperta e pubblicazione di un nastro contenente quello che avrebbe potuto essere il secondo album, ma che finì in un cassetto, per ragioni stilistiche, cioè Goatlord. Più di tutto i Darkthrone negli ultimi tempi si erano fatti strada grazie a canzoni e album sostanzialmente concepiti da Fenriz, il batterista, grazie alla sua debordante vene creativa. Ravishing Grimness segnò il ritorno dei Darkthrone e il predominante contributo di Nocturno Culto per le musiche, eccetto per The Beast (il testo è di Aldrahn & Fog) che venne scritta da Fenriz, come tutte le liriche dell’album.

L’apertura di Ravishing Grimness è affidata a dei colpi di frusta che aprono Lifeless, una delle canzoni più belle dei Darkthrone. Il riff andante che si evolve attraverso due sezioni e poi l’impareggiabile, frenata in mid tempo che serve a segnare il passo e scaraventare pareti di granito di fronte al mondo che li ascolta. The Beast è un nero recupero dei primordi del black metal, attraverso una canzone spedita, veloce, ma dal riff semplice e perfido. The Claws Of Time è strutturata su tempi più lenti, un riff di apertura epocale, epico, glaciale e una sezione centrale in totale Darkthrone style, cioè danzante, ammaliatrice, malvagia come un incantesimo del demonio. Across The Vacuum rialza i ritmi. Fenriz si impegna al massimo, come un martello pneumatico e non da meno è il suo lavoro per la seguente title track, nella quale scariche di adrenalina sorreggono questa canzone dal riff al vetriolo e dalle distorsioni caotiche, fredde e feroci. Se nella prima metà le brusche frenate e i tempi medi sono notevolmente diffusi, To The Death (Under The King) si allinea alle due precedenti (con le quali sembra recuperare i toni di Under A Funeral Moon) e oltre a segnare, purtroppo, la fine di questo album (un totale di 37’) conferma i ritmi elevati di questa seconda metà l’aggressività delle chitarre di Nocturno Culto, in questa canzone che nella sostanza è la più breve delle sette e fu anche l’ultima ad essere composta (aprile 1999) ed inserita nell’album.

Ravishing Grimness rende il giusto onore alla reputazione del duo più black metal di sempre, è fatto con la migliore inventiva e capacità compositiva di Nocturno Culto e di Fenriz. La qualità della registrazione è, ancora una volta, approssimativa, in particolare la batteria di Fenriz è compressa e parzialmente sepolta dalle tempestose chitarre di Nocturno Culto (indicato nei crediti come Nocturnal Cult). Tuttavia l’essenzialità e la grandezza dei Darkthrone passano anche attraverso un sound scarno e dozzinale.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Ravishing Grimness
Anno: 1999 Casa Discografica: Moonfog Productions
Genere musicale: Black metal Voto: 7
Tipo: CD, LP Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce, chitarra

Fenriz – batteria

Tracklist:

  1. Lifeless
  2. The Beast
  3. The Claws Of Time
  4. Across The Vacuum
  5. Ravishing Grimness
  6. To The Death (Under The King)
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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06th Giu2012

Darkthrone – Goatlord

by Alberto Vitale

Dopo Soulside Journey i Darkthrone dovevano incidere un nuovo album e si apprestarono quasi a farlo, poi accadde qualcosa. Sono le imprevedibili pulsioni dell’essere umano, il quale di punto e in bianco decide improvvisamente di rinunciare a qualcosa o intraprendere un nuovo percorso. Sì, la vita mette in scena situazioni del genere e nel campo artistico eventi simili sono il sale dell’arte stessa. Ma l’arte in questione è, anzi dovrebbe essere, il black metal ma gli artisti, i Darktrhone, trattano ancora un materia informe, sepolcrale, amorfa e lontana da quel genere. Non è ancora black metal, lo diverrà con il seguente A Blaze In The Northern Sky, concepito d’improvviso a seguito di quelle pulsioni già preannunciate e che misero da parte l’album che dovevano in realtà incidere, confinandolo nel cassetto, anzi su una cassetta. Fino a quando poi Satyr (cantante dei Satyricon e padrone della Moonfog) non ascoltò quel nastro e pensò che cinque anni dopo potesse guadagnarsi finalmente la luce, attraverso una pubblicazione. L’album vede la manifattura di Nocturno Culto, Fenriz, Dag Nilsen e Zephyrous, ovvero la line up iniziale la quale diede vita a quel death metal primordiale e atipico.

Goatlord è ben oltre Soulside Journey sebbene abbia un registrazione che sembra nata da uno scantinato o un garage, anziché da uno studio di registrazione. Questo disco è la sintesi di alcune doti dei Darkthrone, pur se suonate attraverso la chiave del death metal. Non siamo sui livelli epocali di incisioni come Panzerfaust o Transilvanian Hunger, ma è un ulteriore passo in avanti per la band. Fenriz mette in scena uno stile davvero articolato e brillante, ben lontano da quel voler “sottrarre” (come ebbe a dire lui stesso pochi anni fa) al drumming esposto negli ultimi album. Nocturno Culto si dimostra forse una delle poche voci rimaste capaci di caratterizzare il cantato, anche attraverso passaggi parlati o lamentati. Figurano anche inserti di voci che molti scambiano per voci femminili, ma ormai tutti sanno che fu Fenriz a cantare in falsetto per dare quel tocco particolare.

La rozza e ruvida essenza dei Darkthrone, l’inferno dei mid e slow tempo che si susseguono e un clima spaventosamente in sintonia con i Celtic Frost sono le essenze dell’uscita (anche se orientamenti verso lo stile degli svizzeri ve ne sono diversi nell’album). Le canzoni sono ammalate, alcune di esse hanno delle melodie seppellite dalle distorsioni di chitarre cancerose, mentre si creano delle cadute ritmiche distrofiche. Non minimamente paragonabile ai capitoli più importanti della band, Goatlord è l’album che nessuno poteva attendersi nel 1996 e quindi dopo Transilvanian Hunger, Panzerfaust e Total Death, ma una intuizione di Satyr ha permesso di ricostruire l’evoluzione stilistica dei Darkthrone e aggiungere un capitolo apocrifo e comunque dotato di un suo fascino.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Goatlord
Anno: 1996 Casa Discografica: Moonfog Productions
Genere musicale: Black Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce, chitarre

Zephyrous – chitarra

Fenriz – basso, voce

Dag Nilsen – basso

Tracklist:

  1. Rex
  2. Pure Demoniac Blessing
  3. (The) Grimness of Which Shepards Mourn
  4. Sadomasochistic Rites
  5. As Desertshadows
  6. In His Lovely Kingdom
  7. Black Daimon
  8. Toward(s) The Thornfields
  9. (Birth Of Evil) Virgin Sin
  10. Green Cave Float
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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30th Mag2012

Darkthrone – Total Death

by Alberto Vitale

Dopo l’album capolavoro Panzerfaust per i Darktrhone cominciò una fase difficile. Nelle notizie biografiche racimolate negli anni si racconta spesso che i Darkthrone erano carichi, in quel periodo, di lavoro per mandare avanti se stessi, ma nel contempo Fenriz si dava da fare anche con progetti paralleli come Neptune Towers e Isengard, due situazioni che nel tempo lo portarono a partorire quattro album e una partecipazione nei Dødheimsgard. Il tempo è tiranno, si sa, il lavoro da svolgere è tanto e forse qualche visione personale sul da farsi non era in sintonia tra Fenriz e Nocturno Culto. Difficoltà reali o presunte vengono dissolte da un nuovo album, cioè Total Death. Uscì nel 1996 con una copertina a colori, mentre per i precedenti tre si era deciso di usare foto in bianco e nero e in notturna; una scelta comunque interessante e ripresa da tanti altri autori di album black metal. L’album viene inciso per la Moonfog di Satyr dei Satyricon, il quale viene anche citato nei ringraziamenti, insieme al batterista Frost. Total Death vide anche la partecipazione ai testi di Garm degli Ulver, in Earth’s Last Picture, di Ihsahn degli Emperor in Black Victory Of Death, di Carl-Michael Eide dei Ved Buenos Ende in Blasphemer e di Satyr dei Satyricon in The Serpents Harvest.

Rispetto a quanto fatto fino a quel momento, Total Death rappresentava una parziale frenata nell’evoluzione black metal dei Darkthrone: è un buon album, ma distante dalla concezione estrema espressa in Transilvanian Hunger o Panzerfaust. Addirittura alcuni scenari dell’album si accostano al death metal (e a rimandi passati di altre istituzioni estreme), come per la fredda e dozzinale canzone The Serpents Harvest. Se Blasphemer ha un giro di chitarra che si avvicina ai momenti di Under A Funeral Moon, Black Victory Of Death si manifesta come del black metal cavernoso, estremo, ma essenzialmente sviluppato su tempi medi. Majestic Desolate Eye porta avanti una lentezza cadenzata per un terzo della sua durata e poi deflagrare in una veloce aggressione. Anche Ravnajuv è veloce, spietata, nera e lo sono ancora di più Blackwinged e Gather For The Attack On Pearly Gates. Piccolo gioiello è l’opener Earth’s Last Picture, canzone che mette in mostra quei tempi saltellanti dei Darkthrone e i loro riff fragorosi, potenti e con dentro di sé il gene dei Celtic Frost.

Total Death si vede spaccato in due dal punto di vista compositivo: Blackwinged, Gather For The Attack On Pearly Gates, Majestic Desolate Eye e Ravnajuv sono state concepite da Nocturno Culto, il resto è di Fenriz. L’album riporta dunque un equilibrio compositivo nella band, dopo due lavori ideati da Fenriz, ma è anche l’anticamera di una lunga pausa che porterà a Ravishing Grimness ben tre anni dopo. Un lungo silenzio che, si vocifera, mascherò forse dei problemi in seno al duo. Tuttavia Total Death è una buona release, ma con alle spalle gli epocali Transilvanian Hunger e Panzerfaust, Fenriz e Nocturno Culto forse non poterono fare di più.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Total Death
Anno: 1996 Casa Discografica: Moonfog
Genere musicale: Black Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce, chitarra, basso

Fenriz – batteria, basso, chitarra

Tracklist:

  1. Earth’s Last Picture
  2. Blackwinged
  3. Gather for Attack on the Pearly Gates
  4. Black Victory of Death
  5. Majestic Desolate Eye
  6. Blasphemer
  7. Ravnajuv
  8. The Serpents Harvest
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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23rd Mag2012

Darkthrone – Panzerfaust

by Alberto Vitale

Panzerfaust è il capolavoro dei Darkthrone. Non siete d’accordo? Ok, smettetela di leggere queste righe, inutile andare oltre. Per chi vuol capire il peso di questa affermazione assoluta segua pure le parole. Era il 1994 e in Norvegia il black metal era quasi una religione e in un momento di splendore. Prima ancora era una setta, ma dopo fatti di sangue e roghi di chiese il black metal era diventata la nuova filosofia estrema per i giovani e gli appassionati del metal ed era un qualcosa che aveva varcato i confini nazionali. Nel 1994 i Mayhem pubblicavano De Misteriis Dom Sathanas, gli Emperor In The Nightside Eclipse e i Darkthrone tra febbraio e aprile incidevano Panzerfaust, ma uscirà oltre un anno dopo. Era un momento cruciale quello, lo era anche per il cambio di etichetta, ovvero la Moonfog e non più la Peaceville. La prima pubblicherà in seguito altri lavori estemporanei di Fenriz. I Darkthrone sono e restano definitivamente un duo, ma in questo nuovo parto discografico sarà proprio il batterista Fenriz a dare la direzione stilistica. Almeno è quanto lui stesso ha dichiarato in alcuni documentari e interviste degli ultimi anni.

Panzerfaust è stato registrato in un modo approssimativo, dal punto di vista della qualità sonora. Eppure questo disco non suona male: le distorsioni fredde e gli indicatori dei livelli delle chitarre costantemente sul rosso, la batteria che vede la cassa sepolta, come se fosse dietro a un muro, la voce di Nocturno Culto che spara come se tentasse di farsi sentire, sono tutti aspetti che danno fascino alle canzoni. Queste ultime, ovviamente, hanno una loro qualità stilistica unica: si ascoltano e si marchiano nella mente. Non siamo al cospetto di partiture confuse, ossessive, selvagge e piatte nella resa melodica. Assolutamente, qui le melodie portanti sono una lacerazione epica devastante. En Vind Av Sorg, parte in quarta. Veloce, aggressiva, spietata come un flusso malato. Triumphant Gleam raccoglie una delle migliori prestazioni di Nocturno Culto alla voce e, soprattutto, quelle tipiche frenate dei Darkthrone che scalano poi in mid tempo allucinanti e allo stesso momento coinvolgenti. Il riff di questa canzone ha le proprie radici nel thrash e qualcosa di quella struttura riporta alla mente i primi Metallica. Terminata l’accelerazione finale si passa a The Hordes Of Nebulah, un capolavoro di granitico slow time e le corde delle chitarre tirate e torturate al massimo, come nemmeno un gruppo doom riuscirebbe a fare. Fenriz nello scandire il tempo è semplicemente magnifico, suonando con uno stile essenziale ma deciso.

Sotto certi aspetti Hans Siste Vinter è come l’iniziale En Vind Av Sorg, ovvero un tipico brano veloce dei Darkthrone, con quei pezzi in cui la band parte ripetendo ipnoticamente un giro che poi evolve, rivelandosi un continuo martirio. Beholding The Throne Of Might è un’altra trovata in mid-tempo, con qualche punta di velocità, ma è nella sua forma poderosa, marcata, insomma un dolmen che viene costruito pezzo dopo pezzo. Quintessence è il capolavoro dell’album, forse uno dei pezzi più belli incisi dai Darkthrone, ma parte del merito è di Varg Vikernes (Burzum); la canzone rientra in quel gruppo che Il Conte scrisse appositamente per il loro precedente Transilvanian Hunger di Nocturno Culto e Fenriz. Quintessence venne da prima scartata e poi ripresa per Panzerfaust. Canzone in tempo lento, assassina, una sorta di marcia inesorabile accentuata dal ritmo del riff e con Nocturno Culto in magnifica forma e raggelante con l’incipit “eight miles deep well forgotten by mortals. Oh I drank it empty in one single sip“. Tutto sommato che sia una canzone alla Burzum è abbastanza palese. Chiude Snø Og Granskog (Utferd), poema di Tarjei Vesaas e declamato dalla voce di Fenriz e con la base di synth dalle melodie cacofoniche e colpi su tamburi.

Panzerfaust è assurdo perché è definitivamente un black metal estremo nella sua forma, nei suoni e nel modo di comporre dei Darkthrone. L’album porta diciture del tipo “The Norvegian Black Metal”, “Unholy Black Metal”, “The Most Hated Band In The World”, e un’altra ancora più netta nell’affermare quanto loro siano lontani dalla politica, ma anche una dedica a Satyr dei Satyricon. Come a voler dichiarare la volontà di essere contro, per il solo gusto o necessità di esserlo, per dichiarare che loro sono altro, pur non disdegnando qualche buon amico!

Autore: Darkthrone Titolo Album: Panzerfaust
Anno: 1995 Casa Discografica: Moonfog
Genere musicale: Black Metal Voto: 9
Tipo: CD, LP Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce

Fenriz – batteria, basso, chitarra, tastiere

Tracklist:

  1. En Vind Av Song
  2. Triumphant Gleam
  3. The Hordes Of Nebulah
  4. Hanse Site Vinter
  5. Beholding The Throne Of Might
  6. Quintessence
  7. Snø Og Granskog (Utferd)
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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