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22nd Dic2020

Curimus – Garden Of Eden

by Cristian Danzo
In teoria, nel giardino dell’Eden, si dovrebbe stare bene e non dare di stomaco. L’ossimoro che i finlandesi Curimus creano tra titolo e copertina del loro ultimo lavoro (il terzo, dopo Realization del 2012 e Artificial Revolution del 2014) non è una novità del mondo metal estremo ma di sicuro fa un certo effetto ed attira l’attenzione e vuole probabilmente rappresentare l’odierna alienazione di un mondo che da più parti viene presentato dai politici come il paradiso in Terra ed invece fa, obiettivamente, schifo. Siamo nei lidi del death tirato con rimandi thrash, anche se poi a voler scavare bene si trova un miscuglio che va dal brutal al grind, dal deathcore al death moderno, il tutto ben amalgamato in un risultato molto moderno che non dispiacerà agli intransigenti del genere e che soddisferà anche gli ascoltatori più giovani di età, per molti passaggi che si avvicinano come costruzione musicale a Slipknot e Mudvayne. Si ascolti Eradication Manifest per avere la prova che non mentiamo.

Garden Of Eden è come spezzato in due: le prime quattro canzoni sono più ancorate ad uno stile classico; da qui in poi si passa a pezzi dalla costruzione più varia e di ampio respiro in termini di commistione di generi, come se si affrontassero due ere temporali diverse. L’ascolto rimane piacevole e non slegato, forse anche per merito del fatto che l’album sia un treno che va via tutto di un fiato ed è talmente tirato da non lasciare respiro o il tempo di pensare a queste cose, che poi affiorano dopo averlo metabolizzato bene.

Lavoro notevole sotto tutti gli aspetti: composizione, esecuzione e produzione. In 72 troviamo anche un cameo di David Bower, cantante della cult band inglese Hell.

Autore: Curimus Titolo Album: Garden Of Eden
Anno: 2020 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Death Metal, Thrash Metal       Voto: 7,5
Tipo: Album Sito web: www.curimus.net
Membri band:
Marko Silvennoinen – voce
Tommi Ahlroth – chitarra
Juho Manninen – basso
Jari Nieminen – batteria

David Bower – voce in 72  
Tracklist:
1. Eden Unveiled
2. Ignite
3. 72
4. God Eater
5. Eradication Manifest
6. Victims
7. Catalyst
8. Hate The Progress
9. Eisegesis
10. Absence
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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30th Nov2020

Slow Fall – Beneath The Endless Rains

by Gabriele Rusty Rustichelli
Gli Slow Fall arrivano dalla Finlandia e propongono un melodic death metal che non lascia molto spazio ai non amanti del genere. Beneath The Endless Reains è un album di 9 tracce che descrive a pieno le capacità della band. Dopo l’intro di apertura Resonance parte una violenta Across The Cold che delinea il genere, un death metal con qualche linea melodica nei ritornelli. I riff di chitarra sono taglienti e tecnici, tirano dritto come dei treni, fatta eccezione per qualche momento di arrangiamenti più clean e d’atmosfera che troviamo ampliamente nelle strofe della terza traccia Exile The Day. Anche i soli di chitarra non mancano! Pur essendo molto spinto come genere, la band riesce a ritagliare alcuni momenti più groovy come l’inizio e la strofa di Under This Corroded Sky. La voce è abbastanza versatile e Markus (cantante della band) alterna growl e scream a parti melodiche rimanendo aggressivo e allo stesso tempo espressivo. Il sapore nordico si percepisce in tutto il disco, non sono andato troppo nello specifico nel leggere i testi ma visto il sound e i titoli non credo siano leggeri.

La band sul disco suona da paura dal punto di vista tecnico, se la resa è la stessa anche dal vivo di certo lo show deve essere davvero una goduria (anche se il genere viene a volte penalizzato dalla comprensibilità dal vivo). Personalmente faccio un po’ fatica a legare le parti più melodiche a quelle violente e qualche pezzo forse è un pochino lungo ma sicuramente è un mio limite, chi apprezza il genere sicuramente godrà di tutte le sfumature. L’ultima traccia Everything Left With Nothing si apre son una chitarra pulita e una voce femminile (che è presente per tutto il brano), per poi sfociare nella violenza musicale che contraddistingue la band. Un mix tra diverse atmosfere ma sempre tenute ben legate da un genere che o si ama o si odia. A voi il verdetto.

Autore: Slow Fall Titolo Album: Beneath The Endless Rains
Anno: 2020 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Melodic Death Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/slowfallofficial
Membri band:
Markus Taipale – voce
Aki Pusa – batteria
Heikki Kakko – chitarra
Juho Viinikanoja – chitarra
Markku Kerosalo – basso
Tracklist:
1. Resonance
2. Across The Cold
3. Exile The Day
4. Under This Corroded Sky
5. Witnesses To The Fall Of Night
6. Drown (Beneath The Endless Rains)
7. When The Suns Collide
8. Tomorrow Is A Buried Hope
9. Everything Left With Nothing

Category : Recensioni
Tags : Death metal
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19th Ott2020

Weight Of Emptiness – Conquering The Deep Cycle

by Marcello Zinno
La band cilena Weight Of Emptiness giunge al secondo album con Conquering The Deep Cycle e riesce anche a esibirsi nel vecchio continente, fattore per nulla irrilevante date le complessità per una band emergente nell’organizzare tour distanti dal proprio Paese. Riconosciamo in questo traguardo un valore anche meritocratico in quanto il loro heavy metal molto sfaccettato risulta non solo originale ma anche coraggioso ed efficace: se infatti i lidi del death metal con voce in growl sono quelli prevalenti, i brani di questo album risultano pieni di diverse sfumature, di cambi di tempo, di parti pacate con arpeggi di chitarra e di stop&go, ricordando nel complesso i primi Opeth. Potenti e disarmanti, in The Flame (soprattutto nella prima parte) sfiorano i Mastodon in fatto di violenza (riffing di impatto) e non lasciano superstiti conducendo l’ascoltatore ad una parte finale dallo stampo death, al tempo stesso le aperture strumentali in Laps Of Insanity aprono a tantissimi territori diversi, non ultimo l’avantgarde (e compare di nuovo lo spettro di Mikael Åkerfeldt). A noi ha colpito Invisible Mind Workers, brano prog metal ma anch’esso con varianti che non faranno mai stancare l’ascoltatore.

In alcuni brani l’effetto finale cambia e forse le composizioni diventano addirittura troppo intricate tanto che allungano la durata percepita del brano, è il caso di Lurking Hope che pianta le proprie radici in un metal oscuro ed estremo pur se spesso battezzato da tempi cadenzati e per nulla veloci; si tratta come detto di una band che non compone un pattern per caso ma tutto è studiato e provato nei dettagli. La produzione in generale è buona ma non eccellente, i suoni in una proposta così multiforme hanno una loro identità anche se con un’attenzione maggiore dietro il mixer avrebbero a nostro parere potuto assumere una personalità più forte. Con questo elemento saremo stati qui a parlare di un album che rasentava la perfezione. Per gli amanti della musica estrema ma assetati di variazioni e di tecnica Conquering The Deep Cycle è una piccola gemma. Super consigliata.

Autore: Weight Of Emptiness Titolo Album: Conquering The Deep Cycle
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Death Metal, Heavy Metal, Avantgarde Voto: 7,75
Tipo: CD Sito web: https://www.weightofemptiness.com
Membri band:
Alejandro Ruiz – voce
Juan Acevedo – chitarra
Alejandro Bravo – chitarra
Mauricio Basso – batteria
Mario Urra – basso
Tracklist:
1. Conquering
2. Invisible Mind Workers
3. Chucao
4. The Flame
5. Laps Of Insanity
6. Lamentos
7. Eleven Ravens
8. Drainers
9 Lurking Hope
10. Two Tears Alone
11. Deep Cycle
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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22nd Set2020

Theophagist – I Am Abyss

by Marcello Zinno
I lussemburghesi Theophagist sono una realtà molto particolare. Il loro progetto musicale nasce ormai 10 anni fa ed è proprio in quel periodo che inizia la scrittura di questo album, il loro primo album uscito ad inizio 2020. Quindi parliamo di una nuova uscita o di brani dallo stampo vecchio rispolverati per essere proposti come freschi? I Am Abyss è assolutamente un album degno dei tempi in cui viene distribuito, i Theophagist sono fautori di un metal in parte death, in parte oscuro e dannatamente heavy ma che sanno nelle loro tracce come afferrare l’ascoltatore e non lasciarlo scappare. I brani infatti non si reggono sempre sui medesimi pattern ma regalano inserti e parti differenti, quello che invece resta uguale è il sound che costituisce il vero marchio di fabbrica del quintetto: questi riff downtune che ci hanno riportato alla memoria i God Dethroned e che infondono spirito luciferino nell’intero album nonché un sapore marcatamente horror. È su queste coordinare che l’album si gioca l’intera partita: se vi piace questo filone allora avete trovato un’altra band da seguire in ogni singolo passo (sperando di non attendere altri dieci anni per un secondo full-lenght), se invece preferite un death che punti su altri aspetti (truculento con bpm all’inverosimile) allora meglio guardare altrove (ma i Theophagist non vi passeranno comunque inosservati, provate ad ascoltare Agony Of Christ Upon The Cross)

Noi abbiamo apprezzato molti passaggi di I Am Abyss, in primis l’intermezzo Awakening The… quasi orchestrale ma dannatamente infernale e Terrors From The Deep con la sua tecnica e tenacia degne di band di primo livello. Va citata anche Epileptic Seizure, un brano che ha un costrutto portante interessante, con una seconda chitarra solista che dona quel pizzico di melodia ad un brano che è sicuramente un pugno nel pieno volto privo di tentennamenti. Alcuni brani invece non aggiungono nulla a quanto detto, è il caso di Adeptus Astartes, ad eccezione del riffing durante l’intermezzo. I testi trattano di morte, smembrare corpi, streghe, religione…d’altra parte la copertina è molto evocativa in questo. Affascinante la tonalità di colore turchese applicata sul concept grafico, scelta che rende l’abito davvero molto originale.

Autore: Theophagist Titolo Album: I Am Abyss
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Death Metal Voto: 6,75
Tipo: CD Sito web: www.theophagist.com
Membri band:
Sven Schosseler – voce
Tago Perdiz – chitarra, voce
Jo Conter – chitarra
Ben Schreiner – basso
Michel Conter – batteria
Tracklist:
1. Cannibal Preacher
2. Burn That Witch
3. Recipe For Human Cake
4. Awakening The…
5. Terrors From The Deep
6. Epileptic Seizure
7. R.I.S.E.
8. Adeptus Astartes
9. Agony Of Christ Upon The Cross
10. Apocalypse – Redux
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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21st Set2020

Noumena – Anima

by Marcello Zinno
Tornano i finlandesi Noumena con il loro sound potente che da sempre li caratterizza. Ma nel loro ritorno compiono un deciso passo avanti. Se infatti il precedente Myrrys ci era sembrato un lavoro in stile Amon Amarth svestito dagli abiti vichinghi, questo nuovo Anima suona fin dalle prime tracce come un lavoro più maturo, le tracce appaiono come delle vere composizioni più che come singoli e questo probabilmente è anche il risultato di una formazione così folta e di qualche nuovo entrato. Mutuneet ad esempio (ma anche altri brani si muovono su queste coordinate) contiene una parte morbida e melodica con voce femminile e un’altra molto più irruenta, fatta non solo di growl ma anche di pattern più decisi e dal sound compatto (che ci hanno ricordato i Die Apokalyptischen Reiter); molto belli i cori e l’incedere in generale che predispongono questo brano come vera soundtrack di un film fantascientifico a sfondo romantico. Ajaton è un altro passaggio vincente, potenziale singolo (se non fosse per i suoi 7 minuti) che mescola un animo dolce a dei fill davvero potenti (strofe) che piaceranno al metallaro medio. Interessante anche la titletrack che ci saremo aspettati come “killer song” e invece inietta in note ben calibrate uno spirito oscuro rimarcato da un andamento cadenzato e funereo; tutta la sovrastruttura del loro sound è presente però in Totuus, brano di 15 minuti che tocca i diversi paesaggi targati Noumena e che da solo potrebbe essere un mini EP di pregio.

Meno riuscita Seula pezzo in cui, nonostante la produzione di ottimo livello, si percepisce un impasto di suoni non piacevole, probabilmente frutto dell’eccesso di strumenti presenti. L’album si chiude con un brano acustico pieno di ingredienti lontani dal metal ma che sa offrire una visione più aperta della musica della band. I Noumena sono già noti e non solo in terra scandinava, questo lavoro di sicuro amplificherà il loro nome perché è un album con tante sfumature pur avendo un sound centrale molto deciso e così finisce per stupire sia chi lo ascolta in maniera distratta, sia chi ha un orecchio attento.

Autore: Noumena Titolo Album: Anima
Anno: 2020 Casa Discografica: Haunted Zoo Productions
Genere musicale: Melodic Death Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/Noumenaband
Membri band:
Antti Haapanen – voce gowl
Suvi Uura – voce
Markus Hirvonen – chitarra, voce
Ville Lamminaho – chitarra, mandolino, voce
Tuukka Tuomela – chitarra
Hannu Savolainen – basso
Ilkka Unnbom – batteria
Tracklist:
1. Kaiku
2. Saatto
3. Murtuneet
4. Seula
5. Ajaton
6. Totuus
7. Anima
8. Joutsen
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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31st Ago2020

Deem Index – Mass // Minus

by Marcello Zinno
Erano diversi anni che i Deem Index non tornavano sulle scene con nuovi brani per una band che si avvicina a spegnere le dieci candeline di attività, pur avendo alle spalle solo un EP. Mass // Minus è il titolo della loro nuova uscita che piazza 6 tracce compatte e decisamente di impronta moderna. Il loro stile è in bilico tra il melodic death metal e il metalcore e in funzione dei pezzi la band si sbilancia verso un contesto anziché l’altro. L’opener è profondamente ispirata al Gothenburg sound e la loro provenienza dai Paesi Bassi (vicini a dove questo genere è nato e si è principalmente sviluppato) probabilmente ha influenzato in qualche modo, ma già con Monologue About Violets entrano in gioco strutture metalcore o comunque di metal moderno che possono piacere a chi ascolta band di più recente formazione. Un altro elemento distintivo della band è che non si prediligono quasi mai tempi veloci di batteria, la band non fa uso di blast beat ma punta invece ad un metal più uniforme e figlio (o meglio nipote) del classic heavy metal (ascoltare Solo, un brano interessante, soprattutto la prima metà, anche se un po’ troppo lungo).

Con Vortex In Slow Motion escono fuori delle influenze thrash mentre con le ultime tracce si ritorna al death metal a volte più melodico a volte più pesante. Il suggerimento che facciamo loro è quello di puntare su tracce non troppo lunghe, dati i bpm scelti, che rischiano di rendere più indigesta l’offerta; i Deem Index restano comunque consigliati a chi ascolta In Flames, Dark Tranquillity, Soilwork ma anche Killswitch Engage e metalcore moderno.

Autore: Deem Index Titolo Album: Mass // Minus
Anno: 2020 Casa Discografica: Deemon Head
Genere musicale: Death Metal, Metalcore Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: www.facebook.com/deemindex
Membri band:
Ronald – voce
Jelmer – chitarra
Lars – chitarra
Leonie – basso
Elwin – batteria
Tracklist:
1. Scale Of Content
2. Monologue About Violets
3. Solo
4. Vortex In Slow Motion
5. Three Stones Back
6. Halo
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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24th Ago2020

Black Corona – The Mission

by Gabriele Rusty Rustichelli
Formati nel 2017 gli austriaci Black Corona presentano oggi The Mission il loro nuovo album contenente 9 brani di melodic death/groove metal. Il primo brano Sweet Shadow non rapisce del tutto la mia attenzione anche se i richiami agli At The Gates stimolano le mie orecchie (vecchi amori). Non riesco a comprendere inizialmente la direzione, poi facendo partire il secondo brano Areas mi rendo conto del potenziale di scrittura della band. Lo ammetto, non è il mio genere preferito, ma qui c’è dello stile! Il riff di Areas vale tutto il disco. In generale la sezione ritmica (basso e batteria) disegnano groove molto interessanti e non scontati. Le chitarre passano da riff da standing ovation a parti più scontate. Ma la media rimane alta. Non ci sono molte parti “soliste”…il genere le ha dimenticate tempo fa. La voce è bella granitica, ovviamente ha il peso di fare la differenza e ci riesce in parte.

A volte mi fa ricordare il buon vecchio Chuck Schuldiner e a tratti sembra davvero un tributo ai giganti svedesi. Forse in brani come Aterna (sesta traccia del disco) c’è quella vena più personale che potrebbe delineare il carattere della band. Se solo la voce fosse un tantino più “dinamica” e si staccasse ogni tanto dallo stile cantato “death” si raggiungerebbero livelli altissimi. In chiusura troviamo altri due brani interessanti come Apatheon e The Night Eternal che lasciano un ottima impressione del disco in generale. Non conoscevo la band e devo dire che sono una bella scoperta. Interessanti.

Autore: Black Corona Titolo Album: The Mission
Anno: 2019 Casa Discografica: Art Gates Records
Genere musicale: Melodic Death, Alternative Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/blackcorona.official
Membri band:
Mario Fetz – voce, chitarra
Herbert Sopracolle – voce, chitarra
Stefan Jerabek – voce, chitarra
Fabian Straue – batteria
Tracklist:
1. Sweet Shadow
2. Areas
3. The Mission
4. Backdraft
5. Flow
6. Aterna
7. Resolution
8. Apatheon
9. The Night Eternal
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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19th Ago2020

Nephylim – Severance Of Serenity

by Simone Rossetti
10 e ve lo diciamo subito senza alcun timore reverenziale, compiacimento o interesse; già immaginiamo cosa starete pensando, “i soliti metallari fissati”. Sbagliato, personalmente i gruppi death o black che mi trasmettono qualcosa posso contarli sulle dita di una mano; il “genere” non c’entra, mi interessa la musica vissuta oltre la razionalità e le considerazioni tecniche (quando possibile), d’istinto, a pelle, altrimenti si rischia di perdere di vista l’aspetto “umano”, del perchè in un determinato momento ricerchiamo certe sonorità anziché altre, del perchè ne abbiamo bisogno. In questo Severance Of Serenity non c’è una nota fuori posto, mai un calo di tensione, la voce (in growl) è perfetta, un viaggio all’interno della complessità dell’animo umano, della sua solitudine, a volte necessaria alle volte un abisso, delle mancanze e di quello che resta; perfetto quindi ma non per una questione matematica. Dimenticatevi la parola “melodic” (death o black che sia), l’album è al 100% death metal (con incursioni nel black e nel folk) fin nel midollo, nelle interiora, nell’anima, ed è impregnato di quella malinconia esistenziale che solo pochi sanno trasmettere (i mai dimenticati Agalloch ad esempio) e purtroppo come vedremo non si tratta di una semplice casualità. Ma parliamo un po’ di questi ragazzi. I Nephylim sono originari delle cittadine di Hertogenbosh-Apeldoorn (Netherlands), nel 2015 realizzano il loro primo EP Torn poi per una serie di vicissitudini e destini andarono incontro a diversi cambi di formazione, standby e ripartenze, questo fino ad oggi ed al suo epilogo con la pubblicazione di Severance Of Serenity targata gennaio 2020.

La prima “traccia” non la potrete ascoltare ma solo leggere sul retro del librettino interno allegato al CD, è una dedica al loro amico e vocalist Cézary Van Der Veen morto in un incidente nel 2019, poche parole che qui riporto “All those who have falle, will not be forgotten”, una mancanza che sarà percepibile in tutto l’album; la prima traccia vera e propria è Reminescence, sullo sfondo il rumore di un mare in tempesta (il mare sarà un elemento costante e il filo conduttore di tutto l’album), pochi accordi di piano ci introducono ad un potente crescendo orchestrale dal sapore nostalgico e malinconico ed attacca la successiva Forsaken sostenuta ed intensa, bellissimo il growl di Geffen senza sbavature e coinvolgente, cambi di ritmo tra doppia cassa e rallentamenti più atmosferici su note acustiche ma è una ferita ancora aperta in cerca di risposta “Aspects which define the cration of life are appended with the everlasting fate of imminent death which are both transferred in waves”; segue Vanquish The Sepsis, più dura, ancora più maestosa, grandi riff e aperture melodiche, le sofferenze non mancano e si percepiscono ma è il prezzo da pagare quando si vuole guardare dentro noi stessi, scavare dentro l’animo umano e le sue miserie ma siamo solo all’inizio. Aftermath è un piccolo (non l’unico) capolavoro, non è una questione di tecnica né di cambi di tempo o di accordi, è qualcosa che solo il fragore delle onde del mare ci può restituire, la solitudine a fronte di ciò che è immensamente più grande ed incomprensibile del nostro scorrere “I have lost what is a real and what is mine”.

Poi è il momento di Fractured Existence, impietuosa ed istintiva, delicati arpeggi e accelerazioni improvvise, così bella da essere quasi dolorosa nel suo ascolto, eppure necessario ma finalmente nella successiva Reassurance il mare si quieta ed è una pace serena, un luogo altro dove trovare rifugio, è un bellissimo brano strumentale principalmente acustico con orchestrazioni in crescendo fino ad un limite di intensità che oltre non sarebbe possibile andare; è la volta di The Bitter Inheritance, cassa dritta senza sosta, un growl possente, poi la calma, ma è solo un attimo che si riparte subito con ancora più violenza fino ad uno stremo fisico e spirituale “Sometimes it needs to burn to heal again, abhorrent as it is, crucial as it can be, remaining scars remind me of this past,  from the ashes we will above”. Dalla più articolata Dust Veiled Sky si passa alla penultima traccia Eye Of The Storm, riff scolpiti nella roccia, il peso come un macigno eppure è piena di quella malinconia che solo l’essere di fronte a ciò che è incomprensibile e mortale ci può trasmettere, si aspetta una imminente fine ma ci sarà anche un nuovo inizio, forse migliore. A chiudere l’album ci pensa Remembrance, è un delicato arpeggio iniziale quello che ci si presenta davanti per poi aprirsi maestosa e cupa a ricordarci di un vuoto oscuro, incomprensibile, incolmabile, ma è il “senso” che diamo a questo vuoto che può salvarci “Time will tell the untold truth” e sarà proprio il rumore delle onde del mare che si infrangono ai nostri piedi a chiudere il tutto e a ricordarci questo senso.

Cos’è un dieci?! Un dieci è solo un numero matematico in rapporto ad una casistica, non equivale ad un capolavoro, è solo un album realizzato meglio di altri, niente di più, niente di meno, se siamo in presenza di un capolavoro (basterebbe un piccolo ed intimo capolavoro) spetta solo a voi deciderlo e a nessun altro, da parte nostra è un album che merita e vi consigliamo, ma c’è un di più, quel di più che fa la differenza, è un andare oltre (doloroso ma necessario) alla sostanza della plastica e dell’umano vivere.  

Autore: Nephylim Titolo Album: Severance Of Serenity
Anno: 2020 Casa Discografica: Independent Release
Genere musicale: Death Metal, Black Metal Voto: 10
Tipo: CD Sito web: https://nephylim.nl
Membri band:
Kevin Van Geffen – voce, chitarra
Ralph Lentink – chitarra
Rens Van De Ven – basso
Martijn Paauwe – batteria
Tracklist:
1. Reminescence
2. Forsaken
3. Vanquish The Sepsis
4. Aftermath
5. Fractured Existence
6. Reassurance
7. The Bitter Inheritance
8. Dust Veiled Sky
9. Eye Of The Storm
10. Remembrance
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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27th Lug2020

Exit – Traces Of Human Existence

by Gabriele Rusty Rustichelli
Gli Exit sono una band formata nel 1995 ed è una delle poche band che ho incontrato che in 20 anni ha mantenuto la stessa formazione. Hanno 4 album all’attivo (che non sono molti visto il periodo sul campo) e 20 anni di esperienza live. Arrivano dalla Svizzera e suonano un thrash/death tra l’old school e nuove sonorità. Oggi escono con il loro Traces Of Human Existence, un album che contiene 9 tracce che conferma il sound della band. Con questo album sono riusciti forse a creare una buona connessione tra i due generi. Se il thrash metal ha come prerogativa tempi serrati e riff veloci e il death metal ha la caratteristica di avere voci più violente e spesso in growl…qui abbiamo tutti gli elementi. Tecnicamente i musicisti sono di certo validi e riescono a inserire in un genere abbastanza privo di rivoluzioni significative (almeno nell’ultimo periodo) degli elementi che rendono il disco scorrevole e mai noioso.

Pur avendo personalmente suonato e prodotto questo genere in passato, da ascoltatore mi rendo conto che a volte può sembrare “monoemozionale” visto che segue cliché ben definiti che rendono molto difficile essere originali. Anche se gli Exit non sono forse una delle più grandi produzioni del 2020 sono di certo una delle cose più interessanti nel mondo underground che io abbia ascoltato nel loro genere. Riescono a rendere le canzoni tecniche e facili da ascoltare allo stesso tempo.

La sezione ritmica è di certo molto serrata e violenta ma riesce ad alternare anche parti più “groovy” rendendo i brani molto interessanti. La voce non si lancia di certo in ritornelli melodici, rimane sempre abbastanza legata al “growl” e ad un timbro vocale molto aggressivo ma riesce ad avere un groove che si sposa molto bene con tutto l’apparato musicale. Rimane sempre molto difficile emergere in questo settore musicale e se dopo tanti anni insieme gli Exit sono ancora nel mondo underground forse è anche una scelta di fedeltà al genere e la voglia di rimanere coerenti con quello che sono e quello che fanno. Anche perché le potenzialità musicali per emergere le hanno. Un altro disco che accorcia le distanze tra i grandi del genere e il mondo sommerso di band che macina musica.

Autore:  Exit   Titolo Album: Traces Of Human Existence
Anno: 2020 Casa Discografica: Art Gates Records
Genere musicale: Thrash Metal, Death Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.exit666.com
Membri band:
Beni The Animal – voce, chitarra
Steve The Methaller – voce, basso
Mart4Finger – chitarra
Andyman – batteria  
Tracklist:
1. The Power, The Hate, The Greed
2. None Of Our Bussines
3. The Final Youth
4. Only Pain Is Real
5. Born To Burn
6. Miserable Life
7. Empire
8. To The Void
9. The Lion’s Share
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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21st Mag2020

Deathtune – Original Sin

by Massimo Volpi
Original Sin dei Deathtune, death metal da Teheran, Iran, è una locomotiva che ti passa sopra alle orecchie; crudo, scarno, quasi minimale, ma potente. Niente di particolarmente ispirato ma un lavoro, a suo modo, variegato; cambi di ritmiche e un gran bel cantato. Chitarra ben scritta e batteria presente quanto basta, che sa accelerare e singhiozzare nei momenti giusti. Diverse le facce per questo lavoro, quella più limpida, di Inner Cancerous Growing Of Hate, dove una bella chitarra duella con la voce; quella più brutale e frenetica di Distracted Observer; il ritorno alla potenza titubante (Insanity), passando per interessanti spunti di chitarra ed headbang di Greedy God, per chiudere con Mourn (un intermezzo strumentale) e Core Corrupted con grida e lamenti che si adagiano perfettamente tra il cantato e le parti strumentali. La copertina non è un capolavoro ma abbastanza tipica per il genere, moniker rosso sangue su disegno brutale in toni di blu, mondi e personaggi poco definiti e inquietanti; come un po’ tutto l’album.

Una ventata di violenza death metal che di certo non può passare inosservata, anche se purtroppo priva di qualcosa; completezza, pienezza o forse di una produzione migliore, ma bravo Babak (la voce) e bravi tutti i Deathtune.

Autore: Deathtune Titolo Album: Original Sin
Anno: 2020 Casa Discografica: Ghost Label Record
Genere musicale: Death Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/0DEAtHtUNE0
Membri band:
Babak Turkzadeh – voce
Saeed Ghadiani – chitarra
Shahram Tehrani – basso
Mohammad Mirboland – batteria
Tracklist:
1. Intro
2. Denial
3. Ignominy
4. Inner Cancerous Growing Of Hate
5. Distracted Observer
6. Insanity
7. Greedy God
8. Mourn
9. Core Corrupted
Category : Recensioni
Tags : Death metal
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