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30th Mar2021

Wizards Of Hazards – End Of Time

by Cristian Danzo
I finlandesi Wizards Of Hazards posso detenere forse un grande record: essersi formati nel 1989 ed arrivare al debutto ufficiale nel 2020 con questo End Of Time. Questo dato fa subito intuire quanta passione e caparbietà possano avere i membri della band nei confronti della musica. Si presentano sulla carta come portatori di un doom dai suoni vintage ed ispirato ai mostri sacri del genere. Anche se in parte la descrizione offerta è condivisibile, in realtà poi la definizione più giusta che lascia l’ascolto della loro opera prima è una commistione fortissima tra Black Sabbath ed Iron Maiden, fino almeno a Piece Of Mind. Anche il cantato di Ville Willman, che punta molto sulla teatralità nel suo timbro, ricorda molto di più l’uso della voce di Dickinson e Bobby Liebling dei Pentagram piuttosto che lo sguaiatissimo Madman Ozzy Osbourne. End Of Time ha tutte le asperità che porta con sé un disco d’esordio: molto spontaneo e poco affinato, denota alcuni difetti che derivano dal fatto di avere poca esperienza e poca “furbizia” nel songwriting. Se gli strumenti vengono impugnati degnamente da tutti, c’è da dire che moltissimi riff e molte soluzioni risultano elementari e davvero base. Children Of The Damned ne è la lampante dimostrazione. Dal punto di vista di una prospettiva futura il manifesto è Witching Sabbath. Sabbathiana fino al midollo (e come poteva non esserlo visto il titolo?) ma anche capace di cambiare completamente registro ad un certo punto e diventare la composizione più varia e costruita su più livelli articolati di tutto il disco.

Dei Wizards Of Hazards quello che spicca più di tutti è sicuramente Willman, che risulta già pronto e sembra essere molto sicuro e scafato. Disco che non è da buttare completamente ma che di certo pecca in molteplici aspetti. Nonostante questo non lascia insoddisfatti e le basi per proseguire bene ci sono tutte. Un’ultima nota riguarda la copertina che rispecchia quanto scritto sopra: sarà molto seventies, non lo mettiamo in dubbio, però un minimo di cura in più non avrebbe di certo guastato. Lo diciamo senza nessuna vena polemica, ci mancherebbe.

Autore: Wizards Of Hazards Titolo Album: End Of Time
Anno: 2020 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Doom, Heavy Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: www.wizardsofhazards.com
Membri Band:
Ville Willman – voce
Aarne Ylipiha – chitarra
Amir Nalbandian – basso
Petri Pakarinen – batteria
Tracklist:
1. Masters Of Dread
2. Ivory Towers
3. Children Of The Damned
4. Witching Sabbath
5. Stoning
6. Boots Of Lead
7. Horn Of Plenty
8. End Of Time
Category : Recensioni
Tags : Doom, Nuove uscite
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10th Mar2021

Jahbulong – Eclectic Poison Tones

by Marco Pisano
Il trio veronese Jahbulong, membro della scuderia Go Down Records, una delle più attive e importanti etichette discografiche per quanto riguarda l’universo stoner/doom e heavy psych nostrano, ha dato alle stampe il suo ultimo lavoro, Eclectic Poison Tones, uscito nel 2020. Già a partire dalla splendida copertina, realizzata da Nino Cammarata, si inizia a delineare chiaramente il percorso musicale e sensoriale che attende l’ascoltatore. Ad accoglierci all’ingresso di questo universo misterioso e sinistro, c’è una figura spettrale e inquietante, vestita ed incappucciata di nero, avvolta da spirali nero e viola porpora, che sta sospesa in aria sopra un sentiero con dei teschi in primo piano. Ed effettivamente, il sound rispecchia molto fedelmente le impressioni visive suggerite dalla copertina. La musica del trio veronese è un perfetto connubio di influenze musicali, tra le quali spiccano i riff di chitarra giganteschi, carichi di distorsioni e pesanti come pianeti di scuola Black Sabbath e che ricordano altri gruppi della scuola stoner/doom come gli Sleep, gli Electric Wizard o i Monolord; riconoscibili anche le influenze grunge/alternative e ovviamente della psichedelia. Caratteristica molto particolare e che attira la curiosità leggendo la tracklist, è la durata dei brani, quasi mai inferiore ai 10 minuti e la presenza di soli quattro brani; sotto questo aspetto ricorda molti album del prog anni 70 e ovviamente della psichedelia, dove la durata dei brani tendeva a dilatarsi in modo importante e la struttura era molto meno definita e rigida.

Gli Jahbulong, forse ispirandosi proprio a quei gruppi che hanno reso grande questi due filoni musicali, danno briglia sciolta alla loro fantasia e non si preoccupano minimamente della durata del brano o della sua struttura, pensando esclusivamente a lasciar fluire al massimo la loro creatività e a ricavarne quanto più possibile in termini di espressione e di suggestione emotiva. I muri sonori creati grazie a riff di chitarra dai toni densi, scuri e pesanti come buchi neri si alternano a sezioni più aperte, surreali, psichedeliche e ipnotiche, accentuati nel loro effetto straniante, anche da linee vocali che sembrano provenire da un universo parallelo e distante, creando così un senso di dilatazione spazio-temporale e di profondità veramente suggestivo ed evocativo. La sezione ritmica fa degnamente il suo lavoro, supportando la chitarra al meglio e confezionando così brani che ci regalano anche spunti ritmici pregevoli, come la sezione di solo di batteria all’interno di The Eclipse Of The Empress, giusto per citarne uno. Ascoltando l’album, si ha la sensazione che il motore pulsante e il motore dell’universo sonoro degli Jahbulong sia la chitarra, e il suo costante alternarsi fra wall of sound fatti di power chord e riff potentissimi, affilati e grintosissimi, che generano atmosfere claustrofobiche, buie e opprimenti, e le divagazioni più psichedeliche e spaziali, che al contrario danno la sensazione di immensità, trasportandoti nelle profondità e nell’infinità del cosmo.

Il tutto viene esaltato e valorizzato da una produzione e un missaggio ben bilanciati, essenziali e senza fronzoli, che rendono giustizia al sound della band veronese, senza snaturarne l’essenza e senza rischiare di renderlo troppo plastificato e pulito. Unica pecca è forse una certa prolissità in fase di scrittura e la durata eccessiva nei brani, cose assolutamente perdonabili visto il risultato finale, davvero ben riuscito e di qualità, che lascia intravedere il grande potenziale del gruppo veneto di potersi affermare sulla scena stoner/doom e heavy psych italiana. Album consigliato al 100%.

Autore: Jahbulong Titolo Album: Eclectic Poison Tones
Anno: 2020 Casa Discografica: Go Down Records
Genere musicale: Stoner, Doom Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/JAHBULONG
Membri band:
Pierpaolo Modena – voce, chitarra
Martino Tomelini – basso
Nicolò Bonato – batteria
Tracklist:
1. Under The Influence Of The Fool
2. The Tower Of The Broken Bones
3. The Eclipse Of The Empress
4. The Eremite Tired Out (Sweed Dreams)
Category : Recensioni
Tags : Doom, Nuove uscite
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08th Dic2020

La Stanza Delle Maschere – La Stanza Delle Maschere

by Cristian Danzo
Esordisce per Black Widow Records il gruppo italiano La Stanza Delle Maschere con un album omonimo. Il progetto lega musica e cult movie italiani prettamente horror e gotici (fatta eccezione per Calibro 9 Medley, apertamente dedicata ai poliziotteschi e che vede ospite alla chitarra solista Alexander Scandavian dei Paul Chain Improvisor). Atmosfere cupe, degne delle pellicole a cui si rifanno, e di cui narrano le trame Tiziana Radis e Angelo Blood Sposito. Non avete letto male: narrano è il verbo giusto da utilizzare poiché sulle onde sonore tessute dal mastermind Domenico The Psychic Lotito le voci alternate dei due raccontano letteralmente i testi invece di cantare (tranne qualche coro lirico e qualche frase di Tiziana Radis). Ed ecco quindi che ci troviamo di fronte a testi oscuri e da raggelare il sangue decantati su trame doom ed horror metal, che rimandano direttamente ai Black Sabbath ed ai Pentagram, nonostante poi la presenza delle tastiere atmosferiche arricchisca il sound granitico della band rendendo il tutto molto più cupo e facendoci pensare ad un retroterra popolato da ascolti derivanti dal prog anni70.

Per chi ha bene in mente certe pellicole che hanno fatto la storia del nostro cinema (al di là di ciò che la critica militante ha sempre affermato fino alle dichiarazioni di Tarantino riguardo i nostri lungometraggi, cioè che fosse cinema di serie B tranquillamente ignorabile) La Casa Dalle Finestre Che Ridono, Sette Note In Nero e Zeder sono portate in musica in maniera magistrale e particolarmente azzeccata. La Stanza Delle Maschere si connota come un progetto in bilico tra musica, teatro e cinema, in un mélange davvero interessante. Per gli appassionati di queste cose, un ascolto imprescindibile e consigliato. Nota di merito alla cover, miscuglio perfetto ed ottimamente realizzato tra una locandina anni 70 e i fumetti dello stesso periodo che popolavano le nostre, ahimè in via di sparizione, edicole.

Autore: La Stanza Delle Maschere Titolo Album: La Stanza Delle Maschere
Anno: 2020 Casa Discografica: Black Widow Records
Genere musicale: Doom, Horror Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/La-Stanza-delle-Maschere-105884426436954/
Membri Band:
Domenico The Psychic Lotito – chitarra, basso, synth
Angelo Blood Sposito – voce
Tiziana Radis – voce
Roby Tav – tastiere, effetti
Davide Caragnano – batteria
Alexander Scandavian – chitarra solista in Calibro 9 Medley  
Tracklist:
1. Introduzione (Ritorno Dal Passato)
2. L’Alchimista Scultore
3. La Casa Dalle Finestre Che Ridono
4. Il Vecchio Teatro
5. Sette Note In Nero (In Memory Of Lucio And Camilla Fulci)
6. Presenza
7. Veneficio Lunare
8. Milano Calibro
9 Medley (in memory of Fernando Di Leo, Gastone Moschin and Luis Bacalov)
9. Zeder
10. La Stanza Delle Maschere
Category : Recensioni
Tags : Doom
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10th Nov2020

Bleeding Eyes – Golgotha

by Marcello Zinno
Tornano i Bleeding Eyes che avevamo conosciuto ai tempi di A Trip To The Closest Universe di cui avevamo parlato a questa pagina. Il loro stile resta il medesimo anche con questo Golgotha e a noi fa piacere in quanto il loro è un sound sicuramente anticonvenzionale: anziché premere sull’acceleratore, come fanno la gran parte delle band stoner, i Bleeding Eyes, optano per dei tempi rallentati, quasi a sfiorare ritmiche doom, pur restando ancorati ai riffoni fuzz stoner che portano con sé tutto il retrogusto luciferino. Non a caso questo Golgotha si apre con un pezzo di 12 minuti che per i primi 4 minuti sarebbe perfetto in un album targato Cathedral, prima di cambiare rotta e puntare al dirty blues’n’roll che era comparso già in altri brani del loro passato; se siete alla ricerca della potenza all’insegna del groove stoner vi suggeriamo La Verità, uno dei passaggi in cui i ragazzi non vi faranno rimpiangere il potere dei riff. Forti i significati religiosi intrisi nei testi, seppur le linee vocali restino sempre un passo indietro in fase produttiva, scelta voluta per dare più forza alla ruvidità della sei corde. Proprio la voce di Simone Tesser alterna parti urlate (ma sempre in clean) a spoken word che rendono più caratterizzante la proposta complessiva.

Compare anche qui “il pozzo” nel titolo di ben due brani (alcuni ricorderanno Pozzo Senza Fondo): la prima è Le Chiavi Del Pozzo con riff stoppati e ritmiche cadenzate, molto lugubri, incattivendosi solo sul finire; la seconda è Del Pozzo Dell’Abisso, lentissima e lacerante strumentale. Non c’è univocità, come da tradizione, nella musica dei BE, infatti Confesso introduce una certa melodia (sempre con sapori nefasti al palato) grazie alle chitarre arpeggiate, salvo poi nel corso dei suoi otto minuti implodere in un metal infernale. I Bleeding Eyes proseguono quindi nel loro sentiero oscuro e orrorifico e a nostro parere fanno bene. Se dovessimo darvi un suggerimento consiglieremo questa band più ad amanti di sonorità hard psych e doom metal che non a chi mastica stoner.

Autore: Bleeding Eyes Titolo Album: Golgotha
Anno: 2020 Casa Discografica: Go Down Records
Genere musicale: Doom, Hard Psych, Stoner Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/bleedingeyes777
Membri band:
Simone Tesser – voce
Nicola Anselmi – chitarre
Marco Dussin – basso
Lorenzo Conte – batteria
Jason Nealy – chitarra
Tracklist:
1. In Principio
2. Le Chiavi Del Pozzo
3. 1418
4. Del Pozzo Dell’abisso
5. Confesso
6. La Verità
7. Inferno
Category : Recensioni
Tags : Doom
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20th Ago2020

Astral Sleep – Astral Doom Musick

by Massimo Volpi
Mettetevi comodi, anche se sono “solo” quattro le tracce di questo Astral Doom Musick, nuovo lavoro dei finlandesi Astral Sleep. Quattro tracce, delle quali solo una sotto i dieci minuti; la durata totale sfiora infatti i 44′. Doom, sperimentale, nordico; senza sbavature, né errori, come spesso quando si parla di Nord. Una produzione nitida e chiara, nonostante la tanta sperimentazione. Chitarroni distorti, ma puliti, rallentati. Come la parte ritmica e il cantato. Quasi mistico. Quattro canzoni che diventano colonna sonora di un viaggio astrale. Voce limpida tranne che sulla terza traccia, un “ralenty growl” quasi inquietante. Il cantato è in inglese, tedesco e anche in finlandese. La copertina, neanche a dirlo, contiene un’immagine astrale strana (che certamente qualcosa vorrà significare) affiancata da cerchi e altri simboli che forse troveranno spiegazione all’interno del disco. L’album, infatti, nella versione in vinile, contiene un gioco da tavolo, giocabile da soli o in compagnia, stampato all’interno della copertina apribile. Il gioco racconta la narrazione dell’album attraverso un libro di gioco di 12 pagine e consente così di vivere l’album in modo interattivo, più completo, o di giocare alla maniera tradizionale.

Un lavoro assolutamente complesso e completo, per un’esperienza (per vichingoni nerd) avvolgente e assolutamente interessante. Forse non semplicissimo, ma di grande qualità.

Autore: Astral Sleep Titolo Album: Astral Doom Musick
Anno: 2020 Casa Discografica: Saarni Records
Genere musicale: Experimental Doom Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: www.astralsleep.net
Membri band:
Markus Heinonen – voce, chitarra
Aaro Haverinen – chitarra
Jaakko Oksanen – basso
Jiri Pyörälä – batteria
Tracklist:
1. Vril
2. Integratron
3. Schwerbelastungskörper
4. Aurinko ja Kuu
Category : Recensioni
Tags : Doom
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10th Lug2020

Monumentum Damnati – In The Tomb Of A Forgotten King

by Massimo Volpi
In The Tomb Of The Forgotten King è il primo, incredibile, album dei Monumentum Damnati, band misteriosa quanto interessante nel panorama melodic doom / death metal. Una copertina dai toni freddi sulla quale compare una figura mascherata; perché mascherati sono anche i sei componenti della band. Maschere inquietanti, molto più di quelle degli Slipknot, con i quali condividono solamente questa scelta, e line up sconosciuta, come già visto con i Ghost, ma che poco ha a che fare, a livello musicale, con la band di Tobias Forge. Molto più cupi, ritmi più dilatati e un cantato molto più scuro; la voce di Thanatos si appoggia in modo perfetto sul progetto di Abhoth, bassista e mente dei Monumentum Damnati. Un doom molto melodico che spesso sfocia nel death, sconfinando spesso nel dark orchestrale. Si parte con The Shining e si chiude con Exorcist, due strumentali ispirate solo nei titoli ai due capolavori del cinema horror, per un totale di nove tracce che parlano di morte, occultismo, mitologia. La prima fa da intro a My Bloody JJ, nella quale stupisce la melodia quasi funebre di tastiere che, con diversi dosaggi, ritroveremo in tutto l’album.

Si susseguono le tracce, lente, cadenzate, intervallate da melodie e assoli, più o meno sofisticati ma efficaci, di ottima fattura indubbiamente, archi e arpeggi tra il gotico e l’horror. La title track, In The Tomb Of A Forgotten King, scelta come singolo anticipatore dell’album, ben racchiude l’essenza di questo lavoro nonostante un cantato più sforzato e una lieve ripetitività che rende il brano un po’ cantilenante. Infernal Sun rallenta ulteriormente la cadenza mentre in Falling Snow tornano protagoniste le tastiere e soprattutto la chitarra, con melodia e soli, per tutta la durata del brano. Segue, altrettanto interessante, Sleepless Anger, e si chiude con la già citata strumentale, dal pianoforte malinconico, Exorcist, dotata di una struttura compositiva pregevole e un finale in crescendo; sigillo per un ottimo disco davvero. Un lavoro solo in apparenza ripetitivo ma che dopo diversi ascolti saprà stupirvi e conquistarvi; se siete su queste tonalità, questo album di sicuro vi piacerà.

Autore: Monumentum Damnati Titolo Album: In The Tomb Of A Forgotten King
Anno: 2020 Casa Discografica: GrimmDistribution, The End Of Time Records, More Hate Productions
Genere musicale: Melodic Doom, Death Metal, Dark Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/MonumentumDamnati/
Membri band:
Abhoth – basso
Thanatos – voce
Shoggoth – chitarra
Rapsidis – chitarra
Athame – tastiere
Nyarlathotep – batteria
Tracklist:
1. The Shining
2. My Bloody JJ
3. There’s No Place For Life
4. Anabiosis
5. In The Tomb Of A Forgotten King
6. Infernal Sun
7. Falling Snow
8. Sleepless Anger
9. Exorcist
Category : Recensioni
Tags : Doom
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05th Giu2020

Dismal – Memento Mori

by Marcello Zinno
Di band dal nome Dismal ce ne sono tante oltreoceano ma solo una proviene dal Cile. Di loro si sa poco navigando in rete, se non per Memento Mori, EP di recente pubblicazione che presenta lo stile oscuro e penetrante della band. Siamo nelle lande del doom metal con linee vocali in growl e in clean; brani a dir la verità dalla durata limitata considerando il genere e una produzione che si allinea con i primi EP di band emergenti metal, quindi migliorabile decisamente ma comunque non del tutto scana o almeno non in tutti i passaggi. Da Memento Mori però non si sente la mancanza di suoni più ricercati o puliti (a parte in qualche momento come nella chitarra solista sul finire di The Rite) e questo grazie ad un buon songwriting messo in campo dalla band. Gli appassionati di doom, ovvero chi ha masticato decine e decine di discografie di genere, potranno non trovare nulla di nuovo in queste 5 tracce (più un intro e un outro completamente organistiche) ma ascoltato con un orecchio più trasversale non possiamo non notare le diverse variazioni, i cambi di pattern e tutta la carne sul fuoco creata dai Dismal. Potrebbe sembrare strano ai più ma in alcuni pattern noi ci leggiamo i primigeni del rock anni 60-70, ad esempio Memories sembra richiamare alcuni riff dal sapore Blue Öyster Cult opportunamente rivisti con suoni e inseriti in una cornice doom spirituale; quindi come spesso accade le radici di questa band vanno rintracciate diversi decenni fa (e per fortuna non solo dai Black Sabbath ai quali quasi tutte le doom band si rifanno).

Ascension, al netto delle parti vocali, ripercorre i canoni del doom metal già noti, non a caso è un passaggio diverso rispetto alle altre tracce, più fedele allo stile di chi si aspetta un EP doom in tutto e per tutto; solo sul finire della traccia ci si apre ad una sfuriata death che però fa emergere la produzione povera. Una buona prova, certo acerba e che attende un’evoluzione in grado di poter far guadagnare visibilità ai Dismal a livello internazionale.

Autore: Dismal Titolo Album: Memento Mori
Anno: 2019 Casa Discografica: Australis Records
Genere musicale: Doom Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/Dismal-103662054505730/
Membri band:
n.d.
Tracklist:
1. Intro
2. Ashes
3. The Rite
4. Memories
5. Ascension
6. A La Espera De La Oscuridad
7. Outro
Category : Recensioni
Tags : Doom
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16th Apr2020

Infirmum – Wall Of Sorrow

by Giuseppe Celano
Dalle algide coste finlandesi arriva Infirmum, progetto nato dalla mente di Timo Solonen già autore di un EP sotto il moniker Kuolonkoura. Walls Of Sorrow racchiude in sé elementi di metal classico (To Darkness), fughe progressive, cantato cupo in growl. Sezioni cinematiche si alternano a passaggi più feroci dosati con sapiente maestria così da ottenere un equilibrio stabile che non sfocia mai nel manierismo di cui molte band del genere soffrono (Shadows Of The Past). Dieci brani che passano dallo stoner, su incisi death, a sezioni in continua mutazione, forti riff stoppati (Doomed) e assoli tipici del metallo. Niente di nuovo dal punto di vista dell’evoluzione di questo genere, dentro ci troverete tutti gli elementi capaci di mandare in brodo di giuggiole gli appassionati di atmosfere oscure. Sulla lunga distanza il disco mostra, come spesso succede, alcuni punti deboli nel songwriting e indecisioni tipiche di un debutto ma senza che tutto ciò possa in qualche modo sminuire il valore di una band che potrebbe crescere molto in futuro.

Citando i My Dying Bride e Paradise Lost, gli Infirmum risultano corrosivi come acido e inarrestabili come l’avanzare di una colata lavica. Solidi e diretti, procedono per la loro strada liberandosi di eventuali intoppi attraverso la semplicità della forza ritmica rollando riff killer a cui non è facile sfuggire.

Autore: Infirmum Titolo Album: Wall Of Sorrow
Anno: 2020 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Progressive Doom Metal Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/InfirmumBand/
Membri band:
Timo Solonen – chitarra
Timo Solonen – voce
Johannes Tolonen – basso
Julius Lehtonen – batteria
Timo “Roni” Rutanen – voce
Marko “Hoska” Suhola Backing – voce
Tracklist:
1. To Darkness
2. Cause Of Sorrow
3. Shadows Of The Past
4. Silence
5. Doomed
6. Wake Me
7. Autumn Breeze
8. Sail Away
9. Fearless
10. Trust
Category : Recensioni
Tags : Doom
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19th Feb2020

Ilienses Tree – Till Autumn Comes

by Marcello Zinno
Quando si legge il nome “Ilienses” state pur certi che ci si trova di fronte ad una band sarda, in quanto il popolo degli Iliensi abitò proprio la Sardegna circa 4000 anni fa, una popolazione di pastori-guerrieri pagani a cui questa band si ispira e si sente legata nelle generazioni (“tree”). Il loro territorio è quello del doom metal, oscuro e cavernicolo; la band predilige suoni potenti e voce in growl ma non è la classica formazione che punta tutto su ritmi rallentati e melodie in moviola. Autumns Falls mostra subito le influenze sull’incedere black metal che entra con piacere per spezzare la ritmica lenta tipica del doom, anche Lower è un pezzo che palpita, con spesso una doppia grancassa che incalza e che si fa sentire. In alcuni brani è difficile capire qual è la principale fonte di ispirazione musicale del combo, in quanto cambi di tempo ed accelerate non mancano, così come drumming e riffing di impatto (The Black Tree non sfigurerebbe in un album black metal), questo è uno dei fattori che rende interessante la loro proposta la quale non si appiattisce mai su un unico binario ma appaga anche chi ha sete di metal estremo.

Segnaliamo Looking Glass che ricostruisce il doom metal con una potenza ed un’enfasi degne di nota, lasciando solo alla seconda parte un momento di maggiore irruenza in stile Ilienses Tree. Gli Ilienses Tree hanno scelto con coraggio di proporre doom metal, un genere non più attuale e che ormai a fatica si conquista spazio nei diversi sottogeneri metal, ma va riconosciuto alla band la capacità di costruisce un songwriting buono ed interessante, differenziandosi dalle band di pari genere che ricalcano le ricette di Cathedral & Co..

Autore: Ilienses Tree Titolo Album: Till Autumn Comes
Anno: 2020 Casa Discografica: Maculata Anima Red
Genere musicale: Doom, Black Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.iliensestree.com
Membri band:
Maurizio Meloni – voce
Claudio Kalb – basso
Simone Milia – chitarra
Matteo Maccioni – chitarra
Giammarco Vacca – batteria
Tracklist:
1. A Different Season
2. Autumn Falls
3. Lower
4. The Observer
5. Looking Glass
6. The Black Tree
7. Blood
Category : Recensioni
Tags : Doom
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19th Gen2020

Rorcal – Muladona

by Alberto Lerario
Muladona, quinto album dei ginevrini Rorcal, è la trasposizione musicale dell’omonimo romanzo dell’orrore ambientato nell’America rurale del 1918 scritto dell’americano Eric Stener Carlson nel 2016. L’autore presta anche la sua voce alla band come narratore tra una traccia e l’altra dell’album. La stretta interazione tra i due mondi costituisce un’esperienza trascendentale in grado di inghiottire l’attenzione dell’ascoltatore per tutta la sua durata. Un disco evocativo che può essere descritto come un dipinto o un cortometraggio, provate a immaginare: il bagliore di un focolare o della luce fioca di una candela il cui unico scopo è quello di illuminare una stanza buia, la luce che lambisce strati di vernice rossa scrostata sulle pareti e ritratti di famiglia ingialliti, un’alta poltrona di pelle, fuori dalla finestra nella penombra una sagoma da gentiluomo che tiene sospeso a mezz’aria un vetro rotto. L’umore è cupo, inquietante ma al tempo stesso focalizzato sul nulla, pronto ad esplodere in lucida rabbia folle. Tutto questo nel disco viene raccontato e descritto con la musica, in modo molto efficace grazie ad un ibrido musicale (come d’altronde manifestano con lo stesso moniker della band) blackened death/sludge/doom/noise.

Musica abrasiva che crea malessere proprio perché vuole descriverlo, buttarcisi dentro ed affogare nella sonora potenza distorta. Ottima la produzione e la cura dei suoni. Ci vuole tempo per cogliere appieno e capire Muladona, figuriamoci per descriverlo in poche parole sensate. I sentimenti che i Rorcal sono in grado di generare con il loro tessuto sonoro distorto sono numerosi e dovrebbero essere affrontati di conseguenza. Molto dopo che l’album è finito, il retrogusto dell’album echeggerà ancora nel silenzio di cui hai bisogno dopo averlo provato, chiamandoti e attirandoti nel suo abbraccio nero. Un album imperdibile per gli appassionati del genere o per chiunque voglia dimorare per alcuni minuti nella rabbia e nell’angoscia.

Autore: Rorcal Titolo Album: Muladona
Anno: 2019 Casa Discografica: Hummus Records
Genere musicale: Doom, Drone, Black Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.rorcal.com/
Membri band:
Yonni Chapatte – voce
Diogo Almeida – chitarra
JP Schopfer – chitarra
Ron Lahyani – chitarra
Bruno da Encarnação – batteria
Tracklist:
1. This Is How I Came To Associate Drowning With Tenderness
2. She Drained You Of Your Innocence, And You Poisoned Her With It
3. I’d Done My Duty To My Mother And Father. And More Than That, I’d Found Love
4. A Sea Of False Smiles Hiding Murder, Jealousy, And Revenge
5. Carnation Were Not The Smell Of Death. They Were The Smell Of Desire
6. The Only Constant In This World Is Blackness Of The Human Heart
7. I Was The Muladona’s Seventh Tale
Category : Recensioni
Tags : Doom
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