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06th Ott2020

D.O.L. – Between Love And Death

by Marcello Zinno
Davvero arduo proporsi con un primo EP in questo 2020, anno in cui risulta davvero difficile promuovere la propria musica dal vivo, ma ci sono band a cui il coraggio non manca. Stavolta parliamo dei finlandesi D.O.L. che sono stati sicuramente avvantaggiati, visto che nel loro Paese non c’è stato lockdown, ma in parte rallentati da un’eventuale obiettivo estero. Nel loro caso parliamo già di estero perché i loro nuovi brani hanno assolutamente un tiro e una qualità di tutto rispetto che potrebbero sicuramente attecchire oltre i confini nazionali: si presentano come una gothic metal band ma a ben vedere aderiscono molto bene all’heavy metal in generale; basta ascoltare Devil Is In The Details, brano che assimila anche qualche influenza Metallica-style, per capire che i D.O.L. possono giocarsi le loro carte sul più ampio terreno di gioco dell’heavy metal. La loro proposta fa scopa da un lato con suoni dark, scuri e tenebrosi vagamente ammiccanti HIM ma con più spessore compositivo, dall’altro con riff arcigni che ci ricordano band come W.A.S.P. o, perché no, Hardcore Superstar con dei tempi più rilassati.

Davvero buona anche la sezione ritmica del combo, sempre pronta a dare verve ai brani, seppur il graffio principale arrivi dalla voce di Eero ”MC” Veri che rende più cattive le tracce; ottima la produzione che valorizza davvero il loro animo più aggressivo ma anche più dark, My Juliet ad esempio è una prova da band mainstream che vi consigliamo di inserire nelle vostre playlist; Hurt, la cover targata Nine Inch Nails, acquisisce qui molti più muscoli, abbandonando il pathos conferito da Trent Reznor e rendendo più calorica la versione originale. Bravi quindi e assolutamente consigliati, speriamo arrivino presto nel nostro Paese.

Autore: D.O.L. Titolo Album: Between Love And Death
Anno: 2020 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Gothic Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/dol.rockband
Membri band:
Eero ”MC” Veri – voce, chitarra
Hades – chitarra
Lauri. M – tastiere
Jykä – basso
Catsy – batteria
Tracklist:
1. Recreation Of Death
2. Hearts Killing Field
3. Hurt (Nine Inch Nails cover)
4. Devil Is In The Details
5. My Juliet
6. Love Denied
Category : Recensioni
Tags : Gothic
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17th Ago2019

Elysium – Labyrinth Of Fallen Angels

by Marcello Zinno
Il symphonic metal è una di quelle proposte musicali molto rischiose, secondo la critica e in particolare secondo noi: il rischio di ricalcare gli stilemi ormai già strasentiti del genere, soprattutto se alla voce c’è una singer donna capace di raggiungere tonalità alte, è davvero dietro l’angolo. Ma per fortuna gli Elysium rappresentano una validissima eccezione: il loro metal è indubbiamente ispirato a quella scena ma è energico e personale, ricco di attenzione compositiva ed emozione. Un esempio è Evanescent, un brano in cui l’interpretazione vocale di Daphne e l’ambientazione quasi gotica si sposano alla perfezione e sembrano lambire terreni tanto cari ai Pain Of Salvation (al netto delle partiture prog). Nelle diverse tracce anche l’uso del violino sembra saggio e differenziante, basta Turn Around (non solo l’incipit) per capire che tastiere e violino sono un ottimo connubio nel sound della band e rafforzano il profilo artistico degli Elysium. Sia chiaro che ci troviamo comunque davanti ad una heavy metal band, qualsiasi sia il brano scelto non vi mancheranno riff né drumming: Fight For All Your Love ha un inizio con un sapore quasi folk ma poi incastra una marcia heavy dal refrain orecchiabile…a nostro parere un ottimo pezzo per presentare la band insieme a Siren.

Close To You è un brano pacato che però ci ha ricordato qualcosa a nome Symphony X, non tanto per le ritmiche progressive impossibili ma per alcune sfumature musicali e per degli arpeggi che si intrecciano di continuo e danno sapore. Non un momento di stanca, gli Elysium piazzano dieci tracce davvero potenti, ben prodotte e con un ottimo lavoro di bilanciamento dei suoni che conquisterà anche chi ama più il metal e meno le parti sinfoniche. Apprezziamo anche la scelta di non proporre brani lunghissimi (tendenzialmente non si superano i cinque minuti) il che rende anche più compatta la proposta della band rispetto a colleghi che si perdono in orchestrazioni e sinfonie avvicinandosi anche ai dieci minuti. Non è un caso che una band tutta italiana sia stata scritturata da una label finlandese. Insomma un album super mega consigliato.

Autore: Elysium Titolo Album: Labyrinth Of Fallen Angels
Anno: 2019 Casa Discografica: Lion Music Record Label
Genere musicale: Symphonic Heavy Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://elysium8.webnode.it
Membri band:
Daphne Nisi – voce
Marco Monetini – basso
Christian Arlechino – violino
Flavio Lovisa – batteria
Marco Sinopoli – tastiere
Simone Moratto – chitarra
Tracklist:
1. Black Hole
2. Evanescent
3. Before The End
4. Turn Around
5. Fight For All Your Love
6. Close To You
7. Siren
8. Higher State
9. Nobody Knows
10. Here I Am
Category : Recensioni
Tags : Gothic
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24th Giu2019

Freddy Delirio And The Phantoms – The Cross

by Cristian Danzo
Freddy Delirio (pseudonimo artistico di Federico Pedichini) è conosciuto dai fan dell’heavy metal per la sua militanza negli storici Death SS, che lo vede nel ruolo di tastierista e di scatenato musicista durante i live. In realtà il protagonista di questa recensione suona professionalmente da ormai 30 anni ed ha rilasciato un disco solista dal titolo The Journeynel 2012. Ora si presenta al pubblico con questo nuovo progetto che vede il suo nome legato ai The Phantoms, musicisti con cui si accompagna e che si celano dietro delle maschere veneziane. Anche Freddy si presenta truccato e quindi, già dal booklet, si capisce che la teatralità è un punto focale di questo disco. The Cross presenta infatti anche uno stile musicale che rispecchia appieno il look della band: teatrale, misterioso, pomposo e gothic horror. Anche se poi, in realtà, i primi quattro pezzi vedono una commistione di power metal, elettronica, voce alla Alice Cooper e molta melodia con sprazzi sinfonici. E’ davvero sorprendente ascoltare la prima tranche di questo album. La sensazione che suscita è che potrebbe essere, per la validità e la proposta, la risposta italiana agli Avantasia. Proprio così e senza alcuna ombra di dubbio. Valutate dopo avere attentamente ascoltato Guardian Angel e scommettiamo che il nostro pensiero sarà pienamente condiviso anche da voi.

Afterlife è una digressione strumentale in equilibrio tra i Genesis di The Lamb Lies Down On Broadway ed il prog metal, mentre The New Order strizza l’occhio al doom più glaciale ed angosciante. Un’opera di tutto rispetto e tutta italiana che, se fosse uscita all’estero, avrebbe fatto gridare e strappare i capelli dall’entusiasmo ad addetti ai lavori ed ascoltatori. Noi facciamo parte di chi è stato positivamente colpito ed entusiasmato da The Cross. Ci auguriamo davvero nel profondo che questo progetto attiri la giusta attenzione e vada avanti negli anni a venire perché Freddy è un artista a tutto tondo, come ha qui ampiamente dimostrato, con grande stile e personalità. Per chi scrive la sensazione è che dentro di lui ribolle un magma creativo inarrestabile. Ed è anche per questo che ci aspettiamo lunga vita musicale per lui ed i fantasmi che lo accompagnano in questa avventura.

Autore: Freddy Delirio And The Phantoms Titolo Album: The Cross
Anno: 2019 Casa Discografica: Black Widow Records
Genere musicale: Gothic, Dark, Elettronica, Heavy Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.federicopedichini.com/
Membri band:
Freddy Delirio – voce, chitarra, basso, tastiere, batteria
Vincent Phibes – chitarra in Cold Areas e The Ancient Monastery
Francis Thorn – chitarra in Frozen Planets, Guardian Angel, Liquid Neon e In The Forest
Lucky Balsamo – chitarra in Inside The Castle, The New Order e The Circles
Jennifer Tavares Oliveira – voce
Elenaq – voce
Steve Sylvester – cori in The New Order
Francesco Noli – batteria
Chris Delirio – prcussioni
Tracklist:
1. Frozen Planets
2. Guardian Angel
3. Inside The Castle
4. The Circles
5. In The Fog
6. The New Order
7. Afterlife
8. In The Forest
9. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery
Category : Recensioni
Tags : Gothic
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19th Giu2019

The Lust – Karmalove

by Igor Cuvertino
Karmalove è il classico album che lascia un po’ perplessi. È ben fatto? Sì. È ben suonato? Assolutamente sì. Lascia qualcosa dopo il suo passaggio? Mah…Ma partiamo dal principio. I The Lust arrivano dalla Russia e si sente, nel senso che si portano dietro quelle atmosfere gotiche e trionfali tipiche dei sound più nordici e non sono proprio gli ultimi arrivati in ambito musicale, dato che la loro fondazione risale al 2002. Esperienza e mestiere infatti emergono fin dalle prime note di Karmalove, un album veramente ben fatto e ben strutturato, ma che stanca ben prima dello scadere delle 10 tracce (più un remix) di cui è composto. Buono l’incipit di Run, pezzo abbastanza lento che crea la giusta atmosfera e dimostra quanto la band lavori sugli arrangiamenti e sul giusto dosaggio di suoni ed effetti. Decisamente più energiche le successive Faster (che rivela un incedere quasi industrial) e la title track Karmalove, dove i ritmi si fanno marziali e solenni fino a sfociare in vere e proprie sfuriate di doppia cassa. Il sound è diviso tra classico gothic metal (nulla di innovativo o originale) e qualche spunto più heavy (per esempio nel brano VIII) dove le chitarre danno sfogo al proprio estro con qualche buon assolo e soprattutto con ottimi fraseggi che accompagnano i ritornelli. Fino a qui tutto bene, tutto pulito e perfetto, potente al punto giusto.

Eppure questo Karmalove non convince, perché dopo le tre tracce di apertura, necessarie per entrare nel “mood” dei The Lust, si prosegue in modo piuttosto piatto, ripetendo le stesse idee, gli stessi arrangiamenti ed utilizzando le stesse soluzioni per attirare l’attenzione. Soprattutto la voce di Anna Dust risulta particolarmente piatta, sempre su binari canonici e senza mai un guizzo di personalità in più, che avrebbe dato ai brani un tocco di “peperoncino”, quello che ti fa pizzicare la bocca e ti aggiusta anche un piatto non proprio riuscitissimo. Insomma forse con l’energia di una Cristina Scabbia o la vocalità di una Floor Jansen staremmo ora parlando di un disco decisamente più interessante. Invece la vocalist russa non pigia mai sull’acceleratore, restando nel calderone di voci femminili di cui il gothic metal è pieno, e relegando Karmalove allo status di album sicuramente valido, ma non particolarmente brillante o indispensabile a chi vuole avvicinarsi al genere.

Autore: The Lust Titolo Album: Karmalove
Anno: 2018 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Gothic Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/THE-LUST-114814615203198/
Membri band:
Anna Dust – voce
Yan Fedyaev – chitarra, basso, voce
Мах Delmar – tastiere
Lorelei Ether – tastiere
Theodor Borovski – tastiere

Special guest:
Igor Kryzhko – batteria
Igor Arbuzov – chitarra
Simone Zimon Sut – basso
Tracklist:
1. Run
2. Faster
3. Karmalove
4. I’m Your New Religion
5. What A Disorder
6. Our Farewell
7. Cold Hands
8. VIII
9. Nevermind
10. Nail In My Wound
11. Karmalove (Theodor Borovski Rastanigga Mix)
Category : Recensioni
Tags : Gothic
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10th Giu2019

Auri – Auri

by Giancarlo Amitrano
Messi temporaneamente da parte i Nightwish, il buon Holopainen decide di dar corso ad un progetto del tutto “familiare”: chiamando a farne parte la consorte e singer Kurkela, nonché l’altro fido Donockley, il Nostro sforna un lenght “darkissimo”, dalle atmosfere cupe e decadenti che di certo avrebbero fatto la gioia di registi “gotici” quali Romero, Corman e via dicendo. Le tracce sono intrise di pathos e melanconica presa di coscienza delle cose, delle cui essenze è ben consapevole la cantante che con il suo tono angelico dona quel quid di mistero a tutto l’album. L’alternarsi del cantato, che va dallo spinto al quasi rattristato, consente di ben misurare il range di un disco che alla fine lascia alquanto insoddisfatti per quanto le potenzialità dei vari artisti coinvolti potessero effettivamente rendere per una buona riuscita. E dire che l’inizio con The Space Between non è disprezzabile, con una buona manovra di gruppo che ben rende le atmosfere funeree di cui l’album è in fondo infarcito. Skeleton Tree è un brano particolare, ben strutturato ma di difficile comprensione per i continui cambi di ritmo, mentre I Hope Your World Is Kind si arrabatta tra la complessità delle musiche. Desert Flower è un altro buon brano che esalta le tastiere incantate del mastermind, mentre con Night 13 e See abbiamo soprattutto una buona prova al basso che accentua tonalità già di per sé molto incupite.

The Name Of The Wind e Savant proseguono nella “disperata” ricerca di atmosfere languide e melanconiche, accentuate (si fa per dire) dalla esposizione dei testi molto teatrale e a volte poco rispondente alle esigenze immediate di ascolto. Il picco dell’album è certamente Aphrodite Rising, traccia messa in cantiere già da diversi anni prima di questo album, ma che poi stranamente non era stata mai trasposta su vinile; ed in essa ritroviamo tutti i canoni classici di un dark smaccato, ottocentesco e quasi medievale, da buona colonna sonora di un film Hammer. Si chiude con Underthing Solstice, con ancora ritmi molto “castellani”, con musica da ascoltare a corte da parte di un saggio menestrello, che precede la conclusiva Them Thar Chanterelles, epitaffio finale di un gruppo certamente estemporaneo, che avrà voluto comunicare i propri stati d’animo con la sua musica, non sempre riuscendovi proprio a causa della eccessiva pomposità riscontrata tra le righe.

Autore: Auri Titolo Album: Auri
Anno: 2018 Casa Discografica: Nuclear Blast
Genere musicale: Gothic Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/AURlband/
Membri Band:
Johanna Kurkela – voce
Thomas Holopainen – tastiere, cori
Troy Donockley – chitarra
Frank Van Essen – batteria
Phil Barker – basso
Jonas Pap – cello
Tracklist:
1. The Space Between
2. I Hope Your World Is Kind
3. Skeleton Tree
4. Desert Flower
5. Night 13
6. See
7. The Name Of The Wind
8. Aphrodite Rising
9. Savant
10. Underthing Solstice
11. Them Thar Chanterelles
Category : Recensioni
Tags : Gothic
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15th Mag2019

Goot – Destitute Souls

by Marcello Zinno
Il progetto Goot è sostanzialmente creato dall’omonimo musicista che compone anche tutte le musiche e suona i diversi strumenti ricompresi in questo lavoro dal titolo Destitute Souls. Un album, e questo va detto fin da subito, che suona come se ci fosse una vera e propria band dietro, in alcuni momenti gli Him avrebbero sognato di ottenere un risultato come quello raggiunto dai Goot e il paragone che facciamo non è per nulla casuale (provate ad ascoltare Feel). Le atmosfere gotiche e dark imperversano questo album che è fondamentalmente radicato nel metal ma che vuole vestire panni oscuri senza cadere nelle tentazioni del filone epico. I Goot sanno benissimo però che di progetti estremamente gotici ne abbiamo fin pieni gli scaffali e capiscono che devono inserire dosi massicce di heavy metal. The Lie è il pezzo tremendamente metal di cui vogliamo consigliarvi l’ascolto: nonostante i Goot abbiano voluto rincorrere una certa melodia nella strofa, nel ritornello piazzano una sei corde accompagnata da una batteria che sembra insieme un vero carrarmato che marcia verso il nemico. E proprio agli Him possiamo dire che si ispirano i Goot ascoltando più volte Distitute Souls: Sell Yourself ne è un altro esempio, compattezza e oscurità si fondono insieme per dare alla luce un sound che abbiamo già ascoltato in passato ma che, comunque, viene fuori qui in maniera genuina; si percepisce che la band suona con convinzione e con onestà, non per scimmiottare vecchi successi del passato.

Cruel One è un altro momento che si lascia ascoltare molto volentieri, con un chorus piacevole e che già dopo un ascolto ti resta impresso, in Come Alive viene fuori il grande lavoro alle tastiere che è stato fatto in questo album per conferire quel sapore di gotico che i Goot hanno in mente. Coraggiose le scelte delle cover, a partire da Give It Away che viene dal mondo del dance pop e qui viene vestita di panni Goot, fino a Keep The Streets Empty For Me targato Fever Ray che assume tutt’altre sembianze, anche se la più azzeccata è sicuramente Vote For Love dei Tiamat che è più un omaggio che una reintepretazione (la band non ha dovuto modificarla più di tanto, dato lo stile comune). Una parentesi la meritano assolutamente il logo della band e la copertina, lavori in cui viene esaltata tutta l’attenzione grafica che meritano questi elementi, fondamentali per qualsiasi progetto ma ancora di più per una band dalle sonorità gotiche. Perché solitamente chi è appassionato di questo genere è anche molto affascinato da elementi ancestrali, disegni stilosi e forme medievali. Album super consigliato per gli appassionati del genere.

Autore: Goot Titolo Album: Destitute Souls
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Gothic, Heavy Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/GOOTPROJECT/
Membri band:
GOOT – voce, chitarra, basso
Theodor Borovski – programming
Hellen Ethereal – voce nelle tracce Vote For Love e Keep The Streets Empty For Me
Simone Sut – basso in Faded Glory
Tracklist:
1. Destitute Souls
2. Faded Glory
3. The Lie
4. Feel
5. Sell Yourself
6. Give It Away (Deepest Blue cover)
7. Vote For Love (Tiamat cover – feat. Hellen Ethereal)
8. Keep The Streets Empty For Me (Fever Ray cover – feat. Hellen Ethereal)
9. Cruel One
10. Come Alive
11. Sell Yourself (Q-Ran Mix)

Category : Recensioni
Tags : Gothic
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14th Gen2019

Richard Von Sabeth – The King Of Nothing

by Cristian Danzo
Richard Von Sabeth, all’anagrafe Riccardo Sabetti, leader degli Spiral 69, esordisce in una carriera solista con questa release intitolata The King Of Nothing. Un album che affronta il genere gothic in maniera fresca ed alquanto nuova, non arroccandosi su atmosfere tetre, depresse ed “in minore”, caratteristiche che da sempre contraddistinguono questa corrente musicale sin dalla sua nascita. Certo, non mancano assolutamente i rimandi a suddette caratteristiche sia di stile che di composizione, arricchiti con rimandi anche a mostri sacri di altre correnti (Radiohead, Bowie, Iggy Pop solista). La caratteristica che però salta più vivida e caratterizzante, soprattutto nei pezzi più lenti ed intimi proposti, è questa atmosfera di malinconia “aperta”, nel senso che nella profondità dei testi e dell’interpretazione del Nostro le liriche oscure fanno da contraltare ad arrangiamenti ariosi ed “in maggiore”, che lasciano nell’ascoltatore un senso di speranza sempre dietro l’angolo, come se si guardasse in completa solitudine il mare da una scogliera, in inverno, ricordando eventi brutti del passato con la consapevolezza che, appunto, siano passati e la certezza di potere andare avanti con una rinnovata forza (scusateci la licenza poetica, ma l’unico modo per rendere palpabili le sensazioni suscitate all’ascolto di Kiss Your Darkness o della chiosa di Fall era questo).

Al buon Richard possiamo solo fare l’appunto di avere realizzato un lavoro troppo breve. Quando The King Of Nothing finisce si rimane ad aspettare un altro pezzo e risulta sospeso nel vuoto, come se non ci bastasse quanto assorbito fino a quel momento. Se comunque volete dare una rinfrescata ai vostri timpani con un prodotto nostrano e di altissimo livello, questo album è quello che fa per voi. Ve lo assicuriamo. E ci auguriamo che Richard continui su questa strada sfornando altri nuovi lavori, anche al più presto. Non disdegneremo assolutamente.

Autore: Ricahrd Von Sabeth Titolo Album: The King Of Nothing
Anno: 2018 Casa Discografica: Rehab Records
Genere musicale: Gothic, Dark Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.richardvonsabeth.com
Membri band:
Richard Von Sabeth – voce, chitarra, basso
Enzo Russo – chitarra
Andrea Cannata – batteria
Arcangelo Michele Caso – archi
Tracklist:
1. The King Of Nothing
2. Funeral Party
3. Dance With Ghosts
4. Petrichor
5. Kiss Your Darkness
6. Agony
7. The Taste
8. Death Motel
9. Fall
Category : Recensioni
Tags : Gothic
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10th Nov2018

Hortus Animae – Piove Sangue

by Giancarlo Amitrano

Hortus Animae - Piove SangueAncora una discesa negli Inferi assicurata, con uno dei tanti progetti paralleli di Martyr Lucifer: la band riminese torna stavolta ad insanguinare il nostro apparato uditivo con una esibizione dal vivo registrata in Slovacchia alla fine del 2016. Sei tracce che non fanno sconti né prigionieri: acclamati dall’audience in maniera quasi (appunto) luciferina, il sestetto spara a tutto volume il suo odio verso le cose scontate, brandendo ognuno il proprio strumento come una lancia da affondare nel costato nemico. Si parte con le tastiere dannate che fanno da apripista a Furious Winds / Locusts, dove la voce “maledetta” del Martire accompagna lungo tutto il brano con una atmosfera incandescente di distruzione e desolazione incombente, con il suono cupo e distorto a farla da padrone. La successiva Chamber Of Endless Nightmares si dipana con maggior trasporto tecnico, con le chitarre a disegnare un tappeto fresso di reviviscenze metalliche dei bei tempi, subito ricondotte tuttavia nell’alveo del dark-gotico più spinto, tanto da farci temere che effettivamente di qui a poco piova il sangue di cui al titolo.

La lunghezza e la drammatizzazione di Doomsday viene percepita attraverso una lunga introduzione silenziosa che fa da apripista ad una linea di basso davvero inquietante ed ossessiva, accompagnata dalle tastiere sognanti ed al tempo stesso stranamente ed apparentemente melodiche, sulle quali si immette subito il singer qui molto ispirato in un ritmo saggiamente rallentato, che consente alla band di ottimizzare la propria prestazione strumentale senza dilatare i tempi delle battute: più un brano dalle venature quasi progressive, specie nella fase centrale, che mette in risalto la buona preparazione tecnica del combo, qui a suo agio nel declamare con calma i contenuti della traccia. Segue un medley, iniziato dalle tastiere valide di In Adoration Of The Weeping Skies, con rumori molto “ambient” sui quali la voce del Martire si erge decadente e coinvolgente in un incubo sonoro che avrebbe fatto le fortune del grande regista Roger Corman: segue l’ispessimento del sound con Cruciatus Tacitus, vero e proprio inno di battaglia su cui le chitarre drappeggiano una landa di morte e nichilismo desolato, grazie ancora al cantato pungente e stentoreo ed ai tasti magici ad accompagnarne le evoluzioni maledette, mentre le sei corde si alternano bene tra ritmo e solismi che non stonano con la complessità del momento, che viene chiuso da Souls Of The Cold Wind e le strofe macerate da un canto quasi horror nella sua proposizione: ancora sugli scudi la coppia delle asce ed un valido drumming che stavolta abbonda piacevolmente in crash e timpani.

There’s No Sanctuary parte sparata come una locomotiva, con tastiere e synth abbrancate in un abbraccio mortale, mentre il microfono inizia a sentire la pressione del cantato sinora esibito, quasi a volersi liberare dagli ultimi lacci di sanità mentale, alla deriva totale “grazie” alla conduzione delle danze molto macabra; i growl di sottofondo ed il groove impazzito fanno di questa traccia la probabile vincitrice del lotto, con un potentissimo solo centrale delle asce, che quasi schianta al suolo l’evidentemente già annichilito uditorio dell’Est europeo, sinora devoto e partecipe. Chiude l’intrigante Raining Blood e la presenza a sorpresa di Volker “Freddy” Fredrich dei famigerati Necronomicon e qui la dannazione eterna si scatena, con le asce ormai impazzite nel più brutale thrash-doom-speed che sia possibile esibire in circa 4 minuti: la lacerazione sonora è ormai compiuta con il suono selvaggio cui è difficile restare dietro, essendosi ormai devastati tutti i sensi dell’oscenità musicale ed ogni eventuale livello di dignità umana, abbrutita dall’enormità del suono, senza più freni inibitori a dominare un pubblico ormai senza difese, degnamente concludendo un live-act potente come raramente accade di assistere.

Autore: Hortus Animae

Titolo Album: Piove Sangue

Anno: 2018

Casa Discografica: Blackheavens Music

Genere musicale: Gothic

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.hortusanimae.net

Membri Band

Martyr Lucifer – voce

Hypnos – chitarra, cori

Bless – tastiere, cori

Mg Desmadre – chitarra, cori

Adamant – basso

Grom – batteria

Volker Fredrick – voce su traccia 6

Tracklist:

  1. Furious Winds / Locusts

  2. Chamber Of Endless Nightmares

  3. Doomsday

  4. Medley

  5. There’s No Sanctuary

  6. Raining Blood

Category : Recensioni
Tags : Gothic
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21st Ott2018

Martyr Lucifer – Gazing At The Flocks

by Giancarlo Amitrano

Martyr Lucifer - Gazing At The FlocksDopo il buonissimo Farewell To Graveland del 2011 di cui avevamo parlato a questa pagina e l’altrettanto valida raccolta Shards del 2013 disponibile qui, torna sulla scena uno dei più rappresentativi epigoni dell’alternative metal, spaziando tra gothic, rock e dark con altrettanta perizia. Tirandosi appresso alcuni compagni delle precedenti avventure e progetti paralleli vari, il Nostro piazza l’ennesima zampata di successo, con un album “scurissimo” che ci obbliga a guardarci dentro per le tematiche ed il sound in esso espressi. 12 tracce di assoluto valore, che non si ascoltano certo con disattenzione, mantenendo ognuna di esse quel quid che alla fine ci lascia riflettere; ad iniziare dal dittico di Veins Of Sands, in cui la prima parte si articola attraverso un intro completamente strumentale ed intriso di sonorità “nere” e profonde, mentre la seconda parte vede finalmente una maggiore strutturazione vocale, con la chitarra molto ben “sconnessa”, ovvero con una distorsione saggiamente prodotta che ben si sposa con il cantato “malato” del protagonista, già agli inferi dal punto di vista interpretativo. Bloodwaters ed il tocco delicato del cantato al femminile attirano certo l’uditorio, ma il tutto appare slegato dal contesto che il buon Martire vuole offrire a chi ascolta, ovvero sonorità a volte decadenti che inducono a riflettere sui misteri nascosti della vita, pur in questo caso sempre offerti con eleganza e buona distorsione delle atmosfere, nell’ambito di una generale buona prestazione collettiva.

Giungiamo allora all’intrigante Feeders che stavolta riesce a coinvolgere completamente per il suo approccio molto diretto nella narrazione e nel cantato, che qui è del tutto inserito nel progetto “luciferino” del suo Conducator e del quale ben si bea. Ancora un dittico: stavolta si parla di Leda And The Swan, che nella prima parte è ammantata di suono molto gotico e darkeggiante, sul quale ben si inserisce il lavoro della strumentazione elettronica che aggiunge quel quid di intrigante ad un’atmosfera molto noir che ben funge da specchietto per le allodole. Il secondo atto del brano consta totalmente di una esibizione strumentale, dove la fa da padrona la sei corde che dona una veramente notevole dimostrazione di forza ed al tempo stesso di claustrofobia, stante il contesto molto molto drammatizzato ed in cui il suono diventa al tempo stesso quasi “mefitico” all’ascolto già di per sé turbato dalla prima parte del brano. Wolf Of The Gods si delinea subito con il suo coinvolgente groove, laddove Martyr conduce da par suo le danze con un gothic sound molto cupo che in soli 2 minuti o poco più coinvolge all’inferno chi ascolta.

Somebody Super Like You ed il suo ritmo sferzante ci riavvicinano alle corsie del rock sinora misconosciute alla band, anche in questo caso ci troviamo ad ascoltare una sei corde molto intensa che ben si districa nella doppia funzione ritmico-solista. Il cantato di Benighted & Begotten è stavolta molto rilassato, quasi morbido: segno dell’intenzione del Martire di raccogliersi “in preghiera” ed osservare in seguito l’evolversi di un suono acido e decadente e tuttavia gradevole nel suo divenire, che si appalesa altresì molto complesso ed indaginoso con la successiva Spiderqueen: essendo il brano più lungo dell’album, esso si dipana attraverso una complicata e ben riuscita serie di intrecci vocali tra il leader e la calda e passionale Leit, che qui raggiunge vette da autentica poetessa delle Tenebre. Supportati dal buon lavoro di squadra, le due voci sono a proprio agio nell’esecuzione di una traccia davvero notevole, che porta ancor più in alto il Nostro. Flocks ci sorprende per la sua aggressione vocale e sonora, unendosi bene ad una sezione di archi, il brano si cala in una dimensione quasi eterea, sovrannaturale che sfocia nell’epico: molto complessa la fase centrale, in cui si fa ricorso a tutti gli artifizi di studio per poter offrire un suono comunque valido ed attraente, con la sei corde ancora a dettare bene i tempi.

A chiudere, Alkyone’s Legacy e la sua linea pianistica introduttiva che, pur godendo di una buona prestazione vocale della gradevole Leit, non si solleva del tutto da una certa ripetitività rispetto a quanto sinora già ascoltato: pur positivo nel complesso, il brano risulta leggermente sottotono forse paradossalmente a causa della buona esecuzione, che resta ferma ed eguale per tutta la durata della traccia, che non inficia comunque il buon risultato finale dell’ennesimo valido prodotto del Martire.

Autore: Martyr Lucifer

Titolo Album: Gazing At The Flocks

Anno: 2018

Casa Discografica: Seahorse Recordings

Genere musicale: Gothic Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.martyrlucifer.net

Membri Band

Martyr Lucifer – voce, synth

Leit – basso, voce

Nagarus – chitarra

Adrian Erlandson – batteria

Simone Mularoni – chitarra

Tracklist:

  1. Veins Of Sand pt 1

  2. Veins Of Sand pt 2

  3. Bloodwaters

  4. Feeders

  5. Leda And The Swan pt 1

  6. Leda And The Swan pt 2

  7. Wolf Of The Gods

  8. Somebody Super Like You

  9. Benighted & Begotten

  10. Spiderqueen

  11. Flocks

  12. Halkyone ‘s Legacy

Category : Recensioni
Tags : Gothic
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03rd Ott2018

This Void Inside – My Second Birth My Only Death

by Marcello Zinno

This Void Inside - My Second Birth My Only DeathRitornano dopo anni di silenzio i This Void Inside, combo dedito ad un gothic rock secondo noi interessante ed esportabile all’estero. Qualche anticipazione era giunta un paio di anni fa con la presentazione del singolo Losing My Angel ma la band ci ha fatto attendere tanto prima di dare alle stampe My Second Birth My Only Death, circa un’ora di musica oscura ma che non cede il passo a facili umori depressivi. Il sound degli ragazzi è fortemente legato agli anni 80 (brani come Memories’ Dust, Here I Am o Ocean Of Tears lo confermano) e viene rimarcato da due fattori molto evidenti: il primo è legato all’uso dei synth che rafforzano l’imprinting gothic e ammorbidiscono anche il sound generale rendendolo più rotondo e meno affine al rock; il secondo è dato dalle melodie molto presenti in questo lavoro, ogni singola traccia infatti potrebbe essere un singolo che ben rappresenta la proposta dei This Void Inside. Quindi dimenticate il gothic di band oscure e più vicine al metal perché My Second Birth My Only Death suona davvero versatile e adatto anche a chi è un neofita del genere. L’eccezione si chiama The Artist And The Muse, un brano che segue stilemi del gothic rock più classico e introspettivo, arricchito da liriche in italiano.

Probabilmente in alcuni momenti i ragazzi perdono un po’ di personalità a vantaggio di qualcosa che possa piacere a tutti i costi (Another Fucking Love Song, Losing My Angel) e secondo noi è un peccato perché sicuramente le idee, quelle vere, non mancano. Altra cosa che evidenziamo è l’eccessiva lunghezza di alcuni brani, la stessa Memories’ Dust vede ripetere troppe volte il ritornello e alla lunga può stancare; i chorus che strizzano l’occhio al pop rock hanno il pregio di entrare subito nella mente dell’ascoltatore ma anche il difetto di risultare indigesti se ripetuti allo sfinimento. Anche le parti finali dei brani sono diluite un po’ troppo, diciamo che l’album poteva durare 5-10 minuti in meno senza togliere contenuti di valore, anzi forse riassumendo meglio le idee della band. In generale comunque l’album è consigliato a tutti, anche a chi non ha un buon rapporto con i suoni gothic.

Autore: This Void Inside

Titolo Album: My Second Birth My Only Death

Anno: 2018

Casa Discografica: Agoge Records

Genere musicale: Gothic, Pop Rock

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.facebook.com/ thisvoidinsideofficial/

Membri band:

Dave Shadow – voce, synth

Frank Marrelli – chitarra

Alberto Sempreboni – chitarra

Saji Connor – basso

Simone “Sommo” Gerbasi – batteria

Tracklist:

  1. My Second Birth / My Only Death

  2. Betrayer MMXVIII

  3. Relegate My Past

  4. Memories’ Dust

  5. Trapped In A Daze

  6. Here I Am

  7. Another Fucking Love Song

  8. Losing My Angel

  9. Meteora (feat. Max Aguzzi and Diego Reali)

  10. Ocean Of Tears

  11. All I Qant Is You

  12. Break Those Chains

  13. The Artist And The Muse (bonus track)

  14. Downtrodden (bonus track)

Category : Recensioni
Tags : Gothic
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