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09th Apr2021

Big Sea – Big Sea

by Marcello Zinno
Power trio che esordisce con un breve EP rock nel suo contorno, anche se le influenze che vi possiamo trovare sono numerose. A parer nostro però ce n’è una che più di tutti viene fuori all’ascolto ripetuto di questo lavoro omonimo dei Big Sea disponibile in formato musicassetta e questo è il grunge: l’opener ma in generale i ritornelli distorti che fanno esplodere le pulsazioni dopo delle strofe più “controllate” sono solo alcuni degli elementi che ci suggerisce questa assonanza e grazie alla quale ci viene spontaneo suggerire l’ascolto di queste 4 tracce a chi vive di rock anni 90. Il trio però è anche fortemente indie (linee vocali di Almost ad esempio) e intende suonare moderno, non un semplice clone delle band di fine secolo scorso: è proprio qui che sembrano caratterizzarsi i Big Sea perché, con la loro musica, ci danno l’impressione di guardare avanti e non indietro. Energia, ritmiche incalzanti, distorsioni potenti, rock viscerale e un pizzico di sperimentazione (Worm) sono gli elementi propri del power trio, fattori che uniti ad una produzione molto curata e a scelte originali (il formato musicassetta è una chicca) ci preparano ad un loro futuro pieno di sorprese. E noi amiamo le band che sanno sorprenderci.

Autore: Big Sea Titolo Album: Big Sea
Anno: 2021 Casa Discografica: Grandine Records
Genere musicale: Grunge, Rock, Garage Voto: s.v.
Tipo: EP Musicassetta Sito web: https://www.facebook.com/bigseaband
Membri band:
Francesco B. – chitarra, voce
Davide – basso
Francesco D. – batteria
Tracklist:
1. Parking Side
2. Home
3. Almost
4. Worm
Category : Recensioni
Tags : Grunge, Nuove uscite
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12th Mar2021

Madness At Home – Madness At Home

by Marcello Zinno
I Madness At Home escono con un EP dal sound inequivocabile. La loro proposta è figlia non solo del grunge anni 90 ma proprio di quel grunge, quello che ha lanciato i Nirvana verso il grande pubblico rock alla ricerca di un nuovo idolo da seguire e un’espressione al disagio dei propri anni da manifestare. Diciamo questo perché ascoltando le 5 tracce ci sembra proprio di rivivere quel sound, quelle costruzioni sonore, quelle strofe semplici musicalmente ma elettricamente logoranti, quelle linee vocali trascinate, stanche, che non cantano ma si disperano. L’incedere è proprio quello, il grunge a tratti più veloce (Life Is A Dream) a tratti più pacato ma altrettanto usurante (Rosebud); quello che va riconosciuto è di sicuro un approccio live, soprattutto dal punto di vista della produzione, non a caso più che un album studio della band di Cobain questo Madness At Home ci ricorda il suono viscerale di From The Muddy Banks Of The Wishkah, il live album dei Nirvana iù genuino. Sicuramente quindi un EP super consigliato ai nostalgici del grunge, noi attendiamo però che la band ci metta del suo e crei qualcosa di davvero personale.

Autore: Madness At Home Titolo Album: Madness At Home
Anno: 2020 Casa Discografica: Seahorse Recordings
Genere musicale: Grunge Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/RealMadnessAtHome
Membri band:
Pietro Zaccari – voce, chitarra
Andrea De Cave – basso
Giulio Calamarà – batteria
Tracklist:
1. Fade
2. Leech
3. Rosebud
4. Life Is A Dream
5. Shelley’s Wall
Category : Recensioni
Tags : Grunge, Nuove uscite
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15th Feb2021

Daimon D. – The Eye Of The Storm

by Marcello Zinno
I Daimon D. tornano sulle scene, dopo quel breve debutto dal titolo Clouds As A Shelter di cui avevamo parlato a questa pagina. Il nuovo lavoro, The Eye Of The Storm, strizza l’occhio agli Smashing Pumpkins per due elementi principali: in primis le sembianze vocali che non sembrano molto lontane dalle coordinate timbriche (comunque uniche) di Corgan, inoltre a passaggi chitarristici clean seppur elettrici si alternano riff distorti con tanti muscoli che ci rimandano proprio a quell’epoca del grunge. Ascoltando però per intero il lavoro possiamo dire che le distorsioni non sono il fattore su cui poggia il sound dei Daimon D., piuttosto sono una miccia pronta a far esplodere le pulsazioni dell’ascoltatore in alcuni frangenti. Il quintetto scrive le proprie tracce con un sapore alternative rock nelle strofe, negli intro, con una ricerca melodica che non nasconde mai la passione per il rock ma che potenzialmente è in grado di permettere l’inserimento di diverse tracce in radio.

What Is Real provocherà belle sensazioni dal vivo, meglio ancora se suonata in spazi ampi, mentre brani come l’opener o come soprattutto Useless Gun servono per accendere gli animi dei rocker e far leva su quella miccia di cui parlavamo prima. Ma vi sono anche tracce che mancano di consistenza come This Night Is Going On, un brano che è sempre pronto per decollare ma che resta ancorato sulla pista di lancio.  Nel complesso quindi diversi stili ed approcci musicali per i Daimon D. che realizzano un album che piacerà ai rock in cerca di varietà. A nostro parere la band ha tante capacità ma manca ancora un po’ di maturità stilistica per comporre brani che davvero restino nella mente degli ascoltatori.

Autore: Daimon D. Titolo Album: The Eye Of The Storm
Anno: 2020 Casa Discografica: Beta Produzioni
Genere musicale: Grunge, Alternative Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/DD.Daimon
Membri band:
Axel – voce
Matt – chitarra
Nicolas – chitarra, voce
Fiore – basso, voce
Alberto – batteria
Tracklist:
1. The Eye Of The Storm
2. The Angel With The Gun
3. Scream
4. Untold
5. What Is Real
6. Forgive Me
7. Useless Gun
8. This Night Is Going On
9. The Page
10. Vampires
11. The Land Of The Open Door
Category : Recensioni
Tags : Grunge, Nuove uscite
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01st Feb2021

Seraphic Eyes – Quarantine

by Gabriele Rusty Rustichelli
I Seraphic Eyes sono un progetto “rinato” 9 anni fa dopo 10 anni di pausa. Alberto (chitarrista e cantante) riparte nel 2012 con un EP acustico con Azza alla batteria e Laura al basso. Dopo un altro EP nel 2013, un album nel 2016 (Utnity) e un secondo nel 2017 (Hope) oggi presentano Quarantine, un EP di 5 brani che descrive il periodo difficile che tutto il mondo sta vivendo attraverso il loro punto di vista. Quindi le liriche trattano temi molto attuali e sentiti da molti. 5 brani rock prodotti dal noto Max Zanotti (produttore italiano con alle spalle molti lavori di livello) che suonano (appunto) rock vero e puro. Musicalmente l’EP si apre con Maybe A Storm, un brano che parte con un riff e groove dritti e potenti. La struttura canzone fila liscia e scorre veloce, con una bella apertura post ritornello. Nessun “virtuosismo” tecnico, dritti al sodo con un sound potente e personale. Quarantine Life Is Boring è il secondo brano con un riff anni 90 che personalmente avrei allungato un po’, visto che è molto efficace, ma lo stesso lascia presto spazio alla strofa per poi buttarsi nel ritornello. Il terzo brano lascia più spazio ad atmosfere intime con chitarre pulite e cori.

L’EP si chiude con False Gods che apre con chitarra molto interessante per poi appoggiarsi alla strofa con un groove di basso e batteria incalzanti. In definitiva un buon EP, con tutte le difficoltà del nostro essere “italiani”. Per ora Quarantine potrebbe essere il sound adatto visto il momento, la band suona bene e interpreta i brani con personalità, le canzoni sono interessanti, dopo due album forse si poteva puntare al “disco della maturità” (si dice che il terzo disco è sempre un punto di svolta o una conferma), quindi aspettiamo il prossimo lavoro per vedere dove la band pianterà la sua prossima bandierina.

Autore: Seraphic Eyes Titolo Album: Quarantine
Anno: 2020 Casa Discografica: Vrec Music Label
Genere musicale: Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.seraphiceyes.com/
Membri band:
Alberto Marconetto – voce, chitarra
Laura Gagliardi – basso
Alessio Azzalin – batteria, cori
Tracklist:
1. Maybe A Storm
2. Quarantine Life Is Boring
3. Little Creatures
4. Fake Choices
5. False Gods
Category : Recensioni
Tags : Grunge, Nuove uscite
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21st Nov2020

About The White – Behind The Light

by Raffaele Astore
Se siete appassionati di generi alla Pearl Jam, Joy Division, Soundgarden…beh, allora, siete nel posto giusto. I suoni sono quelli, non c’è nulla da fare, e gli About The White, pur avendo nelle vene i caratteristici colpi delle band sopra citate, sono riusciti poi a realizzare questo bel lavoro che, per gli appassionati dei generi citati, non può mancare nelle proprie discografie. Un album bello non c’è che dire, perfetto in tutte le sue sfumature, almeno quelle musicali visto che in redazione abbiamo ricevuto l’album in mp3. Ma comunque la potenza di internet ci ha anche permesso di dare un’occhiata alla copertina che la dice tutta sui tempi che stiamo vivendo. I quattro laziali comunque sanno bene come muoversi tra le molteplici sfumature di un rock fatto con amore e tanta passione. Infatti sin dall’apertura affidata a Chris, che altro non è che un omaggio al compianto Cornell cantante degli Audioslave e dei Soundgarden in piena era grunge, tutto il disco è un susseguirsi di emozioni in musica anzi, in rock, un rock che giunge nella misura giusta, perfetta potremmo dire. Gli About The White dimostrano con questo Behind The light di avere le idee chiare su tutto.

Mai una sfasatura, mai un accavallamento di note tra strumenti, voci perfette, insomma tutto quanto il giusto corollario per dire che questo disco, nei generi che rappresenta, manca poco per essere un capolavoro. E non esageriamo a dire ciò, la nostra è convinzione non di genere, ma di sostanza, si perché Behind The Light di sostanza ne ha proprio tanta. Qui c’è tutto il sound degli anni novanta, qui ci sono tanti di quegli imput musicali di matrice nirvaniana, e non solo quelli, perché lo sforzo degli About The White nel coverizzare pezzi come Bohemian Like You dei Dandy Warhols e Jumpin’ Jack Flash dei Rolling Stones è un omaggio a quella musica che ha ispirato sia loro che tutto il movimento dei ’90.

Praticamente nelle mani abbiamo avuto un disco che guardando al passato propone vecchie sonorità rielaborate ai nostri giorni. La stoffa c’è tutta, dalla voce potente di Luca Praino al tam tam bassistico di Stefano Ermini poi, in futuro si vedrà, per ora un disco ben fatto che vale la pena ascoltare e, possibilmente, avere.

Autore: About The White Titolo Album: Behind The Light
Anno: 2019 Casa Discografica Seahorse Recordings
Genere musicale: Alernative, Grunge, New Wave, Art Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito: https://www.facebook.com/aboutthewhite
Membri band:
Luca Praino – voce, chitarra
Stefano Ermini – voce, basso
Davide D’Appollonio – chitarra
Lorenzo Lanzanova – percussioni
Tracklist:
1. Chris
2. Move, Don’t Move
3. Keep Standing Proud
4. Leave
5. Bohemian Like You / Jumpin’ Jack Flash
6. Insane / The End
Category : Recensioni
Tags : Grunge
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30th Lug2020

Dharma 108 – L’Alba Sul Mio Nome

by Marco Pisano
È sorprendente e piacevolmente spiazzante, notare la grande quantità e varietà di colori che la band veronese è riuscita ad utilizzare per dipingere il suo primo quadro, L’Alba Sul Mio Nome, prodotto edistribuito da Vrec.I Dharma 108 realizzano un quadro di pregevole fattura, impiegando con sapienza e accortezza una tavolozza assai ampia e variegata; si passa dalle pennellate grezze e decise dell’hard rock, ai colori più autunnali e plumbei del grunge, con qualche sfumatura decisamente scura di sludge nelle distorsioni chitarristiche (a tratti cupe e pesanti come nubi temporalesche), per passare ai colori più brillanti e vivaci dell’etno folk dalle forti radici mediterranee, finendo con le tinte più languide e sfumate della psichedelia. L’accostamento di tinte scure con quelle più brillanti e vivaci coesistono perfettamente in un tessuto armonico e ritmico dalle trame compatte e dense, in brani più aggressivi e tirati come Ego, Resistenza, Senza Faccia, Tunnel e la bellissima Terzo Millennio (brano che vanta una collaborazione prestigiosa, quella di Diego Besozzi dei Karma), segnati da atmosfere marcatamente dark; mentre in altri passaggi del quadro il tessuto sonoro è pronto ad allargare le sue maglie, diradandosi, facendo filtrare la luce e dando vita a disegni più eterei, sfumati, quasi onirici come nella bellissima traccia finale Spacecraft Sarod, dove svettano la sonorità e l’atmosfera orientaleggianti suggerita dal sitar, o anche nella ballad dal sapore psichedelico e un po’ acido Incantesimo, o ancora nella title track che vanta la collaborazione importante di Sasha Torrisi (ex Timoria).

Altri brani degni di nota sono la oscura ed enigmatica Origine e Il Ponte Illuminato Di Occhi Chiusi, dove la fa da padrone un riff di chitarra ipnotico e concentrico, che ricorda un po’ il riffing acido e psichdelico di Kim Thayil, il grande chitarrista dei Soundgarden, influenza, quella della storica band grunge di Seattle, pienamente evidente e riconoscibile all’interno di tutto l’album, assieme anche a quella di altri gruppi che hanno segnato la scena rock moderna, quali Audioslave, Rage Against The Machine, e anche quella dei nostrani Karma. Pietra di volta che fa da degna copertura alle ottime fondamenta sonore e ritmiche imbastite dagli altri componenti, è senza dubbio la bellissima e molto espressiva voce di Carlo Cappiotti, in grado di valorizzare al massimo con le sue abilità espressive e vocali, tutte le sfumature emotive dei brani, massimizzando così l’impatto emotivo sia dei testi, sia della musica. Il primo lavoro della band veronese può considerarsi quindi, una dimostrazione più che riuscita e tangibile della versatilità e della duttilità musicale dei componenti della band, oltre che della loro abilità esecutiva e compositiva, evidenziando la loro capacità di saper fondere insieme ingredienti musicali eterogenei fra loro, unendoli saggiamente in un collage sonoro ben amalgamato, compatto, godibile e in costante movimento.

Autore: Dharma 108 Titolo Album: L’Alba Sul Mio Nome
Anno: 2019 Casa Discografica: Vrec
Genere musicale: Grunge, Post-Grunge Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/dharma108band/
Membri band:
Carlo Cappiotti – voce
Andrea Ferigo – chitarra, sitar
Anna Guglielmini – basso
Damiano Hinegk – batteria, percussioni
Tracklist:
1. L’Alba Sul Mio Nome feat Sasha Torrisi
2. Origine
3. Ego
4. Incantesimo
5. Senza Faccia
6. Resistenza
7. Terzo Millennio feat. Diego Besozzi (Karma)
8. Il Ponte Illuminato Di Occhi Chiusi
9. Tunnel
10. Spacecraft Sarod
Category : Recensioni
Tags : Grunge
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21st Lug2020

Come As You Are: la mostra fotografica

by Massimo Canorro
“Vieni, così come sei, come eri, come voglio che tu sia”. Secondo singolo estratto da Nevermind (1991), album simbolo dei Nirvana, il brano Come As You Are dà il titolo all’omonima mostra fotografica in corso, allestita nella cornice di Palazzo Medici Riccardi, a Firenze, prorogata al 18 ottobre. “A ventisei anni dalla morte di Kurt Cobain, il mito dei Nirvana non tende a svanire e continua ad avere una forza comunicativa ed espressiva che riesce a far breccia nelle più giovani generazioni, facendo palpitare il cuore a chi ha vissuto negli anni Novanta la loro saga”, riporta il comunicato. Già, il 15 aprile 1994 se ne andò suicida il frontman – cantautore e chitarrista – della band riferimento della scena grunge, che aveva nella città di Seattle (dove Cobain morì) il suo epicentro. Definito dalla rivista Rolling Stone “il miglior artista degli anni novanta” Kurt Donald Cobain – divenuto una vera e propria icona per due generazioni di giovani – viene omaggiato oggi (e con lui l’incredibile sezione ritmica formata da Dave Grohl, attuale leader dei Foo Fighters, e Krist Novoselic) attraverso l’esposizione Peterson-Lavine. Come As You Are: Kurt Cobain and the Grunge Revolution, a cura di Ono arte contemporanea, organizzata e promossa da Oeo Firenze Art e Le Nozze di Figaro. Il visitatore ha l’opportunità di osservare oltre 80 scatti (catalogo disponibile anche a questa pagina), tra i quali alcuni inediti, per ripercorrere sia la storia della scena musicale grunge – l’ultima, tangibile rivoluzione del rock – sia quella del suo eroe maledetto Cobain, emblema della controcultura a stelle e strisce di un trentennio fa, tra la guerra fredda che volgeva al capolinea (1947-1991) e l’inganno della new economy (1990).

Accompagnata da uno splendido catalogo (96 pagine, formato 21×26 cm, 20€) edito da Oeo Firenze, la mostra è suddivisa in due sezioni: da un lato emergono, prorompenti, le immagini di Charles Peterson, classe 1964, fotografo ufficiale della Sub Pop Records, sulla nascita dei Nirvana, i live e il movimento grunge di Seattle; dall’altro le foto di Michael Lavine, nato nel 1963, noto fotografo pubblicitario, tratte da servizi posati e immagini per riviste. Professionisti di fama internazionale accomunati dalla voglia, resa poi in concreto, di mostrare come i fan dei Nirvana siano stati parte integrante dell’intera rivoluzione musicale (grunge revolution). Questo vale tanto per Peterson – capace di volgere l’obiettivo dalla parte opposta del palco e di immortalare un’intera generazione di fan che restano tutt’oggi, nell’immaginario collettivo, estensione di quella che è l’ultima rivoluzione avvenuta all’interno della cultura pop – tanto per Lavine, abile nel far immergere il visitatore, senza distinzione alcuna, nella fascinazione di quelle giornate indimenticabili. Così, mentre Peterson scatta suggestive fotografie in bianco e nero, contraddistinte dall’uso di flash potenti capaci di squarciare il buio dei club (isolando, al contempo, i soggetti in maniera iconica), Lavine porta avanti uno stile caratterizzato dall’utilizzo di colori saturi, nonché da un’illuminazione tanto dinamica quanto estrema. E ancora, da linee nette e definite e dalla accuratezza delle composizioni grafiche.

Due fotografi differenti ma uguali nel considerare fondamentali non solo i musicisti – nel dettaglio i Nirvana lo sono stati eccome – ma anche il pubblico del grunge. “Le parole non sono importanti come l’energia che viene dalla musica, soprattutto se dal vivo. La musica è energia. Una sensazione, un’atmosfera. Sentimento”, ammise Cobain. La mostra e il catalogo d’arte a corredo racchiudono il tutto.

Category : Articoli
Tags : Grunge
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13th Lug2020

Trauma – Trauma

by Marcello Zinno
Il vero disagio in musica (rock) ha vissuto un’epoca precisa: gli anni 90. Ed è da lì che sembra uscire il primo EP omonimo dei Trauma, un lavoro che contiene lo stesso animo viscerale, lo stesso schema rock semplificato all’osso in cui le distorsioni prendono il sopravvento mentre la sezione ritmica ti trafigge come un coltello ad ogni colpo. E se non bastasse la voce intrisa di sentimenti amari getta su una chilata di catrame che rende il tutto ancora più fangoso, l’apoteosi per chi ama il rock/grunge DIY. E così le quattro tracce infieriscono orgogliosamente essenziali nella produzione, tanto sporche da lasciare un alone melmastro, scuro che non lascia spazio ai colori. Roipnol fa un po’ la differenza, rallentando i battiti e, se possibile, intensificando questo retrogusto amaro e negativo che i Trauma vogliono comunicare, un esperimento perché in realtà il power trio (anche la formazione richiama quel fatidico decennio) ama picchiare duro ed essere incisivo (consigliato Tutti Contro Tutti); con Birkenau le strofe assumono sembianze da spoken word che ci ricordano gli RCCM, e i testi diventano duri come macigni; arriva anche un timido assolo, novità nell’intera uscita.

Noi avremo preferito per questo EP un diverso contributo alla voce, più profondo (tipo post-punk) o rivestito da effetti che ne rafforzavano la personalità. Per il resto quello dei Trauma è rock puro.

Autore: Trauma Titolo Album: Trauma
Anno: 2020 Casa Discografica: Seahorse Recordings
Genere musicale: Grunge, Post-Grunge Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/Traumarockband/
Membri band:
Giacomo Pieri – chitarra, voce
Christian Cartoceti – basso
Stefano Aluigi – batteria
Tracklist:
1. Tutti Contro Tutti
2. Krueger
3. Roipnol
4. Birkenau
Category : Recensioni
Tags : Grunge
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18th Mag2020

I Segreti di Hansel – Atacama

by Marcello Zinno
Debutto per I Segreti Di Hansel, giovane formazione toscana che si presenta al pubblico con Atacama, un album che dalle prime note ci rimanda al suono tipico dei Verdena. Sì, la chitarra è biologicamente grunge, la formazione è da classico power trio grunge, ma la band assume un atteggiamento meno intriso di disagio (degli anni 90) e più aperto anche a degli inserti melodici (Morning Glory è suadente e romantica e si avvicina alle ballad alternative rock). Di fondo c’è comunque quell’irruenza rock che ci piace, senza infiammare gli amplificatori, quella chitarra ruvida che è al tempo stesso nostalgica ma anche moderna, appunto grunge. Bello sì, ma crediamo che i ragazzi abbiano qualcosa da dire quando si mettono in gioco di più, come avviene con Volevo un brano che sprigiona una maggiore personalità e proietta il trio verso uno stile proprio, avvicinando un chorus orecchiabile ad una strofa originale e sul finire un incedere davvero determinato. Con la medesima convinzione l’incipit di Buona Sorte che sicuramente live contribuisce a canalizzare l’attenzione sul palco, dal sapore invece punk rock Paolo che è utile ad incrementare i decibel. Meno intrigante Eudion e Maledizione, la prima per un’insistenza di fondo sulle medesime coordinate, la seconda per una ricerca melanconica (strofa) che fa cadere quasi nello stile delle Vibrazioni, calando quindi il livello artistico.

Una band che come prima prova pubblica un buon capitolo discografico per tutti gli amanti del grunge anni 90 o rock 00, ma che siamo certi perfezioneranno il songwriting in futuro e lì le quotazioni lieviteranno.

Autore: I Segreti di Hansel Titolo Album: Atacama
Anno: 2020 Casa Discografica: (R)esisto
Genere musicale: Grunge, Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/isegretidihansel
Membri band:
Massimiliano Magni – voce, chitarra
Giulio Galleschi – basso
Alessio Scatena – batteria
Tracklist:
1. Borderline
2. Promessa
3. Morning Glory
4. Volevo
5. Buona Sorte
6. Paolo
7. Eudion
8. Maledizione
Category : Recensioni
Tags : Grunge
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17th Mag2020

Thing Mote – Robokiller

by Raffaele Astore
Robokiller è l’album di esordio dei veronesi Thing Mote che giungono al loro primo full-lenght dopo la pubblicazione di alcuni EP. Dietro a questo album c’è un unico comun denominatore che la band utilizza lungo tutta la narrazione musicale, vale a dire la riflessione sulla progressiva perdita di umanità e del rapporto che lega l’uomo alla tecnologia in questi strani giorni. La band suona un rock del quale se ne sentiva abbondantemente la mancanza, un rock capace di variare tra generi pur restando fedele alle sonorità grunge e di un certo post-rock. Eppure non mancano qui accenni ad un noise e ad un groove che ci è anche vicino come gusti musicali personali, pur arricchito com’è di armonie vocali fuori da quei generi. Già dal brano di aperture e da cui il titolo dell’album, Robokiller, il rock trascina verso quell’abisso nel quale l’uomo vuole intrufolarsi (un po’ come sta accadendo in questi giorni) perché sta continuando a costruire contro anche la volontà degli elementi naturali. Le sonoritàsono profonde, a tratti cupe e suscitano sensazioni di ombre e luci, catapultando l’ascoltatore in una dimensione quasi cinematografica, come se la canzone stessa fosse un perfetto connubio tra trama e colonna sonora. Ma l’album non vuole essere una sorta di manifesto anzi, vuole essere uno spunto di riflessione, estremizzando talvolta alcune situazioni: Robokiller rappresenta quindi una sorta di specchio musicale, ovviamente in chiave rock. Il rock è il genere che i Thing Mote da sempre usano per esprimersi e sperimentare la propria idea di musica. Un insieme primario in cui variare e spostarsi, mantenendo comunque un’idea chiara della propria visione.

Sicuramente il grunge e il post-rock sono due sfumature, due basi, presenti sia nella storia della band che all’interno dell’album. Le chitarre distorte, il noise, i riff accattivanti e i ritmi “pieni” della batteria generano un tappeto sonoro di grande impatto. Grande risalto e importanza è stata data inoltre ad un altro strumento, spesso non considerato tale: la voce. Le melodie e armonie vocali infatti, scritte e cantate dai due cantanti Giuliano e Tommaso, si fondono perfettamente trovando l’amalgama giusto per accomunare le canzoni anche dal punto di vista delle sonorità che diventano profonde, a tratti cupe e suscitano sensazioni di ombre e luci, fino a catapultare l’ascoltatore in una dimensione quasi cinematografica, come se la canzone stessa fosse un perfetto connubio tra trama e colonna sonora. Le canzoni però, non sempre seguono la classica struttura pop rock anzi, sperimentano nuovi orizzonti, quasi come fossero più canzoni all’interno della stessa, lasciando sempre chi le ascolta con la curiosità di scoprire cosa accadrà dopo. Poi con alcuni testi semplici ed altri più complessi ma quasi poetici, la band descrive al meglio i concetti da esprimere sia tramite le parole che tramite la musica.

Insomma, Robokiller è un album che si presta ad un ascolto su più livelli, sia per quel che riguarda i temi trattati, per il suono espresso e per la struttura delle canzoni.

Autore: Thing Mote Titolo Album: Robokiller
Anno: 2020 Casa Discografica: Cabezon Records
Genere musicale: Grunge, Post-Rock, Rock, Noise Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/thingmoteband
Membri band:
Fabio Dai Prè – percussioni
Pietro Donnarumma – basso
Giuliano Fasoli – voce, chitarra
Tommaso Zanardi – voce, chitarra
Tracklist:
1. Robokiller
2. Stillness
3. Redroom
4. Memories
5. Awake
6. Aukland And You
7. Her
8. Machines Are Coming
9. Hoax
10. Wasteland
Category : Recensioni
Tags : Grunge
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