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10th Dic2020

Pulse – Adjusting The Space

by Marcello Zinno
Arrivano dall’Austria e sono attivi già da un lustro. I Pulse non sono altro che la nuova creatura di Nemesis, già noto per la sua militanza nella scena black metal locale (Astaroth) ma in questo percorso le coordinate sono cambiate nella direzione di un metal molto più elettronico, quasi dance (questa scena in Austria è molto più famosa rispetto al metal). Adjusting The Space infatti è in poche parole un album industrial dal sapore tedesco (a buon intenditor…) ma imbastito da tastiere, synth ed effetti elettronici che ne cambiano la forma. Per chi interpreta il metal come una via di intendere la musica abbastanza univoca, questa proposta snatura un po’ il concetto stesso di heavy metal, ma per altri potrebbe rappresentare il futuro del metal, e se non proprio di questo genere, dell’industrial. Noi siamo più del primo schieramento ma non storciamo il naso per l’uso della componente elettronica, in realtà sarebbe da premiare se solo rivestisse un ruolo più rivolto alla sperimentazione, invece molte tracce sono poggiate comunque su una struttura canonica (strofa-ritornello-strofa) e su parti melodiche e orecchiabili (Supersonic Trance Sphere). Questa scelta stilistica ci suggerisce che la musica proposta dai Pulse intende puntare al grande pubblico o quanto meno a conquistare non la nicchia bensì un target abbastanza eterogeneo; c’è poco senso di esplorazione nel loro sound e questa lo vediamo un po’ come un’occasione persa (fatta eccezione per Encounter e per The Passage Entry che sono più pezzi avant-garde/ambient che da sperimentazione in senso stretto).

In brani come New Elastic Freak o (in parte) Major Tom sono evidenti i rimandi ai Rammstein (ad eccezione del bridge stravagante), in altri momenti l’elettronica e la dance prendono troppo il sopravvento come in Adjusting The Space e Star Light, per fortuna qualche passaggio metal arriva con Black Knight e Points Of Nibiru. L’idea di unire questi due mondi e giungere ad un genere particolare, l’electro metal, sarebbe di per sé da promuovere se solo le trame musicali avessero un peso più artistico e meno da discoteca perché se il suono spesso rimanda ad un genere ma è l’uso dello stesso che ne innalza o ne abbassa il livello qualitativo.

Autore: Pulse Titolo Album: Adjusting The Space
Anno: 2020 Casa Discografica: NRT-Records
Genere musicale: Industrial Metal, Cyber Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: www.pulse-galaxy.com
Membri band:
Vidar – basso
Inferus – chitarra
Nemesis – voce, chitarra, programmazione
Pulsar – batteria
Tracklist:
1. X 31′ 26’43 Ny 109′ 430″W
2. We Won’t Come In Peace
3. Supersonic Trance Sphere
4. New Elastic Freak
5. Sounds And Signals
6. Adjusting The Space
7. Encounter
8. Star Light
9. Black Knight
10. Points Of Nibiru
11. The Passage Entry
12. Major Tom
13. Alienangel (Zardonic Remix)
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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01st Set2020

Spankraght – Thou Shalt Drown In The Blood Of Thy Children

by Marcello Zinno
Audace e premiante scelta quella dei belgi Spankraght (un duo dall’identità nascosta) di realizzare un concept album che può assumere anche le sembianze di colonna sonora del noto videogioco DooM II: Hell On Earth (non a caso nella versione deluxe oltre al CD è disponibile anche una mappa del videogioco), scelta tra l’altro non azzardata in quanto il sound della band si accosta bene alle scene tutto sparatorie e fuga del gioco in questione. Il loro infatti è un industrial con tanto di batteria sintetica (drum machine) e tastiere che, insieme ai riffing potenti e molto Rammstein-oriented, si contendono il palco principale. C’è questo continuo gioco, appunto, tra parti parlare/recitate che raccontano una storia e parti invece quasi ballabili, di uno stile post-apocalittico quasi fosse la discoteca ripresa ad inizio della trilogia di Matrix. Interessante a tal proposito anche la storia portante dell’album che si incentra su “world changing events. Mankind is under attack by a force unknown to him. In his struggle for survival he does not see why this force has come and what he can do to stop it”, testo che essendo letto in conseguenza degli eventi che hanno scosso il mondo nel 2020 (e l’album è stato concepito e registrato nel 2019) sono quantomeno profetici.

A noi piace Hoop, un pezzo in cui troverete tutti gli ingredienti del sound degli Spankraght, dalle spoken word ai riff metal in palm-mute, forse il migliore momento da cui partire per conoscerli e anche il brano più di impatto dell’album; altro pezzo da citate è Exodus, 10 minuti di musica racchiusi in diversi cambi e cavalcate durante le quali le parti vocali sono solo a corredo mentre le forme musicali rivestono un ruolo centrale. Momenti più sperimentali invece sono Resilient e l’elettronica di Slaughtered. L’album è inserito in un digipack davvero ben fatto e curato, molto bella la copertina, sia per colori che per immagine che rappresenta la catastrofe e la distruzione alla base del concept dell’album. Quindi assolutamente azzeccata!

Autore: Spankraght Titolo Album: Thou Shalt Drown In The Blood Of Thy Children
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Industrial, Avantgarde Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.spankraght.de
Membri band:
n.d.
Tracklist:
1. Synopsis
2. Reset Mankind
3. Carnival
4. Hoop
5. Resilient
6. Slaughtered
7. Exodus
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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23rd Giu2020

Mastice – Crepa

by Simone Rossetti
Non mi stancherò mai, nel caso di nuova uscita, di sottolineare (a me stesso, a voi che state leggendo e agli autori stessi dell’opera) che una recensione debba essere il più oggettiva possibile evitando di lasciarsi coinvolgere in un giudizio soggettivo che per quanto giusto o sbagliato possa essere resta del tutto irrilevante. Un album può molto tranquillamente non piacere, ma il fatto di “non capirlo” non deve essere una scusante, né il fatto che possa non piacere per i più disparati motivi, ovviamente non è così semplice e non sempre è possibile una separazione così netta, comunque questo resta il mio intento e una mia scelta. Questa breve premessa non è diretta nello specifico a questo Crepa dei Mastice (uscito per Hellbones Records e I Dischi Del Minollo), sicuramente un album che scorre al di fuori dei soliti canoni musicali standardizzati e questo è sicuramente un bene, può sembrare ostico ad un primo ascolto ma ad un secondo lo è già meno, non è una questione di “quante volte” ma del bisogno di prendersi quel “tempo necessario” per lasciare che questi suoni e parole si sedimentino dentro di noi, che tutto pian piano si schiarisca e con una certa timidezza si mostri. Un “tempo necessario” quanto mai reale, se non vogliamo che anche questo venga assoggettato a regole di mercato (ma forse lo è già), sarà bene essere noi stessi a prendercene cura anziché delegare i “soliti altri”che fanno di un consumo convulso la loro stessa sopravvivenza.

Ma torniamo ai ferraresi Mastice ai cui membri fondatori Igor Tosi e Riccardo Silvestrini (siamo nel 2010) si aggiungono Samboela al mix e batteria e Paolo Mascolini al violoncello, nonché la partecipazione di Arianna Poli, più che un gruppo quindi un “ensemble” o se preferite un progetto-cantiere “in corso d’opera”. Stiamo parlando di poetica industrial noise, malinconica, desolante, a tratti rabbiosa, calata in un presente quanto mai alienato e disumanizzante, di rock (nel senso classico) ne mantiene solo la fragile struttura mentre i testi in italiano sono un ottima scelta, testi non “esposti” in forma canzone-classica ma in uno stile “declamatorio” (o se preferite parlato) dalla buona voce di Igor Tosi. Se, e sottolineiamo il se, manca qualcosa in questo pregevole e personale lavoro, è l’aver osato di più, permettendo e lasciando a questa musica di librarsi finalmente in volo distaccandosi anche da certe tematiche e conclusioni “razionali”, personalmente (quindi discutibile) la possibilità di arricchire il progetto con una strumentazione acustica “inusuale”, penso ad un piano, un sax, un violino, oltre al violoncello già presente, ne avrebbe ampliato non solo il dialogo e l’interazione con l’ascoltatore ma anche il respiro, il pulsare, i colori (su questo particolare ci tornerò più in là) senza ovviamente doverne snaturare il progetto originale, ma si tratta appunto di “vedute” personali, le possibilità dei Mastice ci sono tutte, già visibili, già intuibili.

L’aspettativa è forse la più “sperimentale” in questo senso, sonorità puramente noise ed un testo molto bello; si rallenta con Antiballata, più intima e decadente in un crescendo di buona intensità. Preghiera si muove su tonalità più rock, disturbante scarna potente, anche Testa Di Igor non fa concessioni, bello il testo e la voce (peccato che in tutto l’album risulti un po’ in secondo piano rispetto al suono), una traccia che per intensità e interpretazione sa lasciare il segno grazie anche al lavoro alle chitarre di Silvestrini. Paralisi ha il “difetto” di essere troppo legata ad un rumorismo fine a se stesso, Laser si presenta sotto le sembianze di un rock claustrofobico e distorto, molto bella anche se appesantita da effetti noise che finiscono con il prevalere sul resto. L’attimo non fa questo errore, resta quella che è e deve essere, intensa e drammatica; Rumoroso si distende su un buon tappeto di synth ed una buona ritmica, scorre lineare ed efficace; ultima traccia a chiudere questo lavoro è L’abbandono, desolante e ipnotica si aggira fragilmente fra quello che resta delle nostre umani miserie ed è un peccato (al di là del voto, un buon voto), è un peccato perché “quella” tavolozza di colori che hanno a disposizione questi ragazzi è ben più ampia di quella che effettivamente usano (o che si limitano ad usare), punto fermo resta questa “poetica-noise” che sicuramente svetta all’interno di un panorama musicale italiano di una banalità sconfortante (e dilagante).

È un ottimo progetto quindi che speriamo possa ancora crescere ed evolversi, perché in fondo questa musica-forma-poetica chiede solo di non essere rinchiusa in una tela monocromo. Dal voto intuirete che ve lo consigliamo caldamente, non mi resta che aggiungere, visti i tempi, anche per un vostro bene.

Autore: Mastice Titolo Album: Crepa
Anno: 2020 Casa Discografica: Hellbones Records, I Dischi Del Minollo
Genere musicale: Industrial Noise Voto: 7,75
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/masticeband
Membri band:
Igor Tosi – voce, synth
Riccardo Silvestrini – chitarra, synth, drum- machine
Samboela – batteria, synth
Paolo Mascolini – violoncello in L’abbandono
Arianna Poli – voce in Antiballata
Tracklist:
1. L’aspettativa
2. Antiballata
3. Preghiera
4. Testa di Igor
5. Paralisi
6. Laser
7. L’attimo
8. Rumoroso
9. L’abbandono
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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01st Giu2020

Hasswut – Atomkrieg

by Massimo Volpi
Atomkrieg degli Hasswut si presenta con una copertina potente, dai colori vivi e forti, che raffigura una bomba, forse atomica, che sta per essere sganciata; a corredo, le immagini della band spagnola, che di certo non nasconde la passione per Rammstein, anche a livello visivo. Spagna, non Germania, seppure il cantato sia, appunto, in tedesco. Atomkrieg è un lavoro veloce e piuttosto devastante, una bomba appunto. Pochi fronzoli o ricami ma suoni essenziali, ruvidi quanto basta e molto pompati. Non è raro trovare una cassa dance, in mezzo a cantato e cori di stampo simil-militaresco, come “tradizione” vuole. Industrial aggressivo non difficile da portare nei dancefloor dei locali più trendy ed estremi, ma sempre di genere, in film sperimentali o videogiochi. Oltre all’inevitabile paragone Rammstein, ci troviamo tracce di Ministry, Nine Inch Nails e anche The Sister Of Mercy; una bella mescolanza di suoni seppur senza uscire troppo dal recinto. Nulla di innovativo o travolgente, ma di sicuro di forte impatto. Musica che si interrompe di colpo, per poi scatenarsi in ritornelli “facili” e quasi techno (Der Radioaktive Mann), suoni saturi ma puliti; chitarroni e soprattutto synth ed effetti, sotto una buona produzione, fondamentale per lavori di questo tipo.

Più di una volta si supera il confine con la techno più pesante (Worwärts) da discoteca anni 90, il revival sound (alla DEVO) della title track, anche se spesso si “aggiusta” il tiro, strizzando l’occhio alla commercialità (Der Weg). Verso la fine si torna infatti alle sonorità Rammstein (Rette Mich e Angstlos) forse più “facili” per un orecchio abituato alla band di Till Lindemann e soci. Per chiudere di nuovo poi in piena techno industrial con Dreck. Tanto il lavoro sugli effetti e di ricerca dei suoni (e dei rumori). Di sicuro un album non adatto a ogni ora della giornata, che quando finisce ti accorgi di quanto rumore fa il silenzio. Poco più di 35 minuti furiosi, e di più sarebbero stati troppi; immaginate di ballare tutta una sera tra vampiri, pelli sudate, borchie e latex, senza mai reintegrare i liquidi con una sosta birra, o meglio energy drink. Good work Hasswut!

Autore: Hasswut Titolo Album: Atomkrieg
Anno: 2020 Casa Discografica: Art Gates Records
Genere musicale: Industrial Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/hasswut/
Membri band:
Daniel NQ – voce
Javix – chitarra, programming
Zufo – tastiere
Tracklist:
1. Der Radioaktive Mann
2. Scheisse
3. Worwärts
4. Atomkrieg
5. Die Macht
6. La Purga
7. Der Weg
8. Rette Mich
9. Angstlos
10. Dreck
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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07th Nov2019

King Satan – I Want You To Worship Satan

by Marcello Zinno
Torna il progetto King Satan dopo l’esordio del 2015 e il suo ritorno e all’insegna delle sonorità che lo hanno contraddistinto anche nel precedente passato. Un industrial metal profondamente ancorato alla musica elettronica tanto che è difficile capire se l’habitat naturale di questo progetto (e di King Aleister Satan, la sua mente) sia più legato ai concerti metal o alla dance floor. Se provate ad ascoltare Fuck Yoga, brano di cui è disponibile in rete un video, capite subito che siamo al cospetto di un progetto trasversale, è come se i Rammstein volessero mettere piede in discoteca e ne uscisse così un’amalmgama poco identificabile, di certo fuori dagli schemi; la batteria però non è tutta digitale perché, accanto a bit “prodotti con le manopole” appaiono anche battute realmente suonate, o almeno questa è la sensazione e di sicuro sarrebbe un piacere vedere all’opera un drummer che replichi dal vivo tutti questi suoni (anche se senza basi la vediamo un po’ difficile). Una vena un po’ più metal compare in alcuni momenti, come in Psychosadomasochism; va detto però che se si ascoltano bene i suoni elettrici l’intenzione del combo non è quello di puntare ad una produzione ricerca né di valore, la chitarra vive infatti su una distorsione povera che non dà il giusto valore al suo contributo, piuttosto sono gli altri elementi che cercano di dare gusto alle tracce (synth, voce femminile).

Raison D’etre è un brano che esce fuori dal lotto, sembra suggerire panorami dark post-industriali, con urla in sottofondo che rendono ancora più liferina l’ambientazione. La vena fortemente industrial (pura) esce fuori invece con All Magick Is Chaos Magick, un pezzo deciso ma anche qui compare un synth che probabilmente farà storcere il naso ai puristi del genere (almeno per come è usato) e di qui un’altra considerazione su questa uscita: se il nome del progetto, il titolo dell’album (e di quello precedente), il genere fanno immaginare un percorso musicale legato a cattiveria e intransigenza musicale, il risultato finale invece devia spesso verso sonorità che ammorbidiscono l’estremismo dei King Satan spesso optando per dei suoni o effetti goliardici (esempio Circus Of The Mind). Ci si scherza o ci si crede sul serio? Nel dubbio diciamo un fatto oggettivo: i King Satan rappresentano un progetto che intende essere un ibrido tra tanti generi, in primis l’industrial e la musica elettronica. A nostro parere avrebbe più senso che si scegliesse uno dei due percorsi da imboccare con maggiore decisione.

Autore: King Satan Titolo Album: I Want You To Worship Satan
Anno: 2019 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Industrial Metal Voto: 6,25
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/kingsatan616/
Membri band:
King Aleister Satan – voce
Katherine Boss – synth, voce
Jerry Rock’n’roll – basso
Pete Hellraiser – batteria
Tracklist:
1. The Killing Of God
2. Fuck Yoga
3. Psychosadomasochism
4. I Want You To Worship Satan
5. All Magick Is Chaos Magick
6. Fuck The World
7. The Antichristification
8. Circus Of The Mind
9. Transgression
10. Raison D’etre
11. The Portrait Of Darkness
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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12th Mar2018

Traum Jesters – Subliminal …Ænd?

by Marcello Zinno

Traum Jesters - Subliminal ...ÆndIl nuovo lavoro dei Traum Jesters è un album futuristico che difficilmente può essere incasellato in un genere preciso, lo diciamo noi che finiamo per catalogare tutto come ogni feticista della musica che si rispetti. Sicuramente c’è un forte legame con i suoni anni 80, la new wave (il rullante dice molto in questo) e alcuni echi alla Depeche Mode (dopo essersi imbattuti in una rissa con i Ministry) che ogni tanto balzano all’orecchio, eppure Subliminal …Ænd? è un album rock che non si intimidisce dinanzi a riff e ritornelli ben costruiti. È proprio la costruzione il centro nevralgico di questo album composto da 11 capitoli interessanti e mai banali, un songwriting che non segue regole già scritte ma si inventa e spazia tra effetti e strumenti canonici per sottolineare quell’alone di mistero che la musica dei Traum Jesters intende profondere. I brani non durano poco e i ritmi mai troppo veloci distendono l’ascolto facendo presagire dei racconti, cercando di costruire il contorno del concept su cui si basa la storia, una storia incentrata su di un uomo dalle grandi capacità oratorie in grado di attirare a sé attenzione e consensi, un concept che prende forma appunto nel racconto e nei testi più che nella musica stessa. Fa eccezione la veloce Self-Referred Bitch che cola nel (nu)metal dalle tinte industrial e dà una zampata più concreta a chi si aspetta trame incisive.

C’è anche tanta psichedelia nella musica dei TJ, elemento questo che rende più sperimentali alcune ricerche sonore ma anche trame rock dall’ascolto semplice come AnimalRama, potenziale singolo. La copertina è un po’ un mistero, gioca probabilmente sul doppio significato di personaggi/oggetti e significati descritti durante il racconto. Su questo ambito di poteva fare meglio a parer nostro. Il sound c’è anche se probabilmente incontra non poche difficoltà in una rappresentazione live. Nonostante ciò per noi il trio è assolutamente promosso.

Autore: Traum Jesters

Titolo Album: Subliminal …Ænd?

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Rock, New Wave, Industrial

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: https://traumjesters.bandcamp.com

Membri band:

Claudio Saracino – voce

Pierpaolo Lucchesi – chitarra, synth, voce

Eugenio Zazzara – basso

Mariano Celentano – batteria su tracce 2,5

Tracklist:

  1. I Surrender

  2. What You Need To Need

  3. The Horror Behind My Phrasing

  4. Self-Referred Bitch

  5. Zombie Boy

  6. 50 Shades Of Shame

  7. Fr-Endly F(r)Iend

  8. The Incredible Majestic Nothing

  9. AnimalRama

  10. Cult

  11. …Ænd?

Category : Recensioni
Tags : Industrial
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15th Feb2018

Marilyn Manson – Antichrist Superstar

by Valerio Veneruso

Marilyn Manson - Antichrist SuperstarIl 1996 è stato un anno particolarmente fertile per l’hard rock e il metal che ha visto la pubblicazione di molti dischi che sono oramai considerati delle vere e proprie pietre miliari come Aenima dei Tool, Evil Empire dei Rage Against The Machine o Roots dei Sepultura (giusto per citarne alcuni). Forse uno più di tutti però è riuscito ad affermarsi prepotentemente consacrando in maniera definitiva il proprio gruppo come una delle band più controverse e discusse del panorama musicale contemporaneo: stiamo parlando del concept album Antichrist Superstar di Marilyn Manson. Uscito per la Nothing e l’Interscope Records questo gioiello discografico si avvale, per la sua produzione, della collaborazione di mostri sacri come Sean Beavan (già affiancatore di gruppi come Nine Inch Nails, Guns ‘N Roses, Slayer e System Of A Down), Dave Ogilvie (frontman degli Skinny Puppy) e Trent Reznor che sono riusciti a dare all’intero album una sonorità unica che fino ad allora non era stata ancora concepita. Antichrist Superstar si distingue infatti per un sound che, fondendo insieme industrial, metal e goth rock, riesce a trasmettere una sorta di energia elettrica che accompagna l’ascoltatore per tutta la sua durata.

Ad aprire il disco ci pensa la prima traccia Irresponsible Hate Anthem che, con il verso di Aleister Crowley “When you are suffering, know that I have betrayed you” dà il via a questa folle corsa di 77 minuti (se si contano anche i secondi di silenzio che formano le 82 tracce vuote e i due minuti scarsi dell’ultima ghost track). Il pezzo successivo invece, nonché primo singolo rilasciato, è l’ipnotica The Beautiful People: un inno alla società contemporanea che ben esprime quel melting pot di sonorità hardcore predominante in questo capolavoro musicale degli anni ’90. Antichrist Superstar continua così a scorrere in maniera naturale alternando tracce più “scarne” e aggressive (Little Horn, Angel With Scabbed Wings, l’eponima Antichrist Superstar, 1996, The Reflecting God) a composizioni più sperimentali e oscure (come Tourniquet, Cryptorchid, Kinderfeld o Minute Of Decay). L’intero concept, incentrato sulla metamorfosi di un personaggio che, da verme si tramuta nella figura di un angelo, viene idealmente chiuso sulle note di Man That You Fear, una ballata malinconica che si scosta, per certi versi, dai ritmi dei brani precedenti.

Caratterizzato da testi estremamente provocatori e nichilistici, che affondano le radici nel pensiero di autori come Nietzsche o Heidegger, Antichrist Superstar risulta essere estremamente coerente anche sul piano visivo presentando un booklet molto curato, ricco di riferimenti esoterico/kabalistici, che consente perfino di essere composto e ricomposto in maniere differenti dando senso diverso alle parole su esso riportate (Heaven + Comfort = Heart, Minister + Fiend = Mind, Complaisant + Magnificent = Complacent, Master + Lice = Malice). Impeccabile.

Autore: Marilyn Manson

Titolo Album: Antichrist Superstar

Anno: 1996

Casa Discografica: Nothing, Interscope Records

Genere musicale: Industrial, Heavy Metal, Goth

Voto: 10

Tipo: CD

Sito web: http://www.marilynmanson.com

Membri band:

Marilyn Manson – voce, chitarra, flauto di Pan

Daisy Berkovitz – chitarra

Twiggy Ramirez – basso, chitarra

Madonna Wayne Gacy – tastiere

Ginger Fish – batteria, programmazione

Tracklist:

1. Irresponsible Hate Anthem

2. The Beautiful People

3. Dried Up, Tied And Dead To The World

4. Tourniquet

5. Little Horn

6. Cryptorchid

7. Deformography

8. Wormboy

9. Mister Superstar

10. Angel With The Scabbed Wings

11. Kinderfeld

12. Antichrist Superstar

13. 1996

14. Minute Of Decay

15. The Reflecting God

16. Man That You Fear

17 – 98. Empty Tracks

99. Ghost Track

Category : Recensioni
Tags : Industrial
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27th Set2017

The Omega Machine – The End That Comes With The Omega Machine

by Ottaviano Moraca

The Omega Machine - The End That Comes With The Omega MachineEcco un disco veramente particolare. Questo duo torinese è dedito ad un industrial metal pesante e dalle atmosfere oscure che sicuramente deve essere ascoltato nel giusto contesto per poter essere apprezzato. La rarità di parti cantate, per di più molto in secondo piano, e i tempi dilatati e scanditi con incedere quasi marziale ne fanno la scelta ideale per le serate più nere nonché per gli amanti del genere. Per tutti gli altri l’ascolto potrebbe diventare ostico e il messaggio incomprensibile. La confezione si allinea a questo stile e perciò si presenta minimale nelle informazioni e criptica nell’artwork ma comunque ben realizzata e con una buona sensazione di qualità dalla sua. Coerentemente anche la musica nel CD segue queste caratteristiche e inoltre ad una discreta realizzazione tecnica affianca composizioni mediamente abbastanza lunghe e non troppo complesse. Le otto tracce di questo platter accompagnano l’ascoltatore in un viaggio di una mezz’ora abbondante stordendolo con un sound acido e ruvidissimo nonché estremo in ogni possibile definizione del termine.

Quello che manca invece è un po’ di varietà in più sia all’interno delle singole tracce, che forse esagerano un po’ sull’effetto di ossessiva ripetitività, che anche nel contesto generale del disco, che vede il ritmo movimentato solo dalla breve e lenta It Came To Vomit Liquid Fire. Un ultimo appunto per la produzione che complessivamente soddisfa ma che con una più attenta gestione dei volumi avrebbe potuto donare al disco una maggiore chiarezza e una percezione di migliore qualità. In definitiva è difficile consigliare questo lavoro a chi non sia già devoto al genere. Sicuramente i Nostri hanno profuso impegno e preparazione per sfornare questo debutto che, come spesso accade, soffre un po’ della mancanza di maturità ed equilibrio tipico dei giovani progetti. Poco male perché le idee ci sono quindi non ci resta che aspettare i The Omega Machine alla prossima prova discografica.

Autore: The Omega Machine

Titolo Album: The End That Comes With The Omega Machine

Anno: 2017

Casa Discografica: Subsound Records

Genere musicale: Industrial Metal

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://omegamachine.bandcamp.com

Membri band:

Kaizer Blasted Kosmos – chitarra, synth

Nebular Sub-Terror – basso

Tracklist:

  1. Gloomy Gait Of The Frightstrider

  2. Xenoferox Megalodeimos

  3. To Neuter A World

  4. Crushmoured Assault Raid

  5. It Came To Vomit Liquid Fire

  6. Terrorstorm Over The Oceanic Battlefront

  7. Rust Infector – Aberration Among Monsters

  8. Annihilatory Siege Of Planet Earth / The End That Comes

Category : Recensioni
Tags : Industrial
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15th Ago2017

D8 Dimension – ProGr 0

by Alberto Lerario

D8 Dimension - ProGr 0I D8 Dimension si sono formati nel 2009 a Livorno e da allora hanno conquistato molte tappe sia sul suolo italico che in altre parti d’Europa. Avendo registrato inizialmente un demo di 5 tracce Demo-N nel 2010, seguito da un EP di sette brani Octocruna nel 2012 e da noi recensito a questa pagina, hanno creato un suono ibrido industriale-metallico con elementi elettronici. Adesso nel 2017 abbiamo una band matura che presenta un complesso full length pieno, intitolato ProGr 0. La prima traccia, -39°C, non spreca tempo e apre l’album con i batteria nu-metal, i riffing di chitarra in puro stile industrial e le tastiere tipiche dell’electronic body music (EBM) che tramutano questa traccia creando il perfetto supporto per le linee vocali rocciose. La traccia è completata da un forte riffage di rottura e un coro aggressivo e ossessivo. My Feast è una canzone sulle passioni e come tale parto piano con l’intro di tastiera, per poi crescere ed esplodere con l’aggiunta dei riff di chitarra abbinati alle pelli della batteria, così come un’altra performance vocale impennata invia. Matryoshka ha un’atmosfera raccapricciante, campionature oscure, rumori di sottofondo e tastiera che dipingono lo sfondo della scena e le chitarre bluesy metal che la modellano. E’ un pezzo simmetrico con struttura delle parti ABCDFGFDCBA, e il testo tratta proprio della forza dell’antitesi tra simmetria e asimmetria che genera continuo mutamento, fondamentale per rafforzare la propria resilienza.

Considerando l’insieme dell’intro di tastiera, la compattezza ed il groove delle chitarre, possiamo dire che X: Bigger Boat è una traccia che non sarebbe stata poi così fuori luogo in alcune registrazioni dei Rammstein. Rollformer Gospel è una traccia scura ma più “pop” basata su un ritornello in 6/4, ritmo caratteristico del macchinario industriale Rollformer. Astrokiller è un’altra traccia di mish-mash che combina perfettamente elementi metallici, alternativi e industriali, aggiungendo in alcuni pezzi un tamburo tribale, una chitarra elettrica semplice ma efficace, oltre che una parte di tastiera nel coro. Anamnesis invece esplora alcuni riff metallici più classici con voce angosciosa e convincente, forse più che in altri brani. Industrial II già dal titolo non lascia spazio all’immaginazione ed il titolo confermano il sound del pezzo, Les Fleurs è una cover metallizzata che parla della decadenza hippie, la traccia finale Y: Salt On Carthage ancora una volta è una perfetta fusione di tutti gli elementi che la band usa nel suo arsenale: metal, industrial, alternative rock e un ritornello di pianoforte atmosferico.

Questo album è una conferma brillante delle capacità dei D8 Dimension, capaci di creare (da soli, essendo il disco autoprodotto) un sound riconoscibile e per alcuni versi innovativo e futuribile. A questo punto risulta legittimo e anche doveroso varcare il confine per misurarsi anche su palcoscenici europei.

Autore: D8 Dimension

Titolo Album: ProGr 0

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Industrial, Alternative Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://d8dimension.bandcamp.com

Membri band:

Andrea Tempestini – voce

Tyo Crayon – chitarra

Mik Barbieri – chitarra

Michael Mammoli – batteria

Alu.X – sintetizzatore, basso

Tracklist:

  1. -39°C

  2. My Feast

  3. Matryoshka

  4. X: Bigger Boat

  5. Rollformer Gospel

  6. Astrokiller

  7. Anamnesis

  8. Industrial II

  9. Les Fleurs

  10. Y: Salt On Carthage

Category : Recensioni
Tags : Industrial
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08th Feb2017

It’s Everyone Else – Heaven Is An Empty Room

by Marcello Zinno

It's Everyone Else - Heaven Is An Empty RoomSiamo sempre dell’opinione che un duo sia vincolato a ricorrere alla tecnologia per poter proporre una musica stratificata, costrutto e vincolo per il semplice fatto di guadagnarsi il comfort di poter rendere conto a meno teste per prendere una decisione. Gli sloveni It’s Everyone Else non fanno eccezione, alla luce di un sound molto stratificato e che cede a più tentazioni nel nome dell’elettronica. Non dobbiamo però partire prevenuti e dobbiamo ammettere che se non lo fossimo e se non sapessimo che dietro questo progetto c’è un vero e proprio duo, potremo sentire ardenti i pattern di batteria, le voci urlate, le sfuriate che ci ricordano i tempi d’oro dei Prodigy, un certo sapore dark alla Depeche Mode ma imbastito da un rock distruttivo e molto punk nell’attitudine, il tutto in una cornice che ci sembra esaltare la scena industrial. Un’insalata ricca di ingredienti della traduzione della tavola ma anche della cultura new age, tracce veloci, sia a livello di bpm che a livello di durata, gli IEE si esprimono così senza voler trovare una casa, togliendosi il lusso di inserire un intermezzo noise dal nome Nineteennninetyfive.

L’accoppiata synth e batteria martellante di The Jokes Is On The Sun la dice lunga su quanto questo duo riesca a mescolare vena elettrica con quella elettronica, in una fatiscente casa new wave che travalica i decenni e non trova una collocazione temporale ideale, prestando il fianco a discoteche futuristiche come quelle in cui Neo cerca di seguire il “coniglio bianco”, giusto per comprendere l’approccio. Abbiamo citato troppi generi e sembra essere spiazzante ciò, ma la verità è che l’identità di questo progetto è davvero multiforme, a più livelli, senza regole gerarchiche per cui è anche difficile seguire un percorso che le descriva. Attaccatevi alla barra perché il viaggio sulle montagne russe degli It’s Everyone Else è veloce e per nulla pianeggiante.

Autore: It’s Everyone Else

Titolo Album: Heaven Is An Empty Room

Anno: 2016

Casa Discografica: Noise Appeal Records

Genere musicale: Industrial, Electro Rock

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://itseveryoneelse.tumblr.com

Membri band:

Lucijan Prelog

Pika Golob

Tracklist:

  1. Patterns

  2. The Truth About Mirrors

  3. Full Spoon, Bent To The Right

  4. Nineteennninetyfive

  5. The Jokes Is On The Sun

  6. Caterpillar Dream

  7. Heaven Is An Empty Room

  8. Sleep Is So Cruel

  9. Lone

  10. Fourth Wave

Category : Recensioni
Tags : Industrial
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