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19th Nov2013

B.o.s.c.h. – Apparat

by Giancarlo Amitrano

B.o.s.c.h. - ApparatScanzonati come pochi, gli ennesimi teutoni ci propongono (al secondo lavoro)  una buona dose di allegria quasi “caciarona” per l’approccio molto variegato. Avendo ben in mente epigoni quali Rammstein in primis, la band non si preoccupa di seguirne quasi fedelmente i dettami, pur riconoscendo loro una buona dose di originalità. Il taglio molto metal che viene dato alle asce è tuttavia ben compensato dal solido lavoro delle tastiere le quali, lungi dall’apparire invasive o fuori contesto, divengono invece un buon compagno di viaggio lungo i quasi 60 minuti del lenght. A partire dalla titletrack ci troviamo davanti ad un intro quasi psichedelico che viene subito smussato dall’elettricità e dalla sezione ritmica molto intensa, mentre la voce ci appare al tempo stesso delicata in alcuni passaggi e mefistofelica in altri. Der Erste Stein è molto scatenata, quasi indicata per una ipotetica dance-metal (!), stante il ritmo indiavolato che mette a proprio agio nello smuovere le potenziali cotenne, così da venir scelto come single dell’album. Questo mentre la melodia di Engel viene arricchita dal buon lavoro dei tasti, che disegnano una bella linea d’ambiente che non sfigura nel contesto comunque aggressivo. Schwarzer Mann lo possiamo definire senza meno l’episodio in cui il groove ed anche il growl del singer la fanno da protagonista, mentre asce e sezione ritmica ci danno dentro alla grande. Molto intrigante l’approccio di Gier, laddove le sonorità rallentano per prendere fiato e dare l’agio alla prestazione vocale di salire di tono, con in sottofondo l’ossessivo tappeto psichedelico delle tastiere che attenuano le grida lancinanti.

Ancora pestaggio duro con Schwarze Sonne, in cui il singer pare per un attimo indugiare sulla direzione da prendere, subito trovata attraverso  un poderoso refrain ed un altrettanto solido coro di rimando che è onirico di suo. Con Eiszeit si torna al pogo più scatenato, pur attraverso le parole apparentemente incomprensibili dell’intro, un gioco di rullanti offre il destro al ritornello, scandito a pieni polmoni. Tra i brani meglio riusciti, fila via con le tastiere che si giocano bene le sue carte. Meine Welt è costruita ad arte per il singer, che qui raggiunge tonalità molto intense: le tastiere paiono confonderci le idee, non ci troviamo in pista per ballare, ma per scuotere la testa e trovare il ritmo giusto, ondeggiante tra gotico ed industriale. Ein Augenblick è molto cupa: le paure ancestrali paiono qui impossessarsi delle anime dei Nostri, laddove il singer stavolta si appoggia molto sui crash del drummer. Ancora più incupita, se possibile, la voce domina il brano assieme alle immancabili tastiere. Sklaven Des Nachts segue gli stereotipi sin qui offerti,dato che la proposta ormai ci è ben chiara, così come le seguenti tracce nulla tolgono e nulla al lavoro finora svolto.

Si eleva leggermente tra il resto dei brani conclusivi la caliente Amok, che si differenzia dagli altri per il solido refrain e la melodia molto ben accentuata, alla fine delle danze, che ci lasciano sì sfiniti dall’ascolto del suono energico e potente della band, ma che dall’altro lato avrebbero dovuto essere più brevi per non scadere nel ripetitivo finale.

Autore: B.o.s.c.h. Titolo Album: Apparat
Anno: 2013 Casa Discografica: Dust On The Tracks
Genere musicale: Industrial Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.bosch-music.de
Membri band:

Ledde – chitarra

Äxxl – basso

Loz – batteria, programmazione

Max – voce

Tracklist:

  1. Der Apparat
  2. Der Erste Stein
  3. Engel
  4. Schwarzer Mann
  5. Gier
  6. Schwarze Sonne
  7. Eiszeit
  8. Der Sturm
  9. Meine Welt
  10. Ein Augenblick
  11. Sklaven Des Nichts
  12. Amok
  13. Die Lasterzungen
  14. Treibgut Der Zeit
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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26th Ago2013

Ministry – Enjoy The Quiet – Live At Wacken 2012

by Marcello Zinno

Le band, quelle più longeve, sono come i racconti dei nostri nonni: sembrano tirar fuori dalla cassapanca posta su in solaio mille storie legate ad epoche passate e tutte che sembrano assolutamente surreali. I Ministry, una delle band che ha dato maggiore impulso alla scena industrial, ne hanno tante da poter girare un vero e proprio film con tanto di morte (nel 2008 la band si sciolse) e rinascita (nel 2011) ma non solo della line-up nel suo complesso. Purtroppo i Ministry sono stati colpiti nello scorso dicembre dalla scomparsa del proprio chitarrista Mike Scaccia, entrato in formazione nel lontano 1989 e attivo in diversi periodi con la band, a causa di un attacco cardiaco proprio mentre era sul palco con uno dei tanti side project del gruppo, i Rigor Mortis. Non era la prima volta per i Ministry: nel 1999 l’ex chitarrista William Tucker si suicidò prima che la band diede alla luce Dark Side Of The Spoon (album che non a caso fu caratterizzato per la forte dipendenza da droga del leader Al Jourgensen). Un pò per proclamare il ritorno della band sulle scene e un pò per omaggiare il contributo che Scaccia ha dato al progetto, a metà del 2013 viene pubblicato Enjoy The Quite – Live At Wacken 2012 in una confezione di due CD e un DVD che omaggiano due diversi periodi recenti della band. Se si parte dal DVD con l’esibizione in occasione del Wacken 2012 si nota una band ormai matura che propone il proprio muro di suono contro i 75.000 inermi presenti: non interessa se i tempi siano lenti (come nell’opener Ghouldiggers e la sua invettiva contro le etichette discografiche ed i manager) o ispirati al thrash americano come in No W, quello che i Ministry riescono ad offrire è uno spettacolo di metal pieno. Lungo le proprie evoluzioni (basti ascoltare la recente Relapse e confrontarla con la storica New World Order), fino a giungere a quell’aspetto funebre degli ultimi anni, Al & Co. mettono al servizio del pubblico la propria energia grazie a momenti di tutto rispetto come LiesLiesLies e il groove metal di Life Is Good.

Non si tratta però di un semplice estratto di un concerto in quanto il DVD è arricchito da alcune scene in stile cartoon e immagini aggiunte in fase di post-produzione, mentre le scene riprese live (che evidenziano l’assenza di poghi da parte del pubblico) sono ovviamente fedeli alla realtà, dato anche lo stile sonoro offerto dal sestetto. La presenza di elementi oltre il semplice concerto è sicuramente fattore di caratterizzazione del DVD che però in alcuni frangenti rischia di ammordibire l’impatto scenico che i Ministry si sono costruiti negli anni, impatto fatto di cattiveria e di intransigenza contro i vari sistemi (quello politico è solo uno). Sta di fatto che la musica resta comunque la protagonista di questo show, come da tradizione di casa. Durissima ed allarmante Thieves chiude l’esibizione del 2012, inciso su questo DVD con una qualità audio e video sicuramente superiore rispetto allo show del 2006, probabilmente anche per la diversa tecnologia disponibile all’epoca e per il minor prestigio che il Wacken deteneva rispetto all’imponente organizzazione degli ultimi anni.

La setlist dello spettacolo del 2006 è molto simile a quella ripetuta anche nel 2012 con poche novità che rispecchiano prevalentemente un gusto maggiore della band per la velocità come l’inserimento di Señor Peligro e di The Great Satan dal forte richiamo thrash, mentre ci preme segnalare l’opener Fear Is Big Business, irruenta come si deve ad un’apripista di uno spettacolo cupo e duro come si richiede ai Ministry e la potente Wrong che abbraccia un heavy metal nel senso stretto del termine. Al di là delle somiglianze, anche scenografiche, con quello ripreso poi nel 2012 si tratta comunque di un più che godibile spettacolo di 75 minuti che pone l’accento sulla spettacolarità dei Ministry e su una probabile loro rinascita. Noi ci speriamo e nel frattempo consumiamo questa confezione all’interno della quale sono presenti anche i due show rispettivamente in due CD audio.

Autore: Ministry Titolo Album: Enjoy The Quiet – Live At Wacken 2012
Anno: 2013 Casa Discografica: UDR/EMI
Genere musicale: Industrial, Heavy Metal Voto: 7
Tipo: 2 CD + DVD Sito web: http://www.thirteenthplanet.com/ministry
Membri band:

Al Jourgensen – voce, chitarra

Mike Scaccia – chitarra

Sin quirin – chitarra

John Bechdel – tastiere

Casey Orr – basso

Aaron Rossi – batteria

Tracklist:

DVD+CD1 (Wacken 2012):

  1. Ghouldiggers
  2. No W
  3. Rio Grande Blood
  4. LiesLiesLies
  5. 99 Percenters
  6. Life Is Good
  7. Waiting
  8. Relapse
  9. New World Order (N.W.O.)
  10. Just One Fix
  11. Thieves

DVD+CD2 (Wacken 2006)

  1. Fear Is Big Business
  2. Señor Peligro
  3. No W
  4. Rio Grande Blood
  5. The Great Satan
  6. Waiting
  7. LiesLiesLies
  8. Worthless
  9. Wrong
  10. New world Order (N.W.O.)
  11. Just One Fix
  12. Thieves
  13. Khyber Pass
  14. Psalm 69
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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20th Lug2013

Rammstein – Liebe Ist Für Alle Da

by Alberto Lerario

A distanza di quattro anni dal controverso Rosenrot, rumour dopo rumor (soprattutto quelli inerenti alla scissione della band e al progetto solista del chitarrista Kruspe, Emigrate) e dopo la pubblicazione del fantastico live Völkerball, i Rammstein rompono finalmente il silenzio discografico con Liebe Ist Fur Alle Da (“l’amore è qui per tutti”). Nonostante abbiano passato un lungo periodo turbolento, il gruppo tedesco è riuscito a conservare il solito tocco, con i loro riff brutali e la voce baritonale di Till Lindemann. Inoltre in tutti questi anni i Rammstein hanno imparato come stupire e colpire il mercato discografico. L’uscita dell’album è infatti preceduta dal video del singolo Pussy, il cui contenuto pornografico delle immagini e del testo ha destato scalpore e indignazione in più di un Paese che ha imposto la censura sul disco proibendolo ai minori di 18 anni, e di riflesso creato pubblicità e curiosità intorno al disco. Rammlied (“ramm-canzone”) apre l’album con un inno brutale, con un intricato lavoro di basso e stop-start riffing. L’arrangiamento delle chitarre è abbastanza semplice come con la maggior parte della canzoni dei Rammstein, ma è il modo in cui i riff di base sono proposti che conferisce davvero l’aria di brutalità al loro sound. Il vero e proprio fuoco di sbarramento che è il riff di apertura di Ich Tu Dir Weh (“ti faccio male”), stordisce i sensi e si eleva subito a classico nel catalogo Rammstein, peccato che l’energia e la tensione decadano durante lo svolgere della traccia.

Altri punti salienti del disco sono la frenetica Weidmanns Heil (“buona caccia”), salutata dagli iniziali squilli di corni; la distorta e malsana B *******, Bückstabü un gioco di parole il cui significato è “tutto quello che vuoi”, in modo che ognuno di noi possa intendere ciò che preferisce. La precedente Haifisch (“squalo”) purtroppo non rende giustizia alla ferocia dell’animale. Il lato poetico e melodico, già emerso nei precedenti dischi, è esemplificato da Frühling In Paris (“primavere a Parigi”). Il burbero, profondo rombo di Till Lindemann è in gran parte inesistente qui che invece dimostra un lato più dolce ed emotivo (con parti di testo in francese), cosa che probabilmente stona un po’ per una band che per lo più è amata per progetti di gran lunga più pesanti, almeno per i fan più duri e puri. Wiener Blut (“sangue viennese”) oscura e morbosa è un’altra canzone controversa per il suo testo, che racconta i terribili atti di un uomo di nome Josef Fritzl. Pussy ripercorre l’umorismo sordido e triviale dei Rammstein, che abbiamo già imparato a conoscere in passato, per esempio con Te Quiero Puta di Rosenrot. Nonostante sia paradossalmente radio-oriented, la canzone conserva il suo valore grazie all’atteggiamento impassibile in puro stile teutonico che la band riesce a custodire. La title track Liebe Ist Für Alle Da è un altro passo a vuoto, poco ispirata e poco incisiva.

L’album si chiude con Mehr (Di più), in cui il gruppo riesce a dosare con maestria melodia ed aggressività, e Roter Sand, brano etereo (troppo?) introdotta da un fischio in stile western e accompagnato da chitarre acustiche e da una grande atmosfera creata da Flake. L’album non è nulla di nuovo, la varietà sonora qui presente era già evidente nel precedente Rosenrot. Tuttavia, questo album mantiene la sua integrità, nonostante i tempi difficili che la band ha dovuto affrontare. Quando si tratta di pura e semplice, inesorabile energia aggressiva condensata in un riff, non c’è gruppo migliore dei Rammstein. Le armonie delle chitarre sono semplici, con canti guidati da uno o due riff ripetitivi, ma non è sulla pura tecnica che si sono basati i Rammstein in tutti questi anni. È il risultato finale dell’accoppiamento delle chitarre, delle tastiere, la voce cupa di Till Lindemann e il groove presente in ogni canzone che rendono i Rammstein una band oramai immortale, capace di affermarsi ai massimi livelli nonostante la barriera linguistica che il gruppo tedesco non ha mai voluto abbattere.

Autore: Rammstein Titolo Album: Liebe Ist Für Alle Da
Anno: 2009 Casa Discografica: Universal
Genere musicale: Industrial Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.rammstein.de
Membri band:

Till Lindemann – voce

Richard Kruspe – chitarra

Paul Landers – chitarra

Oliver Riedel – basso

Christoph Schneider – batteria

Christian Lorenz – tastiera

Tracklist:

  1. Rammlied
  2. Ich Tu Dir Weh
  3. Waidmanns Heil
  4. Haifisch
  5. B********
  6. Frühling In Paris
  7. Wiener Blut
  8. Pussy
  9. Liebe Ist Für Alle Da
  10. Mehr
  11. Roter Sand
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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17th Giu2013

D8 Dimension – Octocrura

by Alberto Lerario

Octocrura è una gradita sorpresa regalataci dai livornesi D8 Dimension. L’album colpisce per la sua aggressività e maturità, ma ancor di più stupisce il sound pieno e pulito frutto di un’ottima autoproduzione. L’esperienza della band si forgia negli anni di sudati live sui palcoscenici italiani, che li porta alla produzione di un primo demo nel 2010 ed alla vittoria del contest Suoni Nella Notte, con la successiva partecipazione al festival Rock Ototec nel 2012. Tutto questo da una proposta industrial metal di alto livello in cui ogni meccanismo funziona a dovere. L’intreccio sonoro creato dall’incessante riffing di chitarre è sostenuto da un groove coinvolgente grazie all’ottimo lavoro alle pelli di Mammoli ed al basso slappato di Risaliti. Per fortuna non ci troviamo di fronte ad un muro sonoro solido ma arido, perché le chitarre sanno stupire con i loro fraseggi rendendo ogni traccia facilmente riconoscibile e la versatilità di Tempestini alla voce non appesantisce il suono, pur riuscendo a conservare la giusta brutalità. Infine il tutto viene cesellato ed amalgamato da Alu.X, in grado di elevare ogni canzone oltre la banalità. L’album si apre con l’ottima VRock, che racconta della voglia di cambiamento per rompere la routine, perfetto esempio di aggressività e melodia.

Si prosegue bene con il groove irresistibile di Inferno, che racconta l’alienazione cibernetica della costante iperconnessione moderna. Industrial conferma la linea musicale tracciata dalla band livornese, ma anche la loro propensione a scrivere testi di una certa rilevanza, come appunto la nuova lotta di classe con le sue fosche previsioni per il futuro. La breve e sinuosa title track precede l’accattivante Poisoned Hamster e la perversa Gunmouth, dal retrogusto vintage, ma non per questo meno d’impatto rispetto alle altre tracce. Strutturato e complesso è l’ultimo brano, S.O.M.E., caratterizzato da una musica cerebrale, per un altrettanto testo introspettivo che tratta della condizione di smarrita solitudine dell’essere umano che lo porta ala ricerca di un essere spirituale.

Octocrura è un album cupo ed aggressivo, dotato di un groove energetico che invoglia l’ascoltatore a sentire più volte le tracce, lasciando così il tempo per assimilare tutte le componenti degli D8 Dimension. È sempre un piacere vedere che anche in Italia si può produrre un album metal di livello elevato, frutto della passione delle band nostrane. Naturalmente con la sola passione non si va troppo lontano, è indispensabile anche il talento e la competenza musicale, tutte doti che appartengono a questa band livornese, per questo siamo sicuri che questo loro primo lavoro autoprodotto sia una porta aperta verso palcoscenici più prestigiosi.

Autore: D8 Dimension Titolo Album: Octocrura
Anno: 2013 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Industrial Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://d8dimension.bandcamp.com
Membri band:

Andrea Tempestini – voce

Tyo Crayon – chitarra

Mik Barbieri – chitarra

Leandro Risaliti – basso

Michael Mammoli – batteria

Alu.X – sintetizzatore

Tracklist:

  1. VRock
  2. Inferno
  3. Industrial
  4. Octocrura
  5. Poisoned Hamster
  6. Gunmouth
  7. S.O.M.E.
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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14th Mag2013

Rammstein – Rosenrot

by Alberto Lerario

Contro la loro consuetudine i Rammstein pubblicano il loro quinto lavoro in studio, Rosenrot, ad un solo anno di distanza da Reise, Reise, recuperando 6 brani composti durante le registrazioni dello stesso, ma scartati in fase di produzione per limiti di spazio. L’impressione generale è effettivamente quella di trovarsi di fronte ad un “Reise, Reise parte 2” completato velocemente per dare in pasto al mercato un nuovo disco di singoli e permettere alla band tedesca di ricaricare le pile dopo l’interminabile tour seguito a Reise, Reise. Il disco è comunque ben curato basato su sonorità epiche frutto di una giusta commistione tra melodia gotica e industrial metal che porta la band sempre più lontana dal tanz metal degli esordi. Una nuova maturità espressa anche dalle liriche pungenti ed impegnate, interpretate alla perfezione da Lindemann, migliorato di disco in disco. I riff di chitarra granitici ed accattivanti sono accompagnati come di consueto dalle tastiere di Lorenz, meno geniale e visionario del passato ma più puntuale ed avvolgente. Molto bella la copertina del disco che raffigura una nave arenata tra i ghiacci polari, come i Rammstein 2005, bisognosi di tempo per ritrovare le forze per ripartire. Il disco parte spedito con Benzin, una colata di metallo che attraversa le orecchie facendo comprendere all’ascoltatore l’energia che scaturisce dal fuoco, tema tanto caro ai Rammstein ed inneggiato nel testo della canzone. Mann Gegen Mann è un altro pezzo con un tiro devastante. Basato su di un bellissimo giro di basso di Oliver Riedel che culmina in uno splendido ritornello. Il testo descrive la follia dell’uomo che non accetta la diversità, l’omosessualità per la precisone (il titolo significa per l’appunto uomo contro uomo).

Rosenrot è un bellissimo brano dalla cadenza marziale, impreziosito dal lavoro di Lorenz con campionature geniali che fanno fare il salto di qualità alla canzone, superando le barriere del semplice industrial metal. La quarta traccia, Spring (“Salta”), è una canzone dall’aria sinistra ed opprimente, che gioca sulla dicotomia del riffing possente ed incalzante e la meravigliosa melodia malinconica e glaciale delle tastiere. La musica è l’ottima cornice per un testo meraviglioso che racconta di un uomo salito su un ponte per ammirare il panorama, e la gente intorno che si raggruppa convinta che voglia buttarsi di sotto. Quando l’uomo sta per scendere dal ponte, deludendo la folla bramante di ammirare la tragedia qualcuno gli da un calcio spingendolo giù (“Salta, Salvami, Salta, Non mi deludere, Salta per me, Salta nella luce, Salta”). Wo Bist Du scorre senza infamia e senza lode. Un mid tempo senza troppo mordente con una piacevole melodia, ma niente di più. Stirb Nicht Vor Mir lascia sbigottiti al primo ascolto, un mid tempo rock pop che fa da contorno al duetto vocale tra Lindemann e Sharleen Spiteri, dei Texas. Passata la sorpresa ci si accorge che pur stonando rispetto alle altre song del disco, il brano è interpretato con grande pathos e precisione dai due cantanti. Se si riesce ad andare oltre il pregiudizio e l’aspettativa è a conti fatti da considerarsi una bella canzone.

Con la traccia seguente si torna all’antico, per non rischiare. Zerstören (“Distruggere”) è caratterizzata da una sezione ritmica martellante e possente e la voce di Lindemann esprime alla perfezione tutta la rabbia distruttrice dei Rammstein. Hilf Mir, gotica ed elettronica, non riesce mai a decollare del tutto nonostante le ottime interessanti stoppate e ripartenze. Te Quiero Puta si può considerare un’altra sorpresa con il suo testo interamente in spagnolo. La tematica è un po’ grossolana (per usare un eufemismo). Il ritmo incalzante ed esplosivo è associato a melodie e trombe mariachi che fa del brano un mix quasi geniale e ben riuscito. Feuer und Wasser (“Fuoco e Acqua”), canzone nella media per i Rammstein, quindi comunque di buon livello, e testo incantevole che descrive un tumultuoso rapporto di amore e odio tra due amanti che si inseguono e si rincorrono, ma non potranno mai aversi completamente, come fuoco ed acqua. Con Ein Lied, l’album si chiude con un lento arpeggio accompagnato da tastiere quasi d’ispirazione Morriconiana, un tributo a tutti i fan dei Rammstein: “Siamo nati per la musica, Siamo i servitori delle vostre orecchie, Sempre quando siete tristi noi suoniamo per voi”.

Rosenrot è un disco variegato, e per questo merita più di un ascolto per essere apprezzato appieno. Meno esplosivo ed immediato dei precedenti, rappresenta un ulteriore tassello nel complesso percorso di crescita della band sempre desiderosa di sperimentare e spingersi al limite. Ecco, questo lavoro disegna forse il confine fino a cui si è spinta la band berlinese, ormai non più definibile da un solo genere musicale. Rosenrot scontenterà di sicuro chi si aspetta il metallo pesante e le tastiere allucinate di Lorenz, ma un ascoltatore meno integralista apprezzerà di sicuro i ritmi morbidi, ma incisivi, i testi intensi, l’atmosfera oscura e gotica, coronati da un ottimo lavoro di produzione. Certo il lavoro nel complesso è qualche gradino sotto agli album precedenti, ma dato che il loro livello era altissimo i Rammstein si mantengono comunque su standard elevati, proponendoci un album piacevole cui vale la penna di assaporare più e più volte.

Autore: Rammstein Titolo Album: Rosenrot
Anno: 2005 Casa Discografica: Universal
Genere musicale: Industrial Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.rammstein.de
Membri band:

Richard Kruspe – chitarra

Paul Landers – chitarra

Till Lindemann – voce

Flake Lorenz – tastiera

Oliver Riedel – basso

Christoph Schneider – batteria

Tracklist:

  1. Benzin
  2. Mann Gegen Mann
  3. Rosenrot
  4. Spring
  5. Wo Bist Du
  6. Stirb Nicht Vor Mir
  7. Zerstören
  8. Hilf Mir
  9. Te Quiero Puta
  10. Feuer & Wasser
  11. Ein Lied
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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24th Apr2013

Rammstein – Reise Reise

by Alberto Lerario

Con il loro quarto album i Rammstein proseguono la loro maturazione artistica e consolidano ancora di più la loro presenza all’apice della scena metal mondiale. Grazie ad un sound leggermente più morbido ed all’insistente ricerca di cori e ritornelli la band teutonica riesce ad allargare la schiera dei suoi fan. Nonostante le perplessità dei metallari più integralisti, Reise Reise non è certo un lavoro commerciale, la band è stata infatti abile nel bilanciare le armonie melodiche senza abbandonare i soliti taglienti granitici riff, vero marchio di fabbrica della band tedesca. Il singer Lindemann veste ulteriormente i panni del protagonista, intonando linee vocali più elaborate, interpretate con la giusta solennità ed aggressività, mentre Flake Lorenz si inserisce con incredibile sinergia tra le liriche corali delle tracce. L’album si apre alla grande con la title track Reise Reise, che riprende un vecchio motto marinaresco utilizzato per svegliare i propri compagni (“Reise reise Seemann, reise”, ovvero “alzati alzati, marinaio, alzati”). Atmosfere cupe e solenni che culminano nello splendido ritornello, sono sostenute da una sezione ritmica potente e coinvolgente. Mein Teil è duro e puro industrial metal. La corazzata teutonica riprende la sua marcia con la carica e l’aggressività degli esordi. Dalai Lama si riferisce al disastro aereo del 12 Agosto 1985, quando un Boeing 747 giapponese si schiantò trenta minuti dopo il decollo, e dove persero la vita 520 persone. Tale riferimento è ripreso anche dall’artwork di copertina che raffigura una scatola nera con la scritta “Flugrekorder, nicht öffnen” (registrazione di volo, non aprire). Dalla canzone traspare un’atmosfera tormentata espressa al meglio dal chorus etereo ed ipnotico accompagnato dal piano in sottofondo. La traccia è complessa ed elaborata, si alternano momenti elettroacustici ad altri più industrial, una miscela nuova per le sonorità a cui ci avevano abituato i Rammstein.

Keine Lust è un assalto ritmico in grande stile, lirico e brutale. Los è la dimostrazione dell’incredibile abilità della band di creare riff coinvolgenti che scuotono i muscoli e le ossa. Anche in versione elettroacustica come in questo caso. Amerika è il brano che ha spopolato sulle radio mondiali, grazie all’ossessiva ripetizione del ritornello orecchiabile ed all’immediata struttura della canzone, cattura subito al primo ascolto grazie al sound catchy. La traccia potrebbe apparire come un inno pro USA, in realtà rappresenta una critica satirica ai difetti americani. Moskau è idealmente legata alla traccia precedente. Qui viene criticato il mondo sovietico, che viene espresso dalla voce in background di Viktoria Fersch che duetta in russo con Tildemann. Interessante anche l’inserto folk. Con Morgenstern si riprende a marciare a ritmo di industrial metal. Stein Um Stein illude l’ascoltatore che si possa trovare di fronte ad una traccia lenta e dolce, per poi sorprenderlo con un’esplosione metallica. Ohne Dich sprigiona una carica romantica che non può lasciare indifferenti. I Rammstein ci stupiscono emozionandoci con melodie che esprimono un amore malinconico, aggressività e dolcezza racchiuse nella stessa canzone, interpretate alla grande da Lindemann. Questo concetto è suggellato dall’ultima traccia Amour (splendido l’assolo finale).

I Rammstein non sono più solo tanz metal. Il loro percorso artistico li ha portati ad esprimere una musica solenne, potente e coinvolgente. Questa voglia di evolversi li ha spinti ad abbracciare varie influenze musicali, allargando la schiera di fan, portandoli di conseguenza ad essere considerati più commerciali, ma solo perché le loro vendite sono incrementate di album in album. Ormai i Rammstein sono una vera big band da reputare come pietra di paragone per tutti nel mondo musicale.

Autore: Rammstein Titolo Album: Reise Reise
Anno: 2004 Casa Discografica: Universal
Genere musicale: Industrial Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.rammstein.de
Membri band:

Till Lindemann – voce

Paul Landers – chitarra

Richard Z Kruspe-Bernstein – chitarra

Oliver Reidel – basso

Flake Lorenz – tastiera

Christoph Schneider – batteria

Tracklist:

  1. Reise, Reise
  2. Mein Teil
  3. Dalai Lama
  4. Keine Lust
  5. Los
  6. Amerika
  7. Moskau
  8. Morgenstern
  9. Stein Um Stein
  10. Ohne Dich
  11. Amour
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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06th Apr2013

Rammstein – Mutter

by Alberto Lerario

Mutter, il terzo album dei Rammstein, esce a quattro anni di distanza da Sehnsucht, dopo un’innumerevole serie di concerti in tutto il mondo che li ha visti headliner in vari metal festival o al seguito dei Kiss. Un’immagine delle spettacolari esibizioni di quel periodo è racchiusa nel live album/DVD Live Aus Berlin, quando la band tedesca il 22 e 23 agosto 1998, suonò al Wuhlheide di Berlino davanti ad un pubblico di 17.000 spettatori. Raggiunto il successo internazionale per la band si prospetta una scelta: continuare con la formula del Tanz metal che tanta fortuna aveva portato a Lindemann e soci o cambiare ed esplorare altri lidi? I Rammstein optano per quest’ultima e più rischiosa alternativa. Certo il cambiamento non è radicale, si riconoscono sempre le chitarre acide e compresse che tessono riff granitici e possenti su cui il singer Lindemann lascia il segno, rigorosamente in lingua madre. Le atmosfere e i toni però, sono più cupi e malinconici, e la melodia prende maggiormente il posto sull’ossessiva ricerca del ritmo. I Rammstein decidono quindi di abbracciare un sound più metal lasciando in lontananza gli inserti elettro-techno. I testi delle canzoni, sempre lapidari ed immediati, sono più ispirati e profondi. Struggente l’incipit della title track Mutter (madre): “Ho preso le lacrime sagge di tutti i bambini e le ho unite a un capello bianco formando una collana di perle, desidero avere una madre, non c’è sole che splende per me, non c’è seno che ha versato latte, nella mia gola c’è un tubo, sulla mia pancia non c’è ombelico, Mamma“.

Il disco si apre con Mein Herz Brennt, si capisce subito che la musica è cambiata. Atmosfera cupa, gotica, riff duro come un mattone su cui si staglia un’ossessiva melodia suonata da un violino mentre Lindemann canta rabbiosamente. La seconda traccia Links 2 3 4 immediata e potente, ha il sapore del thrash metal. Sonne è una delle perle di queste disco, grazie alla sua struttura complessa ma d’impatto immediato, ottimo come sempre il riff portante della song. L’atmosfera triste e malinconica raccontata in questa canzone è amplificata da una voce di donna che contrasta con quella dura di Till Lindemann. Con Ich Will si torna all’antico, ritmo semplice cadenzato dalla batteria martellante, riff abrasivo e melodia elettronica. Un pezzo efficace ed accattivante che diventerà un classico delle performance live dei Rammstein. Sulla stessa lunghezza d’onda Fever Frei!, ma dai tratti più heavy. La title track Mutter è un vero e proprio capolavoro. Una melanconia nera trasuda dall’arpeggio iniziale, su cui Tindelmann canta in modo magistrale, trasmettendoci alla perfezione la triste rabbia che emerge dalle sue parole (come già detto il testo è davvero bellissimo e commovente). Il refrain della canzone è di quelli che ti entra in testa e raggiunge il cuore modificandone il battito per non abbandonarti più.

Spieluhr e Zwitter procedono spedite con i motori a pieni giri che spingono a tutta potenza. Rein Raus ed Adios hanno una marcia in più, carburate a dovere con una miscela esplosiva di heavy/industrial metal. Si chiude rallentando, solo parzialmente, con Nebel. Mutter rappresenta l’album della maturità per i Rammstein, i quali hanno conservato la capacità creativa dei primi dischi di creare riff diretti e coinvolgenti, scaraventandoli con potenza sull’ascoltatore. Il minor utilizzo della componente elettronica convincerà finalmente anche i puristi del genere metal. Un album con poche pecche, ottimamente prodotto, che ha al suo interno alcuni pezzi memorabili. Da avere a tutti i costi mandandolo a memoria.

Autore: Rammstein Titolo Album: Mutter
Anno: 2001 Casa Discografica: Universal
Genere musicale: Industrial Metal Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: http://www.rammstein.de
Membri band:

Till Lindemann – voce

Richard Kruspe – chitarra, voce

Paul Landers – chitarra, voce

Oliver Riedel – basso

Christoph “Doom” Schneider – batteria

Christian “Doctor Flake” Lorenz – tastiera

Tracklist:

  1. Mein Herz Brennt
  2. Links 2 3 4
  3. Sonne
  4. Ich Will
  5. Feuer Frei!
  6. Mutter
  7. Spieluhr
  8. Zwitter
  9. Rein Raus
  10. Adios
  11. Nebel
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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03rd Apr2013

Rammstein – Sehnsucht

by Alberto Lerario

A distanza di due anni dall’ottimo disco d’esordio intitolato Herzeleid uscito nel 1995, i Rammstein pubblicano Sehnsucht (“desiderio”), duro e puro “tanz metal” in cui emerge in modo ancora più marcato l’influenza techno-eletttronica che li aveva posti all’attenzione del grande pubblico. Con questo lavoro si intuisce inoltre l’attenzione che la band pone all’aspetto scenografico/visivo nel proporre ed intendere la loro musica che caratterizzerà i loro pirotecnici ed infuocati live, nel vero senso della parola. Sehnsucht infatti è stato prodotto in sei diverse edizioni ed in ognuna è raffigurato in copertina un membro della band in cui un oggetto metallico copre parte del viso: quella più conosciuta raffigura il cantante Till Lindemann con degli oggetti metallici posti sugli occhi che gli impediscono la vista, così come il chitarrista Richard Kruspe, l’altro chitarrista Paul Landers ha un punteruolo sul mento, Christian Lorenz ha un arnese che non gli consente di aprire la bocca, mentre il batterista Christoph Schneider ha un oggetto che lo costringe a spalancarla; in fine il bassista Oliver Riedel ha un passamontagna aperto a metà faccia. L’immagine che ne traspare è quindi gelida, acida, meccanica e tagliente, e questo è il sound dei Rammstein. Riff duri ed abrasivi, dotati di ottima linea melodica ripetuti in modo ipnotico accompagnati ed aiutati da inserti e bridges elettrotechno, fanno da maglia metallica alle caustiche linee vocali cantate sempre in lingua tedesca da Till Linderman.

In questo lavoro la band riesce perfettamente ad amalgamare il retroterra musicale culturale tedesco, metal e musica elettronica, facendoci assaggiare tutta la potenza teutonica. I testi poi sono sempre molto crudi e diretti, trattando tematiche spinose come rapporti sadomaso in Bück Dich o incestuosi in Tier. Per quest’ultimo brano la band fu accusata di plagio dal cantante metal tedesco dei Die Krupps, Jürgen Engler, il quale riteneva Tier fin troppo simile ad una suo composizione, The Dawning Of Doom (“Ritengo sia meglio essere il creatore piuttosto che un imitatore”). Si decise per patteggiare amichevolmente inserendo tra i ringraziamenti dell’album anche il suo nome. Tutto l’album è caratterizzato da un mood cibernetico e marziale, riusltando forse un po’ piatto nel complesso. All’interno però spiccano veri capolavori che saranno poi le pietre miliari dei loro live. Sehnsucht si apre con il botto con lo splendido riff della title track, seguita dalla meravigliosa Engel composta anch’essa da un riff granitico ed ipnotico ma caratterizzata da un fischio dolce e triste che conferisce un aria cupa al pezzo. Si torna a danzare a passo di marcia con Tier, musica dura e testo altrettanto, in cui si descrive un incesto.

Bestrafe Mich scivola via agilmente, per arrivare ad un capolavoro assoluto del metal in generale, Du Hast. Il riff portante del pezzo, ripreso sia dal basso che dalle chitarre è di quelli che ti inchioda alla sedia per poi farti esplodere d’energia. Ottimo il refrain melodico supportato in modo puntuale alla tastiera da Christian Lorenz con il suo bridge, che già da solo penetra nella mente. La voce di Linderman, fredda e glaciale è la ciliegina sulla torta di questo fantastico pezzo. Il singer ci mostra anche le sue capacità melodiche con la malinconica Klavier. Prima di questa traccia Bück Dich e Spiel Mit Mir dimostrano come questo album non cali mai d’intensità per tutta la sua durata. Con Alter Mann i Rammstein si cimentano in toni più epici, ma senza mai distaccarsi dalle loro armi preferite, riff granitici, vere e proprie rasoiate. Eifersucht farà storcere il naso a qualcuno, ma il riff elettro-techno poi ripreso dalle chitarre è davvero gustoso e coinvolgente. Impossibile rimanere fermi ascoltandolo. Rappresenta forse la linea di confine tra metal e musica elettronica, sconfinando maggiormente in quest’ultima. L’album si chiude con la buona Küss Mich.

Sehnsucht è un album davvero bello, trasversale, non destinato solo agli amanti della musica metal. Come unico difetto si può forse addurre alla troppa somiglianza tra i vari brani all’interno dell’album, però quanti altri big della scena rock hanno avuto successo con la ricetta “pochi riff, semplici ed incisivi?” E’una scelta musicale che hanno abbracciato anche i Rammstein, modernizzandola con aspetti elettronici, suoni duri e acidi. Visti i risultati la band tedesca è riuscita a conquistare le folle a pieno merito.

Autore: Rammstein Titolo Album: Sehnsucht
Anno: 1997 Casa Discografica: Motor Music Records
Genere musicale: Industrial Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.rammstein.de
Membri band:

Richard Kruspe Bernstein – chitarra

Paul   Landers – chitarra

Till Linderman – voce

Oliver Riedel – basso

Christoph Schneider – batteria

Christian Lorenz – tastiera

Tracklist:

  1. Sehnsucht
  2. Engel
  3. Tier
  4. Bestrafe Mich
  5. Du Hast
  6. Bück Dich
  7. Spiel Mit Mir
  8. Klavier
  9. Alter Mann
  10. Eifersucht
  11. Küss Mich (Fellfrosch)

 

Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Industrial
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14th Mar2013

Rammstein – Herzeleid

by Alberto Lerario

L’associazione in lingua tedesca delle parole “rammen” (urtare con violenza) e “stein” (pietra), ricorda fortemente una località della Germania, Ramstein, divenuta nota dopo un gravissimo incidente aereo avvenuto nel 1988, durante un’esibizione di volo acrobatico. I Rammstein, appunto, si ispirarono a questo racconto quando scelsero il nome della band, in modo che fossero chiare fin da subito le intenzioni della band: musica potente, dura, di forte impatto, cantata in lingua tedesca la quale sembra stata quasi creata apposta per il metal, conferendo a questo genere musicale ulteriore potenza e maestosità, incastrandosi alla perfezione nell’incessante meccanismo ritmico. Ma la band teutonica non è solo questo, Till Lindemann e compagni si sono spinti oltre ad un banale incedere ritmico ed hanno deciso di non sposare la via della sola potenza musicale. Il tessuto ritmico dei Rammstein, infatti, non è arrichito da assoli barocchi o similari, ma fortemente colorato da numerose inserzioni\influenze elettroniche, techno, ebm (in fin dei conti siamo nella terra dei Kraftwerk). Il risultato è una musica poderosa, fortemente ritmata volta ad una melodia ritmica (una sorta di sabba musicale), definita dal tasierista della band “Doktor” Christian “Flake” Lorenz come “tanz metall”, ovvero dance metal.

Herzeleid è l’album di debutto di questa band formatasi nel 1995. L’opener Wollt Ihr Das Bett In Flammen Sehen? è davvero micidiale, solida e trascinante basata su un riff ipnotico e coinvolgente. Questo ottimo brano è subito seguito dalle altrattanto valide Der Meister e Weisses Fleisch in cui il sound duro che caratterizzarà la band rende benissimo l’idea di questa innarrestabile macchina teutonica. La marcia in più viene inserita con Asche Zu Asche portando l’ascoltatore a muoversi e ballare, continuando con la seguente Du Riechst So Gut. Seemann è un ottimo momento per rilassarsi ed ascoltare le capacità melodiche del carismatico cantante Till Lindemann. Il “panzer” tedesco torna in moto con le granitiche Das Alte Leid e Heirate Mich, quest’ultima utilizzata come colonna sonora nel film Lost Highway. Herzeleid e Laichzeit scivolano via velocemente senza far calare la tensione generale dell’album che si conclude con il brano Rammstein, un ipnotico metal sabba, lento, potente ed evocativo con le liriche che rievocano la tragedia aerea del 1988. Dal vivo questa traccia assumerà dei contorni ancor più impressionanti, il cantante infatti indosserà una giacca infuocata durante l’esecuzione del brano.

Herzeleid è un lavoro che lascia sicuramente il segno, il primo solido passo di una band caratterizzata da un sound di impatto, dalla forte matrice heavy contaminata da influenze elettro-techno. In questo modo la band evita di cadere nel banale e nell’anonimato, senza però eccedere in questo accontentando anche gli appassionati più puri del genere metal (quelli più integralisti forse un pò meno). Le liriche di forte impatto cantate egregiamente in lingua tedesca sono un fattore aggiunto. Se si considera poi che le esibizioni dal vivo si contornano con poderoso gioco di fuochi e luci davvero di impatto, senza che questo vada a discapito dell’esecuzione dei brani, si capisce perchè attualmente i Rammstein siano considerati attualmente tra i migliori in circolazione.

Autore: Rammstein Titolo Album: Herzeleid
Anno: 1995 Casa Discografica: Motor Music Records
Genere musicale: Industrial Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.rammstein.de
Membri band:

Till Lindemann – voce

Richard Kruspe – chitarra, seconda voce

Paul Landers – chitarra

Oliver Riedel – basso

Cristoph “Doom” Schneider – batteria

“Doktor”   Christian “Flake” Lorenz – tastiera

Tracklist:

  1. Wollt Ihr Das Bett In Flammen Sehen?
  2. Der Meister
  3. Weißes Fleisch
  4. Asche Zu Asche
  5. Seemann
  6. Du Riechst So Gut
  7. Das Alte Leid
  8. Heirate Mich
  9. Herzeleid
  10. Laichzeit
  11. Rammstein

 

Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Industrial
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08th Mar2012

Houston – Mechanical Sunshine

by Matteo Iosio

“Houston, abbiamo un problema!” questa fu la famosa frase che venne comunicata dal capo missione della navicella Apollo XIII il 13 Aprile 1970, quando le cose iniziarono a mettersi male; grazie a Dio oggi con questa frase non vogliamo riferirci a momenti tragici ma ad un interessante gruppo piacentino che forte di un paio di tour europei e di un buon album di debutto dal nome Fast In Elegance decide di ripresentarsi di fronte al grande pubblico con una nuova fatica discografica battezzata Mechanical Sunshine. Ad un immediato ascolto l’album si presenta come la nostra società moderna: un equilibrato melting pot di stili musicali che si fondono assieme con armonia e buon equilibrio, in cui un goth rock abbraccia dinamicamente il glam con elementi tipici dell’industrial e dell’elettronica pura. Niente di innovativo o sperimentale, tutte cose che abbiamo ampiamente già ascoltato ma che nulla tolgono ad un progetto che risulta accattivante ed eseguito in maniera eccellente, merito anche della sapiente regia nella produzione e nel mixaggio del navigato Mika Jussila che vanta collaborazioni con artisti del calibro di Sonata Arctica, Nightwish, Poisonblack, HIM e molti altri; il tutto orchestrato all’interno dei mitici Finnvox Studio di Helsinki, vero e proprio teatro di autentici capolavori.

Possiamo quindi dire che le premesse sono quelle giuste a cui è meglio apporre però alcune precisazioni. L’album inizia con una traccia denominata Shine Of The Rusy Gear, un intro carica di pathos e riverberi sincopati che funge da antipasto per le portate più sostanziose. Si schiaccia subito forte sull’acceleratore poi, con ritmi di batteria serrata, chitarre elettriche dalle timbriche hard rock con venature gothic presenti in Planet Terror, Anghell Clown e Let Me Shout quest’ultima davvero di grande impatto e sicuramente in grado di porsi come traccia di riferimento dell’intero album. Mechanical Breath invece, ha un preambolo carico di sintetizzatori, sonorità industriali e voci suadenti che riportano in mente una matrice di stampo Ville Valo, storico leader del gruppo finlandese degli HIM. L’ultima traccia è una cover della canzone Dragula di Rob Zombie eseguita in modo abbastanza fedele.

In sostanza questo nuovo progetto mostra un passo in avanti per questa giovane formazione, si può riscontrare una notevole evoluzione nella melodia da parte dal cantante Niccolò Savinelli, che fa combaciare perfettamente la propria timbrica vocale con le sonorità prodotte dagli altri membri della band, sintomo di maggior esperienza ed affiatamento. Non è tutto oro quello che luccica però, risulta doveroso quindi esporre gli aspetti negativi presenti: la band risulta ancora acerba e bisognosa di ulteriore esperienza sia dal punto di vista compositivo che da quello stilistico. Quest’ultimo album convince ma solo in parte, si riscontra a volte una perdita di spontaneità e forza propulsiva con la presenza di un numero eccessivo di tracce superflue che fanno perdere snellezza e dinamicità al progetto. In conclusione un buon album che deve servire come passaggio intermedio per un ulteriore evoluzione in grado di proiettare questo talentuoso complesso all’interno della scena che conta realmente.

Autore: Houston Titolo Album: Mechanical Sunshine
Anno: 2011 Casa Discografica: Tanzan Music
Genere musicale: Gothic, Industrial Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.houston-rock.com
Membri band:

Niccolò Savinelli – voce, chitarra

Giovanni Savinelli – batteria

Gaby Facchini – basso

Phil – chitarra

Tracklist:

  1. Shine Of The Rusty Gear
  2. Planet Terror
  3. Anghell Clown
  4. Let Me Shout
  5. Mechanical Breath
  6. Black Rose
  7. One Day
  8. Generation ’09
  9. Velvet Pressure
  10. Truth About Me
  11. Six,Sex,Six
  12. My Swedish Baby Looks Like A Star
  13. Cold
  14. Dragula
Category : Recensioni
Tags : Industrial
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