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10th Mag2021

Motorpsycho – Kingdom Of Oblivion

by Giuseppe Celano
Mentre tutti continuano a rimandare uscite discografiche e spostare i tour al 2022, impegnandosi in live streaming e altre ben povere medicine nel tentativo d’ingannare il tempo dandosi una meta aleatoria per l’impossibilità di fare previsioni affidabili, gli unici che sembrano avere certezze per sé e per gli altri sono i Motorpsycho. Una macchina inarrestabile e puntualissima, forti di un nuovo disco pronto che supera la precedente prova in qualità e impatto. Troverete molte recensioni contrastanti e le solite, inutili chiacchiere, di chi li accuserà di aver fatto un’indigestione di prog lunga dieci anni da cui non sono ancora riusciti a riprendersi del tutto, di aver utilizzato scarti del precedente e di produrre troppa musica e dischi dal minutaggio elevato. Sono solo scuse e le scuse che, si sa, sono come il buco del culo, tutti ne hanno uno (cit.). Voi invece non ne avete, non vi potete nemmeno permettere di ignorare un disco che pretende ascolti su ascolti e rispetto, quindi passate dritti su tutte le opinioni, anche sulla nostra, mettendo play a questo gigante di 70 minuti.

Le intuizioni affiorate ascoltando i due precedenti lavori sono confermate da Kingdom Of Oblivion, più asciutto nel songwriting e quasi ripulito da lungaggini prog, testimonianza di una volontà, nonché necessità, di virare verso architetture pesanti, ritmica possente e pochi orpelli. Sebbene il rifferama hard di The Warning Pt. 1 & 2 sia incastonato fra le macerie del prog il risultato non viene minimamente intaccato. Minacciosi e incisivi, sfruttano crescendo micidiali (Dreamkiller) che fanno il verso a Psychonaut ponendo l’accento sul basso di Bent in rilievo mentre le melodie vocali s’infilano fra gli arrangiamenti, sempre intelligenti e vicini al jazz, in coda alla titletrack. Le ballate acustiche sono racchiuse in tre minuti capaci di risucchiare l’ascoltatore in una spirale di timida, ma abbagliante, bellezza (Lady May 1). Non mancano i rulli compressori (The United Debase) e chitarre tuned down, nella migliore tradizione sabbatiana, per l’oscura The Watcher (featuring The Crimson Eye). At Empire’s End richiama alla mente Lacuna / Sunrise aggrappandosi alla sezione centrale di No Quarter (Led Zeppelin) ma in pieno stile Motorpsycho che tradotto significa: struttura classica introdotta da un inizio lento, crescendo maestoso, esplosione centrale con assolo killer.

Per il grand finale The Transumation Of Comoctopus Lurker decolla come uno shuttle alimentato a stoner psicotropo, un vero colpo da maestro, con un segmento centrale da infarto, prodotto dall’asfissiante e ossessivo arpeggio degno dei King Crimson di Red. Quando tutto quello che del mondo per come lo conoscevate finora inizia a disfarsi, crollando rovinosamente, e le fondamenta mostrano segni di inesorabile cedimento, i Motorpsycho rimangono l’unico faro sicuro verso cui dirigersi per un attracco certo. I giganti norvegesi sono tornati per mostravi la strada accogliendovi come una chioccia protettiva farebbe con i suoi piccoli.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Kingdom Of Oblivion
Anno: 2021 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 8,25
Tipo: CD Sito web: www.motorpsycho.no
Membri band:
Bent Sæther – basso, voce, chitarra, mellotron
Hans Magnus Ryan – chitarra, basso, voce
Tomas Jämyr – batteria, percussioni, voce, mellotron
Tracklist:
1. The Waning Pt. 1 & 2
2. Kingdom Of Oblivion
3. Lady May
4. The United Debase
5. The Watcher
6. Dreamkiller
7. Atet
8. At Empire’s End
9. The Hunt
10. After The Fair
11. The Transmutation Of Cosmoctopus Lurker
12. Cormorant

Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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03rd Mag2021

Motorpsycho – The All Is One

by Giuseppe Celano
Niente può fermare i Motorpsycho, né le mode o il Covid-19, la relativa pandemia e l’isolamento, nonostante i 50 anni a testa l’unica cosa che avanza è la loro voglia di sperimentare e cercare soluzioni armoniche alternative. The All Is One è il terzo e conclusivo capitolo della trilogia (Yakon) Gullvag (pittore e artista norvegese), iniziata con The Tower e portata avanti con The Crucible scegliendo come copertina, per entrambi, due dei suoi dipinti. È proprio lo stesso pittore a voler dipingere un’opera inedita destinata all’ultimo arrivato nella (mai abbastanza) premiata ditta Motorpsycho. Il risultato? Una sapiente frollatura di psichedelia sixities mista a quel prog degenerato figlio dei King Crimson che, fusi fra loro, producono una superlega (non quella degli Agnelli) inattaccabile, con tanto di fiati minacciosi e basso oscuro. La vena prolifica, la creatività e la voglia di comporre nuove tracce hanno prodotto un doppio vinile aperto proprio dalla titletrack, nove minuti in pieno stile Motorpsycho. Andamento maestoso e atmosfere sognanti sui cui si spalmano le oblique melodie vocali di Bent, in piena contrapposizione alle armonie del basso e con tanto di assolo struggente prodotto dalle sapienti dita di Snah. The Same Old Rock (One Must Imagine Sisyphus Happy), ammantata da un fascino barocco, sfrutta una ritmica percussiva che richiama alla mente gli stacchi di Bonzo in Babe I’m Gonna Leave You.

Il vero mastodonte è N.O.X. I Circles Around The Sun, suddiviso in 5 pezzi per un totale di 43 minuti. Contenuta in nuce in alcuni frammenti già suonati nel 2019, la traccia prende man mano forma nel tempo continuando a evolversi, sopravvivendo attraverso serpentine mutazioni e dando come risultato una suite molto più umorale, meno macchinosa e destrutturata. Il clarinettista Lars Horntveth si occupa di Ascension anticipando l’arrivo dell’incalzante di N.O.X. II Ouroboros che alza notevolmente il tiro attraverso assoli arricchiti da ribattute, armoniche distorte e bending tiratissimo prima che il vero schiacciasassi del disco, prettamente strumentale, vi arrivi addosso spezzando tutte le vostre difese (Night Of Pan). L’idea di fondo per le liriche, e non solo, è mutata dalla filosofia di Aleister Crowley che riassunta velocemente, per non annoiarvi, afferma la necessità della morte dell’ego e del sé prima di poter ascendere spiritualmente. Il trio costruisce così un ponte immaginario su cui s’incontrano musica e pittura convivendo in questa nuova unione sigillata da Circles Around The Sun II.

Durante lo scorrere dei minuti si fa sempre più forte la sensazione che la band di Trondheim stia lentamente riprendendosi dalla sbornia prog presa in queste ultimi dieci anni per tornare ai fasti di Angels And Daemons At Play e Trust Us. The All Is One è forse l’ultima grande scorpacciata di prog inglese à la maniera della band, si va dai Genesis agli Yes fino ai Gentle Giant passando per i Beatles nelle ballad dal minutaggio contenuto. Attenzione però perché sono solo punti di riferimento e omaggi, basi da cui partire per cambi di rotta imprevedibili. Non vi aspettate scimmiottamenti o citazioni edulcorate, la band ha idee ben chiare su come gestire le cose facendole proprie attraverso una visione, e riproposizione, soggettiva di quel brillante periodo. Permettono di volare alto a chi possiede una forma mentis scevra da inutili fardelli (The Magpie) sfoggiando arrangiamenti complessi e piccoli capolavori come la ballata The Dowser. Un disco annichilente, indigesto, figlio di un power trio viv(id)o capace di stupire ancora.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: The All Is One
Anno: 2020 Casa Discografica: Psychoabble 112, Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: www.motorpsycho.no
Membri band:
Bent Sæther – basso, voce, chitarra, mellotron
Hans Magnus Ryan – chitarra, basso, voce
Tomas Jämyr – batteria, percussioni, voce, mellotron
Tracklist:
1. The All Is One
2. The Same Old Rock (One Must Imagine Sisyphus Happy)
3. The Magpie
4. Delusion (The Reign Of Humbug)
5. N.O.X.
I Circles Around The Sun Pt 1
II Ouroboros
III Ascension
IV Night Of Pan
V Circles Around The Sun Pt 2
6. Little Light
7. Dreams Of Fancy
8. The Dowser
9. Like Chrome

Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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26th Apr2021

Motorpsycho – The Light Fantastic

by Giuseppe Celano
Nell’aprile del 2020 i Motorpsycho hanno deciso di mettere in streaming una raccolta di b-side e rarità uscita in vinile nel 2019. Il progetto intitolato Operation Lighthouse, molto più vasto e tuttora in corso d’opera, ha come meta quella di rendere disponibili in digitale tutte le loro pubblicazioni partendo da The Light Fantastic. Se l’opener Take The Air (Pupil), che risente ancora della scorpacciata di prog, è fatta di saliscendi emozionali impreziositi da chitarre elettriche e acustiche, Granny Takes A Trip è hard, puro rock, nello stile dei Motorpsycho dei tardi anni novanta, con tanto di assoli taglienti sui cui Snah si sbizzarrisce dando il meglio di sé. Su Bonny Lee è Bent a comandare guidando il basso traitor su linee melodiche aggressive e schiacciasassi mentre le chitarre, acidissime e taglienti, s’infilano dal nulla entrando da tergo. A quota cinque arriva California (I’m So Sold), ballad come solo la band di Trondheim sa fare, dai toni smussati e melanconici, le armonie inaspettate e oblique, le chitarre acustiche appena sfiorate e quella magia che ci riporta nei pressi di Phanerothyme.

Se la titletrack mette a confronto la sezione più delicata, dal rifferama discendente, e ripetizioni che ricordano le atmosfere più oscure dei King Crimson, The Jig Is Up ritorna verso il prog dalle linee melodiche vellutate mentre il sound è in bilico fra Trust Us e Heavy Metal Fruit. The Light Fantastic è una buona collection che, per la prima volta, va a riunire alcune take su un unico disco che manderà in giuggiole gli amanti, mai sazi, del periodo più prog della band.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: The Light Fantastic
Anno: 2019 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: www.motorpsycho.no
Membri band:
Bent Sæther – basso, voce, chitarra, mellotron, batteria in traccia 3, percussioni in traccia 9
Hans Magnus Ryan – chitarra, basso, voce
Tomas Jämyr – batteria, percussioni, voce, mellotron
Kenneth Kapstad – batteria
Tracklist:
1. Take The Air (Pupil)
2. Granny Takes A Trip
3. Bonny Lee
4. Mockingbird
5. California (I’m So Sold)
6. The Light Fantastic
7. Go Around Once
8. The Jig Is Up
9. The Visitant
10. I.C.U.
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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07th Feb2016

Motorpsycho – Here Be Monsters

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Here Be MonstersHanno inciso un numero davvero considerevole di dischi, molti lontani anni luce fra loro, partendo dal death metal di Lobotomizer, ben 25 anni fa, passando per hard rock, psichedelia, pop e infine questo amore sconsiderato verso il prog che accompagna le loro ultime uscite. In mezzo a tutto questo hanno prodotto ben 5 Roadwork live (numero destinato a crescere a breve) molte collaborazioni, una serie catalogabile ma non sempre reperibile di EP e per finire la colonna sonora country western, The Tussler – Original Motion Picture Soundtrack, scritta e registrata per un fantomatico film mai girato. Siamo di fronte a fuoriclasse, lo avevate già capito no? I Motorpsycho ne hanno fatta di strada, senza mai snaturarsi completamente o vendersi al miglior offerente. Ecco perché sono ancora una band credibile e molto rispettata, un culto che oggi produce un nuovo lavoro, a due anni di distanza dall’ultimo Behind The Sun e dal successivo The Motorpnakotic Fragments.

Here Be Monsters parte lento e ponderoso, con approccio delicato, sostenuto da note sussurrate come la voce di chi si non si è ancora svegliato completamente dal sonno (Sleepwalking). La prima vera traccia, intitolata Lacuna Sunrise, ravviva atmosfere vicine a In The Court Of Crimson King. Poche note arpeggiate con la voce di Bent pulita e melodica, abbellita dal mostruoso lavoro di Snah. Il drumming di Kenneth è morigerato, molto lontano dalla sua solita possenza percussiva, nel rispetto di questa stupenda ballata. Un inizio da maestri dell’armonia, da metà in su la take muta attraverso un giro di basso minaccioso e affascinante mentre Snah costruisce la sezione centrale, mattone per mattone. Giocando di progressione, dentro la struttura, e alzando il volume i Motorpsycho ottengono una sorta di addizione micidiale che sfrutta tutta la loro sapienza in campo melodico ma senza disdegnare porzioni psico-acide che aumentano con il passare dei minuti. I norvegesi vantano da sempre una grazia quasi irreale nella produzione delle ballate, oblique e imprendibili. Un’apertura spaventosa insomma, non c’è altro da aggiungere.

A quota 3 arriva Running With Scissors introdotta da chitarre acustiche, affiancate e rinforzate da quelle elettriche in overdub, per questo potente strumentale in cui Snah torreggia indiscusso. I Nostri hanno registrato un disco prog che piega le regole alla loro volontà, ne muta corso e i lineamenti per adattarsi a dilatazioni pysch-hard con l’aggiunta di potenti iniezioni armoniche che la band maneggia con invidiabile classe. Questo modus operandi è il propellente di cui i Motorpsycho non possono più fare a meno. Ma è nella suite I.M.S. che la band scatena la sua dirompente forza. È come ascoltare il rumore di un terremoto catastrofico prodotto dall’elettrica di Snah, sospinta dalla sezione ritmica in fade in, con Kenneth pronto a sfondare le pelli supportato dal basso traitor di Bent. È una pièce de résistance in bilico fra Still Life With Eggplant e Behind The Sun ma con una marcia in più. Sembra di essere tornati al periodo di Trust Us in cui le jam avvenivano all’interno del brano per poi essere ulteriormente dilatate dal vivo. Dopo questa formidabile prova di forma arrivare Spin, Spin, Spin, magica ballad fatta di acustiche e voci triplicate in cori e controcanto. Impagabile la qualità del bridge, come del resto lo è il giro di basso di Saether.

Sleepwalking Again è solo un’intro, al piano, che anticipa l’ultima take di ben 17 minuti. Un mix fra paradiso e inferno di una bellezza accecante saldamente tenuta dagli artigli affondati nel giro plumbeo del basso e nella ritmica mammut. In mezzo galleggia il pianoforte mentre le voci viaggiano fra gli accordi dissonanti di Snah, placati in coda. Big Black Dog ha un golden core glaciale capace di ustionare al suo passaggio. Il terrificante risultato finale si ottiene con l’aggiunta delle tastiere che procedono verso l’ignoto spazio profondo. L’arpeggio finale si ricongiunge al main theme, delicato e solenne come solo loro sanno fare. Here Be Monsters è un ordigno nucleare e i Motorpsycho sono imbattibili. Stateci.

Autore: Motorpsycho

Titolo Album: Here Be Monsters

Anno: 2016

Casa Discografica: Stickman Records

Genere musicale: Rock Psichedelico, Progressive

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://motorpsycho.fix.no

Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. Sleepwalking

  2. Lacuna Sunrise

  3. Running With Scissors

  4. I.M.S.

  5. Spin, Spin, Spin

  6. Sleepwalking Again

  7. Big Black Dog

Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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28th Lug2014

Motorpsycho – Blissard Deluxe Edition

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Blissard Deluxe EditionIl 23 novembre del 2012, come fu per il mastodonte Timothy’s Monster, anche Blissard esce in versione deluxe su 4 cd che comprendono The KiT-Session, con missaggio alternativo del disco originale, varie alternative take, b-sides e inediti.Iniziamo dal primo disco: Blissard vol. 1 The Original Album. Secondo Snah, l’album è stato composto come un concept album (armonico) in cui non proprio tutto è andato per il verso giusto. Registrato in Svezia con un nuovo ingegnere del suono, il disco si allontana dalle classiche sonorità hard rock psichedelico per defluire verso sonorità più strutturate, simili per alcuni aspetti al muro di suono dei Sonic Youth piuttosto che ai Dinosaur Jr.; l’intenso amplesso nato dall’intreccio fra le due chitarre emerge prepotentemente nella violenta coppia d’apertura formata da Sinful, Wind-Borne e “Drug Thing”. True Middle è un inquietante antipasto che introduce lo schiacciasassi S.T.G. (su Charles Manson) mentre Greener è una ballad strana, molto particolare grazie al suo crescendo armonico. Insomma, a differenza del passato, Blissard muta anche nel processo compositivo. Stavolta i Motorpsycho sono più “professionali”, meticolosi e attenti ai dettagli, tanto da sacrificare la spontaneità affiorata nei precedenti lavori. Il gioco fra chitarre e basso non è più mutuato dalle lunghe jam, la band porta in studio idee ben chiare che prova fino alla sfinimento. Meno coeso e molto più frammentario dei suoi predecessori Blissard soffre di disomogeneità che forse oggi, a distanza di 17 anni, lo rende l’album più particolare e intrigante della band.

Distorto quanto basta, slegato da strutture (anche mentali) precostituite e lontanissimo dal classico “song-like format”, questo nuovo lavoro del power-trio di Trondheim è spiazzante e inaspettato, quindi altrettanto affascinante. È come se i Motorpsycho avessero voluto liberarsi definitivamente del loro passato ma anche delle categorie in cui tutti noi abbiamo provato a ingabbiarli. Blissard è la dichiarazione d’indipendenza di una band che, sin dai primi dischi, ha sempre dimostrato di possedere un animo proteiforme adatto al cambiamento, proteso verso un futuro non ancora scritto. La loro è una piacevole incertezza, un continuo fermento mutante che mette i brividi (Fool’s Gold). I Motorpsycho sono un’equazione di 4° grado, pieni di incognite che speriamo non si risolvano mai davvero. P.S. Se avete il disco a casa potreste ritrovarvi la versione contenente una hidden track molto ben nascosta. Curiosi eh?

Passiamo al secondo disco: When The World Sleeps. S’inizia con Stalmate dall’aspetto spartano e rivista in chiave psichedelica resa maestosa dalla lentezza della sezione ritmica. Nel complesso pareggia con la versione uscita in Angels And Daemons At Play e ne arricchisce il risultato finale. Un ulteriore prova della poliedricità di questa band mai troppo osannata. Subito dopo questo fulminante inizio si arriva alla versione rallentata di Flick Of The Wrist, pura gioia per le orecchie e un tuffo al cuor di una bellezza disarmante, legata al nuovo assolo di Snah, quasi sei minuti ricchi di un pathos straziante. Ryan è sempre stato un musicista capace di spazzare via anche le difese più resistenti. La profondità di When The World Sleeps (ci) fa ripiombare in quel periodo in cui i Motorpsycho affidavano le proprie visioni impalpabili a Deathprod affinché le rendesse reali, manipolandole attraverso le varie diavolerie elettroniche di cui è maestro indiscusso. Black W’avvit è una pesante spirale nera come pece, una cavalcata esasperante che ricorda i Cult Of Luna con il solito Snah in gran spolvero e Bent che si scortica le corde vocali mentre produce linee armoniche ipnotiche attraverso il basso mammut.

Aprendo con un accordo che richiama i Pink Floyd di Wish You Were Here, e precisamente quelli di Welcome To The Machine, si arriva a The Ballad Of Patrick & Putrick. Originariamente uscita sull’EP Hey Jane, qui è ammantata da una cortina psicotropa con chitarre acustiche e atmosfere pacate, sempre forte di quei crescendo in cui la band di Trondheim è imbattibile. Stesso trattamento subiscono 7th Dream e la conclusiva Mad Sun, entrambe già uscite in due EP. La sensazione complessiva è di una band più pacata ma sempre capace di uccidere con un balzo attraverso arrangiamenti raffinati che contraddistinguono i Motorpsycho da molte altre band del loro periodo. Non ci soffermeremo molto sul terzo CD, The Pidah Mixes, è molto simile a Blissard, versione 1996, con qualche arrangiamento diverso in “Drug Thing”, Greener e The Nerve Tattoo. Da segnalare The Matter With Her, unico inedito non del tutto a fuoco, una ballata elettrica che nulla toglie o aggiunge alla grandezza del trio. Dopo un’interessante Like Always ritroviamo ancora Stalmate in una veste nuova che vi sorprenderà corteggiando i (vostri) sensi senza possibilità di scampo. In questa caccia al tesoro l’unico modo per scovare i particolari è indissolubilmente legato a un molteplice ascolto, ma non prima di aver ripreso in mano il CD originale per un ripasso dovuto e sempre piacevole.

Quarto album, The Ones That Got Away B-sides. Dopo l’iniziale alternative take The Nerve Tattoo, i Nostri infarciscono questo quarto disco con una versione acustica di The Wheel, gigante di 17 minuti uscito originariamente sul secondo CD di Timothy’s Monster, qui ridimensionato a sette minuti quasi bucolici. A Saw Full Of Seration e Pale Day sono veloci intermezzi acustici che lasciano il posto a Mad Sun in versione ridotta che non differisce molto dal master andato in stampa. Bisogna aspettare Heaven And Hell (omaggio ai Sabbath di Ronnie James Dio?) per destarsi dal torpore ipnotico attraverso una cavalcata killer, piena di effetti applicati alle potenti e snelle chitarre di Ryan. Never Ludge è un rough mix di ciò che diventerà presto Walking On The Water, con apprezzabili variazioni non del tutto a fuoco ma che lasciano intravedere la sua naturale evoluzione futura. Un ritorno alle origini (Demon Box) si ha con la psicotica Baby Scooter, grezza, con pochi accordi di matrice punk e ritmica spaccaossa. Da segnalare inoltre Silver Tongue e la narcolettica A Short Cut To The Stars, altra ballata pigra con effetti spaziali che ruotano dentro le orecchie bucando il cervello.

Questa versione estesa di Blissard non è solo uno sfizio per completisti o un trofeo per collezionisti, ma un’operazione davvero meritevole di ripetuti ascolti e un gran lavoro che vale per intero il costo, modesto, di questi 4 CD. Sempre prolissi, anche se preferiamo pensare che siano molto generosi, i Motorpsycho danno lezioni di rock con una classe invidiabile a molti dei loro colleghi.

 

Autore: Motorpsycho

Titolo Album: Blissard Deluxe Edition

Anno: 2012

Casa Discografica: Stickman Records

Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: CD

Sito web: http://motorpsycho.fix.no

Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarra, taurus,

Hans Magnus Ryan – chitarra, voce, taurus, banjo

Håkon Gebhardt – batteria

Morten Fagervik – chitarra, mellotron, clarinetto, organo, piano, vibraphone, voce

 

Helge Sten (Deathprod) – samples, echoplex, theremin

Ole Henrik Moe (Ohm) – violino

Bitten Forsudd – voce

Rolf Yngve Uggen – voce

Matt Burt – voce

M. Banto – pandeira

Tracklist:

Disc 1: Blissard vol. 1 The Original Album

  1. Hidden Track

  2. Sinful, Wind-borne

  3. “Drug Thing”

  4. Greener

  5. ‘s Numbness

  6. The Nerve Tattoo

  7. True Middle

  8. S.T.G.

  9. Manmower

  10. Fool’s Gold

  11. Nathan Daniel’s Tune From Hawaii

Disc 2: Blissard vol.2 – When The World Sleeps (The KiT-sessions, 1994)

  1. Stalemate

  2. Flick of the Wrist

  3. When the World Sleeps

  4. Black W’abbit

  5. The Ballad of Patrick & Putrick

  6. 7th Dream

  7. Mad Sun

Disc 3: Blissard vol.3 – The Pidah Mixes

Sinful, Wind-borne

  1. “Drug Thing”

  2. Greener

  3. The Matter With Her

  4. ‘s Numbness

  5. The Nerve Tattoo

  6. Manmower

  7. Like Always

  8. True Middle

  9. S.T.G.

  10. Stalemate

Disc 4: Blissard vol.4 – The Ones That Got Away B-sides, rehearsal tapes, the Atlantis psychosis files…

  1. The Nerve Tattoo

  2. Of Beacons & Beams

  3. The Wheel

  4. Pale Day

  5. Mad Sun (short version)

  6. A Saw Sage Full of Secretion

  7. Heaven and Hell

  8. Sterling Says

  9. Never Judge

  10. Baby Scooter

  11. In the Midst of All That

  12. Silver Tongue

  13. Dave Gave Up

  14. That Dying Breed

  15. “Drug Thing”

  16. A Shortcut to the Stars

  17. Aa Luna

  18. Atlantis Swing

  19. Familjen tar plats i studion/Fyra kvällar session

  20. Jazz på trøndska

Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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21st Lug2014

Motorpsycho – Still Life With Eggplant

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Still Life With EggplantSono passati quasi venticinque anni dal loro primo disco, nel frattempo il trio di Trondheim ha preso vari sentieri, a volte molto tortuosi. Alcuni addirittura diametralmente opposti alle loro origini tanto da creare confusione anche nell’ascoltatore più aperto e preparato e nel fan accanito. Questa loro voglia di non ripetersi, accettando la sfida insita nel cambiamento, li ha portati molto lontani. In ogni disco i tre alfieri hanno fatto nuove vittime scegliendo come punto di partenza la rivoluzione interna e afferrando ogni possibile occasione per rinnovarsi. L’imprevedibilità è la manovra madre, l’origine del fuoco che ancora brucia dentro questi biker dell’hard rock. Negli ultimi anni sono tornati alle origini: lunghe jam psichedeliche che, sotto le mentite spoglie del song-like format, nascondono un intricato mondo di orizzonti mutanti. Still Life With Eggplant è la summa e la massima rappresentazione di questo processo, cinque take che citano l’hard rock di Black Sabbath e Deep Purple ma danzano anche con melodie altre, fondendosi alla perfezione fra loro. August è l’occhiolino attraverso il quale potrete scrutare tutti questi elementi. L’intreccio di chitarre arpeggiate (con Reine Fiske in gran spolvero), prima dell’esplosione dell’ascia elettrica di Snah (il suo solo è inarrestabile, fantastico nel bending tirato e nella scelta azzeccata delle linee melodiche) è lì pronto a ricordarci la grandezza di questo combo norvegese, la sua classe cristallina. Anche quando si tratta di rivisitare brani come questo dei Love, la band sfoggia raffinatezza che usa per trasformare i parti altrui in personalissime cover.

Ratcatcher è una cavalcata di 17 minuti di materiale incandescente e psicotropo, un altoforno dentro cui confluiscono tutte le loro influenze musicali, mescolate e fuse nella sezione centrale. Kenneth sfoggia un drumming trascinante, potente nella sua morsa che non molla mai la presa. Il suo modo ansiogeno e nervoso di suonare calza a pennello su queste cavalcate lisergiche. Come per il Big Bang, anche Ratcatcher dopo l’esplosione iniziale e la confusione degli elementi con il passare dei minuti si dirige verso la stabilizzazione attraverso una serie di piacevoli ghirigori, mai fini a se stessi, che condurranno l’ascoltatore verso il gran finale. Barleycorn (Let It Come/ Let It Be) rappresenta in toto i Motorpsycho nella loro magnifica capacità di scrivere gioielli nel formato ballad. Allo stesso tempo è un calzante esempio in cui appaiono tutti gli elementi del pop (periodo Let Them Eat Cake/It’s A Love Cult) egregiamente arrangiati e facili da assimilare, ma forti di una struttura estremamente complessa. Mai stanchi di stupire e di scrivere canzoni dal polso fermo, ma capaci di cullarti, Snah, Kenneth e Bent sfornano The Afterglow, ballata di rara bellezza posta come sigillo per la chiusura di un grande album.

Checché ne dicano i detrattori, i Motorpsycho si confermano una band viva e fresca che ha ancora molte cose da dire evitando di lasciarsi trascinare dall’effetto-scia del mainstream, in cui per altro non sono mai finiti. Mantenendo una qualità così alta e una coerenza che molti dei loro colleghi possono solo sognare, non è roba da tutti.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Still Life With Eggplant
Anno: 2013 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: EP Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. Hell, Part 1-3
  2. August
  3. Barleycorn (Let It Come / Let It Be)
  4. Ratcatcher
  5. The Afterglow
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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14th Lug2014

Motorpsycho – The Death Defying Of The Unicorn

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - The Death Defying Of The UnicornArrivati al quindicesimo album, i Motorpsycho affondano le radici nella ricerca di un leit motiv che giustifichi e conduca in avanti la fusione fra prog rock-jazz, tentativo già emerso in minima parte nei precedenti lavori. Per farlo s’avvalgono dell’aiuto di Ståle Storløkken, vecchia conoscenza già a lavoro con i Supersilent, e parte della Trondheim Jazz Orchestra. Il disco come al solito soffre di una durata mastodontica, caratteristica tipica della band di Trondheim. Si parte sulle note di Out Of The Woods, introdotta da fiati e archi su cui arriva puntuale il basso di Bent per una take da camera che, partendo dalla confusione degli elementi, finisce in una cavalcata confluendo nella successiva The Hollow Lands. Nove minuti di ballata bucolica in cui il trio mostra la raffinatezza delle strutture melodiche sferzate dal solito basso distorto sotto cui Kenneth procede come un inarrestabile carro armato. Siamo di fronte a un blocco di granito durissimo, smussato solo dalla sezione fiati perfettamente innestata con la parte più rumorosa dei Motorpsycho, frutto della sapiente chitarra di Snah. Non da meno, per estensione e voglia di osare, è la successiva Through The Veil, suite di diciassette minuti in cui si fanno i conti con le orchestrazioni efficaci degli ospiti. L’equilibrio è solido, quasi sobrio oseremo dire. I continui cambi d’atmosfera trascinano l’ascoltatore in virate estreme, parto della prolificità creativa del combo.

Il lavoro non è esente da momenti di passaggio in cui sembra che non proprio tutte le cose non funzionino a dovere, pecca di cui soffrono moltissimi tentativi di conciliare l’aspetto scapigliato del rock e la categorica inflessibilità della sezione jazz/classica. Ma la band, fra creatività e mestiere, ne esce degnamente senza riportare grandissime ferite. Into The Gyre viaggia sulle stesse traiettorie dei precedenti brani, parte lenta fino a trasformarsi in una fuga nello spazio, forte di un rifferama ansiogeno sospinto dal basso killer di Saether. Un po’ meno efficace l’apertura del secondo CD affidata alla statica Oh Proteus – A Prayer, otto minuti di strutture macchinose e senza una tangibile soluzione di continuità. Devono passare anche La Leche e Sharks, una ballata a là Motorpsycho deprivata di tutti gli elementi base, tanto da risultare impalpabile.

È Mutiny, con il suo andamento ritmico preso in prestito da Achilles Last Stand (Zeppelin), a riprendere in mano la situazione ridandoci la band in piena forma, impegnata nella cosa che sa fare meglio: le cavalcate hard rock-space. Archi crimsoniani, doppia cassa killer e ghirigori in avvitamento in un delirio che richiama, mantenendo le debite distanze, gli onirici voli di Sun Ra. Chiude la potente Into The Mystic, summa e massima rappresentazione di ciò che sono stati i Motorpsycho nel 2012.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: The Death Defying Of The Unicorn
Anno: 2012 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

 

Ola Kvernberg – violino

Kåre Chr. Vestrheim – mellotron, gong

Tracklist:

Disc 1

  1. Out Of The Woods
  2. The Hollow Lands
  3. Through The Veil
  4. Doldrums
  5. Into The Gyre
  6. Flotsam

Disc 2

  1. Oh Proteus – A Prayer
  2. Sculls In Limbo
  3. La Lethe
  4. Oh Proteus – A Lament
  5. Sharks
  6. Mutiny!
  7. Into The Mystic
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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07th Lug2014

Motorpsycho – Roadwork Vol. IV – Intrepid Skronk

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Roadwork Vol. IV – Intrepid SkronkDopo il mastodontico Roadwork vol. III, formato da due DVD che raccoglievano tutti i loro video, un concerto intero e varie chicche, per il capitolo successivo i Motorpsycho tornano al classico formato CD. Il nuovo live comprende brani nuovi e vecchi, si parte sulle note di The Bomb-Proof Roll & Beyond, suite di 21 minuti che al suo interno contiene Arne Hassle/Qajaasaaeneq/The Sea of Diamonds/Oops, Fusion…/Arne Hassle (Slight Return). Tutto nella norma insomma: le jam session in cui la band si regala la possibilità di dar sfogo alla logorrea live ci sono, tutta la loro forza espressiva anche. La capacità d’improvvisare arrangiando magnificamente i dettagli confluiscono in queste cavalcate psych-prog dall’anima in puro acciaio liquido. Le chicche si sprecano, al secondo posto infatti si trova una versione magica di All Is Loneliness con Snah in piena forma. Il suo tocco è delicato e leggero, la sezione ritmica appena accennata per tutta la prima parte. Quando i Motorpsycho usano questa struttura, l’epilogo è ben chiaro a tutti i loro fan, infatti da metà brano in su l’incalzante basso si fa avanti, i pattern diventano serrati, la voce di Bent si lamenta con maggior veemenza fino all’arrivo della distorsione finale. Un brivido e via, è la fine. Quasi, perché la fine arriva davvero con una versione devastante di Wishing Well. Questa versione è stata estratta dal concerto di Milano e mostra uno Snah capace di funambolici avvitamenti, impegnato in un crescendo chitarristico da infarto. La progressione armonica, l’aumento costante dei volumi e il pathos evocato dalla sua chitarra sono impressionanti. Sempre sostenuto dal basso circolare di Bent, sospinto a sua volta dal drumming di Kenneth, il lungo crinito chitarrista gonfia l’assolo con una serie di note da vertigine. Capolavoro.

Per riprendersi dallo sforzo emozionale arriva una versione jazzistica e dilatata di Landslide. L’indemoniata Kills Devils Hills prepara il terreno per la conclusiva The Alchemyst che va a sigillare questi ottanta minuti di puro magma liquido di provenienza norvegese. Quest’ultima take è una cavalcata infernale che non consoce tregua, veloce, serrata e con un’anima prog-rock preponderante. A differenza di molte altre band del nord Europa, quello che probabilmente contraddistingue i Motorpsycho, facendoli amare alla follia dal pubblico italiano, è il loro grande cuore. La capacità di produrre temperature altissime a dispetto dalla loro gelida regione geografica e il loro attaccamento all’epoca d’oro degli anni settanta, che nessun buon amante della musica ha mai lasciato cadere dal cuore, sono la ciliegina che rende la band di Trondeheim unica nel suo genere. Live micidiale.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Roadwork Vol. IV – Intrepid Skronk
Anno: 2011 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarra, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarra, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. The Bomb-Proof Roll & Beyond, I) Arne Hassle, II) Qajaasaaeneq, III) The Sea Of Diamonds, IV) Ooops, Fusion…, V) Arne Hassle (Slight Return)
  2. All Is Loneliness (Visions From A Possible Cornucopic Future)
  3. Wishing Well
  4. Landslide
  5. Kill Devil Hills
  6. The Alchemyst
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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30th Giu2014

Motorpsycho – Heavy Metal Fruit

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Heavy Metal FruitA un anno di distanza da Child Of The Future, che già aveva mostrato ottimi segni di ripresa, i Motorpsycho si riappropriano di quello scenario seventies, a loro tanto caro, producendo un altro mastodonte figlio dell’heavy metal. A differenza del precedente lavoro, reso più asciutto dalla presenza di Steve Albini, Heavy Metal Fruit mostra quella solita prolissità tipica delle jam psycho hard rock tanto amate dalla band di Trondheim. Questo disco è molto più psichedelico e lontano dalla forma canzone classica, il trio opta per l’improvvisazione in studio a cui ogni tanto i tre mettono qualche paletto di delimitazione. Snah, a sua detta, è andato in overdose di Black Sabbath durante la gestazione di questo disco, e la musica non tradisce di certo le sue parole con risultati abbastanza netti. Gli special guest presenti, Mathias Eick (Jaga Jazzist) alla tromba e Hanne Hukkelberg alla voce, adornano le composizioni su cui c’è veramente poco da discutere. A polverizzare tutto ci pensa lo schiacciasassi Starhammer, un maglio rotante in continua costruzione che, se dapprima gioca sulla sottrazione, cambia rotta aggiungendo elementi per un crescendo caustico e caotico, un gioco di specchi che sul finale riporta al tema iniziale in un vortice trascinante.

Il sound è potente ma non secco, gli orpelli ci sono e riempiono il sound della successiva X-3 (Knuckleheads In Space), adrenalinica cavalcata al fulmicotone che stempera il suo carattere aggressivo nella sezione centrale, arricchita di passaggi free-jazz. Poi la musica plana lentamente dentro il magico gioco di saliscendi emozionali, ottenuti con l’ispessimento continuo dei dettagli, fino all’esplosione finale. Il tutto è collegato in presa diretta al riff, killer, del basso che introduce The Bombpoof Roll And Beyond. In questo, e molto altro ancora, i Motorpsycho sono (cattivi) maestri insuperabili. L’unico passaggio lento è Close Your Eyes che però non ha la forza né il livello raggiunto delle precedenti ballate. W.B.A.T. è una cavalcata elettrica bomba, se epurata dalla caotica sezione iniziale sarebbe un pièce de résistance perfetto. Suono massiccio, riff potenti, basso mammut, insomma un pezzo à la Motorpsycho alle prese con la loro decade preferita, gli anni ’70. L’assolo di Snah è da manuale, in un solo colpo cita i più grandi del genere riuscendo a mantenere una certa coerenza e personalità.

Chiude questo viaggio la lunga, ben 19 minuti, Gulliver’s Travails Pt. I-IV, che racchiude quanto finora detto su questo disco. Sfoggiano rifferama classico, divagazioni prog, accenni jazzistici con crescendo psichedelico spalmati in venti minuti in cui i Motorpsycho si fidano del proprio pubblico giocando a carte scoperte. Quest’apertura però comporta anche l’emersione di ombre e di scelte discutibili, legate alla prosopopea della loro musica del nuovo millennio, forse non sempre all’altezza delle aspettative e in difetto, a volte, di creatività.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Heavy Metal Fruit
Anno: 2010 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. Starhammer
  2. X-3 (Knuckleheads In Space)
  3. The Bombpoof Roll And Beyond
  4. Close Your Eyes
  5. W.B.A.T.
  6. Gulliver´s Travails Pt. I-IV
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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23rd Giu2014

Motorpsycho – Child Of The Future

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Child Of The FutureÈ il 2009 quando la band di Trondheim inizia a mostrare i primi segni di una lenta guarigione. Il disco in questione è Child Of The Future, lavoro di difficile e lunga gestazione (come fu per Blissard) la cui essenza è sapientemente intrappolata dall’esperienza di Steve Albini al mixer (Electrical Audio, Chicago). Il nuovo lavoro spinge corde classiche della band aumentando la dose di distorsione, si procede a muso duro e denti stretti ma senza perdere quella voglia di scrivere ballate psichedeliche dall’andatura sghemba e melodia obliqua (The Ozzylot). Hans Magnus Ryan e Bent Sæther ridiventano un trio fisso con l’aggiunta, in pianta stabile ormai, dell’altro pazzo picchiatore di pelli noto all’anagrafe come Kenneth Kapstad. Dei nuovi Motorpsycho possiamo ammirare il cambiamento sin dalla psicotica Riding The Tiger, forte di riff ossessivi e instancabili pattern ritmici. Il tutto è registrato à la maniera di Steve: suoni secchi e puliti, la distorsione è quella ottenuta dagli effetti sulle due asce, sì due, si sa Bent suona il basso come fosse una seconda Gibson. È con Whole Lotta Diana che si torna a ragionare secondo schemi di matrice seventies basati sul rifferama granitico, cambi di tempo in accelerazione e assoli carichi di elettricità. Questa cavalcata psichedelica avrà strappato più di un sorriso a Steve e renderà felice lo zoccolo duro, ma non solo, dei Motorpsycho.

Cornucopia è un brano di un altro pianeta, parte lento sulle note del pianoforte raggiunto dal basso. Cresce lentamente, come uno tsunami che s’avvicina alla costa, alzando imperiosamente la testa domina dall’alto della sua mole mentre si va a schiantare sull’ascoltatore con un’energia cinetica letale. L’incipit di Mr. Victim, condotto dal basso, sembra una dichiarazione di guerra in pieno stile Shellac, poi muta in una cavalcata a perdifiato in cui Snah infila le sue acide note mentre Kenneth martella incessantemente la batteria, producendosi in stop and go ansiogeni. Solo sul viale del tramonto i toni si smorzano nella ballata acustica The Waiting Game, una di quelle che potreste trovare nei vari sette e dieci pollici in vendita nei loro banchetti. Le chitarre dialogano fra loro, mentre la voce di Bent conduce i giochi. Poche note, aspetto lo-fi, loop di fondo e un andamento rilassante. Tanto basta.

Insomma si tratta di un disco pieno e possente, anche la title-track finale usa muscoli e classe, è pregna di assoli killer sostenuti da ritmiche corpose e una capacità ormai insindacabile di azzeccare melodie così particolari da lasciare un segno indelebile a ogni passaggio. Tanta roba, di qualità superiore.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Child Of The Future
Anno: 2009 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. The Ozzylot (Hidden In A Girl)
  2. Riding The Tiger
  3. Whole Lotta Diana
  4. Cornucopia (…Or Satan, Uh… Something)
  5. Mr. Victim
  6. The Waiting Game
  7. Child Of The Future
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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