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07th Feb2016

Motorpsycho – Here Be Monsters

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Here Be MonstersHanno inciso un numero davvero considerevole di dischi, molti lontani anni luce fra loro, partendo dal death metal di Lobotomizer, ben 25 anni fa, passando per hard rock, psichedelia, pop e infine questo amore sconsiderato verso il prog che accompagna le loro ultime uscite. In mezzo a tutto questo hanno prodotto ben 5 Roadwork live (numero destinato a crescere a breve) molte collaborazioni, una serie catalogabile ma non sempre reperibile di EP e per finire la colonna sonora country western, The Tussler – Original Motion Picture Soundtrack, scritta e registrata per un fantomatico film mai girato. Siamo di fronte a fuoriclasse, lo avevate già capito no? I Motorpsycho ne hanno fatta di strada, senza mai snaturarsi completamente o vendersi al miglior offerente. Ecco perché sono ancora una band credibile e molto rispettata, un culto che oggi produce un nuovo lavoro, a due anni di distanza dall’ultimo Behind The Sun e dal successivo The Motorpnakotic Fragments.

Here Be Monsters parte lento e ponderoso, con approccio delicato, sostenuto da note sussurrate come la voce di chi si non si è ancora svegliato completamente dal sonno (Sleepwalking). La prima vera traccia, intitolata Lacuna Sunrise, ravviva atmosfere vicine a In The Court Of Crimson King. Poche note arpeggiate con la voce di Bent pulita e melodica, abbellita dal mostruoso lavoro di Snah. Il drumming di Kenneth è morigerato, molto lontano dalla sua solita possenza percussiva, nel rispetto di questa stupenda ballata. Un inizio da maestri dell’armonia, da metà in su la take muta attraverso un giro di basso minaccioso e affascinante mentre Snah costruisce la sezione centrale, mattone per mattone. Giocando di progressione, dentro la struttura, e alzando il volume i Motorpsycho ottengono una sorta di addizione micidiale che sfrutta tutta la loro sapienza in campo melodico ma senza disdegnare porzioni psico-acide che aumentano con il passare dei minuti. I norvegesi vantano da sempre una grazia quasi irreale nella produzione delle ballate, oblique e imprendibili. Un’apertura spaventosa insomma, non c’è altro da aggiungere.

A quota 3 arriva Running With Scissors introdotta da chitarre acustiche, affiancate e rinforzate da quelle elettriche in overdub, per questo potente strumentale in cui Snah torreggia indiscusso. I Nostri hanno registrato un disco prog che piega le regole alla loro volontà, ne muta corso e i lineamenti per adattarsi a dilatazioni pysch-hard con l’aggiunta di potenti iniezioni armoniche che la band maneggia con invidiabile classe. Questo modus operandi è il propellente di cui i Motorpsycho non possono più fare a meno. Ma è nella suite I.M.S. che la band scatena la sua dirompente forza. È come ascoltare il rumore di un terremoto catastrofico prodotto dall’elettrica di Snah, sospinta dalla sezione ritmica in fade in, con Kenneth pronto a sfondare le pelli supportato dal basso traitor di Bent. È una pièce de résistance in bilico fra Still Life With Eggplant e Behind The Sun ma con una marcia in più. Sembra di essere tornati al periodo di Trust Us in cui le jam avvenivano all’interno del brano per poi essere ulteriormente dilatate dal vivo. Dopo questa formidabile prova di forma arrivare Spin, Spin, Spin, magica ballad fatta di acustiche e voci triplicate in cori e controcanto. Impagabile la qualità del bridge, come del resto lo è il giro di basso di Saether.

Sleepwalking Again è solo un’intro, al piano, che anticipa l’ultima take di ben 17 minuti. Un mix fra paradiso e inferno di una bellezza accecante saldamente tenuta dagli artigli affondati nel giro plumbeo del basso e nella ritmica mammut. In mezzo galleggia il pianoforte mentre le voci viaggiano fra gli accordi dissonanti di Snah, placati in coda. Big Black Dog ha un golden core glaciale capace di ustionare al suo passaggio. Il terrificante risultato finale si ottiene con l’aggiunta delle tastiere che procedono verso l’ignoto spazio profondo. L’arpeggio finale si ricongiunge al main theme, delicato e solenne come solo loro sanno fare. Here Be Monsters è un ordigno nucleare e i Motorpsycho sono imbattibili. Stateci.

Autore: Motorpsycho

Titolo Album: Here Be Monsters

Anno: 2016

Casa Discografica: Stickman Records

Genere musicale: Rock Psichedelico, Progressive

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://motorpsycho.fix.no

Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. Sleepwalking

  2. Lacuna Sunrise

  3. Running With Scissors

  4. I.M.S.

  5. Spin, Spin, Spin

  6. Sleepwalking Again

  7. Big Black Dog

Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
1 Comm
28th Lug2014

Motorpsycho – Blissard Deluxe Edition

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Blissard Deluxe EditionIl 23 novembre del 2012, come fu per il mastodonte Timothy’s Monster, anche Blissard esce in versione deluxe su 4 cd che comprendono The KiT-Session, con missaggio alternativo del disco originale, varie alternative take, b-sides e inediti.Iniziamo dal primo disco: Blissard vol. 1 The Original Album. Secondo Snah, l’album è stato composto come un concept album (armonico) in cui non proprio tutto è andato per il verso giusto. Registrato in Svezia con un nuovo ingegnere del suono, il disco si allontana dalle classiche sonorità hard rock psichedelico per defluire verso sonorità più strutturate, simili per alcuni aspetti al muro di suono dei Sonic Youth piuttosto che ai Dinosaur Jr.; l’intenso amplesso nato dall’intreccio fra le due chitarre emerge prepotentemente nella violenta coppia d’apertura formata da Sinful, Wind-Borne e “Drug Thing”. True Middle è un inquietante antipasto che introduce lo schiacciasassi S.T.G. (su Charles Manson) mentre Greener è una ballad strana, molto particolare grazie al suo crescendo armonico. Insomma, a differenza del passato, Blissard muta anche nel processo compositivo. Stavolta i Motorpsycho sono più “professionali”, meticolosi e attenti ai dettagli, tanto da sacrificare la spontaneità affiorata nei precedenti lavori. Il gioco fra chitarre e basso non è più mutuato dalle lunghe jam, la band porta in studio idee ben chiare che prova fino alla sfinimento. Meno coeso e molto più frammentario dei suoi predecessori Blissard soffre di disomogeneità che forse oggi, a distanza di 17 anni, lo rende l’album più particolare e intrigante della band.

Distorto quanto basta, slegato da strutture (anche mentali) precostituite e lontanissimo dal classico “song-like format”, questo nuovo lavoro del power-trio di Trondheim è spiazzante e inaspettato, quindi altrettanto affascinante. È come se i Motorpsycho avessero voluto liberarsi definitivamente del loro passato ma anche delle categorie in cui tutti noi abbiamo provato a ingabbiarli. Blissard è la dichiarazione d’indipendenza di una band che, sin dai primi dischi, ha sempre dimostrato di possedere un animo proteiforme adatto al cambiamento, proteso verso un futuro non ancora scritto. La loro è una piacevole incertezza, un continuo fermento mutante che mette i brividi (Fool’s Gold). I Motorpsycho sono un’equazione di 4° grado, pieni di incognite che speriamo non si risolvano mai davvero. P.S. Se avete il disco a casa potreste ritrovarvi la versione contenente una hidden track molto ben nascosta. Curiosi eh?

Passiamo al secondo disco: When The World Sleeps. S’inizia con Stalmate dall’aspetto spartano e rivista in chiave psichedelica resa maestosa dalla lentezza della sezione ritmica. Nel complesso pareggia con la versione uscita in Angels And Daemons At Play e ne arricchisce il risultato finale. Un ulteriore prova della poliedricità di questa band mai troppo osannata. Subito dopo questo fulminante inizio si arriva alla versione rallentata di Flick Of The Wrist, pura gioia per le orecchie e un tuffo al cuor di una bellezza disarmante, legata al nuovo assolo di Snah, quasi sei minuti ricchi di un pathos straziante. Ryan è sempre stato un musicista capace di spazzare via anche le difese più resistenti. La profondità di When The World Sleeps (ci) fa ripiombare in quel periodo in cui i Motorpsycho affidavano le proprie visioni impalpabili a Deathprod affinché le rendesse reali, manipolandole attraverso le varie diavolerie elettroniche di cui è maestro indiscusso. Black W’avvit è una pesante spirale nera come pece, una cavalcata esasperante che ricorda i Cult Of Luna con il solito Snah in gran spolvero e Bent che si scortica le corde vocali mentre produce linee armoniche ipnotiche attraverso il basso mammut.

Aprendo con un accordo che richiama i Pink Floyd di Wish You Were Here, e precisamente quelli di Welcome To The Machine, si arriva a The Ballad Of Patrick & Putrick. Originariamente uscita sull’EP Hey Jane, qui è ammantata da una cortina psicotropa con chitarre acustiche e atmosfere pacate, sempre forte di quei crescendo in cui la band di Trondheim è imbattibile. Stesso trattamento subiscono 7th Dream e la conclusiva Mad Sun, entrambe già uscite in due EP. La sensazione complessiva è di una band più pacata ma sempre capace di uccidere con un balzo attraverso arrangiamenti raffinati che contraddistinguono i Motorpsycho da molte altre band del loro periodo. Non ci soffermeremo molto sul terzo CD, The Pidah Mixes, è molto simile a Blissard, versione 1996, con qualche arrangiamento diverso in “Drug Thing”, Greener e The Nerve Tattoo. Da segnalare The Matter With Her, unico inedito non del tutto a fuoco, una ballata elettrica che nulla toglie o aggiunge alla grandezza del trio. Dopo un’interessante Like Always ritroviamo ancora Stalmate in una veste nuova che vi sorprenderà corteggiando i (vostri) sensi senza possibilità di scampo. In questa caccia al tesoro l’unico modo per scovare i particolari è indissolubilmente legato a un molteplice ascolto, ma non prima di aver ripreso in mano il CD originale per un ripasso dovuto e sempre piacevole.

Quarto album, The Ones That Got Away B-sides. Dopo l’iniziale alternative take The Nerve Tattoo, i Nostri infarciscono questo quarto disco con una versione acustica di The Wheel, gigante di 17 minuti uscito originariamente sul secondo CD di Timothy’s Monster, qui ridimensionato a sette minuti quasi bucolici. A Saw Full Of Seration e Pale Day sono veloci intermezzi acustici che lasciano il posto a Mad Sun in versione ridotta che non differisce molto dal master andato in stampa. Bisogna aspettare Heaven And Hell (omaggio ai Sabbath di Ronnie James Dio?) per destarsi dal torpore ipnotico attraverso una cavalcata killer, piena di effetti applicati alle potenti e snelle chitarre di Ryan. Never Ludge è un rough mix di ciò che diventerà presto Walking On The Water, con apprezzabili variazioni non del tutto a fuoco ma che lasciano intravedere la sua naturale evoluzione futura. Un ritorno alle origini (Demon Box) si ha con la psicotica Baby Scooter, grezza, con pochi accordi di matrice punk e ritmica spaccaossa. Da segnalare inoltre Silver Tongue e la narcolettica A Short Cut To The Stars, altra ballata pigra con effetti spaziali che ruotano dentro le orecchie bucando il cervello.

Questa versione estesa di Blissard non è solo uno sfizio per completisti o un trofeo per collezionisti, ma un’operazione davvero meritevole di ripetuti ascolti e un gran lavoro che vale per intero il costo, modesto, di questi 4 CD. Sempre prolissi, anche se preferiamo pensare che siano molto generosi, i Motorpsycho danno lezioni di rock con una classe invidiabile a molti dei loro colleghi.

 

Autore: Motorpsycho

Titolo Album: Blissard Deluxe Edition

Anno: 2012

Casa Discografica: Stickman Records

Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: CD

Sito web: http://motorpsycho.fix.no

Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarra, taurus,

Hans Magnus Ryan – chitarra, voce, taurus, banjo

Håkon Gebhardt – batteria

Morten Fagervik – chitarra, mellotron, clarinetto, organo, piano, vibraphone, voce

 

Helge Sten (Deathprod) – samples, echoplex, theremin

Ole Henrik Moe (Ohm) – violino

Bitten Forsudd – voce

Rolf Yngve Uggen – voce

Matt Burt – voce

M. Banto – pandeira

Tracklist:

Disc 1: Blissard vol. 1 The Original Album

  1. Hidden Track

  2. Sinful, Wind-borne

  3. “Drug Thing”

  4. Greener

  5. ‘s Numbness

  6. The Nerve Tattoo

  7. True Middle

  8. S.T.G.

  9. Manmower

  10. Fool’s Gold

  11. Nathan Daniel’s Tune From Hawaii

Disc 2: Blissard vol.2 – When The World Sleeps (The KiT-sessions, 1994)

  1. Stalemate

  2. Flick of the Wrist

  3. When the World Sleeps

  4. Black W’abbit

  5. The Ballad of Patrick & Putrick

  6. 7th Dream

  7. Mad Sun

Disc 3: Blissard vol.3 – The Pidah Mixes

Sinful, Wind-borne

  1. “Drug Thing”

  2. Greener

  3. The Matter With Her

  4. ‘s Numbness

  5. The Nerve Tattoo

  6. Manmower

  7. Like Always

  8. True Middle

  9. S.T.G.

  10. Stalemate

Disc 4: Blissard vol.4 – The Ones That Got Away B-sides, rehearsal tapes, the Atlantis psychosis files…

  1. The Nerve Tattoo

  2. Of Beacons & Beams

  3. The Wheel

  4. Pale Day

  5. Mad Sun (short version)

  6. A Saw Sage Full of Secretion

  7. Heaven and Hell

  8. Sterling Says

  9. Never Judge

  10. Baby Scooter

  11. In the Midst of All That

  12. Silver Tongue

  13. Dave Gave Up

  14. That Dying Breed

  15. “Drug Thing”

  16. A Shortcut to the Stars

  17. Aa Luna

  18. Atlantis Swing

  19. Familjen tar plats i studion/Fyra kvällar session

  20. Jazz på trøndska

Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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21st Lug2014

Motorpsycho – Still Life With Eggplant

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Still Life With EggplantSono passati quasi venticinque anni dal loro primo disco, nel frattempo il trio di Trondheim ha preso vari sentieri, a volte molto tortuosi. Alcuni addirittura diametralmente opposti alle loro origini tanto da creare confusione anche nell’ascoltatore più aperto e preparato e nel fan accanito. Questa loro voglia di non ripetersi, accettando la sfida insita nel cambiamento, li ha portati molto lontani. In ogni disco i tre alfieri hanno fatto nuove vittime scegliendo come punto di partenza la rivoluzione interna e afferrando ogni possibile occasione per rinnovarsi. L’imprevedibilità è la manovra madre, l’origine del fuoco che ancora brucia dentro questi biker dell’hard rock. Negli ultimi anni sono tornati alle origini: lunghe jam psichedeliche che, sotto le mentite spoglie del song-like format, nascondono un intricato mondo di orizzonti mutanti. Still Life With Eggplant è la summa e la massima rappresentazione di questo processo, cinque take che citano l’hard rock di Black Sabbath e Deep Purple ma danzano anche con melodie altre, fondendosi alla perfezione fra loro. August è l’occhiolino attraverso il quale potrete scrutare tutti questi elementi. L’intreccio di chitarre arpeggiate (con Reine Fiske in gran spolvero), prima dell’esplosione dell’ascia elettrica di Snah (il suo solo è inarrestabile, fantastico nel bending tirato e nella scelta azzeccata delle linee melodiche) è lì pronto a ricordarci la grandezza di questo combo norvegese, la sua classe cristallina. Anche quando si tratta di rivisitare brani come questo dei Love, la band sfoggia raffinatezza che usa per trasformare i parti altrui in personalissime cover.

Ratcatcher è una cavalcata di 17 minuti di materiale incandescente e psicotropo, un altoforno dentro cui confluiscono tutte le loro influenze musicali, mescolate e fuse nella sezione centrale. Kenneth sfoggia un drumming trascinante, potente nella sua morsa che non molla mai la presa. Il suo modo ansiogeno e nervoso di suonare calza a pennello su queste cavalcate lisergiche. Come per il Big Bang, anche Ratcatcher dopo l’esplosione iniziale e la confusione degli elementi con il passare dei minuti si dirige verso la stabilizzazione attraverso una serie di piacevoli ghirigori, mai fini a se stessi, che condurranno l’ascoltatore verso il gran finale. Barleycorn (Let It Come/ Let It Be) rappresenta in toto i Motorpsycho nella loro magnifica capacità di scrivere gioielli nel formato ballad. Allo stesso tempo è un calzante esempio in cui appaiono tutti gli elementi del pop (periodo Let Them Eat Cake/It’s A Love Cult) egregiamente arrangiati e facili da assimilare, ma forti di una struttura estremamente complessa. Mai stanchi di stupire e di scrivere canzoni dal polso fermo, ma capaci di cullarti, Snah, Kenneth e Bent sfornano The Afterglow, ballata di rara bellezza posta come sigillo per la chiusura di un grande album.

Checché ne dicano i detrattori, i Motorpsycho si confermano una band viva e fresca che ha ancora molte cose da dire evitando di lasciarsi trascinare dall’effetto-scia del mainstream, in cui per altro non sono mai finiti. Mantenendo una qualità così alta e una coerenza che molti dei loro colleghi possono solo sognare, non è roba da tutti.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Still Life With Eggplant
Anno: 2013 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: EP Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. Hell, Part 1-3
  2. August
  3. Barleycorn (Let It Come / Let It Be)
  4. Ratcatcher
  5. The Afterglow
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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14th Lug2014

Motorpsycho – The Death Defying Of The Unicorn

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - The Death Defying Of The UnicornArrivati al quindicesimo album, i Motorpsycho affondano le radici nella ricerca di un leit motiv che giustifichi e conduca in avanti la fusione fra prog rock-jazz, tentativo già emerso in minima parte nei precedenti lavori. Per farlo s’avvalgono dell’aiuto di Ståle Storløkken, vecchia conoscenza già a lavoro con i Supersilent, e parte della Trondheim Jazz Orchestra. Il disco come al solito soffre di una durata mastodontica, caratteristica tipica della band di Trondheim. Si parte sulle note di Out Of The Woods, introdotta da fiati e archi su cui arriva puntuale il basso di Bent per una take da camera che, partendo dalla confusione degli elementi, finisce in una cavalcata confluendo nella successiva The Hollow Lands. Nove minuti di ballata bucolica in cui il trio mostra la raffinatezza delle strutture melodiche sferzate dal solito basso distorto sotto cui Kenneth procede come un inarrestabile carro armato. Siamo di fronte a un blocco di granito durissimo, smussato solo dalla sezione fiati perfettamente innestata con la parte più rumorosa dei Motorpsycho, frutto della sapiente chitarra di Snah. Non da meno, per estensione e voglia di osare, è la successiva Through The Veil, suite di diciassette minuti in cui si fanno i conti con le orchestrazioni efficaci degli ospiti. L’equilibrio è solido, quasi sobrio oseremo dire. I continui cambi d’atmosfera trascinano l’ascoltatore in virate estreme, parto della prolificità creativa del combo.

Il lavoro non è esente da momenti di passaggio in cui sembra che non proprio tutte le cose non funzionino a dovere, pecca di cui soffrono moltissimi tentativi di conciliare l’aspetto scapigliato del rock e la categorica inflessibilità della sezione jazz/classica. Ma la band, fra creatività e mestiere, ne esce degnamente senza riportare grandissime ferite. Into The Gyre viaggia sulle stesse traiettorie dei precedenti brani, parte lenta fino a trasformarsi in una fuga nello spazio, forte di un rifferama ansiogeno sospinto dal basso killer di Saether. Un po’ meno efficace l’apertura del secondo CD affidata alla statica Oh Proteus – A Prayer, otto minuti di strutture macchinose e senza una tangibile soluzione di continuità. Devono passare anche La Leche e Sharks, una ballata a là Motorpsycho deprivata di tutti gli elementi base, tanto da risultare impalpabile.

È Mutiny, con il suo andamento ritmico preso in prestito da Achilles Last Stand (Zeppelin), a riprendere in mano la situazione ridandoci la band in piena forma, impegnata nella cosa che sa fare meglio: le cavalcate hard rock-space. Archi crimsoniani, doppia cassa killer e ghirigori in avvitamento in un delirio che richiama, mantenendo le debite distanze, gli onirici voli di Sun Ra. Chiude la potente Into The Mystic, summa e massima rappresentazione di ciò che sono stati i Motorpsycho nel 2012.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: The Death Defying Of The Unicorn
Anno: 2012 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

 

Ola Kvernberg – violino

Kåre Chr. Vestrheim – mellotron, gong

Tracklist:

Disc 1

  1. Out Of The Woods
  2. The Hollow Lands
  3. Through The Veil
  4. Doldrums
  5. Into The Gyre
  6. Flotsam

Disc 2

  1. Oh Proteus – A Prayer
  2. Sculls In Limbo
  3. La Lethe
  4. Oh Proteus – A Lament
  5. Sharks
  6. Mutiny!
  7. Into The Mystic
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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07th Lug2014

Motorpsycho – Roadwork Vol. IV – Intrepid Skronk

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Roadwork Vol. IV – Intrepid SkronkDopo il mastodontico Roadwork vol. III, formato da due DVD che raccoglievano tutti i loro video, un concerto intero e varie chicche, per il capitolo successivo i Motorpsycho tornano al classico formato CD. Il nuovo live comprende brani nuovi e vecchi, si parte sulle note di The Bomb-Proof Roll & Beyond, suite di 21 minuti che al suo interno contiene Arne Hassle/Qajaasaaeneq/The Sea of Diamonds/Oops, Fusion…/Arne Hassle (Slight Return). Tutto nella norma insomma: le jam session in cui la band si regala la possibilità di dar sfogo alla logorrea live ci sono, tutta la loro forza espressiva anche. La capacità d’improvvisare arrangiando magnificamente i dettagli confluiscono in queste cavalcate psych-prog dall’anima in puro acciaio liquido. Le chicche si sprecano, al secondo posto infatti si trova una versione magica di All Is Loneliness con Snah in piena forma. Il suo tocco è delicato e leggero, la sezione ritmica appena accennata per tutta la prima parte. Quando i Motorpsycho usano questa struttura, l’epilogo è ben chiaro a tutti i loro fan, infatti da metà brano in su l’incalzante basso si fa avanti, i pattern diventano serrati, la voce di Bent si lamenta con maggior veemenza fino all’arrivo della distorsione finale. Un brivido e via, è la fine. Quasi, perché la fine arriva davvero con una versione devastante di Wishing Well. Questa versione è stata estratta dal concerto di Milano e mostra uno Snah capace di funambolici avvitamenti, impegnato in un crescendo chitarristico da infarto. La progressione armonica, l’aumento costante dei volumi e il pathos evocato dalla sua chitarra sono impressionanti. Sempre sostenuto dal basso circolare di Bent, sospinto a sua volta dal drumming di Kenneth, il lungo crinito chitarrista gonfia l’assolo con una serie di note da vertigine. Capolavoro.

Per riprendersi dallo sforzo emozionale arriva una versione jazzistica e dilatata di Landslide. L’indemoniata Kills Devils Hills prepara il terreno per la conclusiva The Alchemyst che va a sigillare questi ottanta minuti di puro magma liquido di provenienza norvegese. Quest’ultima take è una cavalcata infernale che non consoce tregua, veloce, serrata e con un’anima prog-rock preponderante. A differenza di molte altre band del nord Europa, quello che probabilmente contraddistingue i Motorpsycho, facendoli amare alla follia dal pubblico italiano, è il loro grande cuore. La capacità di produrre temperature altissime a dispetto dalla loro gelida regione geografica e il loro attaccamento all’epoca d’oro degli anni settanta, che nessun buon amante della musica ha mai lasciato cadere dal cuore, sono la ciliegina che rende la band di Trondeheim unica nel suo genere. Live micidiale.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Roadwork Vol. IV – Intrepid Skronk
Anno: 2011 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarra, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarra, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. The Bomb-Proof Roll & Beyond, I) Arne Hassle, II) Qajaasaaeneq, III) The Sea Of Diamonds, IV) Ooops, Fusion…, V) Arne Hassle (Slight Return)
  2. All Is Loneliness (Visions From A Possible Cornucopic Future)
  3. Wishing Well
  4. Landslide
  5. Kill Devil Hills
  6. The Alchemyst
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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30th Giu2014

Motorpsycho – Heavy Metal Fruit

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Heavy Metal FruitA un anno di distanza da Child Of The Future, che già aveva mostrato ottimi segni di ripresa, i Motorpsycho si riappropriano di quello scenario seventies, a loro tanto caro, producendo un altro mastodonte figlio dell’heavy metal. A differenza del precedente lavoro, reso più asciutto dalla presenza di Steve Albini, Heavy Metal Fruit mostra quella solita prolissità tipica delle jam psycho hard rock tanto amate dalla band di Trondheim. Questo disco è molto più psichedelico e lontano dalla forma canzone classica, il trio opta per l’improvvisazione in studio a cui ogni tanto i tre mettono qualche paletto di delimitazione. Snah, a sua detta, è andato in overdose di Black Sabbath durante la gestazione di questo disco, e la musica non tradisce di certo le sue parole con risultati abbastanza netti. Gli special guest presenti, Mathias Eick (Jaga Jazzist) alla tromba e Hanne Hukkelberg alla voce, adornano le composizioni su cui c’è veramente poco da discutere. A polverizzare tutto ci pensa lo schiacciasassi Starhammer, un maglio rotante in continua costruzione che, se dapprima gioca sulla sottrazione, cambia rotta aggiungendo elementi per un crescendo caustico e caotico, un gioco di specchi che sul finale riporta al tema iniziale in un vortice trascinante.

Il sound è potente ma non secco, gli orpelli ci sono e riempiono il sound della successiva X-3 (Knuckleheads In Space), adrenalinica cavalcata al fulmicotone che stempera il suo carattere aggressivo nella sezione centrale, arricchita di passaggi free-jazz. Poi la musica plana lentamente dentro il magico gioco di saliscendi emozionali, ottenuti con l’ispessimento continuo dei dettagli, fino all’esplosione finale. Il tutto è collegato in presa diretta al riff, killer, del basso che introduce The Bombpoof Roll And Beyond. In questo, e molto altro ancora, i Motorpsycho sono (cattivi) maestri insuperabili. L’unico passaggio lento è Close Your Eyes che però non ha la forza né il livello raggiunto delle precedenti ballate. W.B.A.T. è una cavalcata elettrica bomba, se epurata dalla caotica sezione iniziale sarebbe un pièce de résistance perfetto. Suono massiccio, riff potenti, basso mammut, insomma un pezzo à la Motorpsycho alle prese con la loro decade preferita, gli anni ’70. L’assolo di Snah è da manuale, in un solo colpo cita i più grandi del genere riuscendo a mantenere una certa coerenza e personalità.

Chiude questo viaggio la lunga, ben 19 minuti, Gulliver’s Travails Pt. I-IV, che racchiude quanto finora detto su questo disco. Sfoggiano rifferama classico, divagazioni prog, accenni jazzistici con crescendo psichedelico spalmati in venti minuti in cui i Motorpsycho si fidano del proprio pubblico giocando a carte scoperte. Quest’apertura però comporta anche l’emersione di ombre e di scelte discutibili, legate alla prosopopea della loro musica del nuovo millennio, forse non sempre all’altezza delle aspettative e in difetto, a volte, di creatività.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Heavy Metal Fruit
Anno: 2010 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. Starhammer
  2. X-3 (Knuckleheads In Space)
  3. The Bombpoof Roll And Beyond
  4. Close Your Eyes
  5. W.B.A.T.
  6. Gulliver´s Travails Pt. I-IV
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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23rd Giu2014

Motorpsycho – Child Of The Future

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Child Of The FutureÈ il 2009 quando la band di Trondheim inizia a mostrare i primi segni di una lenta guarigione. Il disco in questione è Child Of The Future, lavoro di difficile e lunga gestazione (come fu per Blissard) la cui essenza è sapientemente intrappolata dall’esperienza di Steve Albini al mixer (Electrical Audio, Chicago). Il nuovo lavoro spinge corde classiche della band aumentando la dose di distorsione, si procede a muso duro e denti stretti ma senza perdere quella voglia di scrivere ballate psichedeliche dall’andatura sghemba e melodia obliqua (The Ozzylot). Hans Magnus Ryan e Bent Sæther ridiventano un trio fisso con l’aggiunta, in pianta stabile ormai, dell’altro pazzo picchiatore di pelli noto all’anagrafe come Kenneth Kapstad. Dei nuovi Motorpsycho possiamo ammirare il cambiamento sin dalla psicotica Riding The Tiger, forte di riff ossessivi e instancabili pattern ritmici. Il tutto è registrato à la maniera di Steve: suoni secchi e puliti, la distorsione è quella ottenuta dagli effetti sulle due asce, sì due, si sa Bent suona il basso come fosse una seconda Gibson. È con Whole Lotta Diana che si torna a ragionare secondo schemi di matrice seventies basati sul rifferama granitico, cambi di tempo in accelerazione e assoli carichi di elettricità. Questa cavalcata psichedelica avrà strappato più di un sorriso a Steve e renderà felice lo zoccolo duro, ma non solo, dei Motorpsycho.

Cornucopia è un brano di un altro pianeta, parte lento sulle note del pianoforte raggiunto dal basso. Cresce lentamente, come uno tsunami che s’avvicina alla costa, alzando imperiosamente la testa domina dall’alto della sua mole mentre si va a schiantare sull’ascoltatore con un’energia cinetica letale. L’incipit di Mr. Victim, condotto dal basso, sembra una dichiarazione di guerra in pieno stile Shellac, poi muta in una cavalcata a perdifiato in cui Snah infila le sue acide note mentre Kenneth martella incessantemente la batteria, producendosi in stop and go ansiogeni. Solo sul viale del tramonto i toni si smorzano nella ballata acustica The Waiting Game, una di quelle che potreste trovare nei vari sette e dieci pollici in vendita nei loro banchetti. Le chitarre dialogano fra loro, mentre la voce di Bent conduce i giochi. Poche note, aspetto lo-fi, loop di fondo e un andamento rilassante. Tanto basta.

Insomma si tratta di un disco pieno e possente, anche la title-track finale usa muscoli e classe, è pregna di assoli killer sostenuti da ritmiche corpose e una capacità ormai insindacabile di azzeccare melodie così particolari da lasciare un segno indelebile a ogni passaggio. Tanta roba, di qualità superiore.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Child Of The Future
Anno: 2009 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. The Ozzylot (Hidden In A Girl)
  2. Riding The Tiger
  3. Whole Lotta Diana
  4. Cornucopia (…Or Satan, Uh… Something)
  5. Mr. Victim
  6. The Waiting Game
  7. Child Of The Future
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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16th Giu2014

Motorpsycho – Roadwork Vol. III, Haircuts, Motorpsycho On Film

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Roadwork Vol. III, Haircuts, Motorpsycho On FilmSono passati sette anni dall’ultimo Roadwork, finalmente nel 2008 i Motorpsycho danno alla luce il terzo capitolo di questa saga. Stavolta è un cofanetto con due DVD contenti tutti i loro video, i documentari This Is Motorpsycho (1995) e Noorsie Helden (2000). Nel secondo DVD trovano spazio un intero concerto del 2002 (The Four Horsemen Of The Apocalypse), Another Ugly Tour (documentario del 1994 con montaggio alternativo) e tre extra contenuti, un video e due esibizioni live. Insomma come avrete capito la logorrea (leggi generosità) della band non conosce limiti. Mettersi di fronte a questo monolite comporta un gran dispendio di energia che a fine corsa però (vi) ripagherà dello sforzo sostenuto. È davvero emozionante rivederli così giovani, le immagini riportano alla mente le prime corse a Milano e Torino per vederli in azione rispettivamente al Bloom e al Barrumba. I pochi mezzi degli esordi, l’audio zoppicante e la produzione non sempre all’altezza se paragonati a dove sono arrivati oggi fanno urlare al miracolo. La lingua dei video, in ordine cronologico dal 1994 al 2002, è il norvegese ma i sottotitoli sono in inglese e, oltre ai commenti della band, potrete anche trovare la soggettiva del regista. La terza possibilità è quella di godersi, per chi ancora non li conoscesse, solamente la musica. Feel, Mad Sun, It’s Time To Skate e Watersound sono tuffi al cuore dalla potenza ancora intatta, riportano a galla sensazioni sopite ma mai del tutto dimenticate. Vent’anni e non sentirli, e stavolta questa frase così scontata dal largo uso è quel che ci vuole per darvi un’idea.

In This Is Motorpsycho si viaggia sulle note di The Golden Core, arricchita da scene estratte dallo studio in cui la band discute i dettagli della loro esibizione per poi passare all’esecuzione live di Something To Say. Molti i dettagli sulla vita personale dei componenti, su tutti Bent spesso preoccupato da dubbi su alcuni show. In questo documentario trova spazio anche il lato acustico/country che da lì a breve si trasformerà nei due progetti International Tussler Society. Il tutto si chiude sulle dolenti note di The Golden Core che riparte mentre i nostri tre bikers salutano in lacrime Deathprod che smetterà di seguire la band dal vivo preferendo occuparsi dei suoni in studio e della produzione. Nel secondo documentario si viaggia sulle note di Big Surprise in versione acustica per approdare a High Time in sala prove, già proposta precedentemente. In questi anni i ragazzi sono cambiati, appaiono ripuliti e con i capelli corti, parlano del mercato discografico definendolo The Machine e della loro scelta di non sottostare a quelle regole killer. Mentre si raccontano eseguono Upstairs Downstairs che alterna immagini in studio e altre prese da un viaggio in nave verso qualche lido a noi sconosciuto, sicuramente in Norvegia.

Nel secondo DVD Another Ugly Tour non è altro che This Is Motorpsycho ma con un montaggio diverso, le immagini e i commenti si ripetono ma niente toglie o aggiunge a ciò che sapevamo già. Fra i bonus, da tenere sott’occhio ci sono una versione micidiale di S.T.G. a Trondheim, nella città che ha dato loro i natali, e Mad Sun acustica che risale al 1993. Qualcosa che tocca davvero le corde più intime dei fan, i ragazzi sono ancora alle prime armi e fra sorrisi, un po’ d’imbarazzo, inquadrature impietose su calzini di cotone bianco, dread in testa e il mitico Geb al banjo si levano dall’impaccio di raccontare quanto sia stato duro il loro esordio. Il pezzo forte di tutto il DVD è invece lo spettacolo tenutosi il 27 novembre al Paradiso (Amburgo). Il titolo emblematico è The Four Horsemen Of The Apocalypse, cinque videocamere e un registratore a 24 piste intrappolano lo show in questa storica location. Si parte lentamente sulle note di Stained Glass la cui sezione ritmica accenna i passaggi per un sound più morbido e in linea con il sound di It’s A Love Cult. Sebbene entrino in sordina non riescono a resistere al richiamo psichedelico ottenuto con un crescendo da cardiopalmo. Il secondo colpo è un altro centro stavolta esploso da un calibro 50 mm a velocità estreme. L’utilizzo del basso mammut, la sezione ritmica schiacciasassi e le chitarre distorte di Snah confluiscono in Custer’s Last Stand. La take è un vero e proprio macigno sonico venuto dallo spazio che va a impattare sui presenti con effetti devastanti. Poi arrivano i classici come Starmelt, Lovelight cantata da tutto il pubblico impegnato in un headbanging composto.

Quando è il momento di 577 bisogna mettere da parte le velleità del critico musicale lasciandosi trasportare dal groove del basso traitor e dall’assolo lisergico che si abbatte su tutto come una devastante colata lavica. E come fu per il famoso doppio DVD degli Zeppelin anche qui appare una sessione in acustico aperta da Little Ricky Massenburg con Snah al mandolino, Bent al basso e Geb fuori dal suo habitat naturale, alle prese con una chitarra acustica. Questo DVD è solo un estratto dei mastodontici live a cui la band abitua il suo pubblico da anni. La presenza in rete di una VHS pirata testimonia la durata dallo show intorno alle 2.40 ore. Hogwash è una cavalcata psycho prog-rock infernale che risale direttamente dalle viscere della terra per un viaggio di 21 minuti. Il muro di suono è insormontabile, un trittico di testate Vox/Orange/Fender sono posizionate in bella vista perché la potenza di fuoco non è mai troppa. Per S(onic) T(eenage) G(uinevere) non ci sono veramente parole, la sua ferocia dai volumi cacofonici parla da sola un linguaggio universale. Il quartetto chiude con Neverland, cavalcata melodica ma potente con cui scorazzano per altri sei minuti di materiale stellare. Di difficile reperibilità, ma se vi dovesse capitare a uno dei loro banchetti esposti nei concerti, beh…

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Roadwork Vol. III, Haircuts, Motorpsycho On Film
Anno: 2008 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Progressive Rock Voto: 9
Tipo: DVD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Håkon Gebhardt – batteria, voce, banjo, chitarra

 

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

Disc 1:

  1. Grinder
  2. Have Fun
  3. Sheer Profoundity
  4. Another Ugly Tune
  5. Nothing To Say
  6. Wearing Yr Smell
  7. Feel
  8. Now It’s Time To Skate
  9. Watersound
  10. Mad Sun
  11. The Nerve Tattoo
  12. Manmower
  13. Sinful Wind-Borne
  14. Starmelt/Lovelight
  15. Hey Jane
  16. The Other Fool
  17. Walkin’ With J
  18. High Time
  19. The Slow Phaseout
  20. Go To California
  21. Serpentine
  22. This Is Motorpsycho (documentary)
  23. Noorse Helden (documentary)

Disc 2:

  1. Roadwork III : The Four Norsemen Of The Apocalypse (Live at the Paradiso)
  2. Another Ugly Tour (documentary)
  3. Mad Sun (Acoustic)
  4. S.T.G (Live at Samfundet)
  5. Plan #1 (Live at Samfundet)
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho
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09th Giu2014

Motorpsycho – Little Lucid Moments

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Little Lucid MomentsSono passati due anni dal claudicante Black Hole/Black Canvas, nel frattempo al duo si è aggiunto in pianta stabile il nuovo drummer Kenneth Kapstad che non fa rimpiangere, se non per motivi affettivi, Geb. La band di Trondheim appare in forma e osa dove gli altri falliscono miseramente. Contro ogni aspettativa i Nostri producono meno canzoni giocando d’anticipo con lo sdoganamento del progressive, genere scivoloso dove si rischia il linciaggio a ogni nota o una lettera scarlatta incisa in piena fronte. Blasfemia e orrore! Little Lucid Moments è infatti un disco progressivo di cinque tracce che al loro interno contengono varie sub sezioni proprio come l’opener e titletrack che consta di 21 minuti dove succede praticamente di tutto. Si parte dalla rullata stretta su ritmiche asfissianti, rallentamenti e ripartenze feroci a cui si aggiungono Bent che squarcia il silenzio e le corde vocali su giri di basso da vertigine. Il nuovo arrivato (forse preventivamente sottoposto a frullati vitaminici o droghe militari dagli effetti miracolosi) si produce in vorticosi pattern. Il tutto è racchiuso in questo pièce de résistance che si muove algido fra quattro decadi. Hard rock blues dall’effetto psicotropo che scopre strutture stratificate dando massima priorità alle chitarre acide e agli assoli che conducono per mano la traccia fino alla chiusura in dissolvenza. Uno sballo insomma. Anche se le tematiche sono state già sfruttate fino all’osso da altri, ci pensano la perizia tecnica a favore della fantasia e la voglia di suonare cose diverse dal solito a colmare il gap del mancato approdo su territori nuovi.

La band fa sul serio comunque, le cose sono cambiate in meglio rispetto agli ultimi tre dischi in studio. Il power trio aggredisce sin dalle prime note, l’atmosfera è più ispirata, l’attitudine è quella di una jam improvvisata solo in parte perché la meta invece è ben chiara. Ha la stoffa dal campione Year Zero (A Damage Report), incredibile ballad dal crescendo ipnotico con voce triste e sognante. Le poche note della chitarra danzano intorno al basso corposo ma non invadente mentre la sezione ritmica dosa potenza e colpi per un’esplosione centrale da far accapponare la pelle. Saltiamo a piè pari la terza traccia che s’impunta su un braccio di ferro fra lentezza psichedelica e sezioni più dure senza un vero vincitore. Lo stallo è superato da The Alchemist, altra pietra angolare e sigillo che si sviluppa molto lentamente. Con il passare dei minuti la traccia sfoggia un ispessimento delle pareti che ne contengono la deflagrazione finale in pieno stile seventies.

Motorpsycho sotto un nuova luce insomma, questi campioni di camaleontismo non si smentiscono effettuando l’ennesima brusca virata utile a loro per sopravvivere alla noia, a noi serve a procurare quella vertigine da brivido lungo la schiena. Un buon ritorno.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Little Lucid Moments
Anno: 2008 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Progressive Voto: 7
Tipo: EP Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarre, tastiere

Hans Magnus Ryan – chitarre, voce, tastiere

Kenneth Kapstad – batteria

Tracklist:

  1. Little Lucid Moments (Consciousness Causes Collapse/A Hoof to the Head/ Hallucifuge (Hyperrealistically Speaking…)Sweet Oblivion / Perfect Sense)
  2. Year Zero (A Damage Report)
  3. She Left On The Sun Ship
  4. The Alchemyst

e da brivido lungo la schiena. Un buon ritorno.

 

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Tags : Motorpsycho
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02nd Giu2014

Motorpsycho – Black Hole/Blank Canvas

by Giuseppe Celano

Motorpsycho - Black Hole Blank CanvasBlack Hole/Blank Canvas arriva nel 2006 a tre anni di distanza da in The Fishtank 10 con i Jaga Jazzist. È doppio un album in cui Bent e Snah danno fondo a tutta la loro voglia di fare del sano rumore, caratteristica che ha sin dagli esordi plasmato in modo significativo i loro dischi. È il loro undicesimo album in studio e per non essere di meno a nessuna delle loro opere anche questo sfoggia un minutaggio davvero elevato. È anche il primo album in cui non appare il vecchio compagno di battaglie soniche Geb che ha lasciato la band nel 2005. I due reduci decidono di proseguire da soli registrando il loro nuovo album negli studi The Void (Eindhoven) con Pieter Kloos, produttore, ingegnere del suono e fonico dal vivo. Per il tour scelgono un degno rimpiazzo ritmico ma non il sostituto definitivo che individueranno successivamente nella figura di Kenneth Kapstad. Si parte sulle note di No Evil, cavalcata adrenalinica imperniata su un riff ossessivo di chitarra, prodotto dalle magiche dita di Snah, che riporta la band agli antichi splendori. Ma la sorpresa è in agguato dietro l’angolo, l’intero disco vive di luci e ombre, per colmare questo gap il duo è costretto a inventare escamotage e diversivi, in una parola insomma filler (Coalmine Porry). Stesso discorso vale per Kill Devils Hills, altra corsa di sette minuti à la Motorpsycho che sembra arrivare direttamente dal periodo Blissard/Angels And Daemons At Play. Nonostante il brano sia più che buono è roba già sentita, che abbiamo amato dieci anni fa.

Ma quando sembra che tutto sia stato scritto, quando ti sei fatto già un’idea precisa, convinto di aver trovato il bandolo, arriva una scossa tellurica imprevedibile e inarrestabile. “Out of the blue” direbbero in Inghilterra, si presenta The 29th Bulletin. E in questi casi sei costretto a rivedere tutto, o quasi. Una ballata di questa portata non si vedeva da anni. Partendo dal testo e dal crescendo ritmico, dalla struttura portante fino alle linee armoniche, l’unica parola che emerge prepotente è “capolavoro”. Maledetti, ci sono riusciti un’altra volta…Il primo CD si potrebbe chiudere anche qui, ma per dover di cronaca citiamo Triggerman, piece prog-rock di altri sei minuti in cui la band si gioca più d’una carta. Si va dai continui cambi ritmici agli assoli policromatici di Snah a cui si contrappone l’andamento caterpillar del basso, saldamente nelle mani di Bent, solito motore instancabile che si trascina dietro gli altri.

Nel secondo CD le cose non mutano poi di molto. La scoppiettante Hyena apre le danze lasciando poi il posto a un riempitivo di livello che ci fa slittare direttamente sulla terza traccia Sail On, buon brano periodo Blissard con riff secco, giri armonici accattivanti e grande assolo di Snah. Quello che sembra mancare è quella capacità ritmica di Geb, batterista di qualità superiore, capace di bordate pesanti e delicatezze quasi impalpabili. La tipica follia psichedelica della band ritorna a far capolino in The Ace che parte in velocità sfruttando la summa di elementi che da sempre hanno caratterizzato il loro sound: potenza, substrati armonici e un pizzico di sana confusione che rende il tutto più appetibile, anche nella sua dissonanza. L.T.C.E. è sorella di Coalmine Porry: ritmica trainante, scale tipicamente blues e basso poderoso fanno parte dei suoi tratti somatici dominanti. Di tutt’altra pasta è Before The Flood, zeppeliniano per struttura, fatto di melodia sghemba, cambi d’atmosfera, intarsi psichedelici e lunghi assoli che manderanno in giuggiole tutti i fan. Chiude, in bellezza dobbiamo aggiungere, la super cavalcata With Trixeene Through The Mirrow, I Dream With Open Eyes che scomoda il loro fulgido passato e molte band di riferimento che non vi riveleremo lasciandovi il gusto di capire da soli quanta farina del proprio sacco ci abbiano messo i Motorpsycho e quanto abbiano preso dai loro ispiratori in un gioco di equilibri delicati.

Non il loro miglior disco sia chiaro, se avessero eliminato ridondanze e inutili orpelli l’opera si sarebbe ridotta a un unico CD che sarebbe bastato a mettere d’accordo critica e fan. Ma come da copione il trio non è mai stato sintetico nelle sue produzioni, anzi una certa logorrea, di cui vanno fieri e che a noi non dispiace del tutto, ha da sempre caratterizzato i loro lavori. Ascoltarlo o evitarlo sta solo a voi.

Autore: Motorpsycho Titolo Album: Black Hole/Blank Canvas
Anno: 2006 Casa Discografica: Stickman Records
Genere musicale: Rock Psichedelico Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://motorpsycho.fix.no
Membri band:

Bent Sæther – voce, basso, chitarra, tastiere, batteria

Hans Magnus Ryan – chitarra, voce, tastiere

 

Jacco van Rooij – batteria in You Lose

Tracklist:

Disc 1

  1. No Evil
  2. In Our Tree
  3. Coalmine Pony
  4. Kill Devil Hills
  5. Critical Mass
  6. The 29th Bulletin
  7. Devil Dog
  8. Triggerman

Disc 2

  1. Hyena
  2. Sancho Says
  3. Sail On
  4. The Ace
  5. L.T.E.C. (Deja-Vulture Blues)
  6. You Lose
  7. Before the Flood
  8. Fury on Earth
  9. With Trixeene Through The Mirrow, I Dream With Open Eyes
Category : Recensioni
Tags : Motorpsycho, Psichedelia
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