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08th Lug2020

Unwelcome – Rifles

by Alberto Lerario
Alla fine degli anni 90 l’influenza di quello che viene definito crossover fa nascere molte realtà italiane valide. È in questo humus musicale che i cuneesi Unwelcome crescono e si muovono con successo, riuscendo anche ad accasarsi con una label canadese. Purtroppo il destino non fu dalla loro, l’etichetta ebbe problemi e la band dopo aver perso molto tempo riuscì a pubblicare un nuovo album con un’altra etichetta. Tuttavia complice anche il fatto che nel frattempo il movimento nu-metal si stava sgretolando, la band perse il famoso treno per la grande occasione. Per fortuna non persero la passione e la voglia di esprimersi continuando a registrare nuovi pezzi che hanno poi racchiuso nel loro ultimo disco, Rifles. Data la premessa è facile intuire che l’album riecheggi dei suoni che Korn e Deftones avevano portato alla ribalta vent’anni fa. Rifles comunque conserva una freschezza attuale non risultando datato e il merito va all’ottimo lavoro di produzione ed all’ispirazione della band capace di non fossilizzarsi su un’idea, plasmandola con scalpellate di grunge e di punk. La voce grezza ed abrasiva di Andrea rende infine credibile il tutto anche a distanza di anni.

La passione e la costanza pagano sempre, e se a queste ci aggiungete anche delle indubbie doti compositive e tecniche, potete stare certi che prima o poi il momento giusto arriva. Quello degli Unwelcome è finalmente giunto.

Autore: Unwelcome Titolo Album: Rifles
Anno: 2020 Casa Discografica: Ammonia Records
Genere musicale: Crossover, Nu-Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/beunwelcomeordie
Membri band:
Andrea – voce, chitarra
Livio – chitarra
Cashi – basso
Maxim – batteria
Tracklist:
1. Citizen Kane
2. Me For President
3. Nicholas
4. Teenage Mutant Witch
5. Motorhead
6. The Grip
7. Not A Target
8. Answer
9. Nicholas (piano version)
10. Teenage Mutant Witch (garage version)
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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05th Mar2020

Killin’ Baudelaire – Vertical Horizon

by Marcello Zinno
Tornano le Killin’ Baudelaire, stavolta con un vero album, un full-lenght con tanta carne sul fuoco. Le avevamo conosciute in occasione dell’EP d’esordio, It Tastes Like Sugar, di cui avevamo parlato a questa pagina e si erano presentate come una band già matura, un heavy rock rotondo e privo di esuberanze. Con Vertical Horizon cambiano pelle e approdano decisamente a terreni più metal: restano evidenti le influenze di certo nu metal, ma il quartetto adesso è molto più intransigente e decide di aumentare i pesi sulle proprie aste e mostrare tutti i muscoli. Il cambio di rotta probabilmente arriva anche dai numerosi cambi in line-up: Martina passa dalla batteria alla voce, con l’ingresso di Elisa Montin come nuova drummer, inoltre per questo album arriva una bassista vera, Alice Pandini, e la nuova formazione sembra trovare così stabilità e corpo. L’opener e singolo mostra il lato più cattivo del combo, l’apice metal dell’album, ma le riminiscenze nu metal tornano anche con Tearing All Your Words Down, un pezzo davvero ben riuscito e con un incedere veloce che piacerà anche a chi si aspettava una proposta più dura (ed è stato accontentato); il nu metal in stile groove che tanto piaceva a cavallo del secolo scorso e di quello attuale prende invece il nome di The Mongrel, passaggio che vieta di restare immobili, e poi di Blind Fate.

Ritmica decisa e incalzante, spesso spiana la strada alla sei corde per essere più incisiva, come nel caso di Later / Hater o ancora di più Still Burning, un brano che parte lanciato in classico stile rock’n’roll mantenendo quel sapore dirty fino al ritornello molto melodico. A proposito di melodie compaiono anche tante anthem che dal vivo riceveranno sicuri consensi: Don’t Give A F**K è un esempio con quel refrain che ti resta incollato, ma anche Stay che fa riprendere il fiato e si incanstra alla perfezione in scenari da club. Belle anche le ballad, Building Ends e Leader = Deceiver (quest’ultima con curiosi testi rappati), ma a nostro parere fuori ambito rispetto alle intenzioni dell’album. Vertical Horizon presenta non solo una formazione nuova ma un quartetto con idee chiare e più audaci rispetto al loro esordio. Sound più deciso e produzione sono le carte vincenti di questo album che offrirà sicuramente tante vetrine alle Killin’ Baudelaire.

Autore: Killin’ Baudelaire Titolo Album: Vertical Horizon
Anno: 2016 Casa Discografica: Bagana Records
Genere musicale: Nu Metal, Alternative Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/killinbaudelaire
Membri band:
Martina Cleo Ungarelli – voce
Martina Nixe Riva – chitarra, voce
Alice Lane Pandini – basso, voce
Elisa Helly Montin – batterua
Tracklist:
1. Lullaby
2. (Ex)ecute
3. Don’t Give A F**K
4. Tearing All Your Words Down
5. Building Ends
6. The Mongrel
7. Later / Hater
8. Stay
9. Still Burning
10. Leader = Deceiver
11. Blind Fate
12. Shoot
13. Vertical Horizon

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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26th Gen2020

VOLUMIcriminali – Preludio Al Caos

by Marcello Zinno
Tornano i VOLUMIcriminali, paladini liguri del nu core che avevamo già incontrato in occasione del precedente Frammenti D’Istanti a questa pagina. La loro irruenza rimane intatta anche nel nuovo EP, Preludio Al Caos, si nota nuovamente questa ambivalenza tra nu metal e nu core e non è solo una questione di linee vocali. Certo i testi rappati, la seconda voce Linea 77-style (sarebbe meglio citare i Rage Against The Machine visto il loro probabile ritorno in attività) fanno pensare subito ad un concetto musicale ben preciso, ma le chitarre sono decisamente metal e arrivano fitte come un pugnale. Pur rimanendo sul medesimo territorio musicale notiamo sia in termini stilistici che di produzione delle differenze rispetto al precedente lavoro: lì si alternavano brani con riffing stoppati e altri invece in cui la sei corde si lanciava in continui ruggiti heavy; qui sono invece preponderanti le seconde, rimarcando la cornice heavy metal in cui i VOLUMIcriminali si inseriscono con questo lavoro. Inoltre la produzione segue tutt’altre coordinate giocando su di un sound volutamente più sporco a differenza di Frammenti D’Istanti che invece poggiava su suoni più luccicanti e limpidi (almeno questa è la nostra impressione).

Pezzi interessanti non mancano: da segnalare Vomito, un brano incentrato sugli ultra credenti bigottie che nel chorus richiama un incedere in stile Pantera, ma anche Noi che invece richiama lande metalcore risultando anche più moderna come costruzione e sound. Al di là di questa analisi molto analitico-accademica bisogna ammettere con estrema sincerità che i VOLUMIcriminali sono anzitutto una live band e quindi come tale vanno apprezzati di fronte ad un palco senza stare a sottolineare quella nota, quel passaggio o quella parola ma semplicemente facendo headbanging continuo. Bravi, anche con questo nuovo EP non hanno perso un milligrammo della loro potenza!

Autore: VOLUMIcriminali Titolo Album: Preludio Al Caos
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Nu Metal, Nu Core Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: www.facebook.com/VOLUMIcriminali/
Membri band:
Pogo – voce
Ragno – basso
Bacchetta – batteria
Daniel – voce
Ste – chitarra
Fede – chitarra
Tracklist:
1. Creatura
2. Calibro
3. Like
4. Vomito
5. Noi
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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20th Nov2019

Kill The Drama Queen – Refractions

by Marcello Zinno
Kill The Drama Queen, un quintetto franco-lussemburghese che ci fa rivivere i suoni di fine secolo scorso. Se da un lato potrebbero stuzzicare l’appetito degli appassionati di stoner, perché alcune scelte stilistiche alla sei corde sono molto vicine a quei lidi, il campo dove si giocano le loro carte migliori è quello del nu metal. Riff compatti, metal cadenzato e linee vocali molto affini a quel periodo si coniugano in uno stile che per certi versi sembra passato ma che ancora oggi viene ripreso in alcuni filoni di alternative metal e, debitamente rivestito, presentato come metal moderno. Ascoltando Refractions, loro secondo album, ci vengono in mente i System Of A Down in diversi momenti, seppur i il quintetto europeo non arrivi mai a toccare i la velocità di Serj Tankian e Soci, piuttosto il loro metal si guadagna strutture più semplificate ed orecchiabili (Invictus) che ricordano i grandi nomi del nu metal mainstream come gli Staind. Un rock a tutto tondo quello che esplode nelle orecchie con Humanimal, un rock che potrebbe conquistare le classifiche e palati molto diversi (in Zultan entrano in gioco anche dei testi rappati, ennesimo elemento che richiama il nu metal insieme ai riff che ne seguono) senza però svendersi in alcuni modo agli ascolti popolari.

Potente Blindfolded, uno dei brani più coinvolgenti del lotto, che punta su arpeggi ma anche su riff metal, alternando momenti più pacati a corse dal sapore thrash a metà brano: in questo pezzo i ragazzi costruiscono una proposta molto variegata fatta di bridge preziosi e un heavy oscuro di carattere. Unica nota che potrebbe essere mossa per questo progetto è data da chi ha un palato molto allenato e ha consumato album nu metal nel secolo scorso: per questo tipo di ascoltatore la ricetta dei Kill The Drama Queen potrebbe essere un po’ retrodatata, ma essendo loro al secondo album sicuramente avranno tempo per tirare fuori qualche asso dalla manica.

Autore: Kill The Drama Queen Titolo Album: Refractions
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Nu Metal, Stoner Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/KillTheDramaQueen/
Membri band:
Claus George Beeskow Camarda – voce
Mehdi Souss – chitarra
Nicolas Sidéroff – chitarra
Lionel De Kort – basso
Fabio Amir Delgado Issufo – batteria
Tracklist:
1. Refraction
2. Nushrooms
3. Invictus
4. Humanimal Intro
5. Humanimal
6. Zultan
7. Blindfolded
8. Claus Intro
9. Claus Pute
10. The Ocean
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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18th Set2019

Incubus – Morning View

by Marco Pisano
Ci sono dei momenti nella vita di una band, come in quella di ognuno di noi, che costituiscono una sorta di rito di passaggio, di cesura tra una fase che si sta concludendo e una che deve ancora iniziare. Futuro e passato si confrontano e lottano fra loro per decidere chi avrà la supremazia. Dopo il capolavoro di grinta, ferocia, tecnica e groove rappresentato da S.C.I.E.N.C.E., dato alla luce 4 anni prima, nel 1997, il gruppo californiano inizia un percorso di avvicinamento a sonorità più “morbide” e ad uno stile compositivo più maturo, che tenga conto della vena più pop e melodica della band, e anche dello spirito più meditativo e riflessivo del suo leader, Brandon Boyd, molto evidente soprattutto nelle tematiche dei testi. Già Make Yourself del 1999, contenente alcuni dei loro capolavori come Stellar e Pardon Me, mostra con sufficiente chiarezza quale sentiero artistico e musicale gli Incubus abbiano deciso di intraprendere, ma è con Morning View che portano a perfetta maturazione tale svolta artistica. Questo lavoro, possiamo dire a distanza di ormai 18 anni dalla sua uscita, ha rappresentato veramente per gli Incubus un fondamentale momento di cambiamento e di chiusura con la fase iniziale della loro carriera. Si sono lasciati alle spalle la fase più marcatamente funky, groovy, e anche perché no, più metallara e più semplicemente “tamarra”, per adottare uno stile compositivo e sonoro più maturo, composto, pulito e aperto ad altri orizzonti e panorami musicali.

Tuttavia, alcune caratteristiche del loro stile iniziale sono rimaste, ma emergono a tratti, come i riff potenti e affilati di Einziger, qui però leggermente smorzati e addomesticati rispetto alla furia cieca di S.C.I.E.N.C.E., magistralmente alternati a fantastici fraseggi e a passaggi quasi jazzistici, così come la granitica e affidabilissima sezione ritmica rappresentata da Pasillas alla batteria e da Dirk Lance, che verrà sostituito due anni dopo dal tuttora presente Ben Kenney; non va dimenticata la grande abilità vocale di Brandon Boyd, che forse in questo lavoro emerge ancor di più rispetto agli album iniziali, grazie alle melodie avvolgenti e tagliate su misura per lui, che esaltano la morbidezza e il calore della sua voce. Lo stile degli Incubus passa dal frenetico e devastante funk/nu metal di S.C.I.E.N.C.E. ad un sound generale più levigato, meno tagliente, più riflessivo e meditativo; gli angoli sono stati smussati e le superfici sono più lisce, levigate. L’impeto, la foga e l’incazzatura del passato sono state decisamente smaltite e si va verso una maggiore calma e maturità, tendenza evidentissima in brani come Just a Phase, 11am, Wish You Were Here, Warning, Echo, Mexico. I ragazzi sono sì cresciuti e hanno messo la testa a posto, ma restano pur sempre ragazzi, e, ogni tanto, uno sfogo di rabbia e una scazzottata possono sempre scappare, come ci spiega la potente Blood On The Ground o le altrettanto cattive e taglienti Have You Ever, Circles e Under My Umbrella.

Nice To Know You introduce perfettamente nel mood generale dell’album, non staccandoti la testa di netto ma, come farebbe un ottimo maggiordomo, invitandoti ad entrare in casa, a toglierti il cappotto e a metterti comodo sul divano in attesa che arrivi il padrone di casa. Aqueous Transmission è un chiaro manifesto della vena meditativa e zen di Boyd, con voci soffuse, appena sussurrate, suoni arrotondati e levigati, quasi ovattati, e segnato da atmosfere orientali, quasi ci volesse trasportare in riva ad un fiume o ad un lago per meditare e rilassare la mente. Discorso a parte merita Are You In?, con le sue sonorità futuristiche e sospese, quasi jazzistiche, che ricordano molto Summer Romance di S.C.I.E.N.C.E., a mio avviso, la gemma assoluta di questo lavoro. Che dire, un capolavoro totale, un diamante della discografia degli Incubus e uno dei lavori più belli del primo lustro del nuovo millennio, dimostrazione lampante del cristallino e immenso talento di questi ragazzi californiani, che nel frattempo sono diventati adulti e sono cresciuti piuttosto bene.

Autore: Incubus Titolo Album: Morning View
Anno: 2001 Casa Discografica: Sony Records
Genere musicale: Nu Metal, Alternative Rock Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: https://www.incubushq.com/
Membri band:
Brandon Boyd – voce
Mike Einziger – chitarra, pianoforte e cori
Dirk Lance – basso
José Pasillas – batteria e percussioni
Chris Kilmore – DJ
Tracklist:
1. Nice To Know You
2. Circles
3. Wish You Were Here
4. Just A Phase
5. 11am
6. Blood On The Ground
7. Mexico
8. Warning
9. Echo
10. Have You Ever
11. Are You In?
12. Under My Umbrella
13. Aqueous Transmission
Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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16th Dic2018

Flying Disk – Urgency

by Marcello Zinno

Flying Disk - UrgencyI Flying Disk sono una nostra vecchia conoscenza, dai tempi di Circling Further Down, pubblicato 4 anni fa e recensito da noi a questa pagina. E questo periodo ha dato motivo ai Flying Disk di cambiare molto del proprio stile. Innanzitutto la band punta su dei ritmi molto più composti, meno velocità, c’è più dedizione verso un incedere composto; inoltre la chitarra ha assunto una funzione completamente diversa, abbandonando le visioni post-hardcore trasversali e se vogliamo un po’ folli del precedente lavoro per assumere calorie a iosa e una personalità molto debitrice al nu metal di fine secolo scorso (solo Young Lizard ricorda a tratti il precedente album). Il basso resta uno strumento importante nella ricetta dei FD, potente e corposo, quasi una seconda chitarra che aggiunge un sapore oscuro alla forza del power trio. Se si sommano lo spessore del basso e la nuova visione della sei corde non si fa fatica ed immaginare quanto lo stoner abbia di recente influenzato i ragazzi e la conferma ci arriva da un brano come Hammer che dice tantissimo già dal titolo.

Uno spiraglio di post-hardcore, con degli abiti strappati all’insegna del rock’n’roll, arriva con Dirty Sky, un brano dalla ritmica che si avviluppa su se stessa e che alterna saggiamente voce e riff per offrire poi quell’esplosione totale nel ritornello; ma è troppo poco per parlare di vero appiglio al mondo dell’hardcore. Il terzetto è cambiato, si è evoluto ed ha assunto una forma diversa, prima era un bruco ora una farfalla. Difficile dire se fosse meglio prima od oggi, si tratta di due stili molto diversi. Anche in questo album i Flying Disk si sono attestati sui 25 minuti di ascolto, segno che la durata è un’unita di misura che non va d’accordo con il termometro che indica il livello di qualità presente nella musica. E noi siamo d’accordo con loro perché anche in questo Urgency c’è molta musica, in senso qualitativo ed in senso compositivo, rispetto a quanto l’orologio ci suggerirebbe. Un album moderno, di sicuro non innovativo ma che assume un potenziale live di tutto rispetto. Urgency è un lavoro per chi cerca bassi profondi e riff potenti ed ovattati senza mezze misure.

Autore: Flying Disk

Titolo Album: Urgency

Anno: 2018

Casa Discografica: Brigante Records, Scatti Vorticosi Records, Edison Box

Genere musicale: Nu Metal, Stoner

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://flyingdisk.bandcamp.com

Membri band:

Simone Calvo – voce, chitarra

Enrico Reineri – batteria

Luca Mauro – basso

Tracklist:

  1. One Way To Forget

  2. On The Run

  3. Straight

  4. Dirty Sky

  5. Night Creatures

  6. Hammer

  7. Young Lizard

  8. 100 Days

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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27th Set2018

From Ashes To New – The Future

by Marcello Zinno

From Ashes To New - The FutureTorna sulle scene una band che di sicuro non pecca in quanto a prolificità: dopo il secondo EP Downfall del 2015 (recensito a questa pagina) e il primo vero album Day One (di cui avevamo parlato qui) uscito nel 2016, arriva quest’anno il nuovo capitolo discografico. Il titolo suggerisce qualcosa di nuovo o quantomeno innovativo, The Future, ma probabilmente di moderno c’è solo la formazione che vede alcuni cambi. Fuori Tim D’Onofrio alla batteria ma soprattutto Chris Musser alla voce e dentro rispettivamente Mat Madiro e Danny Case: le carte in tavola cambiano ma la partita nel complesso non va in un’altra direzione se non quella di un ammorbidimento generale che vira più sul rock elettronico e sulle melodie. Non mancano anche qui testi rappati, come da trademark della band, riff dopati in fase di produzione con scelte elettroniche, basi ed effetti vocali…insomma un lavoro dietro le manopole incredibile che sicuramente trarrà i suoi frutti in terra statunitense ma che da noi potrebbe risultare un po’ troppo “sintetico”.

Crazy sembra un vagito dei vecchi Linkin Park trasvestito da ballad, My Name e Nowhere To Run potrebbero essere i singoloni da cui estrarre il ritornello e farne un uso molteplice (radio, negozi di abbigliamento, pubblicità…) mentre la strofa suona scontatissima per chi è cresciuto a pane e nu metal anni 90 nel primo caso ed electro rock nel secondo. In generale un segno di debolezza viene riconosciuto nell’estrema rigidità della struttura dei singoli brani (intro+strofa+ritornello+strofa+ritornello+eventuale intermezzo+ritornello) che se da un lato conferma che le canzoni siano state composte per attecchire sui grandi ascolti dall’altro fanno svanire l’effetto sorpresa e creatività. Momenti più interessanti sono Broken, che pur seguendo gli stilemi della band attira attenzione grazie a ritmi più tirati e arrangiamenti sicuramente più interessanti, o anche Enemy per i suoi riff pomposi; proprio gli arrangiamenti sono spesso apprezzati in quanto donano colore ad una ricetta come dicevamo statica.

Per il resto i From Ashes To New non sono cambiati più di tanto, hanno abbracciato in maniera più matura il proprio stile musicale che tutto è tranne che innovativo. Se vi sono piaciuti in passato, The Future potrebbe fare al caso vostro ma dovete apprezzare certo nu metal contaminato dal rap e dall’elettronica.

Autore: From Ashes To New

Titolo Album: The Future

Anno: 2018

Casa Discografica: Better Noise Records

Genere musicale: Nu Metal, Emo

Voto: 5,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.fromashestonew.com

Membri band:

Matt Brandyberry – voce, chitarra, tastiere, programming

Danny Case – voce

Lance Dowdle – chitarra

Mat Madiro – batteria

Tracklist:

  1. Wake Up

  2. Crazy

  3. My Name

  4. Gone Forever

  5. Broken

  6. Forgotten

  7. Enemy

  8. Nowhere To Run

  9. Let Go

  10. On My Own

  11. The Future

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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26th Giu2018

Silver End – Spreading Fire

by Rod

Silver End - Spreading FireIl nu metal è stato un periodo (più che un genere) che ha messo tra due parentesi graffe un moto musicale che doveva rappresentare il suono nuovo dei metallari di questo millennio. Quando però le principali band di riferimento sono cresciute, sia anagraficamente che discograficamente, le label hanno cercato di compiere una sorta di operazione commerciale del tipo 2.0, dal furbissimo sapore di un repulisti, che ha avuto come risultato quello di archiviare in fretta un genere considerato troppo da “bimbiminkia” cambiandogli i connotati stilistici ed i canoni estetici, rivisitando quindi l’immagine di quelle formazioni divenute oramai asincrone per i tempi moderni (leggasi Linkin Park, Korn o Papa Roach, giusto per fare degli esempi), e lanciando le nuove leve verso quell’affascinante odissea nello spazio che straborda di déjà-vu chiamata “modern metal” o “modern rock”. Questa premessa ci sembrava doverosa allo scopo di introdurre al meglio la band di cui vi andremo a parlare, i norvegesi Silver End ed il loro secondo album uscito sul finire dello scorso anno, Spreading Fire.

Nella piena sostanza infatti, questa recente fatica discografica del quartetto di Bergen, presenta in tutto e per tutto gli elementi tipici del nu metal, sebbene la loro bio li introduca come accasati ai generi modern di cui abbiamo accennato poc’anzi. Basta infatti chiudere gli occhi ed ascoltare una qualunque delle tredici tracce proposte, per essere di colpo catapultati nelle atmosfere in voga oltre un decennio fa, tutte bicordoni potenti ed effettati, vocalizzi lunghi, testi intimisti pieni di paranoia post adolescenziale e ritornelli che ti si piantano al centro del cervello per due giorni. Attenzione però: al netto delle opinabili scelte artistiche riferite al genere proposto, va detto che laddove contestualizzato nel suo lato soggettivo, questo album riesce addirittura ad essere gradevole e piacevolmente fruibile, presentando un suono in pieno balance tra i crismi fondamentali della vecchia scuola ed il cauto utilizzo di growl e scream, praticamente dosati con tutte le cautele del caso.

Spreading Fire non è quindi un lavoro che ci ha particolarmente esaltato, né tanto meno portatore sano di una qualunque spinta innovativa all’interno di un movimento praticamente ai margini dell’interesse mediatico e commerciale, ma che porta in alto la bandiera di chi crede ancora nelle potenzialità comunicative di questa controversa esperienza metal, attraverso un progetto artistico che, in fin dei conti, ci sembra onestamente molto valido.

Autore: Silver End

Titolo Album: Spreading Fire

Anno: 2017

Casa Discografica: Mighty Music

Genere musicale: Nu Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/silverendmusic/

Membri band:

Christian Lerø – voce, chitarra

Cata Babut – chitarra

Lasse Ove Steine – basso

Iben Christopher Espeseth Hanøy – batteria, cori

Tracklist:

  1. Intro

  2. Winning The Raffle

  3. Rising From The Ashes

  4. Chills

  5. Addicted

  6. Hope

  7. The Gate

  8. Chains

  9. Not Alone

  10. Paranoid Freak

  11. Profit Of The Child

  12. The Valley

  13. Pirates (bonus track)

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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21st Giu2018

Siksided – Leave No Stone Unturned

by Marcello Zinno

Siksided - Leave No Stone UnturnedArrivano dal Nord Italia e si collocano esattamente al centro tra la fine degli anni 90 e l’inizio del nuovo millennio. Il sound dei Siksided, forgiato accuratamente nel loro primo full-lenght, è un post-grunge con riff ben presenti e calibrati (Disposable Livings) che spesso finisce per sconfinare in un metal molto cupo (Fragments), a tratti post-metal a tratti nu metal, ma sempre con un tiro forte e trascinante. Il groove che viene emanato dai pattern colpisce come un pugno diretto sul volto e richiama direttamente la scena nu metal di fine secolo; in particolare, in più punti, i Siksided ci ricordano i Mudvayne, non solo per le linee vocali ma anche per le costruzioni compositive: ci riferiamo agli arpeggi e alle strofe pacate che aprono a parti esplosive in grado di far sobbalzare l’ascoltatore. Questa ricetta, seppur vincente, è ripetuta un po’ troppo spesso, ma noi preferiamo comunque riconoscere l’attenzione alla parte compositiva che è tutt’altro che da band emergente. Leaf ad esempio sembra una anthem scritta da una formazione con decenni di musica alle spalle, forse un po’ in ritardo rispetto alla scena attuale ma di sicuro interesse per le radio che ancora trasmettono del nu metal.

Blatant Quiet è un altro pezzo da ascoltare tutto d’un colpo, con quelle chitarre ovattate e martellanti e i diversi inserti lungo il percorso che lo rendono un pezzo davvero interessante, soprattutto nel chorus tutto da cantare. Quindi tutto super: sound, produzione, tiro, riffing…tutto da promuovere. Eccetto per il genere proposto. Non si tratta di classificazione piuttosto di evoluzione musicale. Il nu metal si è evoluto in tante altre creature e, seppur sposiamo a nostro parere la volontà dei ragazzi di esprimere la musica che hanno in testa indipendentemente da quello che la scena sia abituata a sentire, è innegabile affermare in una recensione che il mercato punta ormai qualcosa di diverso. Indipendentemente dalla vostra età noi crediamo che un ascolto agli Siksided sia doveroso.

Autore: Siksided

Titolo Album: Leave No Stone Unturned

Anno: 2017

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Nu Metal, Post-Grunge, Post-Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/siksided

Membri band:

Xander – voce

Wolly – basso

Jeff – chitarra

Delano – chitarra

Paolo – batteria

Tracklist:

  1. Disposable Livings

  2. Leaf

  3. Fragments

  4. Meant To Be

  5. Charon

  6. New Savior

  7. Blatant Quiet

  8. Desert

  9. Defaced

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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12th Apr2018

Holophonics – Fast Forward

by Stedi

Holophonics - Fast ForwardI francesi Holophonics tornano sulle scene con questo nuovo terzo album dal titolo Fast Forward uscito sul mercato proprio nel mese di febbraio a distanza di tanti anni dal precedente Travel Diary From Inner Landscape (2009). Siamo sempre su territori nu metal ma più proiettato verso un alternative rock di stampo americano. Resta inalterato il muro sonoro nel quale si lascia apprezzare l’ottimo lavoro delle chitarre, e chiaramente sempre in primo piano le melodie sprigionate dall’ottima voce di Picot. Attenzione però, nonostante brani accattivanti e di facile presa come Fast Forward (And No Rewind) di cui gira anche un video, non si tratta di un album di facile ascolto. Molti sono i brani con una costruzione più complessa senza mai toccare certe pretenziosità progressive e non basta un solo ascolto per poterlo apprezzare a pieno. Tra i brani preferiti Blowing The Embers che rimanda un po‘ al suond degli A Perfect Circle oppure The Call e In The Wild, ma anche la potente Fire Inside.

Un ottimo ritorno per la band di Grenoble che sembra giunta alla giusta maturità per farsi apprezzare a pieno e raccogliere ovunque consensi sui palchi dei più grossi festival europei.

Autore: Holophonics

Titolo Album: Fast Forward

Anno: 2018

Casa Discografica: Mighty Music

Genere musicale: Nu Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.holophonics.net

Membri band:

Steph Picot – voce

Ludo Chabert – basso

Mike Pastorelli – batteria

Yann Bojon – chitarra

Greg Loviton – chitarra

Tracklist:

  1. Fault Line

  2. Last Breathing

  3. Fast Forward (And No Rewind)

  4. Fire Inside

  5. The Call

  6. In The Wild

  7. Cluster A

  8. All Erasing

  9. My Afterglow

  10. Blowing The Embers

  11. As You Well Know

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
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