• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
02nd Apr2018

The One Hundred – Chaos & Bliss

by Alberto Lerario

The One Hundred - Chaos & BlissSebbene la band inglese The One Hundred non sia composta da decine di musicisti, si basa su una notevole varietà di generi: si possono trovare influenze che spaziano dall’hardcore, alla trance, al rap, ovviamente il tutto condito con del buon metal, o meglio nu metal, come si può fin da subito intuire. Per rendere immediata l’idea di come suona Chaos & Bliss, possiamo dire che l’album può essere riassunto come una versione metalcore della teoria ibrida dei Linkin Park, con più enfasi su urla e rap, e con meno enfasi sugli ami melodici. L’opener Dreamcatcher è una traccia piena di adrenalina che inizia con un intenso verso urlante insieme ad una batteria elettronica martellante, che alla fine si trasformano in metalcore decisamente buono. Monster dimostra perfettamente come mixare efficacemente i generi possa creare una canzone piacevole e accattivante. In Disengage troviamo di nuovo un mix di rap e metalcore, questa volta però espresso in maniera meno convincente rispetto alla prima traccia. Dark Matters è il primo singolo pubblicato in promozione per questo album. Traccia quasi anonima se non fosse per l’incessante ritornello “Dark Matters” corredato di synth alieno nei versi, che in un modo o nell’altro entra nella testa.

Fake Eyes è in pratica una sorta di intermezzo elettronico, cui segue Hand Of Science, canzone che tratta di religione e che riesce a sprigionare emozione e aggressività rendendolo forse il brano migliore del disco. Con Boomtown si alleggerisce subito il clima, atmosfera orientale data dal synth e voci femminili nel coro. Blackjack e Retreat sembrano composta da tutte le altre caratteristiche delle canzoni precedenti. Who We Are Now è quasi una ballad, la band qui lascia da parte il metallo e l’aggressività, ma si dimentica anche tutto il resto. Per fortuna il metallo torna a ruggire ai livelli precedenti con le ultime due tracce Chaos & Bliss e Feast. I The One Hundred hanno coagulato in questo album tutto ciò che ha attraversato le loro dita. Da un lato, questo crea una sensazione di leggero caos, che tuttavia riesce a conservare un carattere preciso e funzionale. I puristi del metallo probabilmente non saranno molto contenti di questo mix di stili. Ma chi ha voglia di sperimentare una diversa comprensione della musica, esplorerà alcuni momenti emozionanti e ben congegnati.

Autore: The One Hundred

Titolo Album: Chaos & Bliss

Anno: 2017

Casa Discografica: Spinefarm Records

Genere musicale: Crossover, Nu Metal

Voto: 6.5

Tipo: CD

Sito web: http://www.facebook.com/theonehundredband

Membri band:

Jacob Field – voce

Tim Hider – chitarra

Phil Kneller – basso

Joe Balchin – batteria

Tracklist:

  1. Dreamcatcher

  2. Monster

  3. Disengage

  4. Dark Matters

  5. Fake Eyes

  6. Hand of Science

  7. Boomtown

  8. Black Jack

  9. Retreat

  10. Who We Are Now

  11. Chaos & Bliss

  12. Feast

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
16th Ott2017

Klogr – Keystone

by Marcello Zinno

Klogr - KeystoneTornano dopo due anni da quel Make Your Stand recensito da noi a questa pagina che rappresentava un po’ un intermezzo tra Black Snow (di cui potete leggere la nostra opinione cliccando qui) e un nuovo vero full-lenght. Nuovo album completo che non tarda ad arrivare e prende il nome di Keystone, undici tracce toste e corpose, così come il loro sound lo è da sempre. Ma non si tratta di un’uscita clone delle precedenti. L’opener infatti subito ci presenta un altro lato dei Klogr che non conoscevamo: accantonato l’appeal alternative metal i Nostri sembrano più richiamare delle influenze vicine al nu metal di nomi come Linkin Park, con tanto di code vocali vicine a quelle di Chester Bennington (RIP), appeal che ci piace e che sicuramente si presta a conquistare il pubblico dal vivo. Sound e riff duri che si ripetono anche in Prison Of Light che scomoda un po’ tutti i mostri sacri del metal, a partire da Metallica e Machine Head toccando anche i meno noti (oggi) Mudvayne, anche qui promuovendo a pieno i Klogr che sembrano avere un’affinità maggiore e un collaudo sulla lunga distanza degno di nomi di peso internazionale. E siamo solo alla seconda traccia.

Anche se il sound ci ricorda molto la scena nu metal non vi fate ingannare, Keystone è un album assolutamente moderno con un piglio in grado di conquistare al primo ascolto e che si colloca egregiamente nella scena heavy metal facendo coesistere passaggi più intimi (The Echoes Of Sin) con un riffing duro (Prison Of Light, Something’s In The Air). Non solo, quello che ci resta più impresso di Keystone è la maturità delle composizioni: brani come Pride Before The Fall, Dark Tides o Silent Witness dimostrano una capacità e una rotondità di scrittura davvero particolare e più di va avanti con la tracklist più si percepisce uno stile di songwriting meno irruente e più “pensato”.

I Klogr non vogliono essere degli innovatori e in fondo non lo sono mai stati. Quello che però propongono, lo scrivono e lo eseguono con grande professionalità e qualità. Con Keystone si apprestano a scalare le classifiche di mezzo mondo e noi glielo auguriamo.

Autore: Klogr

Titolo Album: Keystone

Anno: 2017

Casa Discografica: Zeta Factory

Genere musicale: Nu Metal, Heavy Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.klogr.net

Membri band:

Gabriele “Rusty” Rustichelli – voce, chitarra

Pietro Quilichini “PQ”- chitarra

Roberto Galli – basso

Maicol Morgotti – batteria

Tracklist:

  1. Sleeping Through The Seasons

  2. Prison Of Light

  3. Technocracy

  4. The Echoes Of Sin

  5. Pride Before The Fall

  6. Something’s In The Air

  7. Drag Your Back

  8. Sirens’ Song

  9. Dark Tides

  10. Silent Witness

  11. Enigmatic Smile

  12. The Wall Of Illusion

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
02nd Ago2017

Dorothy – Ancora

by Marcello Zinno

Dorothy - AncoraAd essere artisti emergenti c’è anche qualche lato positivo. Ed è il caso dei Dorothy, quartetto romano che si avvicina al suo decennale, pronto a pubblicare l’album Ancora e il cui artwork passa in sordina. Sì perché è proprio notizia di metà giugno che la pubblicazione di Is This The Life We Really Want? nuovo album di Roger Waters (dopo 25 anni dal precedente studio album) è stata bloccata in Italia per un presunto plagio: secondo il Tribunale di Milano la copertina scelta per l’album è troppo simile alle opere dell’artista concettuale siciliano Emilio Isgrò, quasi coetaneo rispetto al famoso bassista/cantante dei Pink Floyd. Nome ingombrante quello di Waters che non è riuscito ad evitare le ripercussioni negative del presunto plagio e che invece i Dorothy, band molto meno nota, sono riusciti a scavalcare mimetizzati nei meandri della scena emergente (artwork davvero molto simile). Ma nessuna scelta di marketing c’è qui, anzi i Dorothy pubblicano Ancora mesi prima del “caso Waters” solo che la loro eco è decisamente meno forte. Tutt’altro che in mala fede: nel loro progetto c’è un animo nobile, quello di portare avanti le idee del loro frontman venuto a mancare due anni fa, loro stessi che hanno voluto fortemente dare un seguito al primo album con brani in parte composti proprio con il loro (purtroppo ex) cantante.

E così viene scelto il titolo Ancora per un album che prosegue il discorso iniziato con Basta, un nu metal di sponda Linea 77 ma che sposa anche un sound molto americano: chitarre pesanti di matrice heavy/thrash che in alcuni momenti sembrano simpatizzare con l’alternative metal (Questo Mondo Uccide), in altri con il metalcore (Jacky), voci pulite e sporche che si alternano e ritmica che tende le fila del tutto. Premiante la scelta dei testi in italiano, segno della forte intenzione della band di esprimere prima di tutto delle idee, e anche gli arrangiamenti che compaiono nei momenti meno “in you face” come nella titletrack. L’irruenza e la schiettezza di brani come Piazza Pia (“l’invidia della gente che parla, l’invidia della gente perché tu sei il migliore…falsi amici e finti sorrisi“), Secondi Molesti (“Sopravvivo nella mischia, preferisco non starvi a sentire“) o come Boom! che ha un sapore quasi hardcore nel ritornello. C’è qualche riempitivo, come E Se Tante Volte Se, ma tutto sommato l’album scorre compatto e con dei momenti davvero validi, soprattutto nella prima parte della tracklist.

Decisamente promossi i Dorothy, una band che sicuramente fa dell’energia sprigionata in sede live uno dei propri punti di forza. E noi speriamo che possano avere un futuro lungo, così come il ricordo di Davide Caroccia.

Autore: Dorothy

Titolo Album: Ancora

Anno: 2017

Casa Discografica: Time To Kill Records

Genere musicale: Nu Metal, Crossover

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/Dorothyromaofficial/

Membri band:

Jacopo Peruzzo – voce

Stefano Siteni – batteria

Davide Bastianelli – chitarra

Francesco Fiacchi – basso

Matteo “Biscia” Bovi – chitarra

Milo Silvestro – percussioni, campionamenti

Davide Caroccia – voce

Tracklist:

  1. Clessidra

  2. Secondi Molesti

  3. Chiedilo Alle Stelle

  4. Questo Mondo Uccide

  5. Ancora

  6. Piazza Pia

  7. Jacky

  8. E Se Tante Volte Se

  9. Boom!

  10. Paralleli E Catene

  11. Giuro, Manchi Dentro

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
01st Ago2017

Skymall Solution – Skymall Solution

by Marcello Zinno

Skymall SolutionQuella caustica crepa che si creò tra la scena nu-metal e quella post-metal sul finire dello scorso secolo non è mai stata squarciata abbastanza per poterci vedere attraverso. Lì dietro, in quel piccolo alone nero che nasconde un infinito fatto di eleganza e sperimentazione, poche realtà hanno avuto il coraggio di arrivare con i propri artigli e la maggior parte di queste sono al di fuori del nostro Paese. Passato l’innamoramento dei fan verso queste sonorità (non è un caso che i due generi si siano un po’ allontanati dai riflettori del rock metal internazionale) è stato ancora più difficile sperare che qualcuno ci puntasse ancora…ma per fortuna qualcuno c’è. Gli Skymall Solution sono una band tutta italiana, formata da due coppie di fratelli (Kircoff e Bottone brothers) arricchiti da una tastiera, quella di Francesco Bianchi che si fa sentire nonostante non sia l’elemento cardine della loro proposta. Ore e ore di ascolto della scuola Deftones prima di creare un loro sound, una proposta che li porta quest’anno ad uscire con un secondo full-lenght e una nuova label, la Vrec, che crede in loro.

I testi rappati di Hold Your Breath sembrano citare la parte più nu-metal degli anni 90, mentre Running Reflection e Hope parlano più la lingua del post-metal, una lingua che assume diverse sfumature divenendo prima psichedelia e poi math in Plastic Hated, passando per il crossover di Eyes In. I tempi sono per lo più dilatati ma non mancano passaggi granitici come il riffing a metà corsa di Through My Head o alcune linee vocali di Cold War. A noi affascina Touch Me, un pezzo che abbraccia il groove metal e viene arricchito da arrangiamenti preziosi, degni di nomi altisonanti; un pezzo ricco di tutti gli elementi a nome Skymall Solution. Un sound, quello di questo omonimo album, prodotto egregiamente e che ci colpisce per il suo potenziale internazionale ma anche per uno spessore ideativo che non può passare inosservato, anche in terra italica. Queste le caratteristiche che compensano ampiamente quel pizzico di originalità che ci si aspetta in più da una formazione preparata come gli Skymall Solution.

Se avete amato album come White Pony o preferite antecedere la parola “post” a qualsiasi genere musicale, vi conviene ascoltare questo album, delizia sia in cuffia che al di qua del palco. Approvati.

Autore: Skymall Solution

Titolo Album: Skymall Solution

Anno: 2017

Casa Discografica: Vrec

Genere musicale: Nu Metal, Post-Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://soundcloud.com/skymall-solution

Membri band:

Ivan Kircoff – basso

Patrizio Bottone – chitarra

Valerio Bottone – batteria, voce

Simone Kircoff – voce

Francesco Bianchi – tastiere

Tracklist:

  1. Collision

  2. Running Reflection

  3. Hold Your Breath

  4. My Head

  5. Cold War

  6. Touch Me

  7. Eyes In

  8. Plastific (Hated)

  9. Hope

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
17th Mar2017

Shvpes – Pain.Joy.Ecstasy.Despair

by Ottaviano Moraca

Shvpes - Pain.Joy.Ecstasy.DespairLe colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli. Questo è assodato e fin qui ci siamo. Ma le aspettative? Cosa ci aspetteremmo dal figlio di Schumacher se iniziasse a correre in auto? Almeno due mondiali vinti in F1…minimo. E se il figlio di Maradona o di Messi giocasse a calcio? E se il figlio di Valentino Rossi gareggiasse in moto? E se il figlio di Bruce Dickinson cantasse? Tutta questa lunga premessa perché stiamo parlando davvero del figlio del frontman degli Iron Maiden che, non proprio casualmente, si è dato anche lui al metal. Il padre ai suoi tempi fu un precursore e dunque anche dal bravo Griffin non possiamo che aspettarci un genere per lo meno molto moderno. Ecco allora che gli Shvpes si dedicano ad un misto tra nu metal e alternative rock con ampie parti rappeggianti che di innovativo non ha molto ma che risulta comunque piuttosto attuale. L’originalità, o piuttosto la sua mancanza, è infatti forse l’unico punto debole di questo debutto discografico sebbene una personalità non ancora del tutto formata sia un peccato che al primo disco si può anche tollerare. A maggior ragione perché le influenze del gruppo sono già abbondantemente amalgamate tanto da non essere poi così riconoscibili all’interno del sound della band. Bene.

Con cotanto genitore la produzione non poteva che essere eccelsa e infatti non starei a spenderci troppe parole quindi passiamo subito al capitolo sulla tecnica che segna un punto davvero positivo per la compagine di Birmingham. I Nostri si difendono egregiamente sia nelle parti più tecniche e tirate che in quelle rare occasioni in cui il metronomo cala. Più che i classici assoli sono gli stop’n’go, i controtempi e i passaggi sincopati le soluzioni buone per tutti i momenti mentre una certa dose di melodia condisce il tutto rendendo il disco assolutamente pregevole. L’immediatezza è garantita dalla brevità dei brani tanto che gli Shvpes riescono ad infilare undici tracce in meno di quaranta minuti. Così il pericolo noia è scongiurato senza per questo rendere banali o prevedibili i brani e perciò mettendo in mostra una maturità superiore a quanto non sarebbe lecito aspettarsi.

Ma tutti volete sapere come se la cava il figlio d’arte dietro al microfono. Ed è presto detto: il padre è un fuoriclasse ma anche la sua progenie si difende e, giocando astutamente su un terreno diverso fatto di toni ruvidi al limite del growl accostati a parti pulite mai esasperate, riesce a risultare espressivo e non troppo monotono. C’è ampio margine di miglioramento ma l’energia non gli manca di certo quindi, per fortuna, possiamo tirare un sospiro di sollievo: a quanto pare la mela non è rotolata poi troppo lontana dall’albero. Ultima nota positiva per l’artwork della copertina e per il sito internet che non sorprendono ma che sono di sicuro piacevoli e molto ben realizzati ma soprattutto mostrano come questa band ci tenga a fare tutto come andrebbe fatto. Sentiremo senz’altro ancora parlare di loro.

Autore: Shvpes

Titolo Album: Pain.Joy.Ecstasy.Despair

Anno: 2016

Casa Discografica: Spinefarm Records

Genere musicale: Alternative Rock, Nu Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.shvpes.com

Membri band:

Griffin Dickinson – voce

Ryan Hamilton – chitarra

Youssef Ashraf – chitarra

Harry Jennings – batteria

Tracklist:

  1. Bone Theory

  2. State Of Mine

  3. Skin & Bones

  4. False Teeth

  5. Smoke & Mirrors

  6. Breaking The Silence

  7. The Otherside

  8. Two Minutes Of Hate

  9. Pain. Joy. Ecstasy. Despair

  10. God Warrior

  11. Tear Down The Walls

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
28th Feb2017

Chained – Dark Dreams

by Marcello Zinno

Chained - Dark DreamsArriva l’esordio dei Chained, formazione che sarà molto apprezzata per chi ama le sonorità nineties, sia rock che metal. La loro caratteristica è quella di piazzare dei riff martellanti, molto debitori alla scena alternative metal, di quelli che in maniera cadenzata ti trapano il cervello e che ti portano a muovere il collo in maniera ondulata (quasi masi forzata). Last Whisper, potremo dire l’ideale singolo per presentare il sound targato Chained, ci presenza senza tremori questo approccio molto debitore alla scena nu metal dell’ultimo decennio del secolo scorso; personalmente mi hanno ricordato molto i Mudvayne a livello sonoro anche se più morbidi a livello compositivo e scevri da spigolature di sorta. Everything Is Fire picchia direttamente alle radici delle loro influenze e abbraccia un approccio molto più grunge; sembra di toccare con mano echi di buona parte della scena di Seattle, Pearl Jam e Alice In Chains in primis, vestiti comunque di una vena più metal alla Chained.

Altra caratteristica: la ricetta è molto semplice, non vi sono accelerazioni di sorta, non vi sono stacchi inaspettati, il rifferama procede roccioso (e forse un po’ anonimo) quasi come fosse un album dei Damageplan, le tracce non hanno aspettative molto alte ma, probabilmente anche nelle intenzioni di chi le ha scritte, desiderano arrivare in maniera diretta e null’altro. Blood e Shut Your Mouth sono dei buoni pezzi come buono è Dark Dreams, che però resta un “album da sottofondo”, un lavoro a cui ci si può approcciare senza troppi capricci e che secondo noi dovrebbe contenere una maggiore dose di personalità per far uscire fuori le capacità del combo. Ma la discografia dei Chained è solo alla prima tacchetta.

Autore: Chained

Titolo Album: Dark Dreams

Anno: 2016

Casa Discografica: This Is Core Records

Genere musicale: Alternative Metal, Nu Metal

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/pg/ChainedRockBand

Membri band:

Panz (Alberto Stagni) – voce

Pette (Luca Pettenati) – chitarra

Chicco (Francisco Marvasi) – basso

Bottio (Alberto Bottioni) – chitarra

Lo Ste (Stefano Superchi) – batteria

Tracklist:

  1. Intro

  2. Last Whisper

  3. Everything Is Fire

  4. Prelude

  5. Chained On Cross

  6. Blood

  7. Shut Your Mouth

  8. Dark Dream

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
04th Nov2015

See The Sky – Ego Rehab

by Cristian Danzo

See The Sky - Ego RehabLa società attuale ci manipola? Ci impone idee predeterminate che le aggradano attraverso politica, mass media ed altri mezzi, per avere dei burattini da usare a suo piacimento? Questo è l’assunto da cui parte l’idea del nuovo album dei See The Sky, Ego Rehab. Un concept che vede il protagonista della storia essere isolato in un manicomio a causa del rifiuto di allinearsi alla massificazione totale. Che si pensi o meno che cose del genere siano già in atto o succederanno, il tema è qualcosa che viene sfruttato da molto tempo dal mondo dell’arte in generale, ma risulta sempre affascinante e fa pensare. La band dei senza volto (si presentano nel booklet mascherati e con i visi cancellati) dà vita ad un misto di nu metal e sperimentazioni, accompagnato da voce femminile e growl in stile brutal. Alcune delle nuove leve che si affacciano al mondo musicale attualmente cercano (non sempre bene, va detto) di creare qualcosa di originale mischiando generi e trend che sono abbastanza recenti, parlando in ordine di vicinanza temporale. I See The Sky non falliscono, ma non centrano nemmeno il bersaglio appieno. Ciò è dovuto a diversi fattori. In primis, la produzione del loro Ego Rehab risulta musicalmente moscia e smorta. Secondo noi dovrebbe esprimere molta più violenza sonora per generare e trasmettere all’ascoltatore il senso di alienazione e coercizione che il concept vuole esprimere. La batteria, ad esempio, sembra una drum machine da quattro soldi comprata al mercatino dell’usato, invece di uno strumento vero ed altamente impattante. C’è da dire, poi, che questa è una giovane band e che quindi la personalità e la via musicale non sono ancora del tutto, probabilmente, definite. Molti passaggi del disco, musicalmente parlando, ricordano i vecchi Korn e gli Slipknot dell’omonimo esordio.

Poi, per carità, Ego Rehab non è che sia da lanciare dalla cima delle Petronas Tower per farlo sfracellare ed essere sicuri che succeda. E questo perché si sente che, se saranno capaci di farlo, potranno esprimere al meglio le potenzialità che si notano nel disco. La voce di Miriam Gardner bene si alterna con il growl ed i “puliti” di Bjarne Mattheson (entrambi i vocalist sono eccellenti). Inoltre, se l’impatto violento manca, sulle atmosfere desolanti e melanconiche dell’alienazione mentale e del manicomio, non ci piove che i Nostri raggiungano davvero il risultato che volevano. Ego Rehab è un disco fatto di chiari e scuri. Ma i See The Sky sono da tenere d’occhio.

Autore: See The Sky

Titolo Album: Ego Rehab

Anno: 2015

Casa Discografica: Mighty Music

Genere musicale: Post-Metal, Nu Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.seethesky.bandcamp.com

Membri band:

Miriam Gardner – voce

Bjorne Matthiesen – voce

Blake Gardner – chitarre, synth

Ronal McKay – basso

David Marksen – batteria

Tracklist:

  1. The Narcissist

  2. Therapy

  3. Legion

  4. Isolated

  5. Delusion Vs. Reality

  6. A Flicker Of Light

  7. Battle For The Mind

  8. Remedy

  9. Relapse

  10. Manipulation Malpractice

  11. Damaged Beyond Repair

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
06th Set2015

Kpanic – Panic Station

by Marcello Zinno

Kpanic - Panic StationSolitamente una band emergente, prima di realizzare un full-lenght, anticipa le proprie idee con una manciata di brani inseriti all’interno di un EP, per farsi conoscere dai locali, per stuzzicare la curiosità della stampa, per iniziare a far girare il proprio nome. I Kpanic invece un full-lenght ce l’hanno già alle spalle e dopo qualche anno tornano con 5 nuovi brani in questo Panic Station. Il sound è noto e stranoto, loro parlano di crossover, noi preferiamo accostarlo ai nomi del nu metal degli anni 90 e qualcosa di alternative metal meno antesignano: chitarre aperte, sezione ritmica che si sente, e linee vocali in prima linea con le classiche storpiature americane di scuola Jonathan Davis e grandi ritornelli che restano impressi. Niente di nuovo sotto il sole ma va detto che la band suona con grande attitudine e convinzione: non si ha la sensazione del “vecchio”, del polveroso, le tracce anche se brevi arrivano facilmente e il nostro collo non riesce a stare fermo. Buona la prova di Simone Pannacci al microfono, anche se a nostro parere con il suo carisma potrebbe ostentare uno stile più personale e magari creare un vero e proprio trademark con cui guidare il timone della band.

U’N’Meanche singolo dell’EP, è l’esempio per eccellenza del brano della band: essenziale, con qualche arrangiamento ben piazzato (da questa traccia probabilmente deriva l’inserimento dei The Cure tra le loro influenze), e una struttura semplice che si butta giù come un bicchiere d’acqua e una pillola qualsiasi. In fondo Panic Station è un assaggio di 20 minuti, difficile capire la prossima release quale direzione prenderà, quello che però è importante è sapere dove non dovrà andare: non dovrà guardare al passato, secondo noi, ma incorporare fattori nuovi per differenziare il sound dei Kpanic rispetto ad una scena che negli ultimi anni stenta a stare a galla.

Autore: Kpanic

Titolo Album: Panic Station

Anno: 2015

Casa Discografica: BBHELLS Records

Genere musicale: Nu Metal, Alternative Metal

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: http://www.kpanic.it

Membri band:

Simone Pannacci – voce

Michele Tassino – chitarra

Dave Tavanti – basso

Simone Migliorati – batteria

Tracklist:

  1. Play Hard

  2. Ana

  3. Panic Station

  4. U’N’Me

  5. Farce (The First Dawn)

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
27th Ago2015

Old Scratchiness – No Shape

by Marcello Zinno

Old Scratchiness - No ShapeEssenziale ma ben presentato il primo EP degli Old Scratchiness, formazione che tra alti e bassi arriva a questo lavoro presentando 5 brani inediti. Il sound è dark, cupo e pesante ma viene alleggerito dall’approccio emergente profuso dalla band, non tanto cervellotico e molto vicino a radici rock/grunge. Se infatti nell’opener le riminiscenze di band come Korn e Marilyn Manson sono abbastanza chiare, nel brano Shapeshifter i riff diventano più rotondi e il grunge viene fuori, in alcuni momenti con un accenno allo sludge ma molto più aderente al rock che non al metal. La produzione è essenziale, di buon livello per un lavoro emergente anche se non eccezionale; d’altra parte sia nei passaggi di pieno groove (in senso lato, visto che i ritmi sono quasi sempre molto pacati) che nelle piccole espressioni soliste, si apprezza una buona cura del suono. Probabilmente è il grip quello che manca: i brani degli Old Scratchiness, anche se ben costruiti, non restano attaccati come dovrebbero e, ad accezione della resa live che con tutta probabilità tiene alta l’attenzione anche di chi li ascolta per la prima volta, difficilmente vengono ricordati dopo un ascolto in cuffia.

La lenta e ripetitiva Giant cita chiaramente gli immortali Black Sabbath con qualche piccolo inserto post-metal nelle strofe, niente quindi di particolarmente nuovo dietro l’orizzonte, ma di sicuro colore nero. Con l’ultima traccia si rallenta ancora di più il mood con un basso che esce ancora di più allo scoperto e una sei corde che in parte sperimenta: c’è più spazio per ogni strumento e questo è un lato positivo ma torna la sensazione che la traccia scorra via, forse con una parte strumentale troppo lunga e l’assenza di un riff che resti impresso si sente.

L’approccio generale degli Old Scratchiness è buono, la scelta di cantare in inglese è un po’ scontata (sarebbe più caratteristico un sound di questo tipo con testi in italiano), bella la presenza di tracce che superano la canonica durata di tre minuti, segno che c’è linfa creativa dietro questo progetto. Bene per un EP autoprodotto, primo passo verso il mondo discografico, ma per il loro futuro ci attendiamo maggiore personalità e maggiore coraggio.

Autore: Old Scratchiness

Titolo Album: No Shape

Anno: 2015

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Nu Metal, Heavy Metal

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://oldscratchiness.bandcamp.com

Membri band:

Alessandro Degl’Antoni – voce, chitarra

Alex Cavani – chitarra, flauto, effetti

Federico Caroli – basso

Stefano Roncaglia – batteria

Tracklist:

  1. Spleen

  2. Shapeshifter

  3. The Sower

  4. Giant

  5. The Room Of 1000 Clocks

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
07th Lug2015

F@B – Talmbout’ Dat

by Trevor dei Sadist

F@B - Talmbout' DatSi chiamano F@B e arrivano dall’Ukraina, questi quattro ragazzacci. La loro proposta strizza l’occhio a quello che è successo oltreoceano qualche anno fa, anni in cui il crossover fu denominato nu metal. Oggi la scelta dei Nostri potrebbe sembrare anacronistica, ma quel che conta è avere le idee fresche, la giusta rabbia, e in tutta onestà credo che questo non manchi alla band, anzi. Il sound è potente, costituito da riff granitici, accompagnati da una sezione ritmica costante, con un basso a volte in slap, tanto caro agli Infectious Grooves. Nonostante la band sia compatta, anche nel giudizio tecnico, spicca il singer Ivan Patey, sia per quel che concerne la semplicità con cui riesce a dividersi tra clean volcals, bridge rapcore e parti sicuramente più rabbiose che per la costruzione delle metriche, presenti, piacevoli, senza mai tediare l’ascoltatore. Gli accostamenti sono quelli legati ai mostri sacri del genere, Korn ad esempio, Limp Bizkit, Tool, di quest’ultimi a tratti sono state prese in prestito alcune atmosfere, dove la band si toglie il cappello ilarico NY e scopre di avere anche una venatura più riflessiva. Tra le mie preferite la opener Double Y Chromosome, dove nel chorus, non fatico a trovare un tributo/rimando a Jonathan Davies, e poi l’imponente You così come la successiva Measure e qui devo spendere un elogio per un ottimo lavoro di suoni, prodotti da una chitarra più che ispirata.

Davvero una bella sorpresa questo Talmbout ‘ Dat, primo lavoro in studio dei F@B, che con una buona dose di adrenalina mi hanno convinto, grazie anche ad un’omogeneità naturale con cui i quattro riescono a districarsi, fornendo una prestazione che può solo che essere promossa a pieni voti. Un disco consigliato, specie per chi ha amato alla follia quei giorni in cui veniva alla luce un nuovo genere, battezzato solo qualche giorno dopo nu metal, niente più che un’ennesima diramazione del nostro tanto amato metal. Dai paesi dell’Est una risposta convincente, F@B, Life is Good. In alto il nostro saluto!

Autore: F@B

Titolo Album: Talmbout’ Dat

Anno: 2015

Casa Discografica: OverDub Recordings

Genere musicale: Crossover, Nu Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.fragmentantigenbinding.com

Membri band:

Ivan Patey – voce

Valentine Matvieiev – chitarra

Eugene Skokov – basso

Max Nazarets – batteria

Tracklist:

  1. Double Y Chromosome

  2. Bon Appetit

  3. Dr. Jekyll & Mr. Hyde

  4. Life Is Good

  5. You

  6. Measure

  7. Mute Man

  8. Air

  9. Vacuum

Category : Recensioni
Tags : Nu metal
0 Comm
Pagine:«12345»
« Pagina precedente — Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • At First – Deadline
    • Rainbow Bridge – Unlock
    • Typhus – Mass Produced Perfection
    • Hybridized – Hybridized
    • Methodica – Clockworks
  • I Classici

    • Quiet Riot – Alive And Well
    • Pallas – XXV
    • Offlaga Disco Pax – Socialismo Tascabile (Prove Tecniche Di Trasmissione)
    • Mountain – Masters Of War
    • King’s X – XV
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Marillion Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in