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02nd Gen2021

Cornea – Apart

by Marcello Zinno
Italianissimi i Cornea si spingono nell’intricato e folto paesaggio del post-rock tricolore, giocando con suoni e riff catacombali per regalare minuti cupi e spingerci oltre le dimensioni terrestri. I ragazzi scelgono il sentiero della musica strumentale, lasciando appunto agli strumenti (in primis synth e chitarra) l’arduo compito di tessere melodie in grado di essere all’altezza di un genere che spesso pecca di inconcludenza ed è amato solo da chi è uso consumare musica sperimentale. Ma la loro carta vincente a nostro parere è un’altra, quella loro capacità di muoversi tra post-rock e post-metal in maniera anche relativamente evidente, indurendo quindi il loro sound nelle parti delle song in cui l’emotività gioca un ruolo essenziale. E qui si celano le capacità di una band di comporre musica, soprattutto se strumentale: troppo facile alle volte creare delle jam session e registrarle, molto più difficile interpretare ogni singolo brano come fosse una trama multisensoriale, che dispone di passaggi pacati, momenti intensi, colori diversi, in modo da scatenare i sensi al momento giusto. Così possiamo presentare l’EP Apart le cui tracce in realtà sembrano muoversi all’unisono, quasi fosse un “concept EP”, secondo il medesimo copione, agitando al momento giusto impulsi ed emozioni per dare vero valore alla loro scelta espressiva strumentale.

Saltwater è il brano più spettrale del lotto mentre gli altri brani, soprattutto i primi della tracklist, posseggono una carica emotiva decisa. Ultima parentesi all’artwork di questo lavoro davvero molto curato che fa venir voglia di acquistare il fisico solo per la copertina.

Autore: Cornea Titolo Album: Apart
Anno: 2020 Casa Discografica: Jetglow Recordings
Genere musicale: Post-Rock, Post-Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/wearecornea
Membri band:
Nicola Mel – chitarra, synth
Andrea Greggio – batteria, synth
Sebastiano Pozzobon – basso
Tracklist:
1. Daydreamer
2. Kingdom
3. Will Your Heart Grow Fonder
4. Saltwater
5. Sentinels Of A Northern Sky
6. Diver
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Post-metal
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26th Nov2020

Unburnt – Procession

by Marcello Zinno
La Francia è un Paese che anche nel metal si sta creando un proprio spazietto. E insieme a realtà di metal estremo e serrato arrivano anche band più sperimentali, cupe e lente. Gli Unburnt sono tra questi con il loro metal che è molto vicino al post-metal (l’opener è emblematica in questo) in quanto a struttura e suoni, ma con la differenza nel loro caso che ingloba anche strofe e ritornelli, fattore questo non sempre amato da chi realizza post-metal. Ma non aspettatevi un metal orecchiabile dagli Unburnt: riff dai suoni potenti, passaggi in blast beat (la distruttiva Blackblood ne è un esempio) e linee vocali, ora in clean ora in growl, sono gli elementi cardine di questo loro debut album che segue un EP dopo due anni; addirittura in Remains la band opta per un passaggio black metal, brano che nella seconda me contiene un riff capace di farti innamorare perdutamente.

Obscure, l’ultima traccia, è quella più orecchiabile del lotto: pur mantenendo una veste molto oscura, ha un incedere e alcuni tratti melodici che la rendono digeribile anche a chi non ama il genere, anche se a noi piacciono molto le esuberanze estreme degli altri brani citati. La produzione è davvero un fiore all’occhiello, i suoni sono ricercati e davvero ben congegnati, a dimostrazione che ormai nella nostra epoca anche un album di debutto può suonare come uno mainstream, sono le idee che fanno la differenza. Insomma un lavoro che può brillare nel panorama post-metal ma che dice la sua anche al di fuori di chi ascolta solo Tool et similia.

Autore: Unburnt Titolo Album: Procession
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Post-Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.unburnt.fr
Membri band:
Sébastien Matti – voce
Yoann Mrle – basso
Thomas Flieg – batteria
Nicolas Kempf – chitarra
Julien Feist – chitarra
Tracklist:
1. The Veil
2. Interlude #1
3. Blackblood
4. Rebirth
5. Interlude #2
6. Remains
7. Obscure
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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18th Nov2020

Stereotypical Working Class – Célestopol

by Marcello Zinno
Gli Stereotypical Working Class sono un quartetto francese, attivo dal lontano 1999 con tanta esperienza live (hanno suonato in festival importanti e hanno anche vissuto un tour negli States) ma con “solo” cinque uscite discografiche alle spalle, di cui l’ultimo EP Célestopol. Gli anni alle spalle si sentono tutti, i ragazzi creano un sound maturo e, oltre a dimostrare di essere padroni dei propri strumenti, con queste poche tracce fanno intuire benissimo quanto sanno estrarre e come le idee prendono corpo nella musica. Già questo meriterebbe di incuriosire i più e di avvicinarli al progetto ma ciò che ci ha stupito è che la loro proposta suona incredibilmente moderna, fondendo le ritmiche lente e fangose del post-metal (Testify) con un suono molto crudo di stampo Deftones, non rinunciando ad incursioni nel gothic metal ma anche in alcuni pattern (soprattutto di batteria) progressive. I suoni freddi e metal risultano prodotti con molta attenzione, il risultato finale è che la band può tranquillamente giocarsi dei posti nelle classifiche americane, magari accanto ad un gruppo di metalcore melodico, ma pur offrendo qualcosa di più variegato.

Ascoltare Time Will Never Change può offrirvi una panoramica dei diversi punti di vista della band, formazione che non intende offrire brani piatti, con struttura consona a realtà che “sparano nel mucchio”, piuttosto cambiano sempre le carte in tavola e in soli 5 minuti tentano diverse strade senza far smarrire l’ascoltatore. O almeno noi non ci siamo persi, ne siamo rimasti affascinati. Ascolto più che consigliato.

Autore: Stereotypical Working Class Titolo Album: Célestopol
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Post-Metal, Nu-Metal, Progressive Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/stereotypicalworkingclass/
Membri band:
Benjamin aka Murdock – batteria
Jefferson “Christophe” Flambers – chitarra
Thomas “Martin” Wolf – voce
Steven “Bertrand” Brex – basso
Tracklist:
1. Testify
2. Soon I Will
3. Face Down
4. Time Will Never Change
5. Célestopol
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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11th Ago2020

Radar Men From The Moon – The Bestial Light

by Marcello Zinno
Ci avevano fatto un po’ preoccupare i Radar Men From The Moon con il precedente EP Bliss, uscito poco tempo fa (2019) e completamente dedito alla musica avanguardistica strumentale. Non che sia un habitat completamente nuovo per i RMFTM ma finalmente quest’anno arriva The Bestial Light (in versione vinile e cassetta) ed è decisamente più “suonato”. Metal?! Rock?! Punk?! Tutti e tre questi ingredienti ben frullati in un cocktail che sa di nord Europa e di musica austera, con uno sguardo al passato (prevalentemente seventies…Sacred Cunt The Universe ricorda alcune sperimentazioni di Lou Reed) e uno al futuro (avant-garde appunto); l’album è governato da un approccio “post”, potremo parlare di post-metal ma risulta davvero difficile rinchiuderlo in confini ben delineati: Eden In Reverse è un brano psycho-metal con questi riff precisi e costanti che ti perforano la testa nemmeno fosse un rubinetto che perde gocce su gocce. E se non siete sufficientemente colpiti allora dedicatevi alla titletrack, un lento e costante crescendo con spoken word al seguito per poi giungere all’esplosione metal. A noi piace Self, con il suo incedere canonico per la band, inesorabile e profondo, e il suo sound fuzz che richiama gli anni 90.

Sicuramente The Bestial Light non è un album accessibile, anche per chi ama il metal più sperimentale o stravagante sarà difficile assorbire al primo ascolto molti brani. Forti di una caratterizzazione che i RMFTM devono sicuramente mantenere, è su questo aspetto che a nostro parere si può migliorare, magari inserendo pattern con un headbanging o riff dalla forte personalità, in modo da aprire quel piccolo varco che hanno puntellato nella mente del metallaro avanguardista.

Autore: Radar Men From The Moon Titolo Album: The Bestial Light
Anno: 2020 Casa Discografica: Fuzz Club Records, Tartarus Records
Genere musicale: Heavy Metal, Post-Metal, Avantgarde Voto: 6
Tipo: LP Sito web: https://www.facebook.com/radarmenfromthemoon/
Membri band:
Glenn Peeters – chitarra
Tony Lathouwers – batteria
Titus Verkuijlen – basso
Bram van Zuijlen – chitarra, synth
Joep Schmitz – batteria
Harm Neidig – voce, sax
Tracklist:
1. Breeding
2. Piss Christ
3. Sacred Cunt Of The Universe
4. Eden In Reverse
5. The Bestial Light
6. Self
7. Pleasure
8. Levelling
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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29th Giu2020

Infection Code – In.R.I.

by Marcello Zinno
Gli instancabili Infection Code, provati dai numerosi cambi di line-up, di label e dagli ormai venti anni di attività alle spalle, tornano e lo fanno con convinzione con un deciso cambio di direzione. Noti ai più per i suoni industriali e noise inseriti all’interno di contesti sperimentali, psichedelici e in parte post-apocalittici, fin dai primi secondi del loro nuovo album dal titolo In.R.I. (pubblicato sul finire del 2019) mostrano subito un profilo nuovo. La batteria incisiva e i tempi veloci suggeriscono incursioni nel death metal per i nuovi 8 brani e altri momenti di questo album ce lo confermano: Unholy Demo(n)cracy è altrettanto violenta, ma dietro la chitarra che ronza in maniera costante si muove sempre il particolare alone sonoro targato Infection Code, quel misto di avantgarde, noise e psichedelia che è il marchio di fabbrica della band e tramite il quale, a nostro parere, la band potrebbe essere inserita nel filone del post-metal. Aggressività presente anche nel brano The Cage, un pezzo infernale che abbraccia il death metal ma a tratti sembra richiamare qualche ingrediente post-hardcore e qualche riff di scuola metalcore. Anche Dead Proposal merita di essere annoverata, sia per il suo multiforme approccio vocale sia per i passaggi affilati che hanno un odore metal molto forte.

Di In.R.I. non ci colpisce la durata dei brani, è caratteristica nota per la band puntare su composizioni lunghe, ma l’alternarsi di momenti feroci con passaggi più introspettivi: questa è l’essenza di questo capitolo discografico che troverete ovviamente in misura diversa in tutte le tracce. Ciò rende interessante da un lato la proposta, visto che i brani sono tutt’altro che piatti, ma al tempo stesso va detto che gli Infection Code non sono la classica band da proporre al “metallaro medio”: il songwriting è variegato, e chi ha sete solo di riff non sarà soddisfatto; gli Infection Code sono per chi cerca qualcosa di più (moderno, diverso) dal metal. Noi apprezziamo la scelta di inserire parti più metal e che impreziosisce la composizione.

Autore: Infection Code Titolo Album: In.R.I.
Anno: 2019 Casa Discografica: Argonauta Records, Season Of Mist
Genere musicale: Post-Metal, Industrial, Noise, Death Metal Avant-garde Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/infectioncode
Membri band:
Davide – basso
Rust – chitarra
Gabriele – voce
Ricky – batteria, percussioni, programming
Tracklist:
1. Slowly We Suffer
2. Unholy Demo(n)cracy
3. Where The Breath Ends
4. The Cage
5. Alteration
6. New Rotten Flesh
7. Dead Proposal 8. 8Hz
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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15th Giu2020

Wows – Ver Sacrum

by Gabriele Rusty Rustichelli
Band di sei elementi provenienti da Verona, i Wows escono con il loro Ver Sarum, un lavoro di 5 brani complessi e articolati che potremmo definire post-metal. Di certo difficile trovare una “forma canzone” in queste tracce. Verrebbe più da definirle un viaggio musicale dove si intrecciano sia atmosfere cupe che parti più violente. Parliamo di brani lunghi, che vanno dai 6 ai 13 minuti, spesso ipnotici e che lasciano spazio alla sperimentazione musicale. Una tessitura e un susseguirsi di ambientazioni soffocanti che hanno due sole possibilità, o ti prendono e non ti mollano più o ti annoiano a morte. Sì, purtroppo questo è il pro e il contro di questo stile musicale. Chi lo suona di certo è preso dal suo mondo e dal suo viaggio, chi lo ascolta deve essere sintonizzato sulle stesse onde dei musicisti, altrimenti rischia di perdersi e non trovare un senso. Da musicista e appassionato di musica io mi son fatto rapire (anche se a tratti mi son perso) e ho vissuto il mio viaggio ascoltando un paio di volte il disco. La produzione è di certo all’altezza e i musicisti risultano abili sui loro strumenti. Le parti vocali hanno un bel carattere, sono spesso dilatate e senza delle “melodie” vere e proprie ma si sposano perfettamente con il genere e con le parti musicali. Ovviamente non stiamo parlando di un genere dove il virtuosismo dei musicisti trova spazio, è un genere dove conta più il carattere, l’attitudine e lo stile che non la tecnica fine a se stessa. Potrei sfoggiare i soliti consigli da musicista “meglio essere essenziali, trovare la sintesi migliore, arrivare alle orecchie del tuo ascoltatore nel modo più fluido possibile, etc, etc”, ma qui sarebbero totalmente inutili. Qui è l’ascoltatore che deve aver voglia ed essere predisposto a viaggiare con la musica della band. Se cercate canzoncine dove il ritornello arriva prima del minuto avete sbagliato disco. Se avete voglia di fare un viaggio un po’ malato tra atmosfere cupe e travolgenti, forse troverete del buono (molto buono) il questo album! Buon ascolto o…buon viaggio!

Autore: Wows Titolo Album: Ver Sacrum
Anno: 2020 Casa Discografica: Dio Drone, Shove Records, Coypu Records, Hellbones Records
Genere musicale: Post-Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/thewows
Membri band:
Paolo Bertaiola
Matteo Baldi
Marco Bressanelli
Pierluca Esposito
Fabio Orlandi
Kevin Follet
Tracklist:
1. Elysium
2. Mythras
3. Vacuum
4. Lux AEterna
5. Resurructuris
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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25th Mag2020

Brainswitch – Sun Worship Kingdom

by Gabriele Rusty Rustichelli
Sun Worship Kindom è il secondo album per i Brainswitch, band che arriva da Mostar (Bosnia/Herzegovina). Presentano un post-metal ipnotico e ossessivo. Molto interessante il concept che ritrae l’esperienza utopistica di una generazione in un ambiente distopico. Il sound è davvero interessante, si spazia con contaminazioni diverse e la produzione è molto personale e perfettamente contestualizzata al genere. Il disco si apre con suoni crudi e pesanti ma al suo interno troviamo anche parti più sperimentali e suoni più ambient. From The Sleep parte con un intro stile carillon per poi sfociare in un brano “angosciante” che presenta subito le capacità della band. Basso enorme e distorto, batteria molto Tool, chitarre che accompagnano dentro la spirale del viaggio e una voce quasi sussurrata (ricorda un po’ i Katatonia). Anche il secondo brano Bow Down To The Sun parte molto cauto e con un groove che prende subito. Verso la fine si apre con chitarroni e un ritornello interessante. Passiamo da brani di 2 o 3 minuti a composizioni più articolare di 7 minuti ma sempre con un songwriting che ti tiene incollato all’ascolto. Breathe The Light è una traccia dove lasciano spazio a suoni più elettronici, campioni e sonorità molto introspettive.

Di certo è un album interessante, non per chi ama la forma canzone intro/strofa/ritornello ma più per gli ascoltatori che con la musica viaggiano e si lasciano trasportare in ambienti con costanti up and down. Tecnicamente la band c’è e può sicuramente ritagliarsi il suo spazio nel mercato europeo. Personalmente si potrebbe caratterizzare di più la parte cantata anche se ha già un suo carattere definito. Mi immagino un live con visual e uno spettacolo luci adatto a coinvolgere l’intero pubblico e farlo diventare parte dello show.

Autore: Brainswitch Titolo Album: Sun Worship Kingdom
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Post-Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/brainswitchband/
Membri band:
Adam Krešić – voce
Goran Tiro – chitarra
Adnan Karadža – chitarra
Višeslav Lučić – basso
Zlatko Drljević – batteria
Tracklist:
1. From The Sleep
2. Bow Down To The Sun
3. Sometimes Comes The Mother, Sometimes The Wolf
4. Ethereal
5. Deadrose Ritual
6. Breathe The Light
7. Psithurism Astronauts
8. Ephemerality
9. How To Create Universe
10. How To Destroy Universe
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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30th Gen2020

Violette – Notre Essence

by Massimo Volpi
Il metal francese è sicuramente una delle realtà più in crescita dell’ultimo decennio, anche se quasi sempre la scelta della lingua del cantato è l’inglese. Questo per una evidente maggiore possibilità di arrivare. I Violette, che peraltro sono svizzeri di Berna, scelgono invece la strada della propria lingua, il francese appunto, rischiando di compromettere parte del successo. Successo che invece sarebbe più che meritato con questo loro secondo album Notre Essence. Un album di post-metal incredibile; se devo citare un nome, dico Mastodon, ma con un sacco di influenze e differenze che portano i Violette a essere un gruppo con una propria identità e suono. Ottima scelta di opener song, Les Ombres, chitarroni e ritmo, voce bella urlata e cambi di tempo. In generale buone le parti di basso e batteria e la stesura delle melodie; così come la voce, che alterna rabbia a malinconia, nelle canzone più dure così come nelle ballad. Tra le altre spiccano Ange, Notre Assence e la conclusiva Nous le Savions. Il francese resta una lingua un po’ troppo gentile per questo genere ma quello che va a “togliere” a questo album è davvero poco rilevante, soprattutto nel cantato più sforzato; sulle canzoni più lente, invece, fa arricciare un pochino il naso.

Molto bello il disegno e i colori della copertina, con una sorta di medusa tra foglie e aquiloni, in un Paese che mare (e meduse) non ha. Una bella sorpresa dalla vicina Svizzera.

Autore: Violette Titolo Album: Notre Essence
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Post-Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.violetteband.com
Membri band:
Dave – voce
Jérôme – chitarra
Raph – chitarra
Joël – basso
Juan – batteria
Tracklist:
1. Les Ombres
2. Viljar
3. Laisse Brûler
4. Ange
5. Notre Essence
6. La Machine Du Temps
7. L’autre Nuit
8. Caché En Moi
9. Sous Les Bombes
10. La Part Manquante
11. Nous Le Savions
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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16th Dic2019

Sonisterica – Ophion

by Gabriele Rusty Rustichelli
I Sonisterica scelgono la fusione di due parole per dar forma al loro nome “suono e isteria” e le usano anche come descrizione del loro sound e come descrizione di ciò che caratterizza società e relazioni. Questo Ophion contiene 7 tracce complesse e piene di “hysteria”. Nella bio leggiamo che la parte vocale è stata aggiunta dalla band in un secondo tempo, prima il tutto era solo strumentale. Ora, come detto altre volte, il cantato in italiano in produzioni “heavy” è sempre soggetto a critiche per diversi motivi. Nel caso dei Sonisterica questo aspetto passa in secondo piano vista la particolarità del genere e dello stile. Ma andiamo per ordine. Ci troviamo davanti ad un sound davvero particolare, da loro definito ul mix di ingredienti come “grooves, mood swings e isteria”. Basso e batteria lavorano molto bene dal punto di vista del groove, ci sono alcuni momenti davvero interessanti e coinvolgenti, poi, vista la matrice “isteriaca” durano poco ma è quel che basta per attirare l’attenzione e far comprendere che i ragazzi hanno del gusto. Le chitarre sono ben suonare, qualche assolo un po’ troppo borderline (ma è questione di gusti) e un songwriting davvero originale…anche se va contestualizzato e compreso.

Tempi dispari, strutture davvero fuori e arrangiamenti non facili da digerire faranno sicuramente breccia sugli amanti del genere e conquisteranno chi ama le cose non lineari. Sulle liriche cantate in italiano, come detto, non è mai facile dare la propria opinione. I temi trattati sono interessanti ma in italiano purtroppo il “peso delle parole” è davvero alto. Forse una ricerca più accurata nella scrittura dei testi potrebbe essere d’aiuto per lasciare un segno più profondo. Mi spiego, il tutto gira bene, ma nel delirio musicale che creano strumentalmente forse si potrebbe cercare un linguaggio per i testi altrettanto “fuori”. Alcuni momenti del cantato sono davvero belli e non è certo facile dare “voce” ad un genere come questo.

In definitiva una buona prova, molto ambiziosa e piena di spunti positivi. Forse è talmente “originale” che serve comprenderla per poterne godere fino in fondo. Se con un po’ di ricerca si trovasse quell’elemento o quella sfumatura mancante potrebbero davvero attirare l’attenzione di molti, rendendo un genere inizialmente un po’ ostico fruibile a molti. Per ora Ophion rimane un ottimo lavoro per gli amanti “dell’isteria musicale”.

Autore: Sonisterica Titolo Album: Ophion
Anno: 2019 Casa Discografica: MizarElektricWaves
Genere musicale: Stoner, Post-Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/Sonisterica
Membri band:
Alfredo Carboni – voce
Antonio Mulas – basso
Flavio Fancellu – batteria
Paolo Mereu – chitarra
Tracklist:
1. Intro
2. Serpente
3. Selene
4. Luce
5. Carmina
6. La Ricetta Del Caos
7. Zero
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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21st Nov2019

John Malkovitch! – Hyenaeh

by Marcello Zinno
Passa un anno da The Irresistible New Cult Of Selenium, il precedente album dei John Malkovitch! di cui avevamo parlato a questa pagina e la band si presenta con un nuovo lavoro che da subito imprime un significato diverso rispetto al loro stile. L’opener Carnassiale, dopo dei pattern di batteria inframmezzati da circa 7 secondi di silenzio, si dedica a costruire strutture post-metal di sicuro più dure e dirompenti rispetto al post-rock a cui ci aveva abituati il progetto. E anche se gli ultimi secondi di questo brano ci riportano ai momenti pacati del precedente album, la seconda traccia (anche singolo di Hyenaeh) segna un’impronta indelebile nel post-metal strumentale, vero contesto in cui i (nuovi) John Malkovitch! decidono di inserirsi. Più di tutti è Ferale che aggrappa le tradizioni post-metal sferzando colpi costanti e continuativi (sia di riff che di drumming) in modo da colpire in maniera diretta ogni metaller provi a confrontarsi con i suoi (soli) 3 minuti.

Ma sono le coordinate emotive che i ragazzi vogliono muovere, come nel singolo in cui viene fuori un profondo senso di angoscia, e l’idea di mantenere una natura sperimentale e spesso concettuale della propria musica; con questo nuovo album i ragazzi compiono un passo in una direzione diversa, sicuramente più pesante ma non meno complessa rispetto al loro passato. Ora è necessario costruire un solco netto che resti indelebile nella scena tramite uno stile ancora più personale.

Autore: John Malkovitch! Titolo Album: Hyenaeh
Anno: 2019 Casa Discografica: Antigony Records
Genere musicale: Post-Metal, Dark Ambient, Strumentale Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/johnmalkovitchband
Membri band:
Manuel Negozio – basso
Luca Santi – chitarra
Francesco Tiberi – batteria
Leonardo Tommasi – chitarra
Mattia Laureti – voce, sampler
Tracklist:
1. Carnassiale
2. xxKübler Ross
3. Coda Corta
4. Ferale
5. La Grande Madre Gialla
Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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