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21st Nov2019

John Malkovitch! – Hyenaeh

by Marcello Zinno
Passa un anno da The Irresistible New Cult Of Selenium, il precedente album dei John Malkovitch! di cui avevamo parlato a questa pagina e la band si presenta con un nuovo lavoro che da subito imprime un significato diverso rispetto al loro stile. L’opener Carnassiale, dopo dei pattern di batteria inframmezzati da circa 7 secondi di silenzio, si dedica a costruire strutture post-metal di sicuro più dure e dirompenti rispetto al post-rock a cui ci aveva abituati il progetto. E anche se gli ultimi secondi di questo brano ci riportano ai momenti pacati del precedente album, la seconda traccia (anche singolo di Hyenaeh) segna un’impronta indelebile nel post-metal strumentale, vero contesto in cui i (nuovi) John Malkovitch! decidono di inserirsi. Più di tutti è Ferale che aggrappa le tradizioni post-metal sferzando colpi costanti e continuativi (sia di riff che di drumming) in modo da colpire in maniera diretta ogni metaller provi a confrontarsi con i suoi (soli) 3 minuti.

Ma sono le coordinate emotive che i ragazzi vogliono muovere, come nel singolo in cui viene fuori un profondo senso di angoscia, e l’idea di mantenere una natura sperimentale e spesso concettuale della propria musica; con questo nuovo album i ragazzi compiono un passo in una direzione diversa, sicuramente più pesante ma non meno complessa rispetto al loro passato. Ora è necessario costruire un solco netto che resti indelebile nella scena tramite uno stile ancora più personale.

Autore: John Malkovitch! Titolo Album: Hyenaeh
Anno: 2019 Casa Discografica: Antigony Records
Genere musicale: Post-Metal, Dark Ambient, Strumentale Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/johnmalkovitchband
Membri band:
Manuel Negozio – basso
Luca Santi – chitarra
Francesco Tiberi – batteria
Leonardo Tommasi – chitarra
Mattia Laureti – voce, sampler
Tracklist:
1. Carnassiale
2. xxKübler Ross
3. Coda Corta
4. Ferale
5. La Grande Madre Gialla
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Post-metal
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18th Ott2019

Tool – Fear Inoculum

by Giuseppe Celano
A differenza dei Velociraptor da tastiera sono servite 7 settimane (numero che ha ispirato concept e ritmiche di Fear Inoculum) per infilarsi dentro l’ultima fatica dei Tool. Si potrebbe partire dai detrattori smontando le loro accuse o polemizzare sui 13 anni (qualcuno di voi soffre di triscaidecafobia?) impiegati per questo 7° (ci risiamo…) capitolo della saga. Vi parleremo del disco invece, cercando di non annoiarvi. La titletrack squarcia il silenzio con un tintinnio stridente, a cadenza continua, come la tortura della goccia cinese capace di bucare la mente più blindata. Sin dal primo ascolto il riff di chitarra in loop, che anticipa l’arrivo dell’imprendibile drummer, si trasforma in un’invincibile ossessione per un viaggio in salita fra deviazioni tortuose, anfratti ritmici e nuove scorciatoie su sentieri aspri. Al netto di Chocolate Chip Trip, una moderna Moby Dick, il resto si evolve attraverso lunghissime introduzioni circolari, reiterative, costituite da segmenti centrali in cui la progressione cresce come un imponente muro d’acqua infranto dalla sezione finale, quella più feroce e distruttiva.

Come sono cambiati i Tool dal 2006 a oggi? Se 10.000 Days fu l’ampliamento di Lateralus attraverso una lente grandangolare capace di catturare più dettagli, Fear Inoculum funge da super telescopio puntato nella zona più lontana dell’universo. Fondendo A.P.C. e Puscifer, e integrandoli con quello tipico della band madre, Maynard ottiene un micidiale effetto cangiante. Opposto per melodia e andatura, il canto si fa oscuro e drammatico. Muovendosi su un territorio ostile, i Tool producono un lavoro di riprogrammazione mentale attraverso un sapiente utilizzo della melodia e di accordi aperti che ben presto s’impossesseranno dell’ascoltatore. Pneuma, un capolavoro a sé, racchiude qualcosa di mai sentito finora, impossibile da catalogare in un settore ben distinto. Il suo incipit, naturale evoluzione di Schism, sfoggia incastri fra sezione ritmica e chitarre il cui suono (protetto da Satana in zolfo e fumo) sostiene le incisive linee vocali. Davvero ispirato, Keenan gioca di sottrazione spazzando via facili critiche che lo vorrebbero distaccato, distante e pronto a lasciare la band. Da anni il singer mira alla destrutturazione della figura del frontman, su e al di fuori del palco. Se decenni fa questo performer si presentava in avanti, contorcendosi e dimenandosi, da qualche tempo Keenan ha lasciato la luce per la penombra, la presenza frontale per quella lateral(us)e trasformando il suo canto nel quarto strumento ritmico, incastro necessario per un poker perfetto a cui si aggiungono suoni space, percussioni tribali e ritmica tentacolare.

È nel crescendo danzereccio che i Tool risultano geniali, posto lì un attimo prima che il rifferama di piena matrice thrash metal (Metallica, Orion), irrompa per un’esplosione sismica senza precedenti sprigionata da Carey, faro assoluto per tutti i batteristi. L’imprevedibile apertura armonica è il demoniaco tentativo ben (riuscito) nascosto (ma non troppo) di aprirsi a un pubblico più ampio. Sfruttando i tre differenti registri, Keenan sembra parlare alle tre specie umane, differenti per cromosomi, 42+2, 44+2, 46+2(?), che interpretano la realtà in tre modi diversi. 13 anni sono tanti, questa feritoia creata da Fear Inoculum rischia(va) di essere l’ultima occasione per la band di allargare il proprio pubblico raccogliendo il frutto di un durissimo lavoro trentennale. L’intrigante e discendente intro arpeggiato di Invincible anticipa una monster take ricca di dettagli incisivi. Una gloriosa dichiarazione di guerra per un impavido esercito comandato da un redivivo Sun Tzu. Maynard scrive linee melodiche incastonate fra i pattern dello schiacciasassi ritmico, sembra quasi di riuscire a percepire il passo della (metal) milizia in avanzata, accompagnate da arpeggi frippiani e basso mammut su shift tempo rallentati mentre l’effetto synth alla voce, figlio dei Kraftwerk, anticipa la conclusione di una feroce operazione militare di altri tempi.

Descending, gioiello ricavato dall’arpeggio iniziale Wings For Marie Pt. I, vede quel demonio di Maynard assistito dal rifferama di Jones, piattaforma per il basso di Justin e i pattern di Carey capaci di travolgere tutto dimostrando la vera identità dei Tool che non è non solamente la sommatoria di 4 (visionari) individui indipendenti e separati. Quando Maynard non canta il peso della sua shadow si fa schiacciante, l’assenza controllata trasforma il suo arrivo in un maglio distruttivo: “Sound the dread alarm, Through our primal body, Sound the reveille To be or not to be, Rise Stay the grand finale…”. Il basso traitor e i suoni elettronici, già presenti in Lateralus, sono due delle armi scelte per la colonizzazione globale attraverso un assedio guidato dall’assolo in slide, affogato in un wah wah iper abrasivo a cui Jones fonde un minaccioso effetto “monster space”. Il rallentamento ritmico, macchiato da un’esplosione psichedelica che non credevamo più possibile, va a infrangersi sulle stesse onde dell’apertura che ora, attraverso una potente risacca, si riprendono quanto dato. Per 50 minuti i Tool hanno lasciato mascelle serrate per la tensione, o calate per lo stupore, paralizzando il tempo per modificarlo con il loro sound, arricchendolo di una soggettiva sospesa fra spazio e tempo.

Dopo la volgare dimostrazione di forza, per Culling Voices i cavalieri post metal ritornano sulla terra con 10 minuti lineari di una terrestrialità rintracciabile in band comun(emente mortal)i. Senza inventare linee armoniche straordinarie, sfruttano l’arpeggio circolare e melodico, come la gregoriana voce di Keenan, per agganciare il basso attraverso riff taglienti, sui preziosi fill di Danny, proiettando così un altro fascio di luce capace d’illuminare un mondo inaccessibile finora. Se Pneuma è il nuovo codice della comunicazione musicale, e fulcro energetico da cui l’universo tooliano si espande e contrae attraverso un afflato costante, 7empest è il suo alter ego evocato dai Tool più potenti e intricati. 15 minuti per quella che potremmo definire l’evoluzione di Third Eye, meno psichedelica e molto più metal di quanto ci potessimo aspettare. Una pièce de résistance incastonata nell’arpeggio iniziale, mutuato da Frame By Frame (King Crimson), arricchito di chitarre laser di 7a generazione che lasciano ferite cauterizzate. Altro cambio d’impostazione vocale per un Keenan riottoso e aggressivo. La sezione centrale è pura psichedelia à la Third Stone From The Sun (J.Hendrix), ricca di assordanti larsen e frutto di un bending tiratissimo. 25 anni di defilata compressione e riff oscuri, d’intricati meccanismi e assoli minimali, hanno costretto Jones a uscire allo scoperto prendendosi una rivincita e tenendo una lezione non richiesta, ma assolutamente necessaria, sul ruolo moderno delle chitarre, così a fuoco da far sembrare gli altri dinosauri anacronistici.

Fear Inoculum percorre distanze siderali rispetto a tutti i dischi usciti negli ultimi 13 anni rischiando di essere il capolavoro di cui tutti avevamo bisogno, di cui la musica più di tutti necessita oggi. Uno spiritual awakening siglato attraverso un patto di sangue fra l’ipnotica band e l’ascoltatore sopraffatto dal concetto di sospensione dell’incredulità. È un invito a combattere attraverso l’arte della guerra con strategie curate maniacalmente nei dettagli. È proprio in questi dettagli che va ricercata la sua innaturale bellezza. Le intermission nascondono un mondo pieno di caleidoscopiche sfumature e intrecci capaci di attivare miglia di connessioni neuronali sfruttando la drammaticità dell’opera. Problema: il Box Deluxe, fonte di polemiche considerando il prezzo. Soluzione: Buy, buy, my new record, send more money!

Autore: Tool Titolo Album: Fear Inoculum
Anno: 2019 Casa Discografica: Volcano, RCA
Genere musicale: Post-Metal, Progressive Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.toolband.com
Membri band:
Maynard James Keenan – voce
Adam Jones – chitarra
Justin Chancellor – basso
Danny Carey – batteria, percussioni
Tracklist:
CD:
1. Fear Inoculum
2. Pneuma
3. Invincible
4. Descending
5. Culling Voices
6. Chocolate Chip Trip
7. 7empest

Digitale:
1. Fear Inoculum
2. Pneuma
3. Litanie Contre La Peur
4. Invincible
5. Legion Inoculant
6. Descending
7. Culling Voices
8. Chocolate Chip Trip
9. 7empest
10. Mockingbeat
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Post-metal
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22nd Ago2019

Riah – Autumnalia

by Marcello Zinno
Riah è il nome di un progetto che è andato via via intensificandosi. Nato ad opera di due musicisti e divenuto presto un trio, ha avviato le attività live in questa formula, arricchendosi poi in seguito di un quarto elemento per l’ideazione e la registrazione del debut album Autumnalia. Il progetto non prevede parti vocali, il loro approccio musicale è strumentale e largamente psichedelico ma pur sempre legato a matrice unica con il metal. Per sintetizzare in un’unica aggregazione possiamo parlare di post-metal. E di cliché post-metal possiamo dire che Autumnalia è pieno: passaggi lisergici con riff metal duri come muri indistruttibili, brani molto lunghi con diversi cambi di melodie e di ritmica, numerosi effetti di chitarra e influenze psichedeliche atte a rendere più fumosi alcuni passaggi, arpeggi che si accavallano l’uno sull’altro. I Riah si collocano proprio nel pieno di questa scena che ormai conosciamo da circa un ventennio, eppure la loro caratterizzazione è nello “scontro fisico”, cioè nel voler collocare passaggi di metal sicuramente più afferente alla scena estrema (se non per bpm sicuramente per impatto chitarristico) subito in successione a parti sempre elettriche ma molto più pacate. Anche nella breve Dastin, l’unico brano del lotto a restare sotto i tre minuti, questo salto è facilmente percepibile. Non si tratta di una carta da gioco, vincente o perdente, ma di un’interpretazione musicale, di una decodificazione del linguaggio “post” nella propria visione compositiva.

Interessante in questo Il Sogno Del Buio (non vi fate influenzare dal titolo in italiano): se si ascoltano i primi due minuti si percepisce una intessitura melodica univoca che prima assume le sembianze più pacate e poi si irrobustisce sconfinando in lande heavy e rendendo il tutto più irruento quasi sfiorando, nel corso del brano, territori tanto cari a Mastodon e Red Fang. Una potenza musicale che viene sprigionata anche nella prima parte dell’ultima traccia Taedium Imperat, entrambi i momenti più verso un’estremità dell’ampio range musicale adottato dai Riah. Autumnalia è un album non di facile accesso, per certi versi sperimentale e sicuramente per chi ama il metal ricercato. Più linearità compositiva e un amalgama maggiore tra le parti (come avviene in Luce), magari con qualche pattern riconoscibile e identificativo (si ascolti ad esempio la linea di basso della seconda metà de Il Sogno Del Buio) avrebbe giovato ad un miglior risultato finale.

Autore: Riah Titolo Album: Autumnalia
Anno: 2019 Casa Discografica: Fluttery Records, Moment of Collapse, Shove Records, Drown Within Records
Genere musicale: Post-Metal. Post-Rock Voto: 6,25
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/RiahBand/
Membri band:
Rocco Catturani – batteria
Diego Ruggeri – basso
Flavio Di Bella – chitarra
Francesco Begnoni – chitarra, synth
Tracklist:
1. Melancolia
2. Dastin
3. Il Sogno Del Buio
4. Luce
5. Taedium Imperat
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Post-metal
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02nd Lug2019

Eileen Sol – Iconoclasta

by Marcello Zinno
Progetto nuovo quello degli Eileen Sol, fatto da musicisti che di esperienza alle spalle ne hanno. Non serve documentarsi circa la loro provenienza ma semplicemente ascoltare il loro esordio dal titolo Iconoclasta per capire lo spessore che c’è dietro queste dieci tracce. Musica strumentale la loro ma che lascia a casa ogni velleità (ostica) di sperimentazione, piuttosto intende costruire un sound personale e riconoscibile. A livello sonoro la produzione accentua il contributo delle due chitarre rendendo il loro suono incredibilmente grunge, ma i riff fungono da detonatore perché in realtà sono gli altri momenti che valorizzano le idee del quartetto. Strutture ritmiche prog, cambi di atmosfere, passaggi pacati (è in questi ultimi che si assaggia un sapore “post”) e solismi che escono non come mera autocelebrazione ma proprio come esaltazione della bellezza fatta musica (come l’assolo in Dalla Luna). Il rock con gli Eileen Sol è ambivalente, mentre in alcuni brani i riff diventano corposi e martellanti (Trauma) in altri diventano sfumature, arpeggi languidi, che però sono sempre in procinto di prepararsi ad una metamorfosi (in Elevazione il bruco diventa farfalla) in modo da poter mostrare l’intero range musicale del combo. È in pezzi come All’inferno che ci piace parlare di post-metal e prog metal per descrivere il carisma degli Eileen Sol e siamo sicuri di non risultare fuori luogo, carica adrenalinica che arriva anche in alcuni passaggi di Oblio.

Un plauso va fatto all’uso del basso che in diverse tracce assume un ruolo fondamentale, sostituendosi alla sei corde, confermando l’immenso potere emozionale che questo strumento può assumere, indipendentemente dal genere proposto. Iconoclasta è un album strumentale, dicevamo, che quindi permette di dedicare un intero booklet alla grafica tra l’altro curatissima: copertina e immagini interne risultano davvero ben fatte e abbelliscono, come in un museo, i diversi profili artistici appagando anche gli occhi. La domanda che ci poniamo dopo diversi ascolto è se delle linee vocali avrebbero reso il lavoro più particolare o se al contrario avrebbero rischiato di rovinare la particolarità di queste composizioni. Resteremo con il dubbio, ma intanto ci godiamo queste dieci pietre di grande valore.

Autore: Eileen Sol Titolo Album: Iconoclasta
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Post-Metal, Progressive, Post-Rock Voto: 7,75
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/eileensolband
Membri band:
Matteo Cavaciocchi – basso
Michele Marchiani – chitarra
Nicola Benetti – batteria
Pietro Guarracino – chitarra
Tracklist:
1. Nel Guscio
2. Trauma
3. Dalla Luna
4. Elevazione
5. All’inferno
6. Iconoclasta
7. Oblio
8. Nostomania
9. Redenzione
10. Fuori Dal Guscio
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Post-metal
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06th Giu2019

The Chasing Monster – Errant

by Marcello Zinno
Ci avevano stupiti già ai tempi di Tales di cui avevamo parlato a questa pagina e ora ritornano i The Chasing Monster con un nuovo lavoro, sempre all’insegna di quel rock affascinante e lisergico a cui ci avevano abituati nel precedente capitolo (ma non nei primi anni di attività del progetto). Si continua anche in questo Errant con un post-rock che ama amalgamarsi con un approccio post-metal nella composizione e nell’uso delle chitarre. Ancora una volta promuoviamo le scelte produttive, ogni suono, ogni strumento è messo a lustro e offre il meglio di sé in una veste che ha qualcosa di nord europeo e che fa risplendere il songwriting. Tempi rilassati, è la sei corde su cui ricade il compito di far esplodere il brano, come avviene in Beyond The Fireflies Realm, un pezzo che strizza l’occhio a certo post-metal ricercato. Tanta psichedelia, immersa sotto chili e chili di watt, è quella secondo noi il fulcro dell’ispirazione dei The Chasing Monster che poi viene rivisitata secondo il loro stile e immersa nel rock. A Bridge Between è un altro momento che si lega alla psichedelia e che attinge da un certo modo di comporre tipico degli anni 70 per poi proporre un crescendo musicale che sposta il tutto di qualche decennio più in avanti.

Come avevamo scritto anche per il precedente album la musica dei The Chasing Monster va ascoltata con attenzione, non è una proposta fatta per ascolti distratti. Vanno colti gli inserti, le soluzioni, pur se incastrati in cornici ritmiche non ricercatissime e che forse proprio con qualche partitura più asimmetrica (prog?!) potrebbero dare anche maggiore risalto al già buono spessore tecnico della band.

Autore: The Chasing Monster Titolo Album: Errant
Anno: 2019 Casa Discografica: Antigony Records
Genere musicale: Post-Rock, Post-Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.thechasingmonster.com
Membri band:
Leonardo Capotondi – chitarra
Edoardo De Santis – batteria
Riccardo Muzzi – basso
Francesco Di Marco – synth
Tracklist:
1. Oceano
2. Beyond The Fireflies Realm
3. The Great Climb
4. A Bridge Between
5. Beneath The Desert
6. Shambhala
7. There’s No Place Like Home
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Post-metal
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12th Dic2018

Immelmann – The Turn

by Marcello Zinno

Immelmann - The TurnGli Immelmann giungono a questo 2018 con il loro debutto discografico incasellando le idee sviluppate dopo quattro anni di attività sotto questo moniker. Il loro stile è senza ombra di dubbio ancorato nella scena post-metal, la stessa scena che è letteralmente scoppiata nel primo decennio del nuovo secolo e che oggi sembra invece vivere una parabola discendente. Gli elementi di base ci sono: tanta attenzione all’ambientazione del brano, tempi dilatati e lunghe parti strumentali (spesso incentrate su arpeggi di chitarra) che conferiscono alla traccia quell’impostazione sì tecnica (assoli ed effetti) ma anche introspettiva. Decisamente particolari sono le linee vocali adottate da Emanuele Ferraro che lasciano molto spazio agli strumenti e che in generale si muovono dietro una coltre di fumo, come spesso avviene nel post-metal.

I brani di questo The Turn non solo risultano ben suonati ma arrivano già al primo ascolto, nonostante si tratti di un genere non per tutti; Greedia ci colpisce, una traccia che vive tante vite diverse, quella grunge nel ritornello ad esempio ma in primis ci coinvolgono le diverse metamorfosi espresse durante i passaggi strumentali e gli intermezzi. Queste divagazioni sono il sale che rende particolare la proposta dei Immelmann. A tal proposito possiamo citare Guaranteed che nella sua parte centrale vira verso lande alternative metal, con un riff che puzza di groove e che sicuramente contribuisce a scuotere l’ascoltatore, o anche Sleep che parte subito con un approccio thrash metal, abbandonato per metà brano e poi ripreso.

The Turn è quindi un album di post-metal di buon valore, che si colloca all’altezza di altre uscite internazionali di genere. Il fatto che aderisca ad un genere non particolarmente in voga e in aggiunta la lunghezza dei brani (tipica del post-metal) non agevoleranno gli Immelmann a far breccia tra chi non segue con fervore queste sonorità, ma resta sicuramente l’espressione più genuina che i cinque intendono porre sul piatto.

Autore: Immelmann

Titolo Album: The Turn

Anno: 2018

Casa Discografica: Overdub Recordings

Genere musicale: Post-Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook.com/immelmannband

Membri band:

Emanuele Ferraro – voce

Francesco Vigone – chitarra

Alberto Di Carlo – chitarra

Francesco Meneghini – basso

Mattia Gamba – batteria

Tracklist:

  1. Dive

  2. Guaranteed

  3. Greedia

  4. Sleep

  5. A Song Of Misery

  6. Be

Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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28th Ott2018

Jack Brain – The Seeker

by Marcello Zinno

Jack Brain - The SeekerQuando un musicista ha vissuto diversi progetti musicali arriva un momento in cui sente il bisogno di esprimere da solo le proprie idee e non “contaminarle” con altre espressioni artistiche. Questo avrà pensato Giacomo Casile, dedicatosi da qualche anno al suo progetto solista Jack Brain dopo esperienze con Insomina Creep, Greetings From Terronia ed altre band. The Seeker è il suo secondo album (avevamo già parlato a questa pagina di Epic Spleen) ed è un lavoro sulla carta complesso, composto da 18 tracce suddivise in due uscite di cui analizziamo qui la prima (9 tracce). A conti fatti i brani sono meno complessi di quanto potevamo immaginarci, il rock è diretto, figlio di certo del grunge anni 90 ma anche di una certa visione post-metal (come avevamo notato già in Epic Spleen) trasmessaci grazie a tempi lenti, riff cupi che ti entrano nelle ossa, un basso profondo (la quinta corda, oltre che gli effetti, aiuta in questo) e quella cornice dark che fa da contorno a tutta la composizione. Quello che ci piace è proprio il suo sapore dirty che lega chi è cresciuto con i suoni di fine secolo, eppure The Seeker riesce ad appassionare anche chi ha consumato uscite del nuovo millennio con tutte quelle trame rallentate, umide e distorte che spazzano via qualsivoglia Sig. Marilyn Manson che cerchi di conquistare la scena (ascoltate Out Of The Box che rende perfettamente l’idea)

Il potere della musica di Jack Brain è tutto qui: entrarti dentro e rotolare fino allo sfinimento, non puntare al riff catchy o al chorus cantabile, piuttosto esaltare il profilo più nero e oscuro delle tue emozioni e far in modo che resti impresso. Oltre i classici strumenti elettrici (per altro tutti suonati da lui) Giacomo si diverte ad usare anche altri effetti e questo non sa di sperimentazione elettronica ma anzi è una scelta apprezzata e dona un qualcosa di particolare al tutto (Dissolute Guy). Ascoltate Higher e Oroboro, sono i brani che vi faranno capire se Jack Brain merita di entrare nella vostra playlist preferita. Secondo noi sì.

Autore: Jack Brain

Titolo Album: The Seeker

Anno: 2018

Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Grunge, Post-Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: https://jackbrain.bandcamp.com

Membri band:

Giacomo “Jack” Casile – voce, chitarra, basso, drum machine

Tracklist:

  1. The Seeker

  2. Relive

  3. Roger Rabbit

  4. Out Of The Box

  5. Higher

  6. The Frame

  7. Dissolute Guy

  8. Zen

  9. Oroboro

Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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04th Set2018

Demetra Sine Die – Post Glacial Rebound

by Marcello Zinno

Demetra Sine Die - Post Gracial ReboundLa nostra strada si era già incrociata in passato con i Demetra Sine Die, era il periodo di A Quiet Land Of Fear di cui avevamo parlato a questa pagina. A distanza di circa sei anni giunge un nuovo lavoro, Post Glacial Rebound, album che risente sempre della radicata ispirazione al post-metal, meno invece alle strutture doom. Un sound cibernetico che a tratti sembra citare i Voivod di tanti anni or sono (nelle prime tracce) ma imbastito di un dose elettrica lo-fi (chitarra) che sembra un’implosione costante e che non perde in potenza nei confronti degli altri strumenti la cui produzione è al contrario molto curata. Brani per nulla ermetici, le 7 tracce dell’album sfiorano i 50 minuti di ascolto, le strutture ritmiche sono costanti, martellanti, tendono a sfinire chi si avvicina a loro aspettandosi magari trame asimmetriche ma allo stesso tempo valorizzano gli strumenti melodici e le linee vocali. D’altro canto va detto che risulta debole il mordente, lì dove la traccia dovrebbe “attaccare” l’ascoltatore spesso lascia il passo a movimenti ancora sfumati: ci riescono Lament in cui la deflagrazione sonora e il picco sul finire convertono il power trio in una metal band a tutti gli effetti, anche a metà brano di Gravity compare un apprezzabile intermezzo spigoloso e incendiario; al contrario non è così in pezzi come Eternal Transmigration.

Se volete entrare nel mondo dei DSD con la dovuta cautela vi suggeriamo di ascoltare Liars, brano più accessibile ma che conserva la natura della band, arida, compatta e claustrofobica. Davvero curato l’artwork di Post Glacial Rebound, peccato per la mancanza dei testi che avrebbero reso più immersivo il viaggio all’interno del mondo dei Demetra Sine Die, una realtà musicale decisamente introspettiva e lontana anni luce da soluzioni composte per i grandi numeri.

Autore: Demetra Sine Die

Titolo Album: Post Glacial Rebound

Anno: 2018

Casa Discografica: Third I Rex

Genere musicale: Post-Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.demetrasinedie.com

Membri band:

Adriano Magliocco – basso, synth

Marcello Fattore – batteria

Marco Paddeu – voce, chitarra, tastiere

Tracklist:

  1. Stanislaw Lem

  2. Birds Are Falling

  3. Lament

  4. Gravity

  5. Eternal Transmigration

  6. Liars

  7. Post Glacial Rebound

Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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12th Lug2018

Nereide – Nereide

by Marcello Zinno

Nereide - NereideNasce una nuova creatura nella scena post-metal nazionale. Nereide è il nome di questo progetto creato dalla mente di Robert Spels e poi esteso ad altre due componenti. Il loro EP d’esordio è indubbiamente chitarro-centrico, le ritmiche seppur compatte risultano a tratti di accompagnamento per uno spettacolo messo in scena dalla sei corde e, in brani come The Wave, dalla voce quasi mansoniana. Nonostante però le quattro tracce raggiungano solo i 20 minuti di ascolto si notano differenti stili dietro il progetto Nereide: la buona Surmise ad esempio si apre con un hard’n’heavy che sembra uscito dalla chitarra di Randy Rhoads, seppur la traccia si appesantisce (positivamente) con il cantato e con una ritmica più asimmetrica; al contrario Mindful punta su trame quasi doom e a nostro parere ripetute un po’ troppo per rendere digeribili i suoi 6 minuti; davvero buoni invece l’intermezzo strumentale e l’assolo. Altro elemento che dimostra la variegata indole compositiva della band è nella durata delle tracce, due più concise e altre due che si dipanano su lunghezze importanti, scelta che in alcuni casi è opinabile (si veda quanto detto a proposito dell’opener) altre volte corretta (come nel caso della strumentale Polars che allungata maggiormente avrebbe rischiato di annoiare l’ascoltatore).

Bello l’artwork scelto, in tonalità di grigio, mentre il packaging suggerirebbe un booklet che in realtà non c’è. Appuntamento al full-lenght.

Autore: Nereide

Titolo Album: Nereide

Anno: 2018

Casa Discografica: Karma Conspiracy Records

Genere musicale: Post-Metal

Voto: s.v.

Tipo: EP

Sito web: https://nereide.bandcamp.com

Membri band:

Roberto Spels – voce, chitarra

Cosimo Barbaro – basso

Giacomo Soletta – batteria

Tracklist:

  1. Mindful

  2. The Wave

  3. Surmise

  4. Polars

Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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24th Mag2018

Black Book Lodge – Steeple And Spire

by Marcello Zinno

Black Book Lodge - Steeple And SpireI danesi Black Book Lodge arrivano alla loro terza fatica in studio dal titolo Steeple And Spire. Avevamo già descritto il sound della band ai tempi del precedente Entering Another Measure (recensito da noi a questa pagina) parlando di un post-metal comunque roccioso ma che non evita influenze psichedeliche e per questo avevamo scomodato nomi come Opeth e Mastodon (del periodo Crack The Skye), sound relativamente lontano dal loro disco d’esordio. Con questo terzo album la band consacra il proprio stile su queste coordinate, la vena psichedelica viene messa al servizio di un metal comunque deciso in cui le linee vocali, che ricordano quelle di Troy Sanders come tonalità ma anche quelle di Daniel Gildenlow per stile personale, non entrano a gamba tesa sulla musica, piuttosto riff e pattern la fanno da padroni come muri invalicabili che di tanto in tanto riducono la loro irraggiungibile altitudine per lasciar prendere forma ad intermezzi strumentali (o con la sola voce come accompagnamento) che accrescono il pathos. Per dirla in altri termini i Black Book Lodge che conoscevamo e che ci erano piaciuti.

L’album è separato in due parti, della prima va segnalata la titletrack, un brano che poggia prevalentemente su voce e basso (distorto) e crea un crescendo emotivo che fa sembrare i suoi sei minuti molto brevi. La soluzione delle composizioni in crescendo viene poi abusata nella seconda parte dell’album in cui le tracce partono mansuete per poi arricchirsi e in taluni momenti ricalcano più il rock che non il metal in senso stretto (come in Teething). Anche con questo album i Black Book Lodge si confermano una band interessante che propone un songwriting ricercato senza far della sperimentazione la propria arma di seduzione. Piuttosto soft (metal) prog, post-metal e una forte struttura concettuale rock sono messe al servizio di un’opera non per tutti.

Autore: Black Book Lodge

Titolo Album: Steeple And Spire

Anno: 2018

Casa Discografica: Mighty Music

Genere musicale: Post-Metal, Rock

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: https://www.facebook/blackbooklodge

Membri band:

Ronny Jønsson – chitarra, voce

Kristian Klærke – chitarra

Steven Ardilsø – basso

Jakob Gundel – batteria

Tracklist:

  1. Weightless Not Pt. I

  2. Weightless Not Pt. II

  3. The Tower Bell

  4. Steeple And Spire

  5. Spoil The Child

  6. In Halves

  7. Walls

  8. Teething

  9. Sum Of Every I

Category : Recensioni
Tags : Post-metal
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