Tuxedomoon – Half Mute

Comunque lo si voglia interpretare un grande album, scuro, refrattario alla luce, incombente, sempre in precario equilibrio e sul punto di cadere nel vuoto, la luce di un lampione capace di attirare le nostre anime notturne come falene; non vi resta altro che lasciarvi incantare dalla dolce melodia stralunata di Nazca, brano di apertura che si distende fra un morbido tappeto di synth e un sax suonato in totale solitudine; ce lo immaginiamo di notte, una finestra aperta, mentre la città con le sue luci scorre lontana, di grande atmosfera e phatos. 59 To 1 pulsa del suo basso asincrono fra minimalismo e avanguardie post-punk, drum machine rimodulata su canoni inusuali e un sax in puro stile free jazz; ma ecco che parte Fifth Column, uno dei massimi livelli compositivi raggiunti in questo album, difficile da descrivere in parole, una semplice linea di basso che nel suo sali e scendi accompagna la melodia suonata da un sax, sono note che provengono da un tempo lontano, malinconiche e disilluse che così come sono arrivate ci abbandonano lasciandoci in totale solitudine con noi stessi; c’è Tritone (Musica Diablo) più caustica e sperimentale con un violino a squarciare il velo di synth e il pulsare sincopato di una batteria elettronica, siamo in una Berlino pre-conflitto cosmopolita e disperata, siamo qui ma forse siamo già in un futuro prossimo. Loneliness è un brano dove si incontrano simbolicamente i Joy Division e un teatro itinerante surrealista, metrica fissa e armonie destrutturate, ossessiva e plumbea ci fa sfilare davanti i suoi fantasmi e le sue paure; James Whale è un brano totalmente sperimentale ma lasciamo a voi la curiosità di avvicinarvi al suo ascolto.
È in What Use? che viene fuori il lato più new-wave nella classica forma-canzone, più orecchiabile e danzereccia ma sempre conservando metriche e armonizzazioni più europee; Volo Vivace è un altro piccolo capolavoro strumentale di una bellezza struggente e senza tempo che vi lascerà persi e disorientati, ma non c’è il tempo per riprendere il fiato ed ecco partire 7 Years, allucinata, convulsa, sembra muoversi fra un bordello parigino e una Berlino destrutturata e ferita, siamo dentro un sogno dove le immagini si sovrappongono senza un filo logico, si sfilacciano, si ricompongono, la notte è profonda, quanto un abisso. KM e Seeding The Clouds chiudono l’album, basso e sax, rumori in sottofondo, le melodie si ripetono quasi fossero in loop, spunta un sottofondo di synth ad eseguire una colonna sonora immaginaria, subentra la seconda parte, una voce confidenziale, notturna, si allontana, si spegne, silenzio, l’album è finito, lo spettacolo è finito, bisogna uscire; là fuori macchine ibride di una qualche marca impronunciabile, tecnologia futuristica, tutto scorre veloce, liquido, inafferrabile, semplici comparse di un teatro dell’assurdo quotidiano, senza una memoria, senza una storia.
I Tuxedomoon proseguiranno per la loro strada sempre con buoni album (anche ottimi considerando il loro successivo Desire del 1981) ma senza quell’urgenza creativa (anche imperfetta) che decreterà questo Half Mute a status di capolavoro “minore”, e siamo ben consci che alla fine trattasi “solo” di musica ma forse fra queste note (ecco perché siamo qui a consigliarvelo) ritroverete un passato, un presente, soprattutto un futuro, sperando che quest’ultimo sia ancora da scrivere.
Autore: Tuxedomoon | Titolo Album: Half Mute |
Anno: 1980 | Casa Discografica: Ralph Records |
Genere musicale: Post-Punk Sperimentale | Voto: 10 |
Tipo: vinile | Sito web: https://www.tuxedomoon.co |
Membri band: Steven Brown – sax, voce, synth, tastiere Blaine Reininger – violino, voce, synth, chitarra Peter Priniple – basso, drums machine, synth | Tracklist: 1. Nazca 2. 59 To 1 3. Fifth Column 4. Tritone (Musica Diablo) 5. Loneliness 6. James Whale 7. What Use? 8. Volo Vivace 9. 7 Years 10. KM 11. Seeding The Clouds |