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02nd Gen2017

Blind Guardian – Battalions Of Fear

by Ottaviano Moraca

blind-guardian-battalions-of-fearInizia con questa recensione un lungo percorso che ci porterà ad esaminare tutta la discografia di una delle band più rappresentative del panorama metal degli ultimi trenta anni. I Blind Guardian nacquero come tante altre band ma divennero ben presto una grande promessa che venne mantenuta lanciando quattro “normali” ragazzi tedeschi nell’olimpo del metal. Proprio questa loro immagine semplice e scanzonata da “amici che suonano in garage” li distinguerà nell’universo di formazioni super-virtuose, mega-impegnate e ultra-convinte che popolavano il mainstream. Vedremo anche come, pur seguendo un percorso artistico coerente e mantenendo standard qualitativi altissimi, delusero i fan della prima ora ma guadagnarono i consensi di ampissime fette di pubblico. Ma andiamo con ordine. Il nostro viaggio inizia dal primo capitolo intitolato Battalions Of Fear che, nonostante una produzione approssimativa e la fin troppo riconoscibile influenza della contemporanea scena power teutonica, getta le basi di quelle che diventeranno le colonne portanti di uno stile riconoscibile ancora oggi.

Immancabile caposaldo del metal del “guardiano cieco”, oggi come allora, sono le tematiche fantasy/horror dei testi che prendono spesso spunto da famosi libri del genere. E’ il caso di Majesty, By The Gates Of Moria e Gandalf’s Rebirth che tributano un omaggio a Tolkien e al suo capolavoro immortale Il Signore Degli Anelli. Lo stesso moniker del gruppo deriva dal brano Guardian Of The Blind ispirato al capolavoro di Stephen King, It. Su queste fondamenta i Nostri costruiscono uno speed metal (per ora ancora) ruvido e soprattutto veloce arricchito da cori epici, una concretezza granitica e da un gusto melodico esaltante, vero valore aggiunto che da qui a poco porterà la band sempre più in alto nei cuori dei fan come nelle classifiche di vendita. Altro ambito in cui i Nostri si sono distinti da subito è la tecnica non sciorinata con noncuranza ma dosata con sapienza e messa sempre al servizio dell’impatto sonoro e della resa generale. E’ questo il motivo per cui non troverete i chitarristi dei Guardian nelle classifiche dei musicisti più tecnici, ciò non di meno il loro valore è indiscutibile e la loro resa in studio come sul palco eccezionale. Curiosamente la sezione ritmica è invece sottovalutata e in questo disco (come nei prossimi) del basso si occupa il cantante che solo successivamente si convincerà a cedere lo strumento ad un bassista, che però stranamente non verrà mai inserito in pianta stabile nella formazione ufficiale.

Sviscerato questo piccolo aneddoto spendiamo due parole per lodare il lavoro di Hansi Kürsch, non solo come abile compositore o come frontman capace di catturare la simpatia del pubblico prendendo per mano le sorti della sua compagine, ma anche come protagonista dietro il microfono con un interpretazione convincente e molto espressiva che, spolier alert, migliorerà CD dopo CD. Insomma il buon giorno si vide dal mattino e porterà nei capitoli successivi tutte le soddisfazioni e i successi che questo primordiale album lasciava presagire… ma questa è una storia che vi racconteremo nel prossimo episodio.

Autore: Blind Guardian

Titolo Album: Battalions Of Fear

Anno: 1988

Casa Discografica: No Remorse Records

Genere musicale: Speed Metal, Power Metal

Voto: 7,25

Tipo: CD

Sito web: http://www.blind-guardian.com

Membri band:

Hansi Kürsch – voce, basso

André Olbrich – chitarra

Marcus Siepen – chitarra

Thomas Stauch – batteria

Tracklist:

  1. Majesty

  2. Guardian Of The Blind

  3. Trial By The Archon

  4. Wizard’s Crown

  5. Run For The Night

  6. The Martyr

  7. Battalions Of Fear

  8. By The Gates Of Moria

  9. Gandalf’s Rebirth

Category : Recensioni
Tags : Blind Guardian, Power metal
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21st Nov2016

Gamma Ray – Insanity And Genius

by Ottaviano Moraca

gamma-ray-insanity-and-genius“Vostra maestà, vorremmo umilmente suonare del buon power ottimamente suonato e composto, è ovvio, seguendo i vostri dettami… Ardiremmo a chiedere la vostra autorizzazione…”. Questa sarà stata la richiesta mossa a Kai Hansen per questo lavoro…io immagino che nel mondo del metal più o meno le cose vadano così soprattutto da quando i Gamma Ray diedero alle stampe questo terzo album giustamente intitolato Insanity And Genius. Ora, se pensaste che il titolo sia scelto a caso o per capriccio sappiate che non è così: genio e sregolatezza si contendono davvero la ribalta per tutta la durata del CD. E sebbene si rinunci a richiamare le sonorità extra metal del precedente lavoro, non viene meno la sperimentazione di soluzioni stilistiche e melodiche a dir poco audaci concentrate per lo più in sede di composizione e arrangiamento. Agli altri generi si strizza comunque l’occhio ma il risultato è un disco che, pur rimanendo innovativo o sorprendente, risulta più compatto e meglio inquadrabile nel panorama power rispetto al predecessore. Grande ispirazione e soprattutto grande intensità sono le caratteristiche di maggior rilievo di questa prova che i Nostri, come sempre, superano brillantemente nonostante i continui cambi di line-up che avrebbero potuto facilmente far perdere un po’ la bussola. Ottima infatti la prestazione della nuova sezione ritmica che si dimostra non solo ampiamente all’altezza del compito ma anche degna erede, se non addirittura migliore, della precedente. D’altronde, almeno nelle intenzioni iniziali, i Gamma Ray avrebbero dovuto essere il progetto solista di sua Immensità Hansen quindi non deve meravigliare che i membri del gruppo vengano sostituiti con tanta disinvoltura.

A dimostrazione e conferma considerate questo: la produzione è sicuramente la migliore vista fin qui nella discografia della band e indovinate chi se ne è occupato? Eh, sì, Kay Hansen. Lui a scuola doveva essere uno di quei tipi odiosi (e non me ne voglia chi di voi fa o ha fatto parte di questa élite) che non sbagliano mai, che sanno sempre tutto e a cui vanno sempre tutte dritte. Capo classe, capitano della squadra di calcio e primo della scuola, dopo il diploma ha continuato così fino a diventare, con i primi tre album dei Gamma Ray (e i precedenti tre con gli Helloween), l’unico incontrastato signore del power metal mondiale. Ormai è lui a decidere cosa va bene e cosa no, come si deve fare e come no quindi se volete suonare il “suo” genere ricordatevi di chiedere prima il permesso!

Autore: Gamma Ray

Titolo Album: Insanity And Genius

Anno: 1993

Casa Discografica: Noise Records

Genere musicale: Power Metal

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://www.gammaray.org

Membri band:

Ralf Scheepers – voce

Kai Hansen – chitarra, voce

Dirk Schlächter – chitarra, voce

Jan Rubach – basso

Thomas Nack – batteria

Tracklist:

  1. Tribute To The Past

  2. No Return

  3. Last Before The Storm

  4. The Cave Principle

  5. Future Madhouse

  6. Gamma Ray

  7. Insanity And Genius

  8. 18 Years

  9. Your Tørn Is Over

  10. Heal Me

  11. Brothers

Category : Recensioni
Tags : Power metal
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19th Nov2016

Corona Skies – Fragments Of Reality

by Marcello Zinno

corona-skies-fragments-of-realityAltra formazione proveniente dalla Finlandia che aderisce al power metal sinfonico. Film già conosciuto? Per certi versi sì e per certi no. Le radici sono quelle le cui porte sono state aperte dai loro conterranei Nightwish anni addietro e che ora vengono varcate sempre da più band, però le particolarità in questo loro debutto discografico (senza considerare il precedente EP) non mancano. Innanzitutto è da segnalare la scelta produttiva delle chitarre che sono sporche e graffianti, differenza notevole rispetto a tantissime band sinfoniche che invece puntano tutto sulla pulizia sonora; in alcuni frangenti sembra di sentirli più vicini agli Helloween che non agli After Forever, giusto per intenderci. Il discorso è opposto per quanto riguarda le tastiere e le melodie: qui i cliché si vendono a buon prezzo in quanto i Corona Skies offriranno tutto ciò che i fan del genere desiderano (e che in parte già conoscono). Buono l’elemento tecnico impiegato dai Nostri ma più di tutti va premiata la versatilità della band che non resta ancorata sulle proprie orme: basta ascoltare Business Suits You che si fa subito un salto nella NWOBHM di spalla Saxon, con quel rifferama che si contorce e ci fa picchiare il collo.

Molto particolare The Social Network, non solo per il tuo tiro potente e veloce ma anche per i testi che sembrano quasi rappati e che fanno capire l’intenzione di non volersi chiudere dentro uno schema predefinito. Delirium Disco tiene fede al suo titolo e sconfina in territori dance pur restando fedeli alla matrice metal con assoli e impatto (un pensiero ci rimanda a Disco Queen dei Pain Of Salvation). Apprezzabili anche i momenti power come Falling Sky in cui gli insegnamenti delle zucche di Amburgo si sentono forti, già sentiti invece altri momenti come l’allegra Summer Bum e la lunga The Sea Of My Mediocrity. Con Fragments Of Reality i Corona Skies hanno fatto la loro giocata. A noi piace perché riescono a spaziare su profili musicali differenti ma serve ancora più coraggio per osare e differenziarsi dalle tantissime formazioni sinfoniche in circolazione. Il secondo capitolo discografico potrebbe essere il salto definitivo.

Autore: Corona Skies

Titolo Album: Fragments Of Reality

Anno: 2016

Casa Discografica: Mighty Music

Genere musicale: Symphonic Metal, Power Metal

Voto: 6,5

Tipo: CD

Sito web: http://coronaskies.com

Membri band:

Oskari Salovaara – voce

Matias Knuuttila – chitarra

Panu Aho – chitarra

Ville Vihko – tastiere

Janne Mäkiö – basso

Petri Heinonen – batteria

Tracklist:

  1. Rite Of Passage

  2. Big Boys Blues

  3. The Social Network

  4. Falling Sky

  5. Delirium Disco

  6. Business Suits You

  7. Summer Bum

  8. The Sea Of My Mediocrity

  9. Only The Gods Are Lonely

Category : Recensioni
Tags : Power metal
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08th Nov2016

Gamma Ray – Sigh No More

by Ottaviano Moraca

gamma-ray-sigh-no-moreEccoci ad una nuova puntata sulle imprese del mitico Kay Hansen. Nel 1991 la sua band si trovava a dare un seguito all’ottimo esordio con la responsabilità supplementare di doversi guadagnare quella credibilità che il primo album aveva ampiamente dimostrato ma che ora andava assolutamente confermata. E allora via verso nuove mirabolanti avventure! Ce la farà il nostro eroe a salvare la faccia dinanzi a tutti quei detrattori che ancora gli contestavano l’abbandono degli Helloween? Basteranno un nuovo batterista e un nuovo chitarrista per confezionare un altro capolavoro? Indovinate un po’… suspense (mica tanta)… vabbè, sappiamo che la risposta è “sì” e non solo perché questa è già storia ma anche perché ormai si è capito che il buon Kay non ne sbaglia una! Così vedeva la luce Sigh No More che riproponeva quanto di buono visto nel precedente album ma con una buona dose di sperimentazione in più. Molte contaminazioni, soprattutto nel sound, ebbero l’effetto di rendere questo lavoro più originale e caratteristico, nonché godibile per una platea più ampia, senza snaturarne il piglio naturalmente roccioso. Non temano i seguaci più ferventi: lo stampo rimane indiscutibilmente power ma qualche spruzzata di rock melodico, di melodie classiche e di suoni fusion qui e lì riesce a dare freschezza ad una proposta che sarebbe stato assai più comodo tenere su percorsi già intrapresi. E invece no. Ai Nostri piace impegnarsi e “facile” non è parola del loro vocabolario, quindi eccoli proprio lì dove altri avevano fallito… e dove altri illustri colleghi cadranno in futuro (e ogni riferimento allo sciagurato Chameleon degli Helloween è puramente casuale).

Ovviamente non è questo il caso ed è noto che, meglio di Billy The Kid, meglio di Robin Hood, meglio di Guglielmo Tell, Kay “l’infallibile” Hansen non sbaglia un colpo e quindi ecco un’altra ventata di novità per un genere che mai come allora era il suo terreno di caccia esclusivo. Autorevole come ogni supereroe che si rispetti, Super-Kay quell’anno decise di virare leggermente verso l’heavy classico e chi siamo noi per dissentire? Infatti fu perfetto: l’album fu un successo e, forte di una produzione migliorata rispetto al passato tanto che ancora oggi regge la prova del tempo, ci regala dieci brani solidi e convincenti che per di più migliorano ad ogni ascolto tanto le composizioni sono articolate e gli arrangiamenti ricchi e variegati. C’è grande ispirazione alla base di questo lavoro e si sente tutta soprattutto nella grande varietà delle tracce che si divertono a spaziare anche tanto… alcuni direbbero “troppo”. Ovviamente tanta particolarità potrà non piacere a tutti ma questo è un disco di innegabile valore che ogni metallaro dovrebbe comunque conoscere. E così finisce un altro capitolo della nostra storia… alla prossima puntata!

Autore: Gamma Ray

Titolo Album: Sigh No More

Anno: 1991

Casa Discografica: Noise Records

Genere musicale: Power Metal

Voto: 7,75

Tipo: CD

Sito web: http://www.gammaray.org

Membri band:

Ralf Scheepers – voce

Kai Hansen – chitarra

Dirk Schlächter – chitarra

Uwe Wessel – basso

Uli Kusch – batteria

Tracklist:

  1. Changes

  2. Rich & Famous

  3. As Time Goes By

  4. (We Won’t) Stop The War

  5. Father and Son

  6. One with The World

  7. Start Running

  8. Countdown (CD-Bonus)

  9. Dream Healer

  10. The Spirit

Category : Recensioni
Tags : Power metal
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12th Ott2016

Gamma Ray – Somewhere Out In Space

by Ottaviano Moraca

Gamma Ray - Somewhere Out In SpaceSi può cambiare tutto e nel contempo restare fedeli a se stessi? Di sicuro non è facile ma se vi chiamate Kai Hansen tutto è possibile! Così l’irrequieto chitarrista, che dall’album precedente si era incaricato anche del microfono, presumibilmente per non annoiarsi, decise di rivoluzionare la formazione della sua band. Dentro allora un nuovo chitarrista e un nuovo batterista e, come se non bastasse, il basso venne affidato al fedelissimo Dirk Schlächter, fino a quel momento alle sei corde (!!!). Con questa line-up stravolta il nostro eroe si imbarca nell’impresa più ardua della sua carriera, per altro già mancata di misura in passato: lanciare definitivamente i Gamma Ray nel mainstream. Oggi tutti sappiamo che ci riuscì e il resto è storia. Ma torniamo al quinto lavoro in studio della band che ormai per tutti è diventata sinonimo di power metal. Fu un successo di vendite e piacque agli addetti ai lavori grazie ad una formula simile ma non uguale a quella già sentita nei dischi precedenti. Sound più massiccio, voce più graffiante, cori ancora più epici, cattiveria più enfatizzata, ancora più melodia, arrangiamenti più raffinati, ancora più velocità, brani più immediati e contemporaneamente songwriting più articolato. Insomma un super album inconfondibile nel dna ma con ampie iniezioni di steroidi in praticamente tutti gli aspetti più caratterizzanti. Completano il quadro tematiche inedite, su tutte fantascienza e fantasy, una ballad bella e struggente, una cover degli Uriah Heep e persino tre interludi.

Insomma c’è tutto di tutto in questo CD che infatti diede il via al nuovo corso della band e al conseguente, e meritatissimo, successo planetario. Solo la produzione non è sempre all’altezza di altri album dell’epoca, non tanto per la qualità generale quanto piuttosto per alcuni suoni che a volte appaiono un po’ troppo “sottili” e con una pasta sonora che, se fosse stata appena più robusta, avrebbe garantito maggiore impatto in certi frangenti. Inutile citare questa o quella traccia perché una per l’altra sono tutti validissimi lingotti di prezioso metallo che possono piacere più o meno solo in base al gusto personale. In breve Somewhere Out In Space è un album storico che merita questo appellativo non solo per l’impatto che ebbe nella carriera dei Gamma Ray ma anche per tutto il power metal che aggiungeva un’altra perla alla sua corona e con essa guadagnava anche un spessore e credibilità. Valore assoluto del disco, che quindi piacerà tanto ai fan della band quanto ai cultori del genere, fu di mostrare come ci si può evolvere mantenendo la propria identità musicale nonché come si possa rimanere fedeli a se stessi senza diventare inutilmente autoreferenziali e stucchevoli. Nella collezione di un metallaro non può mancare.

Autore: Gamma Ray

Titolo Album: Somewhere Out In Space

Anno: 1997

Casa Discografica: Noise Records

Genere musicale: Power Metal

Voto: 8

Tipo: CD

Sito web: http://www.gammaray.org

Membri band:

Kai Hansen – voce, chitarra

Dirk Schlächter – basso

Henjo Richter – chitarra, tastiere

Dan Zimmermann – batteria

Tracklist:

  1. Beyond The Black Hole

  2. Men, Martians And Machines

  3. No Stranger (Another Day In Life

  4. Somewhere Out In Space

  5. The Guardians Of Mankind

  6. The Landing

  7. Valley Of The Kings

  8. Pray

  9. The Winged Horse

  10. Cosmic Chaos

  11. Lost In The Future

  12. Watcher In The Sky

  13. Rising Star

  14. Shine On

  15. Return To Fantasy (cover degli Uriah Heep)

Category : Recensioni
Tags : Power metal
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10th Ott2016

Helloween – The Dark Ride

by Ottaviano Moraca

Helloween - The Dark RideGli Helloween sono sempre stati bandiera di un certo genere di metal spensierato e allegro quindi risulta particolarmente strano vedere come abbiano scelto un mood completamente diverso per riscattare il controverso Metal Jukebox. The Dark Ride, omen nomen, è infatti l’album più oscuro dell’intera produzione delle zucche e, se pur riconoscibilissimo nel marchio di fabbrica, aggiunge a quanto sentito nei capitoli precedenti atmosfere a volte sospese, a volte malinconiche e talvolta persino malvagie che tutto sommato sono una gradita variazione. Non so se farei definitivamente cambio tra questi Helloween e quelli più divertenti dei primi album, fatto sta che la proposta con cui i Nostri inaugurano il nuovo millennio colpisce fin dal primo ascolto. Produzione e confezione sono assolutamente di prim’ordine come si conviene ad un gruppo di questo calibro quindi nulla da segnalare oltre all’ottimo lavoro. Come sempre è nella composizione che questa band spicca sul panorama mondiale regalandoci dodici brani complessi e ben confezionati di cui va segnalata anche la grande intensità chiaramente percepibile durante l’intero disco e in The Departed e in Escalation 666 in particolare.

Gli episodi migliori sono senz’altro Mr. Torture, If I Could Fly, che non a caso sono anche i due singoli estratti dall’album, e ovviamente la title track The Dark Ride. Ma gli arrangiamenti sono una vera libidine da gustare per tutto il CD nonostante chitarre con accordature così basse e cantati così rauchi non siano esattamente la specialità della casa. Poco male perché la caratura dei musicisti è tale da consentire agevolmente anche più di qualche escursione in territori inusuali nonché sperimentazioni in sonorità inesplorate. Un rischio quest’ultimo che, in un passato non ancora abbastanza lontano, non pagò e anzi guadagnò al gruppo diverse critiche. Allora si dovette procedere ad una profonda rivisitazione nella line-up per risollevare la situazione. Questa volta invece non sarà necessario perché il risultato piace sebbene venga spontaneo dubitare che gli Helloween riescano a vivere a lungo fuori dalla loro pelle. A proposito di formazione va detto che, paradossalmente, anche questo disco porterà al licenziamento di alcuni membri della band ma per motivi non riconducibili all’identità musicale o ai riscontri di vendita. Dopo il tour di supporto infatti Grapow e Kusch andranno a formare i Masterplan…ma questa è un’altra storia.

Concludendo questo The Dark Ride lascia il segno nelle orecchie dell’ascoltatore anche se non suona molto Helloween. Convince per l’originalità anche senza brillare in assoluto ma solo limitatamente al DNA delle zucche. E in definitiva è un album da avere non solo per i fan della band ma anche per gli amanti del power che qui troveranno musica per le loro orecchie. Consigliato molto vivamente.

Autore: Helloween

Titolo Album: The Dark Ride

Anno: 2000

Casa Discografica: Nuclear Blast

Genere musicale: Power Metal

Voto: 7,75

Tipo: CD

Sito web: http://www.helloween.org

Membri band:

Andi Deris – voce

Roland Grapow – chitarra

Michael Weikath – chitarra

Markus Grosskopf – basso

Uli Kusch – batteria

Tracklist:

  1. Beyond the Portal

  2. Mr. Torture

  3. All over the Nations

  4. Escalation 666

  5. Mirror Mirror

  6. If I Could Fly

  7. Salvation

  8. The Departed (Sun Is Going Down)

  9. I Live for Your Pain

  10. We Damn the Night

  11. Immortal (Stars)

  12. The Dark Ride

Category : Recensioni
Tags : Power metal
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05th Ott2016

Gamma Ray – Powerplant

by Ottaviano Moraca

Gamma Ray - PowerplantDopo la totale rivoluzione nella line-up del gruppo durante la creazione del precedente Somewhere Out In Space, i Gamma Ray arrivarono alle soglie del nuovo millennio forti di una formazione di nuovo stabile e rodata nonché con le tematiche introdotte con l’ultimo album ancora da sviluppare. Nasceva dunque sotto questi auspici Powerplant che venne subito acclamato tanto dal pubblico quanto dalla critica. E non c’è da stupirsi perché si tratta di undici brani per oltre un’ora di energico power metal melodico, adrenalinico e ultra-energetico che mostra anche qualche spunto di novità rispetto a quanto sentito da Kai e soci in passato. Pur rimanendo chiaramente riconoscibile e marchiato dallo stile ormai perfettamente definito dei Nostri infatti, in questo lavoro le coordinate musicali cambiano leggermente sfiorando lidi talvolta heavy altre quasi epic e comunque mostrando in generale maggior complessità, serietà e a tratti cattiveria. Non mancano comunque momenti di alleggerimento come It’s A Sin, una cover dei Pet Shop Boys che, diciamocelo, dopo la cura anabolizzante di Hansen guadagna migliaia di punti (ma diventando un po’ pacchiana). Ma gli episodi pregevoli sono molti e su tutti basta citare i ritornelli di Send Me A Sign, Razorblade Sigh e Wings Of Destiny che non potrete smettere di cantare neanche volendo.

Con questo Powerplant il gruppo si sbizzarrisce fornendo una prova variegata come mai prima d’ora. Robusti raddoppi di chitarra sono il contraltare di aperture melodiche ariose e raggianti mentre il cantato a tratti grezzo fornisce il giusto complemento di una sezione ritmica potente ma non esasperante. Non manca qualche passo falso a titolo Short As Hell che vagamente riprende i Metallica prima maniera ma è ben poca roba nel complesso dei brani ricchi, vari ed articolati di questo lavoro. La produzione del disco rende giustizia al contenuto e quindi è in linea con quanto la band ha mostrato negli altri capitoli della discografia, ottima da qualsiasi angolazione la si ascolti. Una nota positiva la meritano la copertina, di ottima fattura, e ancora di più le foto al suo interno che valsero alla band un giro del mondo sulle copertine delle riviste specializzate. In definitiva questo sesto album è consigliato di sicuro ai fan della band a cui è dedicata la piacevole evoluzione che, senza rivoluzionare il sound “alla Hansen”, introduce una certa diversificazione dai CD già editi. Per tutti gli altri che sanno apprezzare del buon power, che a volte sconfina nello speed, l’ascolto è d’obbligo soprattutto per la firma degli autori.

Per tutti soddisfazione garantita fintanto non si faccia caso che quella varietà, ravvisata all’interno della produzione targata Gamma Ray, non si traduce in altrettanta originalità sul piano complessivo del genere. Una band sempre fedele a se stessa ma comunque in crescita nonostante i dieci anni di carriera… un esempio da seguire e un modello che in pochi riescono ad imitare. Grandiosi.

Autore: Gamma Ray

Titolo Album: >Powerplant

Anno: 1999

Casa Discografica: Sanctuary Records

Genere musicale: Power Metal

Voto: 7,75

Tipo: CD

Sito web: http://www.gammaray.org

Membri band:

Kai Hansen – chitarra, voce

Dirk Schlächter – basso

Henjo Richter – chitarra, tastiere

Dan Zimmermann – batteria

Tracklist:

  1. Anywhere In The Galaxy

  2. Razorblade Sigh

  3. Send Me A Sign

  4. Strangers In The Night

  5. Gardens Of The Sinner

  6. Short As Hell

  7. It’s A Sin (cover Dei Pet Shop Boys)

  8. Heavy Metal Universe

  9. Wings Of Destiny

  10. Hand Of Fate

  11. Armageddon

Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Power metal
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03rd Ott2016

Helloween – 7 Sinners

by Ottaviano Moraca

Helloween - 7 SinnersNiente… non vogliono morire! E diciamocelo: va bene così e ne siamo anche più che felici! Gli Helloween possono piacere o meno, si possono amare o odiare ma una cosa bisogna riconoscerla: come l’araba fenice sanno risorgere dalle proprie ceneri. Dopo album come Chameleon e Pink Bubbles Go Ape in molti li avevano già messi in lista per l’eutanasia musicale e invece sono tornati agli ottimi livelli di The Time Of The Oath e The Dark Ride. Più recentemente la pubblicazione di Rabbit Don’t Come Easy e soprattutto di The Legacy li aveva di nuovo candidati all’oblio e invece ancora una volta le zucche di Amburgo si risollevano definitivamente dalla polvere con questo 7 Sinenrs (per la verità dopo aver già dato segni di ripresa nel precedente Gambling For The Devil). Insomma con più di 25 anni di carriera alle spalle c’è bisogno di sapersi reinventare e, se ben compensati da altrettanti capolavori, i passi falsi possono essere perdonati. Eccoci quindi ad inneggiare una volta in più all’ascolto di questo ottimo tredicesimo album di inediti. La formula di base non cambia: un metal veloce e variegato a cui però si aggiunge un sound dalla cattiveria e dalla compattezza sconosciuta ai lavori precedenti.

La composizione rimane l’arma migliore di questo combo così che i brani non faticheranno a trovare il cuore dei fan tra cori da far sputare le tonsille e tirate di solidissimo metallo per spaccarsi le ossa nel pogo. A proposito: la sezione ritmica in questo CD è in grandissimo spolvero e, delicata come un tritasassi, sostiene la prova davvero brillante di un Daris che, con un po’ più di ispirazione e una migliore interpretazione rispetto alle prove precedenti, trova finalmente la quadra dietro al microfono convincendo per tutti i 65 minuti di questo disco. Da sottolineare una volta di più la varietà di tutte le tredici tracce che, una per l’altra, sanno coinvolgere l’ascoltatore stupendo spesso con arrangiamenti o soluzioni compositive e melodiche che definire “fuori dagli schemi” sarebbe riduttivo (…era un flauto alla Jethro Tull quello che ho sentito?!). In una parola, questo è un album in cui è l’intensità a catturare l’attenzione… ma d’altronde è la specialità della casa e questi tedeschi ne sono maestri tanto da essersi saputi distinguere in questo frangente fin dalle origini. Quello di cui forse si potrebbe sentire un po’ la mancanza rispetto al passato sono la spensieratezza e l’umorismo che erano pure cavalli di battaglia della band. Può darsi che per dare una scossa alla propria carriera i Nostri non si siano sentiti di scherzare quanto nei precedenti CD… e visto il risultato non ci si può certo lamentare.

Della produzione che dire? Stiamo parlando degli Helloween e della Sony… se fosse meno che perfetta ci sarebbe da gridare allo scandalo! Invece per fortuna da qualsiasi punto la si guardi, pardon la si ascolti, la confezione rende giustizia al contenuto e così l’intero pacchetto diventa ancora più godibile. Concludendo direi che quello che stiamo ascoltando è un disco personale, ottimamente rifinito e molto apprezzabile sotto diversi punti di vista. Ben inteso, non è un capolavoro assoluto ma personalmente metterei la firma per sentire tutte le vecchie glorie del metal rimanere su standard di questo livello. Ovvero: se non lo aveste nella vostra collezione i peccatori sarete voi…

Autore: Helloween

Titolo Album: 7 Sinners

Anno: 2010

Casa Discografica: Sony Music

Genere musicale: Power Metal

Voto: 7,5

Tipo: CD

Sito web: http://www.helloween.org

Membri band:

Andi Deris – voce

Michael Weikath – chitarra

Dani Löble – batteria

Sascha Gerstner – chitarra

Markus Grosskopf – basso

Tracklist:

  1. Where The Sinners Go

  2. Are You Metal?

  3. Who is Mr. Madman?

  4. Raise The Noise

  5. World Of Fantasy

  6. Long Live The King

  7. The Smile Of The Sun

  8. You Stupid Mankind

  9. If A Mountain Could Talk

  10. The Sage, The Fool, The Sinner

  11. My Sacrifice

  12. Not Yet Today

  13. Far In The Future

Category : Recensioni
Tags : Power metal
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28th Set2016

Gamma Ray – Land Of The Free

by Ottaviano Moraca

Gamma Ray - Land Of The FreeAvete presente quando, all’apice della frustrazione, perdete la staffe con chi vi circonda e, in un impeto di egocentrismo spesso masochistico, sentite voi stessi dire “lascia! Faccio io!”. Ecco, immagino che più o meno debba essere successo questo anche a Kai Hansen quando nel 1995, forse in un eccesso di incoscienza, decise di prendere in mano le redini dei suoi Gamma Ray e di mostrare al mondo di poter fare praticamente tutto da solo. Fu così che con una line-up ampiamente rimaneggiata il nostro eroe si incarica, non solo di tornare dietro al microfono come ai tempi dell’esordio con gli Helloween, ma anche di comporre questo concept che ancora oggi è considerato uno dei migliori album della band. Bravo anche nei rapporti interpersonali il nostro campione non ne sbaglia una e porterà a termine questa migrazione verso il nuovo corso della band mantenendo ottimi rapporti con tutti gli ex-membri. Onore al lato umano dell’artista quindi che ne avrà anche un ritorno su questo stesso disco: l’amico di sempre Hansi Kürsch (Blind Guardian), più volte aiutato in passato, restituisce il favore apparendo dietro al microfono in Farewell, mentre l’ex-commilitone, nonché frontman del periodo con le zucche, Michael Kiske presta la sua voce in Time To Break Free e Land Of The Free. La svolta artistica che consegue a tutti questi cambiamenti è meno radicale di quanto si possa immaginare perché ormai la personalità dei Gamma Ray è ben definita anche se, prestando attenzione, le atmosfere sono diventate più intense e meno spensierate rispetto ai primi esordi sfiorando lidi talvolta quasi epici. Complice di questa evoluzione verso una maggiore serietà è certamente il tema della libertà su cui, come si evince dal titolo, è incentrato l’intero lavoro.

Per il resto musicalmente ritroviamo il robusto power metal di stampo teutonico che ha caratterizzato la produzione precedente. Suoni taglienti, ritmiche massicce e tanta, tanta melodia sia sul versante solistico che al microfono dove, diciamolo visto che la curiosità è tanta, Hansen se la cava egregiamente dimostrando come si possa portare a casa un risultato davvero ottimo anche senza strafare con i virtuosismi… che riversa però in abbondanza quando si trova nel ruolo di chitarrista. Gli ospiti se la cavano altrettanto bene e Farewell diventa una ballad struggente, graffiante e intimista che ben contrasta con il tiro piuttosto serrato di inizio album. La title track quasi mette le lacrime agli occhi per come sembra uscita da Keeper Of The Seven Keys mentre Time To Break Free ruggisce parlando quasi il linguaggio dell’hard rock più melodico. Alle altre tracce si può imputare soltanto di perdere un po’ di identità se ascoltate singolarmente mentre guadagnano senso e completezza quando godute nel complesso dell’intero album… ma questo è un discorso che si potrebbe fare per qualsiasi concept.

Per il resto colpisce la complessità della struttura dei brani che sono sempre piacevolmente articolati senza diventare complicati o farraginosi. Della produzione invece non credo si sia occupato il buon Kai ma è comunque ottima e contribuisce a rendere questo quarto album targato Gamma Ray abbastanza immediato e comprensibile nonostante lo spessore dei contenuti. Bisogna infine considerare quanto questo progetto risulti ancora più ambizioso se inquadrato nel contesto della crisi, indotta dall’inarrestabile ascesa del grunge, che il metal attraversava in quel periodo. Nonostante tutto però coraggio e genialità si spartiscono in egual misura la ribalta di questo capolavoro portando, se ancora ce ne fosse bisogno, il gruppo, e il suo leader, definitivamente nell’olimpo del power. Insomma, è certamente vero che nemmeno ad Hansen tutte le ciambelle escono col buco ma qui ci è riuscito…eccome!

Autore: Gamma Ray Titolo Album: Land Of The Free
Anno: 1995 Casa Discografica: Noise Records
Genere musicale: Power Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.gammaray.org
Membri band:

Kai Hansen – voce, chitarra

Dirk Schlächter – chitarra

Jan Rubach – basso

Thomas Nack – batteria

Tracklist:

  1. Rebellion In Dreamland
  2. Man On A Mission
  3. Fairytale
  4. All Of The Damned
  5. Rising Of The Damned
  6. Gods Of Deliverance
  7. Farewell
  8. Salvation’s Calling
  9. Land Of The Free
  10. The Saviour
  11. Abyss Of The Void
  12. Time To Break Free
  13. Afterlife
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Power metal
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23rd Set2016

Helloween – The Time Of The Oath

by Ottaviano Moraca

Helloween - The Time Of The OathNel 1996 non potevamo permetterci di comprare tutti i CD dei tanti gruppi che seguivamo così facevamo a turno e poi ce li passavamo. Questo The Time Of The Oath toccò in sorte al mio amico Matteo e ben gli disse perché il lavoro è di quelli che valgono e infatti lui letteralmente, e a buon diritto, lo consumò. Finalmente fuori dalla crisi dei primi anni ’90 e rassicurati del buon riscontro del precedente Master Of The Rings, gli Helloween infatti tentavano di ritrovare definitivamente agli antichi fasti, forti anche di una formazione di nuovo stabile. Questo album non nasceva però sotto i migliori auspici e venne infatti dedicato a Ingo Schwichtenberg, batterista del combo tedesco fino al discutibile Chameleon, suicidatosi da poco sotto un treno della metropolitana. Nonostante la tragedia, o forse investiti dalla responsabilità di dover fare bene in ricordo dell’amico scomparso, i Nostri riuscirono nel più arduo dei compiti: bissare il successo del disco del riscatto riaprendo così definitivamente una carriera che sembrava molto ben avviata sul viale del tramonto. Chi li aveva dati per spacciati dovette quindi ricredersi e a suon di un power/speed davvero efficace gli Helloween ancora una volta riuscirono ad incantare l’ascoltatore con una proposta moderna, differente dai precedenti lavori ma comunque riconoscibile come appartenente al loro dna.

Furono soprattutto la opener We Burn, la successiva Steel Tormentor, la variegata Mission Motherland e ovviamente la title track The Time Of The Oath a convincere che le zucche erano tornate… o forse che, in verità, non se ne erano mai andate. Tutto bene, come si conviene per un gruppo di questo calibro, per quanto riguarda la produzione, di primissimo livello, e l’artwork, in linea con quello dei precedenti lavori e dal family feeling inequivocabile. Ma è soprattutto per il sound che questo disco piace e stupisce. Vario, compatto, potente, aggressivo ma non eccessivo e sempre perfettamente intellegibile rende questo lavoro tanto più libidinoso da tenere nello stereo tanto più si ruota verso l’alto la manopola del volume. I brani se ne giovano e a completare l’opera ci pensa un songwriting ispirato e strutturato che li rende anche particolarmente immediati e quindi adatti all’esecuzione dal vivo. E’ con l’intensità dell’esecuzione però che il gruppo conquista punti e dà spessore a questa proposta che infatti riscosse da subito un ottimo successo di vendite.

Ne seguì un tour mondiale memorabile che toccò in diversi punti anche l’Italia e obbligò il sottoscritto a seguire l’amico Matteo per strapparlo dalle transenne sotto il palco prima che fosse troppo tardi. Sì, è questo il rischio che si corre con The Time Of The Oath dunque siete avvertiti… però fatevi un favore: non perdetevelo!

Autore: Helloween Titolo Album: The Time Of The Oath
Anno: 1996 Casa Discografica: Castle Communications
Genere musicale: Power Metal Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: http://www.helloween.com
Membri band:

Andi Deris – voce

Roland Grapow – chitarra

Michael Weikath – chitarra

Markus Grosskopf – basso

Uli Kusch – batteria

Tracklist:

  1. We Burn
  2. Steel Tormentor
  3. Wake Up The Mountain
  4. Power
  5. Forever And One (Neverland)
  6. Before The War
  7. A Million To One
  8. Anything My Mama Don’t Like
  9. Kings Will Be Kings
  10. Mission Motherland
  11. If I Knew
  12. The Time Of The Oath
Category : Recensioni
Tags : Power metal
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