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31st Gen2022

JuJu – La Que Sabe

by Raffaele Astore
Il polistrumentista e produttore siciliano Gioele Valenti è una figura chiave della scena musicale underground europea. Lui è una parte dell’acclamato progetto Occult Psych Llay Lamas (Rocket Recordings). È l’uomo dietro Herself, un progetto di folktronica che ha coinvolto artisti del calibro di Jonathan Donahue di Mercury Rev, John Fallon di The Steppe e Amaury Cambuzat di Faust e Ulan Bator. Ora, Gioele Valenti in arte JuJu, si presenta con questo nuovo lavoro La Que Sabe un disco ricco di affascinanti atmosfere oscure e dure che vanno dal darkwave al post-punk con un’interessante vena di psichedelia oscura ed un forte impatto sonoro che invita ad ascoltare il disco a tutto volume. Quarto album in ordine temporale, il disco è una forte miscela di generi tutti giocati tra synth e chitarre elettrice da brividi. Se si ascolta il disco con attenzione, ma anche al primo impatto, quello che ci arriva è un sapiente frullato di Joy Division insieme a spruzzate psichedeliche alla Cure, ma anche Swan, Depeche Mode e Primal Scream, tutte comunque sostenute da una forte personalità creativa. Pur restando i vari brani tra oscurità e melodia, La Que Sabe si presenta con una qualità di risultati indiscutibili, anzi la concentrazione nel dark psych sfocia anche in quei suoni mediterranei tanto cari a Jole, ma anche a quelli che noi cercano nelle produzioni il senso di ricerca troppo spesso sottovalutato nei musicisti.

Non vogliamo qui parlare dei singoli brani di La Que Sabe, l’essenza del disco, nella sua totalità, ci sembra essere quella di un lavoro capillare, un lavoro dove la magia musicale porta a viaggiare su un rock ricco di sfumature, un rock che coglie attimi di contagi ma senza lasciarsi contagiare, un rock che si colora di stili ma senza trasformazioni. Un nuovo ed attraente album dai suoni straordinari dove il mare magnum del rock ha il tocco di una mediterraneità unica. Un bel disco tutto da ascoltare!

Autore: JuJuTitolo Album: La Que Sabe
Anno: 2021Casa Discografica: Weird Beard Record
Genere musicale: Psichedelia, Art Rock, Post-PunkVoto: 6
Tipo: CDSito web:  https://www.facebook.com/JuJuSpell
Membri band:
Gioele Valenti
Tracklist:
1. Not This Time
2. Nothing Endures
3. Could You Believe
4. She’s Perfect
5. Walk The Line
6. Days In The Sun
7. Beautiful Mother
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Psichedelia
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22nd Dic2021

Electric Eye – Horizons

by Marcello Zinno
Qualcuno potrebbe pensare che il rock psichedelico sia un genere esclusivamente relegato nel passato. In parte lo è ma ci sono ancora giovani band che puntano a quelle sonorità. Gli Electric Eye sono fra questi, sono norvegesi (un caso che siano conterranei dei Motorpsycho?!) e arrivano al loro terzo full-lenght con questo Horizons dalla copertina essenziale che suggerisce qualcosa della musica al suo interno. Infatti la proposta è tutt’altro che ispida e sperimentazionista, il quartetto crea una proposta che si avvicina al concetto di mini suite, artistica sì ma senza finire nel calderone di “musica per nicchia”, piuttosto gioca con le melodie e soprattutto con gli anni 70. Proprio le melodie di Last Call At The Infinity Pool, con quelle tastiere così orecchiabili, e la successiva The Sleeping Sharks così cinematografica nel suo incedere (colonna sonora egregia) e con un basso che dà sequenza, sono i caratteri distintivi di questo Horizons che può piacere a chi ama il prog rock senza però aver inserito nessuna partitura dispari. È proprio questo gusto cinematografico a rendere gli Electric Eye (non c’è nessun connubio con il famoso brano dei Judas Priest) una band molto particolare, sapiente compositivamente e agevolata nella loro bellezza dal prodotto in vinile, scelto per confezionare questo lavoro, che valorizza i suoni.

Al di là di tastiere/synth che hanno un ruolo importante a noi piace segnalare le linee di basso che spesso sono un pilastro su cui si regge l’intera impalcatura (anche in Lighthouse Rock è così). Non quindi “musica per nicchia” ma nemmeno “musica per tutti”: gli Electric Eye sono da capire e, se dal caso, da amare.

Autore: Electric EyeTitolo Album: Horizons
Anno: 2021Casa Discografica: Fuzz Club Records
Genere musicale: Psichedelic RockVoto: 6,5
Tipo: LPSito web: https://www.facebook.com/electriceyeband
Membri band:
Øystein Braut
Njål Clementsen
Anders Bjelland
Øyvind Hegg-Lunde
Tracklist:
1. En Bekymringsfri Koloni
2. Last Call At The Infinity Pool
3. The Sleeping Sharks
4. Our Water Is On Fire
5. Put The Secret In Your Pocket
6. Lighthouse Rock
7. Den Atmosfaeriske Elven
8. The Singularity
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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10th Ott2021

Acid Dad – Take It From The Dead

by Raffaele Astore
Sembra ormai appurato che dal covid si guarisce così come lo si può evitare se si usano comportamenti sociali corretti, ma non so quanti invece ricorrano alla potenza della musica per curare qualsiasi male ci sia fuori (covid escluso). Certo che in questi quasi due anni in cui non si è parlato d’altro, c’è da dire che la pandemia è comunque servita a molti di noi che hanno sfruttato i tanti momenti di clausura per ascoltare musica spingendo tra l’altro i musicisti, a comporre musica e ad incidere nuovi lavori. E così come è successo per tante band anche gli Acid Dad hanno saputo sfruttare tutto questo periodo a loro disposizione per realizzare e pubblicare il loro nuovo album dal titolo Take It From The Dead. E ciò giova di sicuro alla marea di ascolti che quotidianamente ci permettiamo, ascolti che, come in questo caso, saltano subito all’orecchio per il materiale interessante che ci piomba addosso dalle casse dello stereo casalingo. E così mentre gli australiani King Gizzard continuano nella produzione inarrestabile di dischi come fossero noccioline, ci sono poi altre fantastiche band, come i newyorkesi Acid Dad che nulla hanno da invidiare alla prolifica band australiana almeno in fatto di sound.

Ma prima di addentrarci nella breve analisi di questo Take It From The Dead c’è da dire che quello che ci colpisce sin dalla prima nota sono fondamentalmente due cose: la prima è la provenienza della band, la seconda è la musica: pure coincidenze? Ci riferiamo al fatto che la band in entrambe le cose ha in comune la stessa provenienza e l’aura psichedelica di un altro grande gruppo come lo furono i Velvet Underground. Infatti, il suono sporco di Searchin’ ci richiama proprio quelle ballate decadenti alla VU , suoni accomunati anche dalla batteria suonata proprio alla Maureen Tucker, un pezzo che è il sorgere di un sound che ritorna. Di certo è che l’album degli Acid Dad, pur nella sua decadenza, è tutto un susseguirsi di alternative rock, un lavoro che lascia comunque spazio a diverse influenze pur restando nelle strette misure musicali del rock’n’roll sporco come piace a noi. Ad esempio con BBQ, l’ingresso del pezzo con un basso da brivido cambia un po’ il senso delle cose, ma si ritorna subito in riga con un sound da sballo vero e proprio, uno sballo musicale che si perpetua quando giungiamo al terzo pezzo, RC Driver, tipicamente “surfiano” e nulla più, un pezzo che ricorda lontani ascolti alla Beach.

Con She Only Eat Organic invece ritorniamo ai mai tramontati Rolling Stones quando il sound di questi ultimi era contaminato dalla presenza di un certo Brian Jones, forse il più psichedelico di tutti, almeno nella creatività musicale, ma quelli erano altri tempi. E se anche Good Time sembra invece tendere al sound dì greatifuldidiana memoria, c’è solo da dire che questo è un disco per appassionati o ubriachi di psichedelia, un disco che fa semplicemente piacere ascoltare, un disco dove le chitarre e le voci di Vaughn Hunt e Sean Fahey fanno davvero tutto senza nulla togliere al grande apporto di cucitura che ha la batteria di Trevor Mustoe, soprattutto quando si tratta di fondersi con gli splendidi cori dei due chitarristi. Qui, concludendo, siamo di fronte ad un disco in grado di raccogliere tante influenze, un disco che nell’esplodere trasmette a chi ascolta un grande psycho rock come non lo si sentiva da tempo. Scusate, ma devo dirlo proprio, questi ragazzi newyorkesi, questi Acid Dad sono davvero grandi! Ed allora? Buon ascolto a tutti, visto che Take It From The Dead ve lo consigliamo.

Autore: Acid Dad Titolo Album: Take It From The Dead
Anno: 2021 Casa Discografica: Greenway Records
Genere musicale: Psichedelia Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/aciddad
Membri band:
Vaughn Hunt – chitarra, voce
Sean Fahey – chitarra, voce
Trevor Mustoe – batteria
Brani:
1. Searchin’
2. BBQ
3. RC Driver
4. She Only Eats Organic
5. Good Time
6. Smile You’re On Camera
7. 2 Face
8. Diembe
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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06th Ott2021

Possum – Lunar Gardens

by Marcello Zinno
Di proposte hard psych ce ne arrivano davvero poche, ancora più raro vedere una giovane band dedita a queste sonorità. Se poi la suddetta band vi aggiunge anche una spruzzata di progressive allora noi non possiamo che essere soddisfatti. E Lunar Gardens, nuovo album dei canadesi Possum, si lascia apprezzare davvero da orecchie molto diverse. Appassionati di jazz/fusion, così come instancabili ascoltatori dei Calibro 35, un ascolto a questo album è ultra consigliato, perché la strumentalità che è insita in queste 8 tracce è un faro che illumina; strumentalità che fa il pari con sperimentazione, anche se non si cade mai nella psichedelia più pura, tanto che la sezione ritmica è sempre ben presente ed incisiva, a dare corpo alle tracce. D’altro canto i suoni adottati sono volutamente legati al decennio che diede origine a queste influenze (anni 70) e, seppur la produzione sia davvero molto curata, la scelta magari di suoni più moderni sarebbe risultata un passo coraggioso e probabilmente più apprezzato, così da unire passato e presente in una visione musicale che non ha mai fine (noi apprezziamo le tastiere e gli hammond ma sarebbe stato affascinante provare un gusto sonoro nuovo all’interno di strutture già collaudate).

Se dovessimo scegliere un fattore predominante nello stile dei Possum questo sarebbe il jazz e subito dopo la psichedelica ma, come dicevamo prima, ci affascina la sezione ritmica sempre molto presente, che spesso incalza e dà sostanza alla proposta anche quando sembra diluirsi in una jam da live (Moonjuice). Molto bella l’opener dove il groove prog è massiccio e la band sembra pronta a live incendiari. Speriamo che riesca ad uscire dai cliché di genere e metterci del proprio.

Autore: Possum Titolo Album: Lunar Gardens
Anno: 2021 Casa Discografica: Ideé Fixe Records
Genere musicale: Progressive, Hard Psych Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/possumyyz
Membri band:
Brandon Bak – chitarra, voce
Tobin Hopwood – chitarra
Patrick Lefler – basso
Bradley Thibodeau – batteria
Christopher Shannon – tastiere
Tracklist:
1. Clarified Budder
2. Gala At The University City
3. Heywood Floyd
4. Guest Of The Moon
5. Leyline Riders
6. Moonjuice
7. Dance Of The Eclipse
8. Lunar Gardens
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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09th Set2021

Ananda Mida – Karnak

by Marcello Zinno
In questo periodo assurdo gli italianissimi Ananda Mida decidono di dare alla luce un EP tra il secondo capitolo della loro discografia (Cathodnatius, uscito nel 2019 e di cui parlammo a questa pagina) e il terzo (Reconciler, che uscirà prossimamente e chiuderà la loro trilogia). Il titolo dell’EP è Karnak ed è composto da 3 brani, uno strumentale, una jam e un pezzo live. L’opener è un esperimento ben riuscito: nella versione originale di Anulios le linee vocali rafforzavano un legame con il rock anni 70, in questa proposta in chiave strumentale il brano assume una natura maggiormente hard psych, fonte da cui attingono gli Ananda Mida ma anche dichiarazione di intenti (e capacità) della band. Arriva poi una vera jam session dal titolo Jam With Mario con il chitarrista Mario Lalli, 8 minuti di scorribande chitarristiche senza un copione che rischierebbe di blindare la creatività: improvvisazione, punto.

The Pilot, la terza traccia, è assolutamente una scelta perfetta per riproporlo in una versione live: il suo mid tempo, il suo fascino esterofilo, la sua chitarra iniziale a tratti psichedelica a tratti AC/DC ci portano direttamente dentro un pub con gli amplificatori caldi; un brano questo che ci ha riportati alla prima era dei Rush, quando nel loro cuore il progressive non era ancora nato. EP interlocutorio? Se fossero tutti così ci sarebbe da leccarsi i baffi.

Autore: Ananda Mida Titolo Album: Karnak
Anno: 2021 Casa Discografica: Go Down Records, Vincebus Eruptum
Genere musicale: Rock Psichedelico Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: www.facebook.com/anandamidaband
Membri band:
Davide Bressan – basso
Max Ear – batteria
Conny Ochs – voce in The Pilot
Alessandro Tedesco – chitarra
Atteo Pablo Scolaro – chitarra in Anulios e The Pilot
Mario Lalli – chitarra in Jam With Mario
Tracklist:
1. Anulios
2. Jam With Mario (feat. Mario Lalli)
3. The Pilot (live)
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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22nd Lug2021

Night Beats – Outlaw R&B

by Raffaele Astore
Il 4 giugno scorso, i Night Beats, nati in Texas da un’idea di Danny Lee Blackwell, hanno pubblicato il loro quinto album, Outlaw R&B, tramite Fuzz Club Records, un lavoro che arriva dopo Myth Of A Man del 2019 e That’s All You Got dell’anno scorso realizzato in piena pandemia. Questo nuovo album è stato realizzato durante il culmine degli incendi in California, la rivolta nelle strade e una nazione in completo isolamento per la chiusura di un’era che ha portato gli States sull’orlo di una guerra civile. Saranno state anche tali situazioni ad influire sul rock dei Night Beats e così l’oscuro rock’n’roll di Outlaw R&B è diventato un invito a gioire. Outlaw R&B è musica per i “senza confini”, i liberi, gli emarginati e i dimenticati, per tutti coloro che comunque vogliono un cambiamento. Ed è anche attraverso la musica che si tenta di sfuggire ai confini del feudalesimo mentale che ha colpito proprio nel bel mezzo dell’era trumpiana quegli stessi americani che ora hanno voluto cambiare e che i Night Beats hanno dimostrato attraverso l’euforico R&B psichedelico che propongono con questa bella produzione. Così, laddove l’ultimo LP dei Night Beats era un disco decisamente raffinato e pieno di sentimento, con Outlaw R&B ci troviamo con una band che ritorna all’ovile con un rock’n’roll pieno di psichedelia acida.

I passaggi più interessanti di quest’ultima produzione comprendono pezzi come Hell In Texas, Holy Roller con quel suo testo parlato e l’introduzione di Stuck In The Morning che ripercorre un vecchio ritornello della psichedelia più classica, mentre con Revolution si entra in un glam rock che riporta ad alcuni dei bei momenti della carriera di Marc Bolan che sembra abbia, qui, lasciato la sua impronta. Outlaw R&B è pieno di musica influenzata anche da quanto accaduto lo scorso anno quando l’album è stato prodotto. Da una parte gli incendi nella California, dall’altra l’influenza della pandemia che spargeva i germi di un nuovo modo di vivere, compreso anche un nuovo modo di concepire la musica, la stessa cosa che è accaduta con questo album che risente nelle composizioni musicali di una ricerca innata di libertà anche se intrise spesso di quella tristezza che ha attanagliato anche tutti noi.

Questa produzione dei Night Beats non è solo una semplice produzione musicale e basta, ci sono infatti suoni che provengono dal western sound, c’è un certo groove alla Brian Wilson come quella interpretazione di blues che sa tanto di influenza barrettiana e ci sono tutti quegli elementi che si incastrano perfettamente con certa psichedelia tedesca alla Can, ma ci sono quei richiami ad un certo glam che rende poliedrico tutto il sound di Outlaw R&B che rimane comunque un bell’album davvero.

Autore: Night Beats Titolo Album: Outlaw R&B
Anno: 2021 Casa Discografica: Fuzz Club Records. Cooking Vinyl
Genere musicale: Rock Psichedelico, R&B Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://thenightbeats.us
Membri band:
Danny Lee Blackwell
Tracklist:
1. Stuck In The Morning
2. Revolution
3. New Day
4. Hell In Texas
5. Thorns
6. Never Look Back
7. Shadow
8. Crypt
9. Cream Johnny
10. Ticket
11. Holy Roller
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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09th Giu2021

Clustersun – Avalanche

by Raffaele Astore
Una botta di space condita di psycho ed infarcita di shoegaze è secondo noi la risultanza di questo bel disco che non conosce soste durante il suo ascolto. Giunti alla loro terza fatica, che riporta pari pari i primi passi fatti con i due precedenti lavori ma che qui lascia denotare una ulteriore maturità sonora, i Clustersun dimostrano di essere una delle band di spicco nel panorama rock italiano. Catanesi di fatto, rockmen per scelta, la band siciliana si presenta con Avalanche che porta in sé il progetto di una scelta rielaborativa dei vari stili musicali che lo compongono, stili che si fondono tra loro per raggiungere una dimensione “ultraterrena”. Infatti tra spruzzate di space rock, psichedelia, shoegaze e un certo post-punk che non dispiace, il loro diventa una vera e propria dilatazione sonora da mettere i brividi mentre li si ascolta. Dopo la pubblicazione dei due singoli, Desert Daze e All Your Pain ed andando un po’ a ritroso con gli ascolti dei precedenti lavori, Avalanche si presenta con un’evoluzione musicale che forza molto la mano su psichedelia ed un post-punk di vecchia memoria, ben mescolati tra loro a tal punto da assegnargli al nuovo rock che se ne ricava un ruolo di primo piano che solo la semplice e lineare sinergia tra i componenti di questa band, molto cresciuta, poteva realizzare. La consapevolezza di un suono più armonico e la messa in evidenza proprio di questo fatto da parte di James Aparicio, produttore ed ingegnere del suono che ha lavorato con mostri sacri come Depeche Mode e Mogwai, la dice ben lunga di come i Clustersun intendano il concetto di musica e di rock in particolare.

Certo che a noi Avalanche è sembrato un po’, rispetto ai precedenti Out Of Your Ego e Surfacing To Breathe, un gradino in su anche per la nuova essenza delle composizioni che non lasciano spazio ad elucubrazioni mentali. Già, qui tutto si fa musica e basta, anzi tutto diventa una fantastica esplorazione nei meandri più nascosti dei generi che i Clustersun propongono al proprio pubblico e non solo a quello. Da parte nostra un auspicio: che si ritorni da subito in pubblico a presentare i lavori per troppo tempo costretti a favorire sogni mentali e nulla più; certi prodotti, certa musica hanno bisogno di essere suonati in pubblico perché è la summa di voglia di vivere, di voglia di essere, di voglia di fare ed i Clustersun, queste voglie ce l’hanno davvero tutte. Tra l’altro vi ricordo che ai brani di questo disco non si può restare indifferenti, provate ad ascoltare ad occhi chiusi Juggernaut ad esempio e vi accorgerete quanto ancora nella musica di oggi sia presente il tocco del grande Syd, senza nulla togliere a questi bravi ragazzi siciliani che sanno come dire la propria e si fanno sentire!

Autore: Clustersun Titolo Album: Avalanche
Anno: 2021 Casa Discografica: Little Cloud Records, Icy Cold Records
Genere musicale: Psichedelia, Shoegaze Voto: 8
Tipo: CD Sito web:  https://www.facebook.com/CLUSTERSUN/
Membri band:
Marco Chisari – voce, basso
Mario Lo Faro – chitarra
Andrea Conti – batteria
Tracklist:
1. Desert Daze
2. All Your Pain
3. Closer/Deeper
4. Juggernaut
5. Avalanche (Legion 5)
6. Barricades
7. Sinking In To You
8. Scar
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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08th Mag2021

Hooveriii – Water For The Frogs

by Raffaele Astore
Dopo la tempesta virologica e la risposta vaccinale degli uomini, sembra che il periodo che stiamo vivendo abbia influenzato davvero tanto le produzioni discografiche di questi ultimi tempi. La mancanza di momenti di vera e propria convivialità sono probabilmente alla base di una massiccia produzione di dischi da parte di band, gruppi, artisti e così via che, per quanto ne sappiamo noi, nell’ultimo anno hanno sfruttato in modo massiccio tutti i canali possibili ed immaginabili per promuoversi. E mentre si paventa un ritorno ad una ipotetica normalità, noi di RockGarage ci ascoltiamo questo bel esordio degli australiani Hooveriii che con Water For The Frogs ci proiettiamo in un nostalgico viaggio psichedelico che, purtroppo per ora, questo periodo ci garantisce solo in internet, e quindi, ben vengano altri tipi di viaggio. Ma ciò che conta è la qualità della musica che comunque giunge a noi, nonostante la pandemia, musica che ha tanto di qualità pur nella sua sfera psichedelica. Nato originariamente come progetto singolo di una drum machine che vedeva protagonista Bert Hoover, il tutto si è evoluto in una band di sei elementi che hanno dato vita alla bellezza di un progetto che, per ora, ritroviamo in questo esordio composto da sette tracce.

Il disco, che si apre con Cindy, catapulta sin da subito in quei suoni a noi cari dove atmosfere vellutate danno sfogo a un ripetitivo inciso che piace, un bel passaggio di psichedelia allo stato puro che ci fa ben sperare per il restante materiale dell’album. Con Control è facile assaggiare immediatamente tocchi da “macchina soffice” che si nutre di un certo kraut rock che piace…e caspita se piace. E mentre il suono scorre, pur sentendo che il rock qui è psichedelia pura, capita di accorgersi che gli Hooveriii hanno carattere da vendere e che sono ben lungi dallo scopiazzare i loro conterranei King Gizzard & The Lizard Wizard o il Tame Impala più immediato. Ma mentre l’ascolto ci porta la stranezza di un pezzo come Hang Em Hight che vaga tra garage ed uno sporco psych, la trasmissione di fascino con l’effettistica e la spazialità che contiene, ci fa scivolare nella successiva Shooting Star con cui sembra di trovarsi in un terreno che apre a quell’elettronica spaziale che ben conosciamo, ma che ben presto si ridefinisce in una dolce e straziante melodia da viaggio dell’animo. A questo punto il disco si stacca un po’ dalle avvolgenti trame psichedeliche per ritrovarsi, con We’re Both Lawyers in un kraut rock kraftwerkiano che mi riporta al libro del mio amico Antonello Cresti, Solchi Sperimentali Kraut, dove il kraut rock è sviscerato a tal punto da dovertene fare una ragione della sua esistenza. E se il viaggio continua con Erasure ora tutto si fa ancora più oscuro ed inquietante, così inquietante che ci sembra di cascare in un pozzo senza fine, trascinati da una forte presenza di giochi concentrici che solo la psiche può scatenare.

Un disco che a nostro avviso si manifesta piacevole e di facile assimilazione se si hanno ben presenti quelli che potrebbero essere considerati i padri putativi degli Hooveriii. Con Gone, il viaggio si chiude al rullo di tamburi, ma anche dal quasi lamento di una piacevolissima chitarra che entra in scena su sostegno di un basso per lasciare onde di puro magnetismo. Un gran bel disco, non c’è che dire.

Autore: Hooveriii Titolo Album: Water For The Frogs
Anno: 2021 Casa Discografica: The Reverberation Appreciation Society
Genere musicale: Rock Psichedelico Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/hooveriii/
Membri band:
Bert Hoover – chitarra, voce
Gabe Flores – chitarra, voce
Kaz Mirblouk – basso, synth
James Novick – synth
Casey Sullivan – voce, synth
Owen Barret – percussioni
Tracklist:
1. Cindy
2. Control
3. Hang ‘Em High
4. Shooting Star
5. We’re Both Lawyers
6. Erasure
7. Gone
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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06th Mag2021

The Underground Youth – The Falling

by Raffaele Astore
Lo shoegaze degli Underground Youth, tanto influenzato da una psichedelia che non solo è palpabile ma soprattutto la si ascolta in ogni piega degli otto brani di questo disco, giunge a noi in questo produttivo 2021 con il titolo di The Falling. Lo stile della band, nata tra Manchester e Berlino, ha già dalla sua il possesso delle atmosfere underground delle due città che influenzano il sound della band. Da una parte il rock dell’Inghilterra post-punk, dall’altra l’influenza del decadentismo rock berlinese che in una perfetta fusione, offrono un suono che viaggia tra quelle contaminazioni che vanno dal rock psichedelico allo shoegaze al post-punk al dark, una sorta di band primordiale alla Velvet Underground il cui suono appare scuro, rarefatto, ma piacevole e misterioso. E questa misteriosità sonora la si palpa in ogni brano di questo album che, o piace subito o non piace affatto. Qui non ci sono mezze vie, qui non ci sono scusanti; su tutto la voce di Craig Dyer e l’essenzialità di una ritmica come quella di Olya Dyer che ricorda tanto quella della Maureen Tucker.

C’è di bello però che il sound di questo The Falling è sporco, ombroso, con pezzi come ad esempio Cabinet Of Curiosities in cui il post-punk acustico e un po’ strampalato come quello della vecchia mitteleuropa rock in cui interviene una effimera dose di psichedelia, giusto per salvaguardare l’integrità di un’idea geniale come lo è il mix musicale dei The Underground Youth. Tra i brani di questo piacevole prodotto Egyptian Queen ci colpisce per la sua delicatezza, strabordante, sensuale, palpabile mentre ancora più dentro l’epopea di un rock decadente e romantico è la chiusura di questo disco che, con Letter From A Young Lover, potrebbe essere il riflesso di quanto oggi stiamo vivendo sulla nostra pelle. Un pezzo fascinoso quanto retrò che dimostra quanto uno dei geni dei Velvet Underground andava predicando e cioè che per fare del buon rock bastano tre accordi. E qui, in Letter From A Young Lover dei The Underground Youth c’è tutto il sunto di quella perduta genialità che, personalmente, ho ritrovato solo in una produzione rock che si intitola Songs For Drella alla quale, Craig Dyer con questo The Falling sembra essersi ispirato. Sarà che i tempi non sono mai cambiati?

Autore: The Underground Youth Titolo Album: The Falling
Anno: 2021 Casa Discografica: Fuzz Club
Genere musicale: Rock Psichedelico, Shoegaze, Post-Punk Voto: 8
Tipo: CD Sito web:  https://www.facebook.com/TheUndergroundYouth
Membri band:
Craig Dyer – chitarra, voce
Leonard Kagee – chitarra
Max James – basso
Olya Dyer – tamburi
Tracklist:
1. The Falling
2. Vergiss Mich Nicht
3. Egyptian Queen
4. And I…
5. A Sorrowful Race
6. For You Are The One
7. Cabinet Of Curiosities
8. Letter From A Young Lover
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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20th Apr2021

Mt. Mountain – Centre

by Raffaele Astore
La clausura di questi giorni ci ha messo di fronte ad una “cosa” compiuta: l’ascolto di alcuni lavori che ci sono giunti e la continuazione delle nostre letture preferite di cui qui non ve ne parliamo per opportunità. Dicevamo, il fatto di dover star chiusi nel proprio territorio ci ha offerto la possibilità di dividerci con le cose che amiamo e tra queste, il ragionare su un album che è stato molto gradito. Devo essere sincero: di questa band forse ne avevo sentito parlare qualche volta ma non avevo mai avuto l’opportunità di un ascolto approfondito per cui eccomi qui a parlarvi di quest’album che potrebbe rientrare benissimo in quella cerchia di album psichedelici ascoltati, analizzati e poi graditi. Center è un album che si muove su linee psichedeliche che ci riportano indietro nel tempo, album che ha tanto di quel rock di base a Perth, in Australia, che il pensiero va subito ai conterranei King Gizzard & The Lizard Wizard che producono dischi come fossero noccioline. A quanto sembra l’Australia con le sue distese deserte ispira davvero momenti psichedelici, ma al di là di ispirazioni che frullano in testa in una giornata così, quello che ci interessa qui è la musica. In realtà quanto abbiamo ascoltato ci sembra provenire più da una jam, ma questo è probabilmente l’effetto delle registrazioni fatte in presa diretta come sempre più spesso sta avvenendo di questi tempi.

Sin dall’inizio del viaggio che gli MT. Mountain ci propongono, tutto riporta ad assaporare le fantastiche passeggiate lisergiche di una psichedelia che sa di altri tempi ed essendo questo in realtà un lavoro appena pubblicato ciò ci induce a dire quanto dicevamo qualche tempo fa con alcuni altri amici e cioè che siamo davanti ad un ritorno non solo di un progressive più maturo, ma anche di una psichedelia che con il tempo si è rinnovata. Centre è un album che muove tutti i crismi del rock psichedelico, con tocchi che rendono particolarmente piacevoli alcuni passaggi come ad esempio quelli contenuti in Hands Together o addirittura nei suoni più orientali contenuti in Dawn. Di sicuro in rapporto ai precedenti album, dei quali abbiamo ascoltato però solo alcune parti, non ci sembra che questo loro quarto lavoro sia diverso anzi, tra questi ed il loro esordio del 2016, Cosmos Terros, che abbiamo ascoltato per capirne il percorso, ci sembra che oltre ad una maturazione musicale ci sia anche l’acquisizione da parte della band di tanta padronanza in più con i generi che intorno alla psichedelia gironzolano, quali ad esempio il kraut anche se, sinceramente, il loro è diventato nel tempo un suono molto vicino allo space.

Che dire comunque di questo quarto disco? Che siamo alle solite, con alti e bassi siamo sul mercato e nulla più…forse se ci avessero messo un po’ più di impegno avrebbero potuto proporre una novità che, purtroppo, tale non è.

Autore: MT. Mountain Titolo Album: Centre
Anno: 2021 Casa Discografica: Fuzz Club Records
Genere musicale: Rock Psichedelico Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/mtmountainperth
Membri band:
Steve Bailey – voce
Derrick Treatch – chitarra
Glenn Palmer – chitarra
Brendan Shanley – basso
Thomas Cahill – percussioni
Tracklist:
1. Tassels
2. Hands Together
3. Dawn
4. The List
5. Two Minds
6. Aplomb
7. Peregrination
8. Second Home
9. Deluge
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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