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14th Apr2021

Pip Carter – The End From The Beginning Pt. 2

by Raffaele Astore
Se dall’inizio l’apertura è quella di un seguace della prima era pinkfloydiana con quei suoni da “viaggio” lisergico, anche in questa seconda parte di The End From The Beginning Pt. 2 (la parte 1 è stata da noi recensita a questa pagina) c’è tutto il sound della produzione psichedelica che ha sempre accompagnato il rock dei “viaggi”. Quello che qui possiamo notare con tanta convinzione è la dolcezza e la delicatezza dei pezzi che sono stati prodotti, brani che accompagnano con piacere ad un ascolto spensierato e gradevole. Era già successo con la prima parte di The End From The Beginning ma qui, in questa seconda uscita contemporanea, sembra come se tra la prima e la seconda parte si sia voluto marcare il sound prodotto, vale a dire il primo disco dedicato a passaggi più corposi mentre in questo si va verso dolcezze  più palpabili. Ed infatti dall’apertura con Sunlight In Her Eyes fino alla chiusura con Too More How è veramente gradevole ascoltare questo disco che conduce ad uno stato di rilassamento unico, quasi torpore di spensieratezza che oggi ci manca un po’ nella situazione in cui siamo.

Peccato per i tanti musicisti come Claudio Luppi (in arte Pip Carter) che producono bellezze sonore che non possiamo ascoltare, per ora, in quel formato live che a tutti manca. Siamo convinti però che alla produzione di così tanto materiale non si può rinunciare per diversi motivi, uno su tutti la qualità, la semplicità e la complessiva proposta di Pip Carter che si mantiene ancorato sulle idee della Pip Carter Lighter Maker che hanno contribuito a forgiare l’underground di base in quel di Modena.

Autore: Pip Carter Titolo Album: The End From The Beginning Pt. 2
Anno: 2021 Casa Discografica: Hey Man Records
Genere musicale: Rock Psichedelico Voto: 7
Tipo: CD Sito web:  https://pipcarter.wixsite.com/pipcarterpsychedelic
Membri band:
Pip Carter – voce, chitarra, basso, batteria, tastiere, sax, percussioni
Pier Luigi Lanzillotta – batteria
Carlo Moretti – basso
Henry Muller – tastiere
Stefano Perbellini – chitarra
Lenny Manfredi – chitarra
Tracklist:
1. Sunlight In Her Eyes
2. Tight Lipped Looser
3. Forgotten World
4. Hot Dog Heaven
5. I Hope No One
6. Nothing Really Matter
7. Here’s The Rain
8. Run To Nowhere
9. Too More How
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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11th Apr2021

Pip Carter – The End From The Beginning Pt. 1

by Raffaele Astore
Spensieratezza, psichedelia, una buona dose di underground ed il dado è tratto. Questo potrebbe essere il sunto per avere una descrizione completa del Pip Carter che dalla terra modenese ci proietta in un sound che ha il sapore di quella America di tanti anni fa, anche se poi la band gioca bene anche con elementi innovativi. E la propensione ad una musica dal chiaro sapore psichedelico non poteva essere diversamente considerato che Pip Carter era un vecchio amico d’infanzia di Syd Barrett al quale proprio la psichedelia deve tutto…o quasi. Ma veniamo a questo disco che, mantenendo il moniker della band, è ora tutto nelle mani di Claudio Luppi, un Luppi che fa tutto compresa la produzione, un disco che di diverso ha solo la nostalgia di un bel passato musicale dove l’incontro di diversi generi è alla base. Già con l’apertura affidata a Who’s Thath Girl si capisce che ci troveremo di fronte ad un disco che macina spensieratezza rock a tutto spiano, leggerezza confermata dalla successiva King Size che sembra avere il primo suono di certi “fenomeni dell’età del suono” come lo sono i Rolling. Anche Last Day si mantiene su soffuse toccate vicine a ballate di un passato che ritorna con tanta nostalgia. Con Please un grande blues rock ci viene offerto a tutto spiano quasi a rifocillarci di quanto di bello abbiamo fin qui ascoltato, un pezzo dolce e canonico che ripiega su atmosfere delicate che sinceramente piacciono.

Segue il rock’n’roll di It’s All For Me che non dispiace a questo punto del disco perché sembra di volare a colpi di “eco” e di svisate chitarristiche che non dispiacciono, mentre con Hard To Claim un po’ di english sound non guasta anzi, qui, l’ombra dei Blur sembra calare sul prodotto che a nostro avviso è davvero un buon prodotto anche se non saremo noi a dare a nessuno alcuno scettro. Ma il pezzo a noi è piaciuto davvero molto come tutto il disco che ha il piacevole sapore della buona musica. E non mancano i momenti in cui l’aria che si respira è proprio quella di un’America dove a cantare controvento c’è sempre un grande Neil Young capace di stravolgere le etichette con semplicità. Proprio come il Pip Carter della struggente I’m Coming Home che chiude il disco.

Autore: Pip Carter Titolo Album: The End From The Beginning Pt. 1
Anno: 2021 Casa Discografica: Hey Men Records
Genere musicale: Rock Psichedelico Voto: 7
Tipo: CD Sito web:  https://pipcarter.wixsite.com/pipcarterpsychedelic
Membri band:
Pip Carter – voce, chitarra, basso, batteria, tastiere, sax, percussioni
Pier Luigi Lanzillotta – batteria
Carlo Moretti – basso
Henry Muller – tastiere
Stefano Perbellini – chitarra
Lenny Manfredi – chitarra
Tracklist:
1. Who’s Thath Girl
2. King Size
3. Last Day
4. Please
5. It’s All For Me
6. Hard To Claim
7. Women Like Men
8. Buffalo Again
9. War
10. I’m Coming Home
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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22nd Mar2021

Japanese Ghost Army – Ok Laptop

by Marcello Zinno
Il duo Japanese Ghost Army si presenta con un EP che dal titolo suggerirebbe lande elettroniche e digitali, invece l’unione della chitarra e della batteria pesca dal rock classico, settantiano per suoni, sperimentale per attitudine. L’opener infatti mette subito in scena un certo rock psichedelico, non tanto per gli effetti utilizzati (la proposta è essenziale) bensì per il taglio compositivo, quasi math e relativamente intricato, fino all’ingresso di un basso fuzz e della distorsione che fanno esplodere il tutto; è proprio questa essenzialità che lascia immaginare qualcosa di più, una ricetta più articolata e che possa davvero stupire, infatti è solo quando anche il basso si unisce e i pattern divengono più complessi che esce fuori uno stile interessante. Un viaggio nell’introspezione e nel gioco musicale ha il nome di X-Emperor, brano interessante e a nostro parere punto cardine dell’EP.

Lo stile strumentale e per certi versi sperimentale di Ok Laptop è da levigare a nostro parere: le parti più rock vanno finalizzate in modo da giungere più incisive, i passaggi più complessi hanno bisogno di cornici che valorizzino questi estri (ad esempio in Alkaline Third le divagazioni sono piazzate lì, lasciate a loro stesse). Ma le idee ci sono e sono tante, ciò basta per spingerci a seguire le attività dei campani Japanese Ghost Army.

Autore: Japanese Ghost Army Titolo Album: OK Laptop
Anno: 2021 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Psichedelico, Alternative Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: japaneseghostarmy.bandcamp.com
Membri band:
Domenico Iorio – chitarra, voce
Ciro Rapicano Aiello – batteria, percussioni
Tracklist:
1. 22 Accent
2. (NTH)
3. X-Emperor
4. Alkaline Third

Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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19th Mar2021

Holy Monitor – Southern Lights

by Marcello Zinno
Arrivano dalla Grecia gli Holy Monitor e abbracciano una visione psichedelica del rock. Detto questo in molti immagineranno una di quelle band inconcludenti che si perde nella sperimentazione e in lunghi passaggi strumentali senza fine; invece il quintetto si trova esattamente agli antipodi di questa visione musicale. Gli Holy Monitor infatti hanno un grandissimo pregio, quello di usare la psichedelia ma allo stesso tempo di dare molta concretezza alla musica. Non a caso la tracce hanno delle strofe e dei ritornelli, una parte cantata comunque importante, e gli strumenti si fanno sentire; diciamo che il loro psychedelic rock è più figlio di un certo space rock ma che sa colpire deciso, regala quel sapore retrò (tastiere e suoni in generale) pur affascinando chi ha sete di rock. Noi ci troviamo anche alcuni insegnamenti blues, come la ripetitività di certe parti, i riff rotondi e un incedere semplice ma che non perde mordente; forse è proprio qui che i ragazzi potrebbero mettersi in gioco maggiormente, magari creando dei diversivi, delle incursioni fuori dal tracciato, stupire l’ascoltatore senza perdersi nella sperimentazione fine a se stessa. Ascoltando infatti brani come la title track, al netto del bridge strumentale che conduce fino alla fine della traccia e che piace, viene mostrato un approccio monolitico che si ripete spesso quasi fino allo sfinimento.

La resa finale è comunque affascinante: un rock suonato (provate a sentire solo il basso di The Sky Is Falling Down oppure il riff iniziale di Ocean Trail) che ha compostezza e spessore. In pratica provate a prendere i Blue Öyster Cult, fateli vivere in una comune appassionata di stoner e rhythm’n’blues: avrete gli Holy Monitor pronti a far esplodere gli amplificatori.

Autore: Holy Monitor Titolo Album: Southern Lights
Anno: 2021 Casa Discografica: Blackspin Records, Primitive Music
Genere musicale: Rock Psichedelico, Space Rock Voto: 7,5
Tipo: LP Sito web: https://www.facebook.com/holymonitor/
Membri band:
George Nikas – voce, chitarra
Stefanos Mitsis – chitarra
Alex Bolpasis – basso
Vangelis Mitsis – tastiere
Dimitris Doumouliakas – batteria
Tracklist:
1. River
2. Naked In The Rain
3. Blue Whale
4. Southern Lights
5. The Sky Is Falling Down
6. Hourglass
7. Ocean Trail
8. Under The Sea
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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14th Gen2021

Flavio Ferri – Testimone Di Passaggio

by Paolo Tocco
Scrivo di getto. Ci sono mille ragioni per non mollare la presa, non arrendersi a questo stato di cose superficiali e immensamente omologate su basi di follia becera (stupida, non romantica). Ci sono mille ragioni per continuare a desiderare il bello e a non giustificare il luogo comune. In I Nemici Della Musica, ultimo libro di Antonello Cresti, che devo ancora capire quanto io sia d’accordo o meno sul tutto, si dice una cosa meravigliosamente saggia: basta giustificare questo stato di cose con frasi di comodo del tipo “noi non abbiamo gli strumenti per capire i nuovi linguaggi dei giovani”… basta! Noi gli strumenti ce li abbiamo eccome. E questi nuovi linguaggi sono di una povertà che dovrebbe mettere paura solo a veder quanta stupida superficialità seminano e raccolgono in breve tempo. I nuovi teenager avvinghiati nelle trame di questo “nuovo mondo” che da pochissimo tempo abbiamo tirato su, mi fanno pena. E lo dico con amore e rispetto verso la loro immensa energia che – grazie alle altrettanto immense opportunità di oggi – potrebbe risolversi tutto in una bomba atomica pronta ad esplodere ogni giorno. E non solo i teenager sia chiaro. Ci sono cinquantenni rimbecilliti più dei loro nipoti. E invece, non per colpa loro e contro ogni loro coscienza e consapevolezza (sia chiaro!), sono sottilmente ed invisibilmente ridotti a questo pattume di superficiale ignoranza. Lo capiamo benissimo noi altri. E, riprendendo i concetti di Cresti, trovo che un gesto salvifico o quantomeno rispettoso per il loro bene, sia denunciarlo a gran voce. Almeno questo possiamo farlo. Oggi, il nuovo linguaggio musicale dei giovani, che poi diviene anche il nuovo linguaggio di vita quotidiana, fa davvero paura per la sua povertà. Agli artisti, se vogliono protestare, chiedo un linguaggio alto.

Detto questo ci sono mille ragioni per non mollare la presa. Ed una la capisco ogni volta che guardo casa mia priva di televisione, radio e finestre a portata di centri commerciali. Fuori dal mondo? Sì, quanto basta per far buoni i polmoni. Ascolto vinili, mi siedo, blocco il mio tempo e respiro cose. Sono un partigiano non un coglione. Testimoniare il passaggio per Flavio Ferri – secondo me – significa anche e soprattutto questo. Nella follia (romantica questa volta) che usa nel deformare i suoni, nel rompere le abitudini, nel nascondere voci che neanche avrei mai sentito, nello straziare la forma. Testimone Di Passaggio è un disco visual, PARTIGIANO, che i dormienti inebetiti di oggi neanche hanno gli strumenti per ascoltarlo, figuriamoci di capirlo. E loro sì che non hanno strumenti. A questo disco ho dedicato molto spazio anche nella mia nuova piccola radio – Radio Terapia. Lo conosco bene tanto da riascoltarlo quando sento che il tempo ne ha bisogno. Perché di dischi così ferrosi, così di rottura, così privi di abitudini e di simbologie sistemiche, il tempo ne ha sempre bisogno…l’uomo in prima battuta ne ha bisogno. Flavio Ferri testimonia il suo passaggio denunciando che la verità è come ferro fuso, rovente, parla dell’odio, di burattini, di canzoni, di segreti, di convenzioni comode.

Non si racconta questo disco distorto e lisergico fatto da non-canzoni, fatto di declamazioni, di liriche figurative scritte da Luca Raganin, dove il tutto non ha forme comode e non si può certo catalogare con etichette che i più omologati direbbero di post-industrial o robe simili. E per questo invito a non mettere etichette all’album. Il suono si cementa dentro, se abbiamo coscienza. Tutto il resto sono chiacchiere per i colletti bianchi di qualsivoglia girone organizzato dell’umana condizione. Testimone Di Passaggio è parte di quella scellerata follia (alta questa volta) che io riconosco in artisti degni di stima e di encomio per la loro guerra, quotidianamente partigiana. Ascoltatelo questo disco. Non per gusto o per moda. Ma per bisogno.

Autore: Flavio Ferri Titolo Album: Testimone Di Passaggio
Anno: 2020 Casa Discografica: Vrec label
Genere musicale: Psichedelia Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/FlavioFerriProducer
Membri band:
Flavio Ferri
Tracklist:
1. Beckett
2. Bambina Da Canzone
3. Le Verità Roventi
4. Moderna
5. Houdini
6. Testimone Di Passaggio
7. Odo
8. Ligeti
9. Scoppio Di Oppio
10. Xfiles
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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29th Set2020

Khadavra – Hypnagogia

by Raffaele Astore
I Khadavra sono una band proveniente dalla Svezia, e precisamente da Goteborg. La loro è una storia che con il disco di esordio, A True Image Of The Infinite, li catapulta direttamente nell’underground, un disco che secondo la mia opinione personale, vale la pena di ascoltare anche per capire il percorso che i Khadavra stanno attualmente compiendo. Così accade che nel 2019, a ben cinque anni dall’esordio, gli svedesi si ripresentano al pubblico con questa nuova produzione, Hypnagogia, che ricalca in parte alcuni passaggi del precedente lavoro anche se qui è marcatamente ascoltabile una accresciuta maturità. Le sonorità di cui è intriso Hypnagogia viaggiano tra psichedelia ed un progressive non marcato che non manca, comunque, di fare il suo effetto nella linearità delle composizioni. In alcuni passaggi fanno ricordare anche il sound delle Orme e comunque la loro è una padronanza di idee alcune volte originali, altre volte un po’ meno. La presenza del mellotron poi la dice tutta anche su queste nostre osservazioni, così come gli incastri del basso nelle varie composizioni che insieme alle tastiere rendono il lavoro piacevole e, come dicevamo prima, maturo.

Nonostante ciò si possono comunque intravedere le influenze che marcano la band soprattutto se definiamo il loro come un rock in bilico tra progressive ed un post-rock psichedelico, insomma un sapiente miscuglio di Pink Floyd, Genesis, Opeth, Tool. Sarà un caso? Non ci è dato saperlo ma l’uso così disciplinato degli strumenti ci mette (e non è un caso considerato che anche loro sono svedesi) nelle condizioni di chiederci quanta affinità c’è con i gruppi che abbiamo menzionato prima. La musica poi si divide bene tra passaggi fantastici capaci di pescare anche nel rock gotico, ma sempre con la necessaria leggerezza.

E comunque i Khadavra sono una band dalla quale non bisognerà distogliere tanto facilmente lo sguardo perché, come con Hypnagogia hanno dimostrato, rispetto all’esordio con A True Image Of The Infinite una notevole crescita. Sarà difficile in futuro trovarsi di fronte ad una sorta di blocco musicale e creativo perché i Khadavra hanno finora dimostrato di voler solo crescere. Lo dimostrano brani come Dissolve e Tryptophan.

Autore: Khadavra Titolo Album: Hypnagogia
Anno: 2019 Casa Discografica: Black Widow Records
Genere musicale: Psichedelia, Progressive Rock Voto: 7
Tipo: mp3 Sito: https://www.facebook.com/khadavra
Membri band:
Sebastian Eriksson – chitarra, sitar, didgeridoo, voce
Nils Erichson – tastiere, organo da chiesa, pianoforte, chitarra, voce
Jón Klintö – basso, corno francese
Alexander Eriksson – batteria, percussioni, marimba, voce
Tracklist:
1. Horisontens_Himlavalv
2. Down_The_Rabbithole
3. Dissolve
4. Mordangel
5. Tryptophan
6. Kollektiv
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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28th Set2020

Invisible Wave – Stay Safe

by Marcello Zinno
Gli Invisible Wave si presentano con un EP tutt’altro che unidirezionale. I primi 20 secondi di Stay Safe (anche titolo dell’album) sembrano estratti da un album di Nick Cave, ma non è esattamente quello l’habitat dei Nostri: gli IW si muovono tendenzialmente in maniera agiata tra un rock ricercato e psichedelico e un altro molto più orecchiabile che li tramuta in un animale radiofonico. Nel primo contesto citiamo Out Of The Comfort Zone, un rock languido e che non intende mordere, molto british nel suo stile; da apprezzare anche l’intermezzo e poi la ripartenza, costruita molto bene per regalare quel giusto pathos prima di una carica elettrica. Nel secondo loro profilo musicale invece va inserita Call My Name, di ispirazione anni 80, brano che con le sue tastiere si presenta per essere perfetto per le playlist da ballad o da musica leggera. In mezzo a questi due animi si colloca Fake News, un brano che ha sicuramente più carattere e che gioca in maniera più trasversale con la musica, sapendo urlare un messaggio preciso legato alla comunicazione ma in una veste sicuramente più decisa rispetto alle altre tracce, il che è coerente con il messaggio stesso.

È con Moments Of Real Life che sembrano comparire gli echi di band come U2 ma gli Invisible Wave hanno le potenzialità per creare una musica artisticamente più spessa, questo lo percepiamo e ciò ci incuriosisce riguardo un loro futuro album. Nel complesso quindi Stay Safe è un EP affascinante, che esce dai canoni tipici del rock per donarci una veste ricercata, sì melodica ma non per questo banale.

Autore: Invisible Wave Titolo Album: Stay Safe
Anno: 2020 Casa Discografica: New Model Label
Genere musicale: Rock Psichedelico, Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.invisiblewave.it
Membri band:
Guido Tonizzo – voce, tastierista, synth
Cristina Spadotto – chitarrista
Stefania Della Savia – basso, synth, voce
Alberto Zenarolla – batteria
Tracklist:
1. Stay Safe
2. Call My Name
3. Fake News
4. Out Of The Comfort Zone
5. Moments Of Real Life
6. Invisible Presence
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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23rd Set2020

Richard’s Orchestra – Nothing Nothing

by Raffaele Astore
Già dall’avvio di Nothing Nothing, ultima produzione realizzata dalla Richard’s Orchestra sembra di essere all’ascolto di uno dei brani del compianto Chris Cornell che ha, probabilmente, influenzato anche alcuni modi compositivi di questa giovane band che vanta, dalla sua, creatività e musicalità. Ed infatti, proprio il pezzo di apertura, You Cant Hear Me ha proprio atmosfere dell’ultimo Cornell, ma quella e tutta un’altra storia. Con il successivo Bare Lake scopriamo che le vellutate note proposte qui ci proiettano, come già accaduto con il pezzo di apertura, in una produzione tutta psichedelica anzi di psichedelia da vecchi tempi vissuti a suon di vinili che ora ritornano. Piacevole come il pezzo di apertura capiamo che ormai dobbiamo aspettarci immersione totale nella musica liquida che più ci piace e questo almeno per i prossimi otto brani. Passati dalla formazione a tre a quella attuale a cinque, i Richard’s Orchestra hanno arricchito anche la loro forma canzone che naviga in diversi generi con la grande capacità di saperli fondere per creare poi una struttura propria. Ed è questa loro capacità che oltre a farli diventare grandi li ha portati a partecipare all’IPO Festival di Liverpool.

La Richard’s Orchestra continua a farsi sentire anche con Out Of My Shell che, personalmente, ci richiama alla mente passaggi del tanto amato Jeff Buckley, mentre con Nothing Nothing, se ce ne fosse bisogno, giunge quel segno di maturità profonda di questa band emiliana che ha fatto bene ad ampliarsi nella formazione per un sound più compatto e deciso. Poi il giungere di Amazing Sunrise ci ricorda che questo è il singolo estratto dall’album nonché il pezzo sul quale è stato realizzato il video promozionale dell’intero lavoro. Ed è giusto quando i Richard’s scrivono nel loro comunicato stampa che la loro è una fluida psichedelia pop che pulsa per 50 minuti: suggestioni astrali da gustare in solitaria, per perdersi nella propria orbita personale. E guardate che se mi sono perso anch’io, abituato come sono ad ascolti psichedelici e progressive, è davvero tutto. Con la successiva Too Early invece ritorna alla mente una mitica band del 1966, i Blues Magoos che colpirono con il loro Psychedelic Lollipop e che, ancora oggi sembrano affascinare come ci prende tutto quest’album dei Richard’s Orchestra. Ed i segni di questi colpi sono tutti lì, come il brano The Lover un vero e proprio classico psichedelico.

Guardate, nel periodo della psichedelia spesso si accomunava la musica prodotta alle visioni procurate dall’assunzione di LSD, ebbene sia altre band dell’epoca, e per i nostri giorni, lo dimostrano questi ragazzi emiliani dei Richard’s Orchestra che hanno stoffa da vendere, non c’è bisogno qui di assumere nulla, anzi, basta chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Non ci spingiamo mai nei nostri commenti, ci limitiamo a recensire quanto nelle nostre orecchie entra, ma il cervello ci dice che questa band ha stoffa, tanta. E se, quasi a chiusura dell’album, con She’s Fine sembra di trovarsi davvero al Cavern o in un improvvisato concerto elettrico ad Hyde Park, dopo la frenetica The Spark la chiusura in grande spolvero che tocca a Whale’s Poem diventa la ciliegina sulla torta di questo interessante e piacevole Nothing Nothing della Richard’s Orchestra.

Autore: Richard’s Orchestra Titolo Album: Nothing Nothing
Anno: 2020 Casa Discografica: Seahorse Recordings
Genere musicale: Psichedelia Voto: 7
Tipo: CD Sito: https://www.facebook.com/RichardsOrchestra
Membri band:
Ivan “King” Torelli
Alessandro Corradi
Enrico Torreggiani
Dan Cavalca
Alessandro Bertolotti
Tracklist:
1. You Cant Hear Me
2. Bare Lake
3. Out Of My Shell
4. Amazing Sunrise
5. Too Early
6. Gimme Sunshine
7. The Lover
8. She’s Fine
9. The Spark
10. Whale’s Poem
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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12th Set2020

23 And Beyond The Infinite – Elevation To The Misery

by Simone Rossetti
Benevento è una ridente cittadina del sud Italia, per raggiungerla le sue coordinate sono 41°08’N 14°47’E; va bene, non sarà stata la città natale di personaggi famosi del calibro di Martin Luther King o John Lee Hooker ma se non altro da oggi potrà celebrare tra i suoi figliol prodighi questi 23 And Beyond The Infinite che con l’album in questione dimostrano che è possibile “musicalmente” osare e proporre qualcosa di diverso che non sia il solito pensiero plasticizzato (e pubblicizzato), e credeteci, nell’attuale panorama nostrano non è poco. Formatisi nel 2012 rilasciano l’anno successivo un primo EP, Dumbo Gets Drunk e nel 2014 il loro primo album Faces From The Ancient Gallery seguito da Loath: Insane Mind Festival del 2016 ed infine per arrivare ai giorni nostri, questo ultimissimo Elevation To The Misery del 2020; un album suonato e registrato ottimamente (suoni grassi e sporchi ma abbastanza definiti), testi in inglese che sembrano aver trovato una loro collocazione naturale, l’unica perplessità che ci sentiamo di evidenziare riguarda l’uso dell’effettistica che purtroppo in alcune tracce va ad appesantire inutilmente l’ascolto, ma trattasi appunto di una “sensazione” ovviamente non per forza condivisibile. Nella prima traccia Brave New World questa “pesantezza” la si percepisce in modo particolare, ma in Playhouse già risulta meno invadente, è un bel pezzo tirato al punto giusto tra dissonanze e feedback, un misto tra garage funk ed un jazz rock ad alto tasso alcolico, ma forse la traccia che riassume meglio le coordinate stilistiche di questo album è It Is What It Is, un mid tempo dalle melodie psichedeliche e malsane, riverberi di settantiana memoria e divagazioni di stampo free jazz, un brano dalle grandi potenzialità in sede live

Segue Magnetic Glance dai toni più morbidi, un pezzo che non si mette a fuoco subito e lascia un pò disorientati ma vi assicuriamo che ha grandi qualità (un bel refrain ed un crescendo di buona intensità); una cosa che si può intuire da queste prime tracce è che questa dimensione (da studio) gli vada un pò stretta, come volersi infilare dei pantaloni taglia 48 quando in realtà avremmo bisogno di una 54 (il buono non si deve contenere); si prosegue comunque con Pendejo altro pezzo con un buon intro funky che poi si perde un pò appesantendosi inutilmente ma le carte buone ci sono tutte e verranno fuori nel finale; si torna a pestare duro con That Pig Was Right, strutturalmente altalenante passa da momenti più soft ad altri più caotici, difficile “centrarla” ad un primo ascolto ma l’impatto è puro rock; un’altra bella traccia è A Mild Lie, atmosfere giuste, chitarre dissonanti, un buon ritmo e la voglia di andare oltre anche con il rischio di perdersi; a chiudere questo lavoro ci pensa Las Vegas, pezzo altamente psichedelico e pulsante di humus nero, qualcosa di perverso che affiora dall’oscurità ma stenta a rivelarsi.

Autore: 23 And Beyond The Infinite Titolo Album: Elevation To The Misery
Anno: 2020 Casa Discografica: Dirty Beach, I Dischi Del Minollo, All Will Be Well Records, Aumega Project
Genere musicale: Psychedelic Rock Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/23AndBeyondTheInfinite
Membri band: Vincenzo Concia – voce, chitarra, synth Cosimo Boscaino – voce, basso, chitarra Gianluca Timoteo – batteria, percussioni Alessio Del Donno – voce, chitarra, basso Tracklist:
1. Brave New World
2. Playhouse
3. It Is What It Is
4. Magnetic Glance
5. Pendejo
6. That Pig Was Right
7. A Mild Lie
8. Las Vegas
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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30th Ago2020

Holy Monitor – This Desert Land

by Marcello Zinno
E per dimostrare che ogni Paese ha la propria scena musicale arrivano dalla Grecia gli Holy Monitor che in verità sono alla loro terza fatica seppur nel caso di This Desert Land si tratti di un EP di 4 tracce, al contrario dei due precedenti full-lenght. Questo quintetto ci sposta di peso nei seventies, con il suo sapore profondamente psichedelico ma senza rinunciare a marciate elettriche in cui la chitarra sa il fatto suo. Tempi lenti, batteria poco incisiva che lascia spazio alle melodie amplificate delle due chitarre (ben amalgamate tra loro) e della tastiera che in brani come la titletrack conferisce quel sapore fortemente psych. Tutto il marchio di fabbrica di questa band è qui, non vi aspettate passaggi stravaganti o sperimentazioni, non è quello che intendono fare gli Holy Monitor, piuttosto il potere (e ce l’hanno tutto) di farvi viaggiare in un’altra epoca (passata) con un sound pieno di polvere ma consapevolmente affascinante. Sicuramente un’arma a doppio taglio perché ascoltare pezzi come Bloodworm per alcuni potrebbe essere una sfida stancante, sempre sul filo, in attesa di un cambio di rotta che non arriverà mai (va già meglio con Radiant Child che resta sui 3 minuti), ma loro sono così.

Gli Holy Monitor negli anni 90 con qualche bel videoclip avrebbero spaccato in TV, eppure la loro musica è in grado di funzionare ancora oggi, la conferma che il loro stile è davvero senza tempo.

Autore: Holy Monitor Titolo Album: This Desert Land
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Psichedelico Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/holymonitor/
Membri band:
Stefanos Mitsis – chitarra
George Nikas – voce, chitarra
Alex Bolpasis – basso
Vangelis Mitsis – tastiere
Dimitris Doumouliakas – batteria
Tracklist:
1. This Desert Land
2. Summer Of Thorns
3. Bloodworm
4. Radiant Child
Category : Recensioni
Tags : Psichedelia
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