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12th Gen2021

Bag Of Snacks – Paper Girls

by Marcello Zinno
Esordio per i Bad Of Snacks, formazione nata da membri di altre line-up punk rock e che esce qui esclusivamente in vinile. 12 brani per 15 minuti di punk rock più o meno accelerato (brani compatti ma soprattutto pezzi molto veloci come la convulsiva I Do, I Can, I Wonder o come Kerry Kross) che però spazia in quanto ad influenze: Sing-A-Long Miho ci riporta a certo proto punk delle origini (le lezioni di Iggy arrivano fino ad oggi), mentre Blondie Sprint richiama certo punk rock novantiano con gli spigoli arrotondati. Paper Girls è un album che ascoltato in cuffia fa godere solo a metà, in realtà è l’ambito live che può trasmettere il vero valore di questo lavoro, il quale, forse per compensare questo “punto debole”, viene dato alle stampe in vinile con un lato B serigrafato dal fumettista Delicatessen (anche perché l’album stesso è ispirato alle eroine del fumetto erotico).

Bella prova, sicuramente rispecchia i canoni del punk rock più incline ad omaggiare le radici punk, così come dovrebbe essere.

Autore: Bag Of Snacks Titolo Album: Paper Girls
Anno: 2020 Casa Discografica: TAC Records, Flamingo Records, ROF Distro Records, Little Mafia Records, SFA Records
Genere musicale: Punk’N’Roll, Punk Rock Voto: 7
Tipo: Vinile Sito web: n.d.
Membri band:
Paolo Merenda
Denny
Rudelph
Tracklist:
1. Bionika
2. Paper Girls
3. Gesebel
4. I Do, I Can, I Wonder
5. Sing-A-Long Miho
6. Come On!
7. Marny Bannister
8. Blondie Sprint
9. Tippy Conte
10. Kerry Kross
11. Kitty Luger
12. Love Song
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Punk
0 Comm
20th Mag2020

Milksnake – The Real Eye Of God

by Federico Fondrini
Piacevolissima novità questo album dei bolognesi Milksnake, un power trio incredibilmente cattivo e potente, che ci propone otto tracce infuocate, forsennate, cocenti. Il loro punk/rock’n’roll sfocia molto spesso in un hardcore sporco e ruvido, la voce pazzesca della frontwoman Giuzu è sorretta da un groove concitato e sempre al massimo dei giri. Una grinta che non può lasciare indifferente nemmeno l’ascoltatore più distaccato e pacato. La loro grande esperienza maturata sui palchi di tutto il nord Italia li ha resi pragmaticamente incisivi, e quello che percepiamo nell’ascolto di queste tracce è sicuramente una grande voglia di aggredire il pubblico con un muro sonoro compatto e diretto. Il songwriting è semplice e scarno, veicolato al solo scopo di far saltare e pogare il pubblico, gli assoli di chitarra sono veloci, non sempre precisi nell’esecuzione e un tantino naif, curati il minimo indispensabile per far vibrare il petto. Pochi fronzoli e pochissimi tecnicismi, solo un gran martellare punk di quelli che tanto ci piacciono, soprattutto quando siamo sotto il palco, e i Milksnake sembrano nati per questo. Un power trio poco avvezzo alle sessioni di studio (lo dimostra il fatto che Real Eye Of God è il primo lavoro dopo dieci anni di attività) ma incredibilmente efficace dal vivo.

L’ascolto degli otto brani rimane comunque davvero molto piacevole, le tracce scorrono via con grande fluidità, senza momenti di incertezza o cali di ritmo. The Real Eye Of God non è una perla da studio, non vi sono al suo interno particolari “genialate” o idee compositive che valga la pena ricordare, solo un ruvido punk hardcore cazzuto, suonato in modo sporco e aggressivo. Ascoltando questo album possiamo sentire il sudore della gente che poga attorno a noi, e in questi tempi di pandemia mondiale, non c’è niente che ci manchi più di questo.

Autore: Milksnake Titolo Album: The Real Eye Of God
Anno: 2020 Casa Discografica: Records DK
Genere musicale: Punk, Hardcore Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/milksnakeband
Membri band:
Giuzu – voce, basso
Davide – chitarra
Hari – batteria
Tracklist:
1. Freak
2. Real Eye Of God
3. Kelevra
4. Cocaine
5. No Regrets
6. Young Generation
7. R U Ready
8. What About Me
Category : Recensioni
Tags : Punk
1 Comm
20th Mag2020

X – Los Angeles

by Simone Rossetti
1980. Le date sono importanti se si vuole contestualizzare un album (o una qualsiasi opera d’arte) all’interno di un preciso momento storico anziché limitarsi ad un semplice ascolto magari appagante per l’orecchio ma non per l’anima; intendiamoci, l’album in questione non è né il migliore né il capolavoro degli X (saranno i due successivi album Wild Gift e Under The Big Black Sun a contendersi tale podio) quindi perché parlarne? Ci siamo chiesti che senso avrebbe avuto parlare di un capolavoro quando tutti sanno che è un capolavoro (e come tale lo conoscono), ma volevam partire dall’inizio, più precisamente da qualche anno prima. Gli X si formano in quel di Los Angeles, siamo nel 1977, momento catartico per il punk di matrice inglese che ovviamente sbarcherà anche in America, ma anziché fossilizzarsi in certi stilemi predefiniti qui vi arriverà per “vie traverse” intercettando le più disparate urgenze espressive di una generazione volutamente orfana del flower power. Gli X di Exene Cervenka (voce) e John Doe (basso e voce) a cui si aggiungono Billy Zoom (chitarra) e D.J.Bonebrake (batteria) sono tutto questo, un salto nel buio di una Los Angeles che di angelico ha ben poco, un proto punk / new wave a tinte dark imbevuto di rock’n’roll anni 50.

Ed arriviamo al 1980, album pubblicato per la Slash Records e prodotto da un certo Ray Manzarek (Doors) il quale presterà la sua tastiera anche ad alcuni brani in scaletta, ovviamente ebbe un basso riscontro di vendite, ma è con questo album seminale che verranno gettate le basi che poi influenzeranno una moltitudine di gruppi a venire ed un intero movimento generazionale. Il lato A si apre con Your Phone’s Off the Hook, But You’re Not un classico punk’n’roll non imprescindibile, scorre piacevolmente ma non si sente ancora quella simbiosi armonico melodica che farà la differenza e che già dal secondo brano Johny Hit And Run Paulene se ne intuiranno le potenzialità; Soul Kitchen è una cover dei Doors, straniante e per me straniante vuol dire bella, ma ecco arrivare la prima gemma, Nausea, un tappeto sonoro dark wave, i ritmi rallentano, il cantato declamatorio di Cervenka entra in unione perfetta con i suoni che si dilatano su tappeti di tastiere e una ritmica marziale a scandire il tempo, stupenda. Con Sugarlight si torna ad un classico rock’n’roll, pezzo comunque notevole ma sarà la traccia ad aprire il lato B (e che darà il nome all’album) il vero capolavoro: Los Angeles che dire, poesia in musica, alienazione e solitudine, non è una città per gli angeli, non è un mondo per gli angeli.

Sex And Dying In High Society torna su ritmi più sostenuti, si contrae per esplodere nel refrain, davvero bella; The Unheard Music appiccicosa e sensuale, The World’s a Mess, It’s in My Kiss chiude l’album, un rock’n’roll urbano e sferragliante con in primo piano le tastiere di Manzarek. E siamo arrivati alla fine. Un ultima considerazione, gli X e questa musica sono imprescindibili dalla voce di Exene Cervenka, è lei la sirena notturna di questa città, di queste storie che ci raccontano di sesso, droga, morte, ma anche riscatto (quando possibile). Dategli un ascolto o ancora meglio procuratevi il vinile, è cibo per l’anima.

Autore: X Titolo Album: Los Angeles
Anno: 1980 Casa Discografica: Slash Records
Genere musicale: Punk Voto: 8,5
Tipo: LP Sito web: www.xtheband.com
Membri band:
Exene Cervenka – voce
John Doe – basso, voce
Billy Zoom – chitarra
D.J. Bonebrake – batteria
Ray Manzarek – tastiere
Tracklist:
Lato A
1. Your Phone’s Off the Hook, But You’re Not
2. Johny Hit And Run Paulene
3. Soul Kitchen(The Doors)
4. Nausea
5. Sugarlight
Lato B
6. Los Angeles
7. Sex And Dying in High Society
8. The Unheard Music
9. The World’s A Mess, It’s In My Kiss
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Punk
0 Comm
08th Dic2019

Debunk – Doped Life

by Marcello Zinno
Alcuni ex membri di Raw Power e Los Fastidios si ritrovano un bel po’ di anni fa e decidono di unirsi all’insegna della musica come da sempre l’hanno proposta. Eppure solo nel 2017 il progetto prende forma concreta e dopo qualche EP arriva Doped Life, il primo full-lenght della band. Chi conosce le band citate sa già cosa aspettarsi e bisogna dire che la ricetta non esce molto fuori da quelle coordinate, per tutti gli altri possiamo descriverla come un insieme di soluzioni punk arricchite da un incedere che spesso abbraccia l’hardcore e da testi in inglese che sanno tanto di punk (anche se noi li avremo preferiti in italiano) in quanto a messaggi. Brani tiratissimi, durate molto risicate (l’album tocca i 27 minuti per 12 tracce) ma tanta, tanta energia, cori da cantare in sede live e riff come se non ci fosse un domani. Questi ultimi rappresentano più di tutto l’elemento che ci ha stupito dei Debunk, perché se le strutture sono tipicamente punk, l’uso che si fa dello strumento, il suono, la sensazione di riffing che viene sprigionata spesso ci ricorda lande metal e questo non fa che piacerci perché aggiunge un po’ di sale alla proposta e la discosta parzialmente dalla affollata scena punk internazionale. Provate ad ascoltare What A Shame e immaginarvela in un contesto metal, sicuramente farebbe la sua degna figura; i testi invece ci confermano la provenienza dal mondo del punk, ancorati (ed è giusto che sia così) a messaggi sociali e di vita di tutti i giorni.

I passaggi più interessanti, oltre la già citata What A Shame, sono Accept Your Idea, l’opener You’ll Get Me Down e You’ll Not Survive che parla di quanto stiamo portando questo mondo all’estinzione e dovrebbe essere l’inno dell’epoca che stiamo vivendo. Poi ci sono altri ottimi brani che richiamano le radici punk del combo come New Day o Problem Drink, quest’ultima dal tenue sapore irish, ed infine una copertina assolutamente degna di essere chiamata tale. Doped Life è un album che soddisferà non solo i fan del punk della prima ora ma anche chi cerca qualcosa di diverso all’interno di questo genere.

Autore: Debunk Titolo Album: Doped Life
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Punk, Hardcore Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/debunkhc/
Membri band:
Korra – chitarra, voce
Massa – basso, voce
Berta – batteria
Tracklist:
1. You’ll Get Me Down
2. Flower Power
3. Stay With You
4. Doped Life
5. Accept Your Idea
6. What A Shame
7. Your Mother Is A Slut
8. New Day
9. I Want To Be Free
10. Problem Drink
11. Only Girl
12. You’ll Not Survive
Category : Recensioni
Tags : Punk
0 Comm
26th Set2019

TheANTiANTi – TheANTiANTi

by Sara Fabrizi
TheANTiANTi è l’omonimo album di una band garage/post-punk attiva a Frosinone fra il 1987 e il 1991. Si collocava nel gran fermento musicale dell’epoca dove nella provincia ciociara si suonava di brutto, con una miriade di garage band che si ispiravano al Great Complotto di Pordenone, un movimento artistico/musicale nato nel ’76 sotto la spinta del punk inglese ed americano, e noto per la sua assoluta indipendenza dalle altre scene punk e new wave esistenti in Italia nello stesso periodo. In questo contesto di fervore rock tre amici, Roberto, Alessandro e Phil (inglese e non ciociaro), provenienti da diverse esperienze musicali e culturali, iniziano a provare, comporre e suonare dal vivo. Sembra di vederli questi tre ragazzi entusiasti che nell’officina dove hanno mosso i primi passi mettono in parole e musica il fuoco punk che li anima. Avevano vissuto le tensioni e l’impegno degli anni ’70 e la lunga scia propagatasi anche negli 80s. Forti del loro background e della voglia di dire la propria, di aggiungere un tassello alla narrazione rock che è il cuore pulsante della musica moderna. Trasponendo storie personali, introspezioni, temi di attualità scottanti e difficili e desiderio di mettere tutto a ferro e fuoco.

Frutto di tutto ciò furono 12 tracce che di recente, a partire da febbraio 2019, sono state rimasterizzate in formato analogico presso il VDSS Recording Studio di Filippo Strang. Dopo 30 anni, per iniziativa di Alessandro coadiuvato da Phil, si decide di rispolverare un disco quanto mai attuale per energia e tematiche e di riportarlo alla luce in CD, musicassette e digital streaming. Sfruttando le nuove tecnologie e i nuovi canali di diffusione, insieme a quelli vecchi, rimasterizzando in uno studio all’avanguardia ma riproducendo l’autenticità del caro (mai obsoleto) suono analogico. Quello che ci troviamo fra le mani è un disco vintage ed attuale al contempo. Il perfetto esempio di come certe sensibilità musicali siano semplicemente al di fuori dello spazio e del tempo, stagliandosi nell’orizzonte del timeless. Io a questa portata universalizzante della musica e del rock credo fermamente e TheANTiANTi me ne ha dato ulteriore conferma. Dai brani più distruttivi e irriverenti (Anti, Fascist Pope, The King Is Dead) a quelli più di denuncia (Keep In The Family) a quelli più intimi e dolorosi (Alone, Duncan) sentiamo la vicinanza di questa musica, il suo ritmo ci entra nelle vene, ci investe di forza, di voglia di reagire, di rabbia, di bisogno di riflettere.

Tutta l’eredità del punk classico (inglese e americano) raccolta in un disco italiano e ciociaro che suona inglese ed universale. Se dovessi eleggere un brano emblematico dell’intero album sceglierei England My England, perché è dissacrante, arrabbiatissimo, ribelle, autentico. Quel ritornello che suona come un mantra o una domanda retorica “England, my England, were you ever really mine? England, my England, were you ever really mine?” Ed è anche prepotentemente attuale.

Autore: TheANTiANTi Titolo Album: TheANTiANTi
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Punk, Garage, Post-punk Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/TheANTiANTi/
Membri band:
Robby Longriver – chitarra
Philip N. Stevens – voce
Alex Wall – basso
Dr. Gaverder – batteria
Tracklist:
1. Anti
2. Gonna Plant
3. Fascist Pope
4. Vendetta
5. Duncan
6. Keep In The Family
7. Bunker Bop
8. England My England
9. You By My Side
10. Masquerade
11. The King Is Dead
12. Alone
Category : Recensioni
Tags : Punk
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24th Set2019

Iggy And The Stooges – Raw Power

by Federico Fondrini
Raw Power è un album del 1973, registrato negli studi londinesi della CBS. Un album che non ha avuto vita facile, soprattutto nei primi anni dopo la pubblicazione, ma che con il tempo è stato largamente rivalutato e ad oggi considerato fondamentale nello sviluppo di quel movimento giovanile e di protesta, che prenderà solo in seguito il nome di “punk”. A seguito dello scioglimento degli Stooges, coadiuvato dall’abbondante uso di droghe di gran parte della formazione, Iggy venne lungamente corteggiato da David Bowie, che lo convinse a cercare nuova fortuna in terra inglese. Dopo un breve periodo di ricerche, Iggy richiamò a sé l’intera band degli Stooges e nel giro di pochi mesi presentarono al mondo la loro “potenza selvaggia”. Il titolo di questo album descrive in modo perfetto quella che è l’essenza di Iggy e della sua band. Una energia primordiale, nuda e cruda, priva di raffinatezze o fronzoli stilistici. Talvolta un po’ naif e minimale, soprattutto nei pezzi più blues, ma sempre grintosa e viscerale. L’apertura di questo album è affidata ad un brano che ha fatto la fortuna della carriera di Iggy. Search And Destroy è un piccolo gioiello. Riff di chitarra sporco e rude che fa da preludio al tema solista, una chitarra graffiante e serpeggiante che penetra nelle nostre orecchie senza chiedere permesso. Una miscela di ruvidezza e potenza, reso immortale dalla voce a tratti sensuale dell’Iguana del rock.

Your Pretty Face Is Going To Hell è con ogni probabilità uno dei nostri brani preferiti di questo album. Un pezzo rock’n’roll molto veloce e d’impatto, in cui la magnetica voce di Iggy gioca con la chitarra solista, creando grande dinamismo. Tutta la grinta e la cattiveria degli Stooges sono largamente in mostra in questo brano davvero ben riuscito. Anche la titletrack Raw Power riesce a impressionare già al primo ascolto, grazie anche a una struttura molto semplice e minimale, in cui solo quello che conta veramente risalta in primissimo piano, con un riff di chitarra roccioso ed estremamente essenziale. Merita una menzione anche Penetration. Un brano molto curioso, cantilenante e tormentato, con un sound suadente ed a tratti provocatorio, certo non una grande hit, ma qualcosa di diverso dal classico repertorio degli Stooges.

Raw Power è stato accolto tiepidamente alla sua presentazione. Probabilmente gli Stooges erano troppo in anticipo rispetto ai gusti del pubblico di allora. Iggy Pop è riuscito a creare un embrione di un nuovo genere musicale, quando ancora non esisteva neanche una parola per definirlo. Le origini del punk sono da ricercare in questo carismatico personaggio e gli otto brani di Raw Power ne sono le fondamenta. Un album che non può mancare nella vostra collezione.

Autore: Iggy And The Stooges Titolo Album: Raw Power
Anno: 1973 Casa Discografica: Columbia Records
Genere musicale: Punk Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.iggyandthestoogesmusic.com
Membri band:
Iggy Pop – voce
James Willamson – chitarra
Ron Asheton – basso, voce
Scott Asheton – batteria
Tracklist:
1. Search And Destroy
2. Gimme Danger
3. Your Pretty Face Is Going To Hell
4. Penetration
5. Raw Power
6. I Need Somebody
7. Shake Appeal
8. Death Trip
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Punk
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13th Giu2019

Viboras – Bleed

by Federico Fondrini
Gli appassionati di musica come me sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, nuove band mai ascoltate prima, nuove canzoni da poter imparare a memoria, nuovi album da mettere nella lista dei preferiti. E durante queste ricerche può capitare di imbattersi in personaggi eclettici, artisti poliedrici a cui il ruolo di musicista sta stretto per natura. Questo è quello che mi è capitato ascoltando questo EP dei Viboras, le sette tracce di Bleed sono la chiara sintesi di come Irene, frontwoman della band, sia riuscita a plasmare i Viboras a sua immagine e somiglianza. L’incredibile personalità e l’accentuato carisma della singer trapelano da ogni accordo, da ogni grido. È impossibile non rimanerne toccati, la band brilla di luce riflessa, sotto i potenti ritornelli urlati con questa voce così graffiante e così prepotente. Ogni canzone in questo EP è stata scritta in modo da riuscire a tirare fuori tutto quello che di meglio hanno da offrire i Viboras, puro punk rock veloce e d’impatto, in cui Irene padroneggia la scena con tutta la sua vena “wild”; certo l’estensione vocale risulta spesso limitata, ci si muove sempre su quelle note, e talvolta alcune strofe potrebbero risultare un tantino povere di idee. Ma quando si ha quella grinta e quella attitudine, che un po’ ricorda la migliore Courtney Love, tutto il resto passa in secondo piano.

Alla realizzazione di questo EP hanno collaborato molti volti noti della scena underground, diversi featuring si alternano, ben evidenziati nel backside. Questo è sicuramente stuzzicante, soprattutto per i fan. Indubbiamente nomi roboanti fanno accrescere l’interesse attorno alla band. Il nostro parere è che comunque queste collaborazioni rimangano un po’ fini a loro stesse. I brani di per sé avrebbero funzionato benissimo anche senza fattori esogeni, anzi questi featuring non ne intaccano la resa, e non impreziosiscono il risultato finale. L’unica eccezione che ci sentiamo di segnalare è la performance di Olly Riva in S.O.I.A.: una buona interpretazione di un grande della musica nostrana, che con esperienza sa dove andare per provare a dare una marcia in più al brano. Much To Say è il brano che più ci ha colpito, non gode di una buona posizione dato che è alla traccia numero 6, ma per noi è lui il pezzo che vale il “biglietto”.

I Viboras sono una realtà molto interessante, questo prodotto ne è la conferma. Sei brani inediti più uno rimasterizzato per prendersi il posto che gli spetta. Il loro tour è già partito e noi siamo curiosissimi di vederli dal vivo.

Autore: Viboras Titolo Album: Bleed
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Punk, Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/viboras.rock
Membri band:
Irene – voce, chitarra
Sal – chitarra, cori
Julia – basso, cori
Ga – batteria
Tracklist:
1. Bleed
2. I Can Too
3. Don’t Worry About Me
4. S.O.I.A.
5. Save Your Prayers
6. Much To Say
7. Via Di Qua
Category : News
Tags : Punk
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27th Mag2019

Surikate – Don’t Listen And Drive!

by Federico Fondrini
I Surikate sono un power trio veneziano che ci propone un rock molto grezzo, elementare nelle sue strutture ma allo stesso tempo aggressivo e d’impatto. Le influenze principali derivano dalle band grunge e stoner che hanno lasciato il segno nei compianti anni novanta, dai Nirvana ai Pearl Jam, passando dai Kyuss e via dicendo. I Surikate hanno la capacità di saper dosare momenti di quiete, seppur tormentata, con una voce cantilenante e cupa, a momenti di esasperazione musicale e rumorosità estrema. Questo è sicuramente uno dei punti di forza di questo trio e la sinossi perfetta di tutta l’essenza della band la si può trovare in Clean & Drive. Brano in stile Cobain in cui il trio si destreggia molto agevolmente in una costruzione che, seppur semplice, risulta molto efficace. Il grande difetto di questo album è, senza ombra di dubbio, legato alla registrazione. La qualità dei suoni è rivedibile e molto spesso capita di sentire sfasamenti tra gli strumenti. In alcuni stacchi, i tre strumenti si slegano e viene meno la compattezza che dovrebbe essere qualità imprescindibile in un power trio rock. A nostro avviso, un editing più accurato avrebbe garantito al prodotto finale un miglior risultato, soprattutto in un periodo storico caratterizzato da uscite musicali sempre più perfette dal punto di vista tecnico, grazie anche all’enorme sviluppo tecnologico del settore.

In questo album trovano spazio anche due brani strumentali, il primo è Inception, brano coadiuvato da un ingrediente esogeno alla band, l’utilizzo di un dj per omaggiare il sodalizio tra musica elettronica e rock. Il risultato però non soddisfa appieno. La traccia rimane incastrata in un giro di accordi che risulta monotematico e gli innesti elettronici non ne cambiano la sostanza. Il secondo brano strumentale, Crash Test riesce invece ad accendere l’ascoltatore. Nonostante sia minimale nella struttura, gioca molto bene con una seconda chitarra. L’utilizzo del pedale wah wah, unito a note lunghe, e talvolta dissonanti crea una atmosfera molto interessante.

Don’t Listen And Drive! è un esordio altalenante. I Surikate hanno dimostrato di avere idee buone e funzionanti. Esprimono il loro concetto di musica in modo semplice e diretto, ricorrendo talvolta a cliché stilistici che ne impoveriscono la personalità. L’album è tutto sommato apprezzabile, e si lascia ascoltare facilmente. Sarebbe necessaria però una revisione dal punto di vista tecnico.

Autore: Surikate Titolo Album: Don’t Listen And Drive!
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Punk, Rock, Grunge Voto: 5
Tipo: CD Sito web: http://www.surikaterock.com
Membri band:
Moreno Tosatto – voce, chitarra
Andrea Franceschin – basso
Giacomo Cagnin – batteria
Tracklist:
1. Fast
2. Clean & Drive
3. Break
4. Co2
5. Make Me Wonder
6. Twice
7. Inception
8. Crash Test
9. Whatever You’ve Said
Category : Recensioni
Tags : Punk
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23rd Apr2019

Millencolin – SOS

by Federico Fondrini
È difficile da credere che questi quattro punkettari arrivino dalle fredde terre scandinave di Örebro, cittadina svedese a duecento chilometri da Stoccolma. Ascoltare questo album ad occhi chiusi, così come tutta la discografia dei Millencolin, ti proietta direttamente sulle larghe strade assolate della California. Dove ragazzini muniti di skateboard, con pantaloncini larghi e canotta degli idoli dell’NBA si sfidano a colpi di trick. Questa è la sensazione che si prova ascoltando il nono album da studio dei Millencolin, una band che in questi anni non è stata particolarmente prolifica. Mantenendo un ritmo produttivo decisamente basso, sono solo due gli album da studio pubblicati dalla band dal 2009 ad oggi. E questo è un vero peccato, perché SOS è un album molto interessante, che ci racconta di una band ancora viva, che ha ancora molto da dire, una band che vuole tornare sulla cresta dell’onda nella scena mondiale. SOS è un album fresco, solare e decisamente skate punk addicted. I dodici brani presenti nella tracklist sono tutti molto orecchiabili e di facilissima interpretazione. In alcuni frangenti, l’uso eccessivo di melodie troppo affini al pop potrebbe infastidire i punk più integralisti. Ma questo aspetto viene assolutamente perdonato ai quattro svedesi, che riescono in ogni brano a creare strutture solide, ritmiche serrate e ritornelli ariosi, il tutto arrangiato con grande intelligenza artistica.

L’album vola subito alto con la prima traccia, SOS. Un brano dalle tonalità un po’ cupe, con lunghi echo sulla linea vocale e un coretto sinistro, fattori che aiutano a ricreare quella sensazione di disagio avvertibile anche nel testo. Nothing è uno dei brani che più abbiamo apprezzato in questo album. Una costruzione davvero ben riuscita. I ritmi sono sempre alti in questo pezzo in tonalità minore dal gusto dolce amaro. Su youtube è disponibile un videoclip della traccia numero 4, Sour Days. Il brano non ha nulla da invidiare ai capostipiti del punk californiano, l’odore della crema abbronzante si sente anche da qua. Il video invece ci è sembrato parecchio bruttino e quindi il nostro consiglio è di lasciare perdere il video e concentrarvi solo sulla musica che è “tanta roba”. Da ogni punk band degna di questo nome ci si aspetta un brano da pogo, da poter cantare a squarciagola nei liveshow. Ed eccolo puntale alla posizione numero sette, Do You Want War, una hit riempipista che ti fa venire voglia di fare a spallate con chiunque tu abbia vicino nel preciso momento in cui il cantante attacca il ritornello “Do you want, do you want, do you want war now”. Il testo è chiaramente provocatorio: “Make sure you know how to handle your gun now”, ma la potenza di fuoco amico di questo brano è ineccepibile.

I quattro svedesi col cappellino hanno sfornato un album che va giù come una birra ghiacciata ad agosto. Una vera e propria goduria da assaporare sotto il sole (preferibilmente della California). Nonostante la lunga pausa di silenzio dal precedente lavoro, i Millencolin non si sono certo dimenticati come si suona il punk, anzi la loro consapevolezza artistica è sempre più solida e consolidata.

Autore: Millencolin Titolo Album: SOS
Anno: 2019 Casa Discografica: Epitaph Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.millencolin.com
Membri band:
Nikola Sarcevic – voce, basso
Mathias Färm– chitarra
Erik Ohlsson – chitarra
Fredrik Larzon – batteria
Tracklist:
1. SOS
2. For Yesterday
3. Nothing
4. Sour Days
5. Yanny & Laurel
6. Reach You
7. Do You Want War
8. Trumpets & poutine
9. Let It Be
10. Dramatic Planet
11. Caveman’s Land
12. Carry On
Category : Recensioni
Tags : Punk
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01st Apr2019

L’Invasione Degli Omini Verdi – 8 Bit

by Federico Fondrini
Graditissimo ritorno quello de L’Invasione Degli Omini Verdi, una delle band punk hardcore più rappresentative della scena nostrana. In occasione del ventennale esce questo interessantissimo album dal titolo decisamente vintage: 8 Bit. Se è vero che in informatica servano 8 bit per creare un byte, è altrettanto vero che ai ragazzi di Brescia bastano otto brani per farci capire che il loro punk hardcore non è morto, anzi gode di splendida forma. Otto brani cazzuti, compatti e prepotenti, otto brani dove all’ascoltatore non è concessa tregua. Basta inserire il disco nell’apposita fessura del lettore CD per rendersene conto. Il muro sonoro di Credimi arriva, arrogante e senza preavviso a prenderti a schiaffi in faccia. 1 minuto e 22 secondi di puro punk hardcore melodico davvero ben riuscito. Nel secondo brano, La Nostra Storia, le doti compositive della band fanno bella mostra con un arrangiamento ricercato e una costruzione per niente banale. Si tratta di un brano “lacrimuccia” dedicato ai fan della band con tanto di assolone finale. I nostalgici ringrazieranno.

Nei brani che seguono, la vena hardcore della band si fa più marcata e i riff di chitarra sempre più taglienti. “Corri speranza, vestita di niente” urla il cantante in Funerale Della Libertà. Il brano più duro dell’album e anche quello che più ricorda gli albori degli Omini Verdi. Una menzione particolare va fatta al brano Arcade Boyz, brano predestinato a diventare una hit e di cui si trova un simpaticissimo video su youtube. La band si premura di avvisare che “Nessun rapper è stato maltrattato in questo video”. Scherzi a parte, questo è un album davvero azzeccato. Pezzi ben scritti e ben suonati in cui è davvero difficile trovare dei difetti. L’Invasione Degli Omini Verdi, dopo 20 anni di attività, si riconferma una delle migliori band del genere in Italia.

Autore: L’Invasione Degli Omini Verdi Titolo Album: 8 Bit
Anno: 2019 Casa Discografica: IndieBox Music
Genere musicale: Punk Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/linvasionedegliominiverdi
Membri band:
Ale – voce
Giò – chitarra, voce
Mauri – batteria
Tracklist:
1. Credimi
2. La Nostra Storia
3. Rinuncia
4. Funerale Della Libertà
5. Vorrei
6. Un Giorno Nuovo
7. Arcade Boyz
8. Fine
Category : Recensioni
Tags : Punk
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