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01st Ott2014

The Methadones – 21st Century Power Pop Riot

by Piero Di Battista

The Methadones - 21st Century Power Pop RiotDue anni dopo l’ottimo Not Economically Viable, pubblicato nel 2004, tornano i The Methadones, band capeggiata da Dan Schafer, meglio conosciuto come Danny Vapid, membro degli storici Screeching Weasel, uno dei gruppi più importanti della scena punk rock mondiale. I The Methadones si formarono nel 1993 ed il lavoro di cui parleremo si intitola 21st Century Power Pop Riot, e si distingue dai precedenti per due motivi: il primo è che è edito Red Scare Records, etichetta americana che aveva sotto contratto band come Bullets To Broadway e Teenage Bottlerocket tanto per citare due nomi, ed il secondo, ma sicuramente il più importante, è che questo disco era composto soltanto da cover. E’ un album di rivisitazione in chiave punk rock di brani di alcuni artisti ai quali Vapid è molto legato e devoto, insomma è un suo degno omaggio a band che hanno segnato l’ondata punk rock a partire dagli anni 70. Infatti vengono riproposti dai The Methadones brani di Gary Glitter che con la sua I’m The Leader Of The Gang (I Am) apre questo disco, seguito dalla breve ma incisiva Walking Out On Love dei The Beat rivisitata in chiave punk rock, come Back Of My Hand dei Jags, dove lo stile è facilmente accostabile a quel sound che caratterizzava il punk rock negli anni 80.

Molto apprezzabile il rifacimento di Welcome To The Working Week di Elvis Costello, già rivisitata in passato dai No Fun At All. C’è anche spazio per qualche brano con linee più melodiche e più tendenti al rock come Into You la cui versione originale è dei The Crash Street Kids, discorso valido anche per Starry Eyes dei The Records, la cui versione originale resta di gran lunga migliore rispetto a quella dei The Methadones. Ma il punk rock fa da filo conduttore in questo disco e quindi si torna ad essere più scanzonati con Out Of Luck dei The Pointed Sticks, e anche con la ottima He’s A Whore dei Cheap Trick, nella quale si concede più spazio alla melodia e ad un ritornello orecchiabile.

Chi aveva conosciuto i The Methadones con Not Economically Viable magari si aspettava un lavoro pressoché simile e conseguente a quello, insomma un lavoro non solo suonato da Vapid e soci ma anche creato e composto, ed è questo il lato negativo di questo disco. Il disco in se stesso può essere considerato un discreto lavoro, in linea di massima l’idea di rivisitare vecchi brani in stile fedele ai The Methadones non ha avuto esiti negativi, alcuni potrebbero anche piacere più delle versioni originali, sarà un atto dovuto di Vapid omaggiare chi ha influenzato la sua carriera musicale, ma, onestamente, ci si aspettava qualcosa di più, anzi, qualcosa di diverso.

Autore: The Methadones Titolo Album: 21st Century Power Pop Riot
Anno: 2006 Casa Discografica: Red Scare Records
Genere musicale: Punk Voto: 6
Tipo: CD Sito web: http://www.facebook.com/themethadones
Membri band:

Dan Schafer – voce e chitarra

Mike Byrne – chitarra

Pete Mittler – basso

Mime Soucy – batteria

Tracklist:

  1. I’m The Leader Of The Gang (I Am!)

  2. Walking Out On Love

  3. Back Of My Hand

  4. Welcome To The Working Week

  5. I’m The Man

  6. Into You

  7. Full Moon Turn My Head Around

  8. Goodbye To You

  9. Out Of Luck

  10. Heart Of The City

  11. Starry Eyes

  12. He’s A Whore

Category : Recensioni
Tags : Punk
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24th Set2014

Propagandhi – Potemkin City Limits

by Piero Di Battista

Propagandhi - Potemkin City LimitsQuesto disco dei Propagandhi, intitolato Potemkin City Limits, uscì nel 2005, esattamente cinque anni dopo Today’s Empires, Tomorrow’s Ashes, decisamente un periodo non limitato quello trascorso da un disco all’altro. Prima dell’uscita di questo disco la band di Winnipeg ha avuto una disputa contro la G7 Welocming Committee per i diritti dei brani della band stessa, nonostante comunque la G7 ha licenziato quest’ultimo loro lavoro solo sul territorio canadese, per il resto del mondo i Propagandhi sono editi come sempre dalla Fat Wreck Chords. I Propagandhi avevano alle spalle più di dieci anni di onorata carriera e, senza dubbio, sono ancora oggi tra le band più apprezzate del panorama punk mondiale. Per la realizzazione di questo disco ha collaborato al mixaggio Bill Stevenson, membro di Descendents e All. Disco composto da dodici tracce, che al primo ascolto si fa già notare per una vena più melodica rispetto ai precedenti lavori, nell’insieme i brani risultano più orecchiabili rispetto al passato tendendo un po’ di più al pop punk, senza però disdegnare quella vena punk rock che per anni li ha contraddistinti.

Il brano d’apertura è di notevole impatto, A Speculative Fiction già fa risaltare un buon connubio tra aggressività e ritmi veloci con un pizzico di melodia e cori in California style. Con i brani che seguono restiamo sulla stessa lunghezza d’onda; melodia e ritmi graffianti si aggiungono liriche d’impatto che toccano diversi argomenti, spesso in modo sarcastico. Trai pezzi di maggior rilievo c’è Rock For Sustainable Capitalism dove la rabbia dei tre canadesi contro il potere si fa sentire, con Impending Halfhead sembrano voler tornare indietro di qualche anno, brano veloce, circa un minuto e mezzo, ma di notevole impatto. Stessa cosa si può dire di Superbowl Patriot XXXVI che dura appena mezzo minuto. La chiusura del disco spetta a Iteration, altra canzone di notevole fattura, dove i Propagandhi sfoggiano le loro indubbie qualità per un brano di ottimo punk rock dove trova spazio anche la melodia e qualche discreto assolo di chitarra.

Dunque ci ritroviamo di fronte ad un disco, quello dei Propagandhi, che soddisfò le attese dei più affezionati, c’è da dire che cinque anni d’attesa sono lunghi, però diamo merito ad un gruppo che resta uno dei più amati e rispettati e, grazie a questo disco, si confermano tali. Un album da ascoltare, senza trascurare però i dischi precedenti dei canadesi, che restano dei lavori notevoli.

Autore: Propagandhi Titolo Album: Potemkin City Limits
Anno: 2005 Casa Discografica: Fat Wreck Chords
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.propagandhi.com
Membri band:

Chris Hannah – voce e chitarra

Tod Kowalski – basso

Jordy Samolesky – batteria

Tracklist:

  1. A Speculative Fiction
  2. Fixed Frequencies
  3. Fedallah’s Hearse
  4. Cut into the Earth
  5. Bringer of Greater Things
  6. America’s Army (Die Jugend Marschiert)
  7. Rock for Sustainable Capitalism
  8. Impending Halfhead
  9. Life at Disconnect
  10. Name and Address Withheld
  11. Superbowl Patriot XXXVI (Enter the Mendicant)
  12. Iteration
Category : Recensioni
Tags : Punk
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14th Set2014

Green Day – Insomniac

by Piero Di Battista

Green Day - InsomniacSiamo a metà degli anni 90 ed i Green Day stanno viaggiando con il vento in poppa: nel 1994 partorirono Dookie, disco che cambiò radicalmente la loro carriera e di conseguenza le loro vite. Le copie vendute furono milioni, il successo fu mondiale, e quindi, come ogni surfista che aspetta l’onda giusta, anche loro (e la Reprise Records soprattutto) cercarono di sfruttare il momento d’oro, e come? Realizzando e pubblicando, un anno mezzo dopo Dookie, Insomniac, quarto disco della band californiana che vide la luce nell’ottobre del 1995. Dopo un album come quello precedente, le aspettative erano logicamente elevatissime, ma d’altro canto c’era anche il pericolo di trovarsi davanti ad un disco stile “fotocopia sbiadita” di Dookie, pericolo in larga parte scongiurato. Insomniac, con le sue quattordici tracce per poco più di mezz’ora di durata, nel complesso non si discosta molto da ciò che avevamo ascoltato, e molto apprezzato, quasi due anni prima. Ad un primo ascolto la cosa che può catturare l’attenzione è che, pur rimanendo nel campo di un pop punk scanzonato, troviamo i Nostri a tratti un po’ più duri, ed a tratti un po’ più cupi, brevi episodi che si allontanano leggermente dalle sonorità frizzanti di Basket Case o Burnout. Il singolo di lancio di questo disco fu Geek Stink Breath, e da qui si percepisce subito un’aria più rock nelle sonorità di Billie Joe e soci, la stessa aria la respiriamo in Brain Stew, dai suoi corposi riff hard rock, brano che però subisce una metamorfosi con la seguente Jaded, pezzo più ammiccante al punk rock, veloce quanto frizzante.

La radici punk rock della band restano comunque forti e resistenti, come dimostrano Tight Wad Hill, brano dai connotati riconducibili ai Ramones, ma anche con Panic Song che, dopo un intro, sfocia verso sonorità tipicamente punk-rock. Insomniac non raggiunse assolutamente il livello di Dookie, e, nonostante il breve tempo che ci fu tra le due uscite, non fu una sorta di “sequel” o di versione alternativa; è un disco a sé stante, in cui troviamo tanti spunti interessanti, come altri certamente meno degni di menzione positiva. Il difetto del disco, o meglio, il fatto che fa sì che, ancora oggi, sia un disco sottovalutato quanto poco considerato, è quello appunto di essere stato pubblicato dopo (troppo) poco tempo rispetto a Dookie, e riascoltarlo dopo quasi vent’anni dalla sua nascita, dà proprio questa sensazione.

Come previsto, Insomniac, non ebbe lo stesso successo del precedente in fatto di vendite, anche se con le sue circa otto milioni di copie vendute si difese discretamente. Dopo questa uscita ne seguì un lungo tour mondiale, e successivamente una pausa di circa un anno, fino al 1997, anno di pubblicazione di Nimrod, quinto disco dei Green Day.

Autore: Green Day Titolo Album: Insomniac
Anno: 1995 Casa Discografica: Reprise Records
Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.greenday.com
Membri band:

Billie Joe Armstrong – voce e chitarra

Mike Dirnt – basso

Trè Cool – batteria

Tracklist:

  1. Armatage Shanks

  2. Brat

  3. Stuck With Me

  4. Geek Stink Breath

  5. No Pride

  6. Bab’s Uvula Who?

  7. 86

  8. Panic Song

  9. Stuart And The Ave.

  10. Brain Stew

  11. Jaded

  12. Westbound Sign

  13. Tight Wad Hill

  14. Walking Contradiction

Category : Recensioni
Tags : Green Day, Punk
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12th Set2014

Mig 29 Over Disneyland – 7:59 Over Eight

by Amleto Gramegna

Mig 29 Over Disneyland - 759 Over EightUn nome che non passa inosservato quello scelto dai quattro ragazzi friulani: leggi Mig 29 Over Disneyland e ti immagini Topolino che viene preso a missilate nel culo. Nel nome scelto si riflette il contenuto del loro lavoro autoprodotto: un elettro punk violento con stilettate affilate di chitarra, energici synth che entrano ed escono da un brano all’altro arpeggiando impazziti, però sempre tenendo come riferimento base la melodia, secondo la scuola del punk californiano e di quanto proposto dai maestri Sum 41, The Offspring e dei primissimi Green Day. La strada dell’autoproduzione deve piacere particolarmente alla band visto che questo è il quinto album dal 2008 ad oggi. Inseriamo il CD nel lettore e ascoltiamo. L’opener Mechanical Childer getta le carte sul tavolo e indica all’ascoltatore quale sarà il mood di tutta l’opera: riff di chitarra cazzoni al punto giusto, melodie vocali gustose e ottimi synth di contorno. Un’acusticaccia percossa introduce la breve Princess dominata da un basso saltellante. Suite Tomb Alabamba è puro college rock di quelli allegri da gita scolastica che piacciono tanto a noi “ggiovani” e ricorda qualcosa di quel vortice punk di metà anni ’90 che arrivò sulla nostra penisola lasciandoci sconvolti, umiliati e offesi.

Tutti i brani sono di breve durata (e ciò è bene) ma non scorrono via veloci e anonimi bensì rimangono bene in mente, anche grazie al sapiente mix di generi musicali che riescono a produrre, tra punk, ska, elettronica e rock. Sono simpatici, ti viene voglia di riascoltare il disco più e più volte sempre tenendo bene a mente l’immagine di Topolino preso a missilate dove abbiamo già detto (maledetto precisino della fungia). Dai, promosso!

Autore: Mig 29 Over Disneyland Titolo Album: 7:59 Over Eight
Anno: 2014 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Punk, Elettronica, Rock, Ska Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.mig29overdisneyland.com
Membri band:

Andrea Losanni – chitarra, voce

Alessandro De Cecco – chitarra, voce

Luca Rainis – basso, synth

Alessandro Fusetti – batteria, basso, synth

Tracklist:

  1. Mechanical Children
  2. Automatic Day
  3. Suite Tomb Alabamba
  4. Jumping Tune
  5. London Scene
  6. Princess
  7. One To Hate
  8. No Money
  9. Static Brain
  10. Fi Di Youth Dem
Category : Recensioni
Tags : Punk
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10th Set2014

Less Than Jake – Absolution For Idiots And Addicts

by Piero Di Battista

Less Than Jake - Absolution For Idiots And AddictsIn attesa del nuovo disco In With The Crowd, i Less Than Jake del 2006 consentirono ai loro numerosi fan di gustarsi un buon antipasto che consiste in un EP che vide la luce quasi due mesi prima dell’uscita del disco suddetto. Questo EP, dal titolo Absolution For Idiots And Addicts, contiene quattro brani, e due di questi saranno presenti anche nel disco che uscirà più avanti, ovvero Overrated (Everything Is) e The Rest Of My Life. Nella loro lunga carriera i Less Than Jake si sono guadagnati stima e rispetto in tutto il mondo, grazie al loro sound, prevalentemente incentrato su uno scanzonato ska-core, anche se c’è da dire che negli ultimi anni i fiati sembrano meno presenti nei loro pezzi, se si vuol fare un discorso globale disco per disco, ma la loro vena melodica rimane invariata. Uno dei loro pregi infatti è il variare in maniera naturale per diversi stili musicali, dallo ska allo ska-core passando anche per un buon hardcore melodico in certi tratti. Torniamo a parlare di questo EP, edito, come le loro due precedenti uscite discografiche, da Sire Records/Warner Music. Al primo ascolto viene la conferma di quanto detto prima: la loro capacità di proporre diversi tipi di generi restando però se stessi, infatti il brano che apre questo mini-disco Overrated (Everything Is) può essere definito pop punk, mentre nella canzone seguente Negative Sides Of Optimistic Eyes troviamo i Less Than Jake come meglio conosciamo, cioè quelli in grado di proporre un ottimo ska-core, con riff graffianti, ritmiche veloci e fiati molto presenti, insomma tutto il necessario per creare il sound che la band di Gainesville riesce a proporre meglio.

Stesso discorso si può fare con il brano We, The Uninspired anche se in quest’ultimo pezzo si avvicinano molto di più allo ska classico. Chiude questo EP la melodica The Rest Of My Life, molto bella, coinvolgente, che nonostante abbia delle metriche molto melodiche riesce comunque a far muovere la testa a chi ascolta. Ovvio che i più affezionati ai Less Than Jake attendevano con più ansia l’uscita del full-lenght, ma siamo certi che non furono rimasti affatto delusi da questa anticipazione. Infatti solamente con quattro brani per poco più di dieci minuti di musica, il gruppo originario della Florida riesce a creare dei discreti pezzi, molto ascoltabili e che non crediamo facciano storcere il naso. Come detto prima, l’attesa per il nuovo disco fu maggiore, ma un ascoltata a questo EP fu giusto darla.

Autore: Less Than Jake Titolo Album: Absolution For Idiots And Addicts
Anno: 2006 Casa Discografica: Sire Records
Genere musicale: Punk, Ska Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.lessthanjake.com
Membri band:

Chris Demakes – voce, chitarra

Roger Manganelli – basso

Vinnie Fiorello – batteria

Buddy “Goldfinger” Schoub – trombone

Peter “JR” Wasilewski – tromba

Tracklist:

  1. Overrated (Everything Is)
  2. Negative Sides Of Optimistic Eyes
  3. We, The Uninspired
  4.   The   Rest Of My Life
Category : Recensioni
Tags : Punk
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03rd Set2014

DDR – Diritto Di Rivolta

by Piero Di Battista

DDR - Diritto Di RivoltaNon mancano le buone band nella scena underground italiana, basta “scavare” nel genere preferito e si arrivano a dei meritevoli gruppi che hanno poca o nulla visibilità. Una di queste band sono i DDR, originari di Empoli e attivi dal 2002. Hanno pubblicato un demo, e un primo full-lenght intitolato Alza La Voce!! uscito nel 2005 per Linfa Records, e due anni dopo li ritroviamo con un nuovo lavoro da studio, intitolato Diritto Di Rivolta (appunto DDR) che esce tramite l’etichetta IndieBox. In questi due anni trascorsi dall’uscita del loro primo lavoro ci sono state anche delle variazioni nella formazione del gruppo: hanno abbandonato la band i due chitarristi Mr. Riot e Alessandro Carta che sono stati sostituiti con un unico elemento ovvero Mancio, naturalmente alla voce, femminile, è sempre presente Selina. Se nel disco Alza La Voce!! i toscani proponevano un punk rock scanzonato, questo nuovo disco mostra nei DDR una maturazione a livello compositiva superiore rispetto al lavoro precedente, testi più maturi, ma sempre diretti e che vanno dritto al punto, brani come Niente Di Nuovo a cui spetta l’apertura del disco, la seguente Mai fan già subito capire il dna dei DDR: punk rock, cantato rigorosamente in lingua madre, senza tante variazioni o inutili virtuosismi.

Degna di nota anche La Terra Che Non C’è dove alla voce partecipa anche Cippa dei Punkreas e Mondo Fragile altra tappa di un disco all’insegna del punk rock allo stato puro. Con il brano In Questo Momento i DDR mostrano in parte un apprezzabile lato melodico, per poi proseguire, con l’amato punk rock, con Per Chi Non Ha o Inutile Canzone. Nel disco è presente anche 99 Luftballons dei Nena, cantata da Selina in tedesco e rivisitata dai toscani in chiave punk. Dunque si è presenti davanti ad un disco che scorre liscio senza intoppi, dodici brani per quasi quaranta minuti di buona musica, liriche impegnate e per nulla banali cantate da Selina, che dimostra di avere un indubbia personalità e di dare una fondamentale impronta nel lavoro dei DDR, sound coinvolgente ed energico, quindi un disco apprezzabile per chi ama il punk rock puro e made in Italy.

Autore: DDR Titolo Album: Diritto Di Rivolta
Anno: 2007 Casa Discografica: IndieBox
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/pages/DDR-diritto-di-rivolta/722656707746406
Membri band:

Selina – voce

Mancio – chitarra

Guido – basso

Espo – batteria

Tracklist:

  1. Niente Di Nuovo
  2. Mai
  3. La Terra Che Non C’è
  4. Mondo Fragile
  5. In Questo Momento
  6. Lontano Dall’eternità
  7. Vota Il Presidente
  8. Per Chi Non Ha
  9. Inutile Canzone
  10. 99 Louftballons
  11. Io No
  12. Brucia
Category : Recensioni
Tags : Punk
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24th Ago2014

Green Day – 1039/Smoothed Out Slappy Hours

by Piero Di Battista

Green Day - 1039 Smoothed Out Slappy HoursGreen Day. Una carriera lunga quasi trent’anni, un sostanzioso lasso di tempo in cui il trio californiano ha, senza ombra di dubbio, inciso indelebilmente nella scena punk, avendo il merito (o il demerito, questione soggettiva) di aver portato un determinato stile musicale a livello mainstream. Era l’anno 1994 ed i Green Day danno alla luce Dookie, e..stop! Prima di arrivare al racconto di questo fondamentale nonché ottimo disco, è doveroso partire dagli albori della band, quindi è necessario fare un passo indietro nel tempo, andando esattamente al 1987. I Green Day nascono appunto nel 1987 a Berkeley, California, ma inizialmente i loro nome era Sweet Children, erano composti dagli attuali Billie Joe Armstrong (voce e chitarra), il suo compagno di liceo Mike Dirnt (basso), e John Kiffmeyer, noto anche come Al Sobrante, alla batteria. Per loro iniziò la consueta gavetta fatta di concerti in piccoli locali della zona, concerti tramite i quali iniziarono a mettere in mostra le loro qualità, oltre che a catturare l’interesse anche di piccole etichette discografiche californiane. Nel 1989 decisero di cambiare nome, da Sweet Children a Green Day, termine in slang che si può tradurre come “giorno da passare fumando erba”. La gavetta continuò fino a quando incontrarono l’etichetta californiana Lookout! Records, casa discografica fondamentale nella scena punk rock, anche per aver supportato artisti, tra i molti, del calibro di Operation Ivy e Screeching Weasel.

Nel 1990 i Green Day pubblicano i loro primi lavori, ovvero il disco 39/Smooth e gli EP 1000 Hours e Slappy e l’anno seguente decisero, sotto l’egida della Lookout! di assemblare questi tre lavori in un unico disco, intitolato 1039/Smoothed Out Slappy Hours, disco di cui andiamo a parlare. Il sound dei Green Day degli esordi si incentrava su un punk rock molto scanzonato, dove le tematiche dei loro testi erano spesso inerenti a feste, ragazze, alcool e tanto divertimento, le tipiche argomentazioni di tre ragazzi californiani al limite della maggiore età. Lo stile musicale può sì richiamare mostri sacri come i Ramones, ma rispetto al combo newyorkese, i Green Day davano più spazio a virate un po’ più melodiche e frizzanti, il che ci porta a pensare quanto invece sono stati gli Screeching Weasel ad aver musicalmente influenzato Billie Joe e compagnia. I brani che dunque sono andati a comporre questo disco, in totale diciannove, raggiungevano di rado i tre minuti di durata, e tramite questo sound diretto, ma soprattutto semplice e al limite dell’orecchiabile, riuscirono a conquistarsi una grossa quantità di elogi da parte dei seguaci di questo stile. Fu facile assimilare il frizzante punk rock di brani come At The Library, I Was There o della ottima Going To Pasalacqua, nella quale la vena melodica appare leggermente più pulsante, ma non poterono passar inosservati anche pezzi come 409 In Your Coffeemaker, Dry Ice in cui ci si concede timidamente anche a qualche assolo, o la breve ma coinvolgente Paper Lanterns. Meno efficace fu Rest, rock ballad tendente al grunge, fenomeno musicale sì molto presente in quegli anni, ma che con lo stile dei Green Day c’entrava ben poco. Notevole d’altro canto la cover di Knowledge, brano originale degli Operation Ivy, che i Green Day rivisitarono in chiave più blues e che, ancora oggi, propongono costantemente nei loro concerti.

L’esordio dei Green Day non passò affatto inosservato anzi, le attitudini e le qualità dei tre “bad boys” di Berkeley erano sotto gli occhi di tutti, e si confermarono attraverso questo parto discografico; in quegli anni essere accasati presso la Lookout! Records era un privilegio e l’etichetta supportò i Green Day anche l’anno successivo tramite il disco Kerplunk, di cui parleremo prossimamente. Dopo l’uscita di 1039/Smoothed Out Slappy Hours il batterista John Kiffmeyer decise di lasciare la band, e venne sostituito dal suo insegnante di batteria Frank Edwin Wright, a tutti conosciuto come Trè Cool; ecco i Green Day.

Autore: Green Day Titolo Album: 1039/Smoothed Out Slappy Hours
Anno: 1991 Casa Discografica: Lookout! Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.greenday.com
Membri band:

Billie Joe Armstrong – voce e chitarra

Mike Dirnt – basso

John Kiffmeyer – batteria

Tracklist:

  1. At The Library

  2. Don’t Leave Me

  3. I Was There

  4. Disappearing Boy

  5. Green Day

  6. Going To Pasalacqua

  7. 16

  8. Road To Acceptance

  9. Rest

  10. The Judge’s Daughter

  11. Paper Lanterns

  12. Why Do You Want Him?

  13. 409 InYour Coffeemaker

  14. Knowledge

  15. 1000 Hours

  16. Dry Ice

  17. Only Of You

  18. The One I Want

  19. I Want To Be Alone

Category : Recensioni
Tags : Green Day, Punk
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06th Ago2014

The Flatliners – The Great Awake

by Piero Di Battista

The Flatliners - The Great AwakeSiamo nel 2007, anno per un nuovo arrivo in casa Fat Wreck Chords, etichetta californiana di proprietà di Fat Mike (leader dei Nofx): a timbrare per la prima volta il cartellino di presenza ci sono i The Flatliners, quartetto canadese formatosi nel 2002 e con all’attivo un disco intitolato Destry To Create, uscito due anni fa per l’etichetta Stomp. Questo disco aveva già fatto intravedere delle discrete qualità della band, le quali sono state annotate dagli “osservatori” della Fat Wreck che non ci hanno pensato molto a mettere sotto contratto questi quattro ragazzi di Toronto, supportandone l’uscita di un nuovo disco, intitolato The Great Awake. I Flatliners non si discostano molto dalle sonorità che in casa Fat Wreck prediligono ovvero hardcore melodico tipicamente californiano, anche se va detto che al combo canadese, oltre a proporre questo genere, piace svariare quel poco che basta per rendere alcuni brani interessanti, dedicandosi a sonorità oltre che più melodiche, anche verso reggae e ska. Il disco parte in maniera veloce e aggressiva con July! August! Reno!, dalle ritmiche più tendenti al punk rock, ritmiche che diventano più melodiche con i seguenti brani Eulogy e …And The World Files For Chapter 11. La svolta reggae citata poc’anzi la si trova in The Respirator, pezzo che sembra voler fungere come da pausa, difatti dopo questo “intermezzo” la tracklist riprende all’insegna di un orecchiabile hardcore melodico con brani abbastanza apprezzabili come Meanwhile, In Hell…, This Is Giving Up e These Words Are Bullets.

In un disco che vede l’hardcore melodico prevalere trova spazio un’altra svolta verso sonorità reggae, svolta presente nel pezzo Mastering The World’s Smallest Violin che a differenze dell’altro pezzo tendente al reggae appare a tratti più rockeggiante. La durata media dei brani va dai due ai tre minuti, tale media è però alzata dal pezzo che chiude questo The Great Awake, ovvero KHTDR che vanta una durata che supera di poco i sette minuti, troppi per il genere che si vuol proporre. Non facciamoci ingannare dal titolo di questo disco; il gran risveglio dell’hardcore melodico ancora non si vede e vi sono parecchi dubbi che questo possa un giorno accadere, però va anche detto che i The Flatliners ci mettono molto del loro per cercar di emergere dal torpore che attualmente è presente in questo genere, le qualità non mancano: discrete basi strumentali e molto buone le parti vocali di Chris Cresswell, graffianti e dirette, insomma quasi quaranta minuti di discreto sound da ascoltare in assoluta spensieratezza.

Autore: The Flatliners

Titolo Album: The Great Awake

Anno: 2007

Casa Discografica: FatWreck Chords

Genere musicale: Punk Voto: 6,5
Tipo: CD

Sito web: http://www.theflatliners.com

Membri band:

Chris Cresswell – voce, chitarra

Scott Brigham – chitarra

Jon Darbey – basso

Paul Ramirez – batteria

Tracklist:

  1. July! August! Reno!

  2. Eulogy

  3. …And the World Files for Chapter 11

  4. This Respirator

  5. Meanwhile, In Hell…

  6. Mother Teresa Chokeslams The World

  7. This is Giving Up

  8. Mastering the World’s Smallest Violin

  9. You Guys Want One of These?

  10. These Words Are Bullets

  11. Hal Johnson Smokes Cigarettes

  12. KHTDR

Category : Recensioni
Tags : Punk
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16th Lug2014

Foxboro Hot Tubs – Stop Drop And Roll!!!

by Piero Di Battista

Foxboro Hot Tubs - Stop Drop And RollDopo la pubblicazione di American Idiot, avvenuta nel 2004, i Green Day, dopo un lungo tour mondiale e collaborazioni a scopi benefici con gli U2, si lanciarono “in incognito” in un progetto alternativo chiamato Foxboro Hot Tubs. In incognito perché tali Foxboro Hot Tubs non sono nientemeno che il terzetto di Berkeley, facilmente però riconoscibile soprattutto la voce di Billy Joe Armstrong che, tramite un apposito sito web, consente al pubblico di scaricare gratuitamente un disco intitolato Stop Drop And Roll!!! composto da dodici brani. Lo scopritore di questo progetto secondario dei Green Day è un deejay americano chiamato D.J. Rosstar, famoso al pubblico d’oltreoceano per svariate trasmissioni radiofoniche, e, a dire il vero, non è la prima volta che i Green Day si lanciano in questo genere di uscite; infatti nel 2003 sotto il nome di Network pubblicarono un disco tramite l’Adeline Records intitolato Money Monet 2020. Stop Drop And Roll!!! propone dunque i Green Day sotto un’altra veste, anche musicalmente parlando, perché nel complesso i tre californiani riescono nei dodici pezzi a creare una buona miscela di punk e rock’n’roll anni 60, stile che al primo ascolto potrebbe ricordare quello dei The Hives, soprattutto nel pezzo che apre l’album omonimo al disco. Segue Mother Mary dalle sonorità sempre abbastanza lineari con quelle del brano precedente ma con una spensieratezza che rende il pezzo più orecchiabile. Lo stesso discorso sull’orecchiabilità lo si può riproporre per quanto riguarda Highway 1 il sound si avvicina un po’ al garage.

Il brano che più si avvicina alle sonorità che siamo abituati ad ascoltare dai dischi dei Green Day è indubbiamente She’s A Saint, Not A Celebrity dove, anche in questo caso, non mancano chiari riferimenti al rock‘n’roll anni 60. Questo è un lavoro di notevole fattura, oltre ad essere  un’altra chiara dimostrazione del percorso di maturità intrapreso dai Green Day con American Idiot, affrontando con coraggio e spesso con successo, la voglia di sperimentare e di esplorare nuove sonorità, cosa che dieci o più anni fa nessuno avrebbe mai immaginato. Essendo un buon lavoro di certo meritava molta più pubblicità e non si capisce il bisogno di apparire sotto altro nome.

Autore: Foxboro Hot Tubs Titolo Album: Stop Drop And Roll!!!
Anno: 2008 Casa Discografica: Jingletown Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.foxborohottubs.com
Membri band:

Billy Joe Armstrong – voce, chitarra

Jason White – chitarra

Mike Dirnt – basso

Trè Cool – batteria

 

Tracklist:

  1. Stop Drop And Roll
  2. Mother Mary
  3. Ruby Room
  4. Red Tide
  5. Highway 1
  6. She’s A Saint, Not A Celebrity
  7. Sally
  8. Alligator
  9. The Pedestrian
  10. 27TH Ave. Shuffle
  11. Dark Side Of Night
  12. Pieces Of Truth
Category : Recensioni
Tags : Punk
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09th Lug2014

Shandon – Sixtynine

by Piero Di Battista

Shandon - SixtynineQuinto lavoro discografico per gli Shandon, band dell’hinterland milanese oramai conosciuta non solo in Italia ma anche in molte parti d’Europa. Ascoltando i precedenti dischi si può dire che questa band ha proposto nell’arco della loro carriera musicale principalmente un genere che si può identificare nello ska-core, che quindi nella loro base musicale si sia data molta importanza a riff graffianti contornati da fiati. Con Sixtynine sembrano voler sperimentare nuovi suoni, l’icona di ska-core band rimane ma con sfondi che vanno dal dark sfociando anche in un ottimo hardcore melodico e questo è un chiaro segno di maturità del gruppo, disposto ad arrivare a nuovi orizzonti senza tradire le caratteristiche che accompagnano la band sin dagli esordi. Anche i testi delle canzoni sembrano più ricercati e impegnati rispetto al passato. Questo album, prodotto da Ammonia Records e distribuito dalla Sony, è composto da 13 tracce (nel CD in uscita nella versione standard), mentre nella versione digipack sono in più presenti 4 bonus track e 2 tracce CD-rom; si apre con F.D.P.: un intro di chitarra con tanto di presentazione per poi trasformarsi in un pezzo in puro hardcore melodico che è Wrong Way. Segue It Was A Promise, anche qua l’intro è curioso, violini per poi partire con i fiati e una batteria veloce sempre però con molta melodia. La quarta traccia è la hit-single Viola, ska-core molto orecchiabile cantato in italiano. Con la ballabile Like A Want si torna allo ska.

Startin’ Line, che si avvale della collaborazione di Andrè dei Madbones è un pezzo molto cattivo e coinvolgente, in vero sitle punk hardcore, la seguente Drunk può ricordare i primi Shandon, da segnalare anche  in questa canzone una collaborazione nelle voci effettuata da Marco dei De Hejderoosjes. Un ultima collaborazione gli Shandon l’hanno ottenuta da Ana degli Analena per l’esecuzione dei brani Time e Heaven In Hell. Anche in questo album la band lombarda esegue una cover: questa volta, dopo avere riadattato a modo loro Seek And Destroy dei Metallica in Fetish, si cimentano con From Out Of Nowhere dei Faith No More, rieseguita in stile hardcore melodico tra l’altro molto ben riuscito. Se dobbiamo scegliere il pezzo migliore di questo disco potremo dire, oltre a Time, Hunter traccia numero 11, ska-core travolgente, chitarre pesanti e fiato come contorno. Chiude il disco la ballad The Choice. Molto curiosa anche la copertina del CD dove abbiamo il primo piano di un clown. Nella quattro bonus track il pezzo migliore è The Scene, travolgente, melodica e allo stesso tempo graffiante, l’ultima canzone è la versione al pianoforte di Revenge dove Olly si cimenta al pianoforte, creando una ballad molto bella, ascoltabile e anche inaspettata. Nel disco sono presente, come detto prima, anche 2 tracce per CD-rom, le versioni video di Washin’ Machine tratta da Not So Happy To Be Sad e Liquidate All My Strenght.

Questo lavoro degli Shandon è un buono disco; riescono al tempo stesso a proporre nuovi suoni, nuovi generi per loro, ma mantenendo il loro DNA principale di ska-core band, una vera e propria (e pur riuscita) prova di maturità per Olly e soci.

Autore: Shandon Titolo Album: Sixtynine
Anno: 2004 Casa Discografica: Ammonia Records
Genere musicale: Punk Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.shandon.it
Membri band:

Olly – voce, chitarra

Marco – chitarra

Andrea – basso

Walter – batteria

Alberto – trombone, tastiera

Fabio – tromba

Tracklist:

  1. F.D.P.
  2. Wrong Way
  3. It Was A Promise
  4. Viola
  5. Like I Want
  6. Deep
  7. Heaven In Hell
  8. Startin’ Line
  9. Drunk
  10. From Out Of Nowhere
  11. Hunter
  12. Time
  13. The Choice
  14. Revenge (bonus track)
  15. November (bonus track)
  16. The Scene (bonus track)
  17. Revenge – piano version (bonus track)
Category : Recensioni
Tags : Punk
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