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31st Mar2020

Black Mama – Where The Wild Things Run

by Alberto Lerario
I Black Mama sono un power trio veronese che a differenza di molte band similari si esprime con l’aria polverosa e caleidoscopica degli anni 70, imbottigliata e frantumata dritta in faccia all’ascoltatore. Quasi ridondante sarebbe citare le muse ispiratrici (evidenti ad un ascoltatore medio) del trio veronese; dal punto di vista del sound i Black Mama presentano una parte ritmica precisa come un orologio e potente come un martello pneumatico, riffing ruvido e sensuale della sei corde, pregevole l’assoluta ricercatezza vintage dei suoni. Forse solo il cantato ogni tanto tende a zoppicare. Lo stilema dell’album è la traccia di apertura Feelin’ Allright, spedita come un treno in corsa. Prima di dare un parere su un album dalle sonorità puramente classic venate di blues, quindi ben incasellati in un certo tipo di stereotipo, è giusto schiacciare il tasto pausa e prendersi un attimo per ricordare a noi e ai lettori quali sono i giudizi e pregiudizi psicologici (i cosiddetti bias cognitivi) che possono far distorcere i pensieri (e non solo i suoni): bias di conferma, ovvero ciascuno di noi tende ad evitare individui o gruppi che ci fanno sentire a disagio; bias della fallacia, ovvero tendenza a dare estrema rilevanza a risultati ottenuti nel passato che coprono mancanze presenti; bias della somiglianza, ovvero premiare oltremisura chi ha caratteristiche medesime alle proprie; il bias dello status quo è una distorsione valutativa dovuta alla resistenza al cambiamento. Questo esercizio in realtà andrebbe fatto sempre, ma a maggior ragione quando si rischia di etichettare un qualcosa tramite un giudizio affrettato o peggio senza averne fatto esperienza, creando quindi un pregiudizio.

Ecco, ora considerate questo pomposo orpello introduttivo come un puro gioco della ragione e lasciatelo da parte, azzerate la vostra parte cerebrale perché la musica rock non è dalla parte della ragione. Capirete che i Black Mama con la loro musica parlano alle emozioni nel modo più efficace e viscerale possibile. Where The Wild Things Run è un ottimo classic rock blues album, suonato con maestria facendo sembrare semplice un qualcosa dove appena sbagli una battuta se ne accorge anche il vicino di casa, capace di regalare emozioni sopite ma sempre fresche. Chi comincia a pensare troppo non riuscirà mai a godere questa musica, chi anela sempre alla novità non sarà mai contento oltre il tempo di qualche brano. Sicuramente i nostri giudizi saranno distorti dai bias cognitivi citati sopra, ma siamo sicuri che vederli live regalerà emozioni in modo ancora più amplificato rispetto agli spazi stringenti di un CD.

Autore: Black Mama Titolo Album: Where The Wild Things Run
Anno: 2019 Casa Discografica: Andromeda Relix
Genere musicale: Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: www.https://www.facebook.com/blackmamablues
Membri band:
Nicolò Carozzi – chitarra, voce
Paolo Stellini – basso
Andrea Marchioretti – batteria
Tracklist:
1. Feelin’ Allright
2. Where The Wild Things Run
3. Tell My Mama
4. Come On, Come On, Come On
5. Hands Full Of Nothing But The Blues
6. I Got A Woman
7. Red Dressed Devil
8. Shining Rust 9. Icarus
Category : Recensioni
Tags : Rock
0 Comm
29th Mar2020

Lenin! – Hai Complicato Tutto

by Marcello Zinno
I Lenin!, moniker da cui i quattro musicisti attingono per abbellire i propri nomi (scelta che non può non rimandare ai Ramones), escono con un EP breve e facile da ascoltare. Hai Complicato Tutto è un EP rock ma dalle tante sfumature, si passa dalle sonorità più decise e distorte della titletrack a momenti più pacati come Arce e La Testa Vuota. Quello che accomuna le 4 tracce è il profondo sapore live, anche ascoltate in cuffia danno l’impressione di essere “suonare” e sudate (in questo l’apice è toccato da Soda Caustica), al contrario di tantissime altre uscite fin troppo laccate e plasticose. Le tracce suonano molto rock e questo ci fa piacere, i rimandi sono tantissimi dall’alternative novantiano che abbraccia gli Afterhours al rock più moderno (Ministri ma non solo); i Lenin! sono genuinamente italiani e questo si sente non solo dalla scelta di cantare in italiano (da noi sempre apprezzata) ma proprio per il profilo compositivo che si adatta molto bene a come il rock viene concepito nel nostro Paese (in una scena in cui l’esterofilia è sempre seguita come ricetta per ampliare il proprio pubblico).

La titletrack risulta un po’ l’eccezione dell’EP, o meglio il momento più “spinto” nel quale la band ha voluto osare rispetto al suo marchio di fabbrica, scelta coraggiosa e che noi abbiamo apprezzato. A nostro parere sono questi i binari che il quartetto dovrebbe seguire.

Autore: Lenin! Titolo Album: Hai Complicato Tutto
Anno: 2019 Casa Discografica: Pioggia Rossa Dischi, Scatti Vorticosi Records, Taxi Driver Records
Genere musicale: Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/LENINgenova
Membri band:
Marko Lenin – voce, chitarra
Simone Lenin – basso, voce
Lorenzo Lenin – batteria, voce
Pietro Lenin – chitarra, tastiere, voce
Tracklist:
1. Arce
2. Hai Complicato Tutto
3. Soda Caustica
4. La Testa Vuota
Category : Recensioni
Tags : Rock
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21st Mar2020

Artemio – Pianeta Distorto

by Marcello Zinno
Ci avevano fatto saltare dalla sedia gli Artemio con il loro precedente album Cento Uomini di cui avevamo parlato a questa pagina e ora tornano con Pianeta Distorto, un breve EP probabilmente interlocutorio rispetto ad un prossimo full-lenght. L’attitudine rock è la medesima, la band pigia sull’acceleratore e piazza un rock deciso, al fulmicotone come si diceva ai bei tempi; ma sarebbe miope dire che gli Artemio sono rimasti gli stessi. La principale novità sta nelle linee vocali, adesso molto più pulite e rotonde (siamo felici che la band abbia seguito il nostro consiglio ai tempi del loro precedente lavoro) e questo secondo noi rende meglio rispetto all’impostazione elettrica e graffiante degli strumenti; ma c’è anche un profilo compositivo per nulla scontato, se infatti la band punta ad agire direttamente sulle pulsazioni, non sa dire di no ad intermezzi o brevi passaggi per nulla banali come capita nella riuscitissima 1000 Movimenti o anche nella titletrack. Produzione davvero di ottimo livello, che valorizza i singoli contributi: la coppia di chitarra ci piace davvero tanto perché senza usare i millemila effetti con cui le band moderne si crogiolano, regalano una resa micidiale e sembrano spesso dettare il ritmo più della coppia basso/batteria, anch’essa comunque molto presente.

In questa ricetta esplosiva, gli Artemio decidono di non rinunciare a dei chorus più orecchiabili che, grazie alle linee vocali come dicevamo più pulite, permettono davvero di farvi innamorare della loro musica. E per chi invece si aspetta qualcosa di ispido e pulsante allora suggeriamo di ascoltare Stato Libero. Gli Artemio hanno compiuto un deciso passo in avanti. Ora sono una band completa, un inamovibile mattone di cemento nella scena rock italiana.

Autore: Artemio Titolo Album: Pianeta Distorto
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: www.artemiorock.it
Membri band:
Luca Gyimesi – voce
Davide Berlangieri – chitarra, cori
Danilo Tessitore – chitarra, cori
Daniele Pasquetti – batteria
Matteo Bernardi – basso
Tracklist:
1. Intro
2. Orecchie Occhi
3 .1000 Movimenti
4. Pianeta Distorto
5. Stato Libero
6. Sguardi
Category : Recensioni
Tags : Rock
0 Comm
14th Mar2020

Chien Bizarre – Mostri

by Marcello Zinno
Tornano i Chien Bizarre con un EP che tiene accesi i riflettori sulla band. Per fortuna ci sono ancora realtà che puntano semplicemente al rock, dopo tanta commistione e sperimentazione. Ma in realtà l’avverbio “semplicemente” non si adatta bene a descrivere il sound della band, perché se le chitarre sono rock e attingono per lo più dalla tradizione italiana (ma non solo quella), gli arrangiamenti e le aggiunte compositive sono tante, la proposta è ricca. Quello che è certo è che non ci si trova dinanzi ad una “semplice” rock band ma ad una macchina da guerra che funziona egregiamente, con cinque menti pensanti che elaborano riff e pattern, sempre con un occhio al risultato finale, che sia gradevole e che abbia una forma piacevole. L’esempio è Vampiri, con le due linee vocali, ma anche con delle tastiere che seppur aggiungano poco in termini di note fanno sì che il pezzo indossi tutt’altri abiti; buono anche il ritornello, forse ripetuto un po’ troppo ma perfetto, insieme al resto, per le radio (come la bella opener Il Mostro). Anche Spettri è orecchiabile anche se non ci convincono del tutto gli accordi e le armonie; dopo tre brani l’EP arriva al tema principale ovvero i “mostri” citati nel titolo: personaggi a cui vengono dedicate delle storie ma ancorando il sound al trademark della band.

Davvero buona la vena elettrica, rock come difficilmente si sente ancora, ottimo il connubio tra i vari strumenti, la band è rodata e funziona molto bene; davvero curiosi di ascoltarli dal vivo. Dategli un ascolto, i Chien Bizarre hanno davvero tutte le capacità per dire la loro nella scena rock italiana.

Autore: Chien Bizarre Titolo Album: Mostri
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/lechienbizarre/
Membri band:
Mauro Mosciatti – voce, chitarra
Simone Freddi – basso
Carlo Ciarrocchi – chitarra
Lorenzo Eugeni – batteria
Graziano Ridolfi – tastiere
Tracklist:
1. Il Mostro
2. Vampiri
3. Spettri
4. Frankenstein
5. Zombie
Category : Recensioni
Tags : Rock
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23rd Gen2020

2Lightyears – Empty Words

by Marcello Zinno
Gli ormai ex Lightyears e oggi ribattezzati 2Lightyears (probabilmente per non generare confusione con la pop punk band Light Years) giungono al primo full-lenght dal titolo Empty Words. Rock band con voce al femminile potrebbe già suggerire tanto del loro sound, ricetta creata da molte formazioni emergenti e non, ma va riconosciuto a questo quintetto una potenza di fondo nel sound che li rende davvero interessanti. A costruzioni pop rock, i ragazzi (quasi sempre) decidono di fare della ricerca melodica una scelta che non fa perdere quotazioni nel loro songwriting, piuttosto impreziosisce i brani, per dirla in altri termini nelle tracce troverete chorus che si lasciano ascoltare e riascoltare più volte (e perché no anche cantare) ma non sempre è lì il nocciolo duro del sound 2Lightyears. Sferzate ritmiche come in The Thought of You And I o passaggi dall’appiglio punk come nella potentissima It’s Echoing sono momenti che pagano la nostra sete di rock; purtroppo la band spesso si fa ammaliare da momenti più morbidi e radio-oriented come la orecchiabile Street Lights o il singolo Rise Again, noi preferiamo di più i momenti in cui la sei corde si fa sentire e l’incedere ti afferra e ti strattona come nell’opener I Still Believe, in Contradictions (strofa) o in All In My Head (ritornello).

Le linee vocali di Alice Guerzoni sono adeguate per l’impostazione molto musicale del combo, senza strafare in tonalità particolari o in parti estremamente cantate; piuttosto si adattano all’idea musicale della band che si presenta molto compatta, come una band matura e che sa dove vuole arrivare. I brani hanno una durata tutto sommato limitata, restando sui 3 minuti di media in modo da essere digeribili (radio, playlist, ascolti frettolosi…) e non presentare intermezzi particolari o ricercati, perché il sound della band è abbastanza semplificato e arriva fin dal primo ascolto. Probabilmente questo è l’aspetto su cui la band può a nostro parere migliorare: in alternativa ai momenti eccessivamente melodici, proporre qualcosa di più particolare che renda il loro sound differenziante rispetto ad altre formazioni. Obiettivo assolutamente alla portata di questo quintetto.

Autore: 2Lightyears Titolo Album: Empty Words
Anno: 2019 Casa Discografica: Too Loud Records
Genere musicale: Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/lightyearsIT
Membri band:
Alice Guerzoni
Federico Zappaterra
Riccardo Daga
Michele Gilioli
Nicola Bentivoglio
Tracklist:
1. I Still Believe
2. It’s Echoing
3 .Rise Again
4. The Thought of You And I
5. Numb
6. Street Lights
7. Dirty Little Lies
8. Contradictions
9. All In My Head
10. Back Home

Category : Recensioni
Tags : Rock
0 Comm
17th Gen2020

ViolaFuel – Medusa’s Seed

by Marcello Zinno
Il quartetto ViolaFuel si è fatto conoscere più per l’attività live e per premi ricevuti che non per l’attività discografica, ma sul finire del 2019 è giunto il momento di dare alle stampe il primo EP. Medusa’s Seed, questo il titolo, a noi ha colpito perché è fatto di rock tanto semplice e diretto quanto difficile da trovare in proposte di altre band emergenti. In un’epoca in cui (a torto o anche a ragione) la maggior parte delle band cerca di trovare degli effetti particolari, mescola generi diversi, inventa stregonerie quasi da rito voodoo per differenziarsi e crearsi una “nicchia di mercato”, le ViolaFuel optano per delle coordinate notissime, rock distorto ma “controllato”, voce femminile (occhio che si tratta di una all-female band) in prima linea, pulita ma senza strafare, sezione ritmica compatta…una cornice che negli anni a cavallo tra il secolo scorso e quello attuale andava tantissimo (da Anouk, ai The Cardigans, da Lenny Kravitz agli Skunk Anansie) e che può trovare la sua collocazione anche oggi.

Dimenticate quindi le formazioni pop rock con delle sei corde timide che lasciano tutto nelle mani della vocalist, ma anche metal band che cercano di ampliare il proprio mercato optando per una voce più affabile, le ViolaFuel propongono un rock assolutamente trasversale, mai veloce ma assolutamente calibrato (Give Me My Skin Back), decisamente rock (la citazione a Kravitz viene ascoltando i primi secondi di Messy Head) ma senza voler essere qualcosa di diverso in prospettiva. Il momento più accessibile dell’EP è sicuramente Purple And Green (prima metà), ma noi consigliamo di ascoltare i passaggi rock (come la curatissima Seven) perché le ragazze ci saranno fare davvero.

Artwork, digipack, booklet e produzione dell’album rispecchiano alla perfezione il concept musicale in una coerenza che si confà a band sicuramente mainstream: curati e puliti, tutto fatto con eleganza e cura, senza strafare né uscire fuori tema. Un EP è sicuramente un assaggio di quello che potrebbero fare “da grandi” ma noi siamo pronti a scommettere di vederle presto su palchi importanti. Davvero complimenti!

Autore: ViolaFuel Titolo Album: Medusa’s Seed
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/ViolaFuel
Membri band:
Chiara Lombardo – voce, chitarra
Beatrice Lodovici – chitarra
Chiara “Kiki” Morandi – basso, voce
Gammy Hasanen – batteria
Tracklist:
1. (Don’t) Stop Me
2. Their Eyes
3. Medusa
4. Give Me My Skin Back
5. Messy Head
6. Purple And Green
7. Seven
Category : Recensioni
Tags : Rock
2 Comm
28th Dic2019

Ira Green – 7

by Marcello Zinno
Per i più Ira Green sarà sempre una delle giovani rocker tricolore che nel 2015 partecipò a The Voice, con buono stupore dei giudici rispetto alla sua voce sporca e graffiante. Si è presentata un po’ sulla falsariga di Ambramarie ma con una timbrica che, in parte (soprattutto se si ascoltano alcuni singoli antecedenti questo secondo full-lenght) ricorda Anouk. Ma Ira non è altro che una ragazza come tante che è riuscita a canalizzare tramite il rock tutta la sua energia, la propria personalità (“tendente alla malinconia”, come lei stessa dichiara) e la propria vita in generale. The Voice è stato un trampolino di lancio ma si è fatta conoscere tramite date (anche all’estero) e un album dal titolo RE(be)LIGION al quale, sul finire del 2019, dà un seguito. Il nuovo lavoro è dedicato ai sette peccati capitali e ciascuna traccia ad uno di essi, secondo un copione che se a primo acchito non sembra originalissimo (ricorderete i Buckcherry e il loro Confessions o anche i Rage con il loro brano Seven Deadly Sin) si dimostra davvero ben sviluppato. Quello che colpisce di più di questa evoluzione di Ira è la coerenza musicale rispetto alla tematica scelta: se infatti in passato avevamo assaporato anche momenti pacati e singoli molto tendenti al pop rock, in questo 7 Ira Green sceglie il rock come linguaggio e quale migliore sonorità per trattare di ira (il sentimento), di invidia o di superbia? Questa è sicuramente una scelta a nostro parere corretta e apprezzata.

Inoltre va detto che non ci si tratta dell’ennesima cantante che mette la sua voce al centro di tutto ma in 7 si apprezzano i diversi contributi, tra tutti i potenti riff di di Giù (Accidia) o il metal che affiora con l’ultima traccia La Bestia (Ira) e con l’opener Fuori Controllo (Lussuria). Ira non possiede una grande estensione vocale ma si caratterizza proprio per questa timbrica ruvida che si abbina perfettamente al rock. Simpatico il brano Indievidia (Invidia), vera critica verso l’indie da classifica, buoni gli arrangiamenti in Cristallo (Gola). Un songwriting ancora più ricercato potrebbe giovare nel creare un sound molto più personale. Ma intanto 7 lo ascoltiamo volentieri.

Autore: Ira Green Titolo Album: 7
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock, Pop Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.iragreen.it/
Membri band:
Ira Green
Marco Branca
Andrea Sora
Sebastiano Danelli
Salvatore Laurella
Tracklist:
1. Fuori Controllo (Lussuria)
2. Icaro (Superbia)
3. Giù (Accidia)
4. Indievidia (Invidia)
5. Diverso Da Me (Avarizia)
6. Cristallo (Gola)
7. La Bestia (Ira)
Category : Recensioni
Tags : Rock
0 Comm
27th Dic2019

Black Dreams – Deep Inside

by Marcello Zinno
I finlandesi Black Dreams tornano con un EP che contiene due nuovi singoli, successore di Kiss The Gun, due singoli che potrebbero probabilmente suggerirci la nuova direzione del combo. Purtroppo (o per fortuna) i due brani sono molto diversi: l’opener Deep Inside è un brano rock molto completo che parte con un’atmosfera pagata e acustica per poi lanciarsi in un heavy rock dal sapore dark, introspettivo, proprio come si traduce il messaggio del brano e dei suoi testi; davvero d’impatto l’assolo di chitarra. Like A Cockroach invece è un brano che parla di rabbia e che quindi deve esplodere e lo fa alla grande con un rock cattivo e veloce, heavy al punto giusto ma non propriamente metal; da segnalare l’intermezzo che si presta sicuramente ad un’ottima riuscita live. Curiosa la scelta di incentrare la somiglianza ad uno scarafaggio come perno centrale del brano.

Una coppia di brani che probabilmente serve per tenere accessi i riflettori sulla band finlandese e stillare curiosità su un loro prossimo album che speriamo non tardi ad arrivare.

Autore: Black Dreams Titolo Album: Deep Inside
Anno: 2019 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/BLACKDREAMSOFFICIAL/
Membri band:
Juha Kraapo – voce, chitarra
Jari Rantanen – batteria
Sami Räikkönen – chitarra
Tracklist:
1. Deep Inside
2. Like A Cockroach
Category : Recensioni
Tags : Rock
0 Comm
07th Dic2019

Bassmates – A Better Place

by Marcello Zinno
Formazione veneta che giunge al primo EP A Better Place dedicato alla ricerca (o meglio alla creazione) di un posto migliore. La band punta ad un rock abbastanza scarno in fatto di produzione, il sound della sei corde, che è quello che dovrebbe uscir fuori per tracciare la personalità del progetto, risulta grezzo e poco curato; al contrario le attenzioni sono poste sul profilo compositivo e sulle linee vocali, elementi che ci danno l’impressione di creare delle tracce tutt’altro che da band esordienti, piuttosto poggiate su impalcature da hit radiofoniche. La titletrack subito dà una spinta al mood dell’EP: pur non proponendo nulla di incredibilmente innovativo, si regge su una ritmica che tiene alto il groove del brano. Con Away From My Soul “cade l’asino”, come si suol dire: una pop ballad che abbiamo sentito già in tantissime salse diverse da band del passato. Perché comporre un pezzo come questo? Sembra quasi che sia un tentativo di cimentarsi con un inedito dopo anni e anni passati a suonare cover, forse ci sbagliamo ma l’impressione che i Bassmates danno è questa. Qualcosina esce fuori da Block Notes in cui i Bassmates si cimentano con qualche passaggio d’effetto (come la chitarra leggera nella strofa che poi esplode nel ritornello) ma anche qui il senso di già sentito non ci abbandona.

Applausi per Mad On A Rock dove c’è carne a fuoco anche per un rocker non alle prime armi, ottimo il patter di basso, ma anche qui la sei corde meriterebbe altri e migliori suoni. Un EP buono ma a nostro parere la band deve lavorare sul proprio stile per cercare di creare qualcosa di personale e più spigoloso. Chorus, strutture da singolo, ritornelli ripetuti allo sfinimento…sono tutti ingredienti che ci aspetteremo da una band rodata, dopo anni e anni di tour e album e non da un progetto alla prima prova. Coraggio e sfrontatezza!

Autore: Bassmates Titolo Album: A Better Place
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.facebook.com/bassmates
Membri band:
Giovanni Padovese – basso
Francesco Cardoni – chitarra
Leandro Di Lauro – chitarra
Carlo Sgorlon Gaiatto – batteria
Alessandra Rusalen – voce
Tracklist:
1. A Better Place
2. Away From My Soul
3. Cards
4. Block Notes
5. Mad On A Rock
Category : Recensioni
Tags : Rock
0 Comm
02nd Dic2019

Virtual Time – Pictures

by Gabriele Rusty Rustichelli
Ci sono delle volte in cui la musica si fa per il giusto motivo e tutto acquista il valore che dovrebbe. È il caso dei Virtual Time, una band di 4 elementi, che arriva da Bassano del Grappa. Questo Pictures (che uscirà in vinile) è la raccolta di alcuni brani contenuti in 5 album (4 di inediti e uno live). Siamo davanti ad un opera davvero di spessore. Si sente l’ispirazione, la capacità compositiva, l’originalità e la classe di musicisti che lasciano parlare la musica senza troppi fronzoli. Scrivono canzoni rock, dal più classico al più ricercato. Tra le influenze vengono citati Led Zeppelin, Black Keys, CCR, Muse, CSN&Y, Coldplay, Rival sons, Alabama Shakes, Deep Purple, U2…e molti di loro si sento. Ma si sente l’ispirazione, le radici e non la clonazione di qualcosa di già fatto. Nella presentazione si definiscono “veri amici” oltre che a musicisti e questo legame credo sia molto importante quando si compone musica così emozionale. Si può fare musica con ottimi risultati anche da sconosciuti, per carità, ma quando ci sono legami così forti il risultato arriva in profondità e in modo differente. La produzione è davvero buona, sembra di ascoltare un disco internazionale. Gli arrangiamenti sono curati e tecnicamente i mix sono assolutamente omogenei (pur essendo un greatest hits), dalla Just You con il suo traino classic rock alla High Class Woman che ci butta nei ‘70s, passando per Falling Away più sperimentale e appoggiata.

Il percorso dei cinque album è dettato anche da un periodo difficile vissuto dalla band e, come in molti casi, la musica è anche una cura. Nei momenti più difficili è sicuro rifugio d’ispirazione ed espressione. Non possiamo che fare un grandissimo in bocca al lupo alla band, sperando che la musica meravigliosa che ci hanno regalato possa aiutare ad affrontare momenti non facili. Grazie per questo riassunto di quello che sono cinque album di spessore.

Autore: Virtual Time Titolo Album: Pictures
Anno: 2019 Casa Discografica: Go Down Records
Genere musicale: Rock Voto: 8
Tipo: LP Sito web: https://www.facebook.com/virtualtimemusic
Membri band:
Luca Gazzola – chitarra, theremin, voce
Marco Pivato – basso
Alessandro Meneghini – batteria, voce
Filippo Lorenzo Mocellin – voce, chitarra
Tracklist:
Lato A:
1. Charmed
2. Just You
3. Beyond The Sun
4. High Class Woman
5. Heaven Is Asking…
6. The Adventures Of Funky Boy
Lato B:
7. I See The Moonlight
8. Nowhere Land
9. Falling Away
10. She
11. Distant Shores
Category : Recensioni
Tags : Rock
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