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13th Set2011

Bruce Springsteen – The River

by Tiziana

“Il mio amico era un osso duro, ma ha portato nella vostra vita alcune cose che erano uniche: e quando accendeva quella luce, quella dell’amore, illuminava il vostro mondo. Sono stato abbastanza fortunato da restare in quella luce per quasi 40 anni, vicino al cuore di Clarence, nel tempio dell’anima.”
(Bruce Springsteen – Elogio Funebre a Clarence Clemmons (11/01/1942 – 18/06/2011)

La formazione della leggendaria E-Street Band è avvenuta ufficialmente nel 1974. Dopo Federici, morto nel 2008, la scomparsa di Clemmons è la seconda in poco tempo. Sicuramente per Springsteen, che ha diviso buona parte della sua lunga carriera con questa grande famiglia, è una perdita umana difficile da superare. Quando esce nel 1980, The River è la consacrazione per Bruce Springsteen, già icona rock della Working Class americana, che proprio la E-Street Band aveva contribuito a creare, con stage shows spettacolari in giro per l’America, che duravano fino a 3-4 ore.  In realtà, la registrazione dell’album è cominciata nell’aprile del 1979, dopo il successo di Darkness on the Edge of Town, producendo un doppio contenente ben 20 canzoni con una hit internazionale, Hungry Heart. In pochi mesi, l’album raggiunge la vetta della  U.S. pop albums chart, vendendo 1.6 milioni di copie. Un grandissimo successo per Springsteen, risulta essere per molti l’album migliore della sua intera produzione artistica.

È infatti difficile non innamorarsi di questo splendido lavoro già dalla copertina, con il volto di Springsteen in vista, ragazzaccio del Jersey shore di inizio anni ‘70. Il sound è Rock classico, sempre fresco e attuale, mai fuori moda, che ti prende e ti scuote, che ti fa ballare fino a restare senza fiato (la sfida è questa: provate ad ascoltare You Can Look (But You Better Not Touch) tentando di restare…immobili). La partenza del primo disco è affidata a The Ties That Bind, bellissimo brano che avrebbe dovuto essere in origine il titolo dell’album ed anticipa, con grande carica, quelli che saranno i temi dominanti: l’amore tra uomo e donna, la famiglia e il matrimonio durante gli anni duri della recessione, in cui la disoccupazione raggiunse livelli terribili e la classe operaia si trovò a far fronte ad un grosso periodo di crisi. Le atmosfere sono pregne, a tratti, di quella malinconia rassegnata tipica dei ceti con meno possibilità economiche; quei lavoratori che da mattina a sera si spezzavano la schiena per sostenere il Paese, per rendere reale il sogno americano. La canzone The River, con il fascino blues della sua armonica, è ispirata ad una vicenda personale di Springsteen, egli stesso dichiarò che fu scritta per suo cognato e sua sorella;  improvvisamente verso la fine degli anni ‘70, i due si trovarono senza reddito e dovettero faticosamente far fronte al problema. “Io e Mary ci incontrammo al liceo / quando lei aveva solo diciassette anni / ci allontanammo in macchina da questa valle…Poi misi incinta Mary /… e per il mio diciannovesimo compleanno ricevetti / un libretto di lavoro e un abito da matrimonio…”.  In pratica, si tratta di un album che prende le sembianze di un libro, una raccolta di racconti di vita quotidiana difficile, nella quale anche l’amore può abbandonarti, come nella cupa e meravigliosa Point Blank, che parla di una storia  finita e lo fa in modo cinico, duro: “A bruciapelo, ti hanno presa di mira / a bruciapelo, hai dimenticato come si ama/ ragazza, hai dimenticato come si lotta / a bruciapelo, devono averti colpita alla testa/ perché a bruciapelo, bang, bang, tesoro sei morta “. Poi c’è il tema della noia, della conseguente fuga dalla realtà di Stolen Car e Drive all night; quel desiderio di riscatto, di cambiamento della propria, sfortunata, condizione esistenziale: “E ora sto guidando una macchina rubata attraverso la notte nera come la pece/ continuo a ripetermi che tutto andrà bene/ ma corro nella notte e viaggio con la paura non importa cosa io faccia o dove mi diriga/ nessuno mi vede quando gli passo accanto”.

In tutto questo, la splendida musica di Springsteen sorregge in maniera magistrale e crea atmosfere meravigliose, anche (perchè no) gioiose perchè come lui stesso ha dichiarato questo è il Rock and Roll: felicità, ma anche difficoltà, freddo, solitudine…Se è vero che la vita ha dei paradossi con i quali occorre convivere, resta sempre la possibilità di sognare ed immaginare che il futuro possa riservarci qualcosa di buono. Anche, chissà, un nuovo amore che nasce e fa battere forte il cuore, asciuga le lacrime: proprio come quello di Two Hearts.

Autore: Bruce Springsteen Titolo Album: The River
Anno: 1980 Casa Discografica: Columbia Records
Genere musicale: Rock/Folk Voto: 8
Tipo: CD doppio Sito web: http://www.brucespringsteen.net
Membri band:

Bruce Springsteen – voce, chitarra, armonica, pianoRoy Bittan – pianoforte, organi, cori

Clarence Clemons – sassofono, percussioni, cori

Danny Federici – organo, xilofono

Garry Tallent – Basso

Steve Van Zandt – chitarra, armonizzazione

Max Weinberg – Batteria

Flo & Eddie – in Hungry Heart           

Howard Kaylan – armonizzazione       

Mark Volman – armonizzazione

Tracklist:

Disc 1

  1. The Ties That Bind
  2. Sherry Darling
  3. Jackson Cage
  4. Two Hearts
  5. Independence Day
  6. Hungry Heart
  7. Out In The Street
  8. Crush On You
  9. You Can Look (But You Better Not Touch)
  10. I Wanna Marry You
  11. The River

 

Disc 2

  1. Point Blank
  2. Cadillac Ranch
  3. I’m A Rocker
  4. Fade Away
  5. Stolen Car
  6. Ramrod
  7. The Price You Pay
  8. Drive All Night
  9. Wreck On The Highway
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Rock
1 Comm
09th Set2011

Queensryche – Dedicated To Chaos

by Marcello Zinno

Una cosa deve essere chiara fin dall’inizio: un album dei Queensryche è molto difficile da inquadrare. Basti ascoltare Empire e Promise Land per stentare a credere che si tratti della stessa band dietro gli strumenti (d’altra parte anche Geoff Tate risulta irriconoscibile se visto oggi ed ai tempi di Rage for Order). È pur vero che una delle rarissime band di Seattle a non suonare grunge ha negli ultimi anni perso il mordente heavy principalmente a causa della dipartita di Chris DeGarmo, eccellente chitarrista e compositore, lasciando tutte le redini del gioco al duo Tate/Rockenfield (talvolta aiutato da Wilton). Un serpente che cambia pelle è difficile da riconoscere e l’errore di scambiarlo per innoquo è dietro l’angolo. Lo stesso vale per questo Dedicated To Chaos che al primo ascolto sembra essere figlio unigenito di quel blando American Soldier che tanto aveva fatto disperare i fan. La verità è che ci sono varie sorprese ben camuffate: dimenticate i pezzi diretti tipo Warning poggiati su un riff di chitarra ed immergetevi in composizioni più intricate per il semplice fatto che a comporle non compare un chitarrista ma la mente di Tate che guitarman non è. Intricate ma non complesse, anzi le tracce risultano scorrevoli (forse troppo) e di facile appiglio, orecchiabili ma non intuitive.

Un esempio per tutti è Retail Therapy che ben rappresenta il disco: i Queensryche del nuovo decennio risultano essere poco metal (a parte qualche schizzo qua e là) e molto riflessivi, seppur non profondi: hanno di nuovo cambiato pelle, questo è il fatto, e che piacca o no bisognerebbe interpretare quanto di buono questa ennesima metamorfosi può regalarci. Around The World è un pezzo piacevole, nel quale Geoff si sente a suo agio e ciò si avverte subito, arricchendo un lavoro molto attento di chitarre ed arrangiamenti seppur volti a trasformare il brano in singolo da radio; Higher (il titolo la dice lunga) è uno dei pezzi più alti dell’album, che richiama il groove presente in Empire ma facendolo con classe e non sfruttando l’appiglio hard rock (in alcuni casi sembra ricordare il sax che elogiava i pezzi di Chameleon degli Helloween, anch’esso un album di alt(r)o rango per la band) con un assolo davvero ben fatto ed un basso finalmente “alla Jackson”; lo stesso groove si presenterà in Drive per smuovere gli animi e spingere le pulsazioni ad un’accellerazione senza controllo pur non usando tempi da hardcore, mentre la medesima eleganza si ripresenterà in Wot We Do che grazie agli arrangiamenti risulta elaborato e stuzzicante.

Ma non è tutto oro quello che luccica (seppur non subito): Got It Bad risulta discutibile, eccessivamente “voce-centrico”, un pò come la quasi orchestrale Broken, un brano forzatamente ballad ed eccessivamente teatrale; I Believe, a parte per il contributo ritmico piacevole, non aggiunge niente se non rallentare il passo di una “non-corsa”, di una gita che sembra talvolta lasciarci senza mutamenti, spostandoci ma senza trascinarci realmente in nessun luogo. Questa è la sensazione che si prova anche con I Take You, dall’apparenza dura ma meno pericolosa di una lucertola (altro che serpente!).

La vera domanda è: ma da una band con queste capacità compositive e creative qual è la direzione che si aspetterebbe? È proprio questa?

Autore: Queensryche Titolo Album: Dedicated To Chaos
Anno: 2011 Casa Discografica: Roadrunner Records
Genere musicale: Rock Voto: 5,5
Tipo: CD Sito web: www.queensryche.com/
Membri band:

Geoff Tate – voce

Michael Wilton – chitarra

Eddie Jackson – basso elettrico, voce

Scott Rockenfield – batteria e tastiere

Parker Ludgren – chitarra

Tracklist:

  1. Get Started
  2. Hot Spot Junkie
  3. Got It Bad
  4. Around The World
  5. Higher
  6. Retail Therapy
  7. At The Edge
  8. Broken
  9. Hard Times
  10. Drive
  11. I Believe
  12. Luvnu
  13. Wot We Do
  14. I Take You
  15. The Lie
  16. Big Noize
Category : Recensioni
Tags : Queensrÿche, Rock
0 Comm
09th Set2011

Amplifier – The Octopus

by Marcello Zinno

Un’idea probabilmente geniale, una di quelle che qualsiasi discografico del mondo boccerebbe senza pietà (e già questo fa intuire quanto sia geniale): un album senza titolo, senza nome della band, senza alcuna scritta che riporta la benché minima informazione del contenuto della confezione. Un logo bianco, su uno sfondo nero pece, che a tratti rimarca i tentacoli di un grosso polipo, con un capo piccolo e ramificazioni che somigliano a numerose chiavi di violino. Aperta la confezione ci troviamo dinanzi una specie di doppio EP (?!) che poi, alla luce della lunghezza dei brani, si trasforma in un doppio album, suddiviso in due parti, ognuna costituita da otto tracce. Ma le soprese non sono terminate perché dietro quella che è la “band canonica”, composta da 3 o 4 membri, ognuno per uno degli strumenti che Dio Rock ha portato sulla Terra, ci troviamo una lista di dieci musicisti, senza considerare gli artisti dediti al “lavoro sporco” (produzione, mixing…).

Un rock intenso, celebrale ma per nulla cervellotico, solo talvolta intransigente ed elettrico (Interglacial Spell), quasi sempre figlio del post-metal (A Perfect Circle, Opeth, Isis) pur non essendo mai metal. Le molteplici mani che sorreggono questo lavoro, proprio come i tentacoli del polipo in copertina, si notano tutte: per nulla un lavoro diretto né scontato, The Octopus cerca di mostrare varie sfumature altalenando doppie voci, melodie cupe quanto basta da non sconfinare nella tristezza, parti di forte richiamo floydiano (come la bellissima Trading Dark Matter On The Stock Exchange, floydiana anche nel titolo, controverso per presentare un brano), ed una matrice radicalmente inglese.

Semplici come gli Eels, sperimentali come i Motorpsycho, variegati e artistici come fossero un gruppo progressive, gli Amplifier sembrano crearsi una bolla d’aria entro la quale sperimentare suoni ed accordi e fuoriuscirne molto raramente (esempio Fall Of The Empire) per dare sfogo ad un’energia che altrimenti rischierebbe di implodere e far svanire in un istante la bolla stessa.

C’è una certa linearità tra i due album fatta di composizioni, di linee musicali, tavolta orientaleggianti, incastrate in un brano che fanno da trademark e lo conducono fino al suo fader finale, linearità però che spesso non esiste tra una traccia e la sua successiva cosicché è difficile immaginare dove vogliono arrivare gli Amplifier ma, emotivamente, diviene facile comprenderne il percorso. Un percorso tutto da gustare.

Autore: Amplifier Titolo Album: The Octopus
Anno: 2011 Casa Discografica: Ampcorp
Genere musicale: Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: www.amplifiertheband.com/
Membri band: 

Sel Balamir – voce, chitarra

Matt Brobin – batteria

Neil Mahony – basso

 

Tracklist: Disc 1

  1. The Runner
  2. Minion’s Song
  3. Interglacial Spell
  4. The Wave
  5. The Octopus
  6. Planet Of Insects
  7. White Horses At Sea // Utopian Daydream
  8. Trading Dark Matter On The Stock Exchange

 Disc 2

  1. The Sick Rose
  2. Interstellar
  3. The Emperor
  4. Golden Ratio
  5. Fall Of The Empire
  6. Bloodtest
  7. Oscar Night // Embryo
  8. Forever And More
Category : Recensioni
Tags : Rock
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