The Doors – Waiting For The Sun
Dopo il felice exploit dei due fantastici album d’esordio – entrambi editi nel 1967 – ovvero l’omonimo The Doors ed il seguente Strange Days, nell’anno successivo la prolifica band californiana dà alle stampe Waiting For The Sun, un lavoro che rispetto ai primi (ma soprattutto al precedente), ridimensiona una certa “vocazione commerciale” del combo, per intraprendere un percorso più maturo, sperimentale e maggiormente incentrato sulla fusione dell’elemento musicale psichedelico influenzato da nuove sonorità, con quello poetico ed istrionico dei testi, un connubio che porterà questa terza fatica della band, dritta al primo posto dei dischi più venduti negli Stati Uniti. Ciò nonostante, come in un controsenso, se da una parte ci si potrebbe aspettare testi ermetici e lunghi ed ammorbanti polpettoni strumentali in salsa d’organo, dall’altro c’è da constatare che, ascoltando il disco, quest’ultimo è oltremodo pieno di spunti legati all’amore ed alle sue varianti sentimentali. Premesse a parte, va considerato che questo tipo di tematiche rimangono comunque in linea con le produzioni rock del tempo, riannodate con una certa frequenza nei continui richiami alle liriche ed agli scritti di Jim Morrison.
Waiting For The Sun è quindi un’opera con un marcato tratto romantico, lo si può facilmente intuire leggendone la tracklist. In questo disco l’amore riesce ad essere rappresentato in tante forme diverse, celate sotto altrettante mutevoli vesti sonore: da quella goliardica della breve overture Hello, I Love You a quella malinconica della eterea Love Street, passando da quella onirica della scintillante Wintertime Love, fino a stupire con quella poetica della randagia ed ipnotica My Wild Love. Per dirla tutta, anche Yes, The River Knows è una canzone di grande trasporto emotivo, forse la più intensa della raccolta, grazie ad uno stupendo tappeto di note in pianoforte sui cui cadono leggere come petali, le quartine in rima scritte per l’occasione da Jim:“Please believe me / If you don’t need me / I’m going, but I need a little time / I promised I would drown myself in mystic heated wine”. L’episodio di The Unknown Soldier, sposta l’attenzione dell’ascoltatore su altri temi più crudi, essendo un brano nato sull’impatto della barbarie della guerra in Vietnam. Questa traccia è senza dubbio tra le più interessanti dell’album, poiché recupera e ripropone quell’elemento teatrale già sperimentato in precedenza in episodi gloriosi come The End o Riders On The Storm: nel mezzo della canzone, i Doors inscenano una esecuzione con tanto di plotone a fucili spianati, rullo di tamburi ed ordine marziale di fare fuoco. Il tutto si conclude con la celebrazione estatica di Morrison per la fine della guerra. Un’intuizione, questa, che si rivelò di grande impatto emotivo nella riproposizione dal vivo.
Spanish Caravan rappresenta dal punto di vista prettamente sonoro, l’altro fuori tema di Waiting For The Sun e forse dell’intera discografia dei Doors, perennemente contaminata dal blues e qui ribaltata nelle radici grazie ad un sound fortemente ispirato alle atmosfere ed ai suoni latini. L’influenza spanish viene esaltata in questa canzone, dall’alternanza delle parti di chitarra classica a quelle distorte, trovando l’apice nella seconda parte del brano, in cui il momento elettrico abbraccia in maniera perfetta le tastiere psichedeliche di Manzarek. Summer’s Almost Gone e We Could Be So Good Together, si presentano invece come due brani che musicalmente appaiono legati alla produzione di Strange Days e che esprimono in pieno l’attitudine mainstream della band, quella spiccata propensione che li ha portati a comporre canzoni melodiche e godibili, dotate di ritornelli accattivanti arricchiti e supportati da buone sessioni di organo e di chitarra. In particolare We Could Be So Good Together, sembra riportare impresso a fuoco il marchio tipico del sound griffato The Doors, soprattutto per l’adagio ritmato e l’anima rock’n’roll che la caratterizza, anche se, per dirla tutta, il vero brano rock del disco è la fantastica Five To One. La si riconosce facilmente, grazie ad un giro elettrico tipicamente blues, al fantastico assolo di Krieger (tra i migliori dei suoi) e dal canto di Morrison, che di proposito cambia l’impostazione vocale, rendendola per l’occasione più rauca ed aggressiva del solito.
Nonostante Waiting For The Sun non contenga la title track (la ritroveremo curiosamente due album in avanti, in Morrison Hotel), non si può non ammettere che, grazie alla grande qualità delle undici tracce incise, con questo lavoro i Doors abbiano fatto nuovamente centro. Ascoltandolo attentamente, ci arriva tutto lo spessore di un universo sonoro complesso e multiforme, un mondo in cui si può riconoscere la personalità artistica di questa incredibile band, il cui valore troppo spesso si riduce e si nasconde dietro l’immensa icona pop del suo carismatico leader.
Autore: The Doors | Titolo Album: Waiting For The Sun |
Anno: 1968 | Casa Discografica: Elektra Records |
Genere musicale: Rock, Blues | Voto: 8,5 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.thedoors.com |
Membri band:
Jim Morrison – voce Ray Manzarek – tastiere, sinth Robby Krieger – chitarra John Densmore – batteria |
Tracklist:
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