• Facebook
  • Twitter
  • RSS

RockGarage

      

Seguici anche su

        Il Rock e l'Heavy Metal come non li hai mai letti

  • Chi siamo
  • News
  • Recensioni
  • Articoli
  • Live Report
  • Foto Report
  • Interviste
  • Regolamento
  • Contatti
  • COLLABORA
26th Mag2015

Diablues And Fàntas – When The Harmonica Add Cracks

by Carlo Verzegnassi

Diablues And Fàntas - When The Harmonica Add CracksTra le colline di due stati, un gruppo di quattro, otto, dodici uomini suona il blues per le loro famiglie ed i loro amici. Girano le enoteche, i pub, cercano di far vivere il blues attorno a loro, anche passandoselo di padre in figlio, riascoltano vecchi nastri e soprattutto ne incidono di nuovi. Dove c’è fermento nascono le nuove band ed i Diablues And Fàntas hanno portato il blues che risuonava tra i colli orientali friulani ad un incrocio con un suono molto più rock’n’roll, psichedelico ed elaborato. Il cuore della band è un power trio, Baron Carlettosef, Mattro Manùt ed il Dottor Manuzzo ma è proprio quest’ultimo che ha fondato la band assieme all’armonicista Piccovùk (il misterioso assente, di cui parleremo poi…). Nati come duo di street buskers, chitarra ed armonica, dedicati alla reinterpretazione dei classici del blues, si fanno prendere la mano dalla scena di amici ed intenditori che si stringe attorno a loro, arrivando addirittura ad arruolare musicisti durante una prima serie di concerti a metà fra il cabaret ed il rito satanico; così entrano a far parte del gruppo il bassista ed il batterista: i Fantàs.

9 mesi di gestazione, da fine 2013 a luglio 2014, danno vita a When The Harmonica Add Cracks, sette tracce inedite inspirate dalle loro live session di grandi classici e da una sfilza di prove al 2+2 Recording Studio di Enrico Perusin. Super Mixer analogico, pulizia ed il minimo di attrezzatura per ottenerla. La band dichiara che non è servito spiegare nulla ad Enrico, era abile, interessato al progetto ed ha sostenuto in prima persona tutti i costi di realizzazione. When The Harmonica Add Cracks è stato registrato registrato in presa diretta, con il minimo di sovraincisioni, una batteria jazz fatta bene, qualche piccolo segreto chitarristico ed un suono particolare. Tutte cose che possiamo apprezzare nella prima traccia: Majestic Queen, solido ed elegante blues ibridato con chitarre hendrixiane, un convenevole, prima di scendere in profondità. Dalla seconda traccia in poi le ritmiche si fanno più sghembe, gli swing sono malati, irregolari, la chitarra si colora e anima diverse melodie, vibranti, strane.e soprattutto entra la voce molto rock’n’roll del Dottor Manuzzo. Where The Yellow Coins Are Buried, Sciarfless Leader, Half Man Half Son’g sono armate di voce roca, chitarre e bassi caldi e distorti, ti avvolgono in un sogno pesante ed impossibile. Testi psichedelici e tematiche surreali non mancano, Half Man Half Son’g è un trip degno di uno sceneggiato sci-fi mentre Pink Devils e Wild Pleasures sono canzoni gemelle, un lungo discorso su paranoie e piaceri accompagnate da una pacca sonora costante, la cavalcata senza fine, che contraddistingue il buon rock’n’roll. Ritmo, pochi effetti, una batteria con un vero charleston degli anni ’30, un’impronta costante data dai classici amplificatori Orange ed alcuni strumenti di liuteria, sono il loro punti di riferimento (cit. la “Frankenstein” del Dottor Manuzzo – pickup potenziati, circuito hackerato, ronza assicurata.).

Come rivela la track finale Simple Things uno dei loro motti è “Enjoy the party instead”, spalleggiati dal Blues Club 356, le osterie della zona e la cricca locale oramai in molti conoscono sia i loro live che il loro suono. Il Blues Club 356 (come la strada provinciale 356), non ha una sede, la sede originale non c’è più, sono i vari personaggi tra musicisti, gente che lo fa come secondo lavoro, o folli appassionati che si stanno aggregando in una scena senza garanzie o obbligo di presenza tra i filari, non i campi di cotone e tra di loro i Diablues. Nella presente edizione dell’album viene soppressa la traccia di armonica, la prossima ne vedrà l’inserimento ed inoltre la partecipazione di molti lodati ospiti selezionati tra i componenti del Blues Club 356.

Infine dopo un anno di lavoro con i Diablues il Dottor Manuzzo dichiara per inciso: (visto che ho avuto la fortuna di poterci parlare di persona…) “si hanno sudato, ma si sono lavati ed hanno cambiato gli abiti appena possibile. Ogni tanto hanno usato anche del profumo per attirare le femmine”.

Autore: Diablues And Fàntas Titolo Album: When The Harmonica Add Cracks
Anno: 2015 Casa Discografica: 2+2 Records
Genere musicale: Blues, Psychedelic Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://soundcloud.com/duepiuduerecords
Membri band:

Dottor Manuzzo – voce, chitarra

Baron Carlettosef – basso

Mattro Manùt – batteria

Ospiti:

Piccovùk – armonica

Tracklist:

  1. Majestic Queen

  2. Sciarfless Leader

  3. Where The Yellow Coins Are Buried

  4. Half Man Half Son’g

  5. Pink Devils

  6. Wild Pleasure

  7. Simple Things

Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
12th Mag2015

The Blind Catfish – The King Of The River

by Marcello Zinno

The Blind Catfish - The King Of The RiverIl quintetto che prende il nome di The Blind Catfish ci regala delle grandi emozioni con l’album d’esordio The King Of The River. Sì perché di solito le realtà emergenti che omaggiano la “scena del Mississippi” (di cui abbiamo ampiamente parlato con questo articolo) lo fanno ancorate alle loro radici, come se il blues fosse nato e morto in quegli anni e non avesse diritto ad un futuro. i The Blind Catfish ce lo propongono in chiave rock, quindi commestibile anche per chi si accinge a scoprire nuove band che parlino un linguaggio più giovane. Attenzione però a non fraintenderci: Questa formazione ha talento e sa di certo che non bisogna calpestare il rock blues delle origini e quello più storico: lezioni di The Blues Brothers, Creedence Clearwater Revival, Gary Moore si ritrovano in questo lavoro ed è bello vivere l’elettricità di questi brani, gli assoli in pentatonica che fanno entrare in trance, i watt che aumentano. Nomi storici certo però con una musica riproposta, a nostro parere, in modo che possa piacere a tutti, anche se si sa che il rock blues (suonato bene) potrebbe far muovere chiunque.

Bella la produzione, bello il nome dell’album che richiama la scelta che i ragazzi hanno voluto fare del proprio moniker, belle le influenze quasi hip hop nell’intermezzo di Finding Emily (per chi pensasse che questa band è ferma immobile sul proprio sound), bella anche Belong To You, una ballad particolare che dimostra tutta la saggezza in fase compositiva del combo. Ascoltare brani come Red Pants Panda o Late Night With The Cat ti dà una carica incredibile: indipendentemente da quanto ami il blues, vieni trascinato ed è difficile restare fermi ad ascoltare. Convincente anche la voce di Pietro Pivetti, calda ma per nulla scontata per questo genere, la ciliegina sulla torta per un sound davvero persuasivo.

Ma al di là della loro energia c’è un momento che vale l’acquisto dell’album: la cover di Billie Jean di Michael Jackson, praticamente il brano che ha avuto il successo commerciale maggiore nella sua intera discografica e che ha rappresentato gli anni ottanta nel complesso. Qui viene stravolta e viene eliminato lo spirito ballabile del brano che Jackson aveva fortemente voluto (lavorando per settimane al suo giro di basso e agli arrangiamenti) e sta proprio qui la genialità. Perché si tratta di un brano triste che parla di una storia di una stalker e di uno dei primi numerosi scandali che la famiglia Jackson ha dovuto vivere. I The Blind Catfish la reinterpretano nello stato d’animo giusto, quello che forse provava Michael Jackson quando componeva questo capolavoro. Solo per questo si meritano tutta la nostra stima.

Autore: The Blind Catfish Titolo Album: The King Of The River
Anno: 2015 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Rock Blues Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.blindcatfish.com
Membri band:Marco Maretti – armonica, dobro, mandolino, voce

Luca Fragomeni – chitarra, mandolino, basso, voce

Pietro Pivetti – voce

Luca Manicardi – batteria

Mauro Muzzioli – basso

 

Tracklist:

  1. Tool

  2. The Ballad Of The Lonely Sock

  3. The King Of The River

  4. Belong To You

  5. Red Pants Panda

  6. Finding Emily

  7. Lead You

  8. Seamonkey

  9. Late Night With The Cat

  10. Bananapalooza

  11. Billie Jean

Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
12th Mag2015

Freddy And The Phantoms – Times Of Division

by Alessio Capraro

Freddy And The Phantoms - Times Of DivisionLe radici del blues affondano anche nella fredda terra danese, Copenaghen per essere precisi, facendo germogliare il sound dei Freddy And The Phantoms con il loro terzo album Times Of Division. Questo disco fonde piacevolmente riff duri col blues vecchio stampo, creando sonorità molto orecchiabili e alla portata di tutti. Senza preamboli, l’album si apre con la title-track Times Of Division, forse il miglior brano perché unisce senza forzature vari generi ricordando ora il sound degli Eagles, ora quello dei Doors nella parte strumentale, con un timbro di voce tipicamente anni ’70. Davvero ben fatto. Nel secondo brano, Borderline Blues, si definisce con più decisione il genere con stacchi di sola voce tipicamente blues, un pezzo piacevole tanto quanto Down Down Down dal ritornello assolutamente radiofonico. In The Attic ha un inizio pressoché uguale alla mitica Back Door Man dei Doors, un particolare che va senza dubbio a loro sfavore, perché proprio l’inizio di questo brano di Morrison e Co. è senza dubbio inconfondibile. Ne esce fuori, però, un sound molto pinkfloydiano complice anche la voce e tastiere molto psichedeliche. Si ritorna al blues con No One To Blame e No Time per passare poi alla flebile Sinking Ship, da ascoltare al tramonto, e alla decisa Morning Sun che chiude l’album.

Disco assolutamente piacevole questo dei danesi Freddy And The Phantoms, coraggiosi nel seguire la propria matrice blues ma non restandone ancorati, cercando di osare e di iniettare nei giusti momenti altre sonorità senza dubbio a loro care. Questo album è per tutti, di facile ascolto e senz’altro da festival, non stanca e può essere lasciato tranquillamente come sottofondo senza disturbare, anzi, massaggia piacevolmente le menti.

Autore: Freddy And The Phantoms Titolo Album: Times Of Division
Anno: 2014 Casa Discografica: Mighty Music
Genere musicale: Rock Blues Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.freddyandthephantoms.com
Membri band:

Frederik Schnoor – voce, chitarra

Rune Hansen – batteria

Morten Rahm – chitarra

Mads Wilken – basso

Anders Haahr – tastiere

Tracklist:

  1. Times Of Division

  2. Borderline Blues

  3. On The Sidewalk

  4. Down Down Down

  5. In The Attic

  6. No One To Blame

  7. Storm On The Riverside

  8. No Time

  9. Sinking Ship

  10. Morning Sun

Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
02nd Mag2015

Four Tramps – Tramps & Thieves

by Aldo Pedron

Four Tramps - Tramps & ThievesUn quartetto italiano i Four Tramps che attinge sicuramente al rock e al blues americano. Nascono nel 2011 a Reggio Emilia. Il gruppo non tralascia le sonorità di certa musica esplosiva inglese anni ’70 con una virata verso la musica punk ma soprattutto hanno un’anima blues malinconica che non guasta affatto. Dopo aver realizzato un demo che distribuivano ai loro concerti gratuitamente ecco il primo album ufficiale. Un disco registrato e mixato ai Vox Recording Studios di Reggio Emilia ed interamente autoprodotto. La band è composta da Simone Montru Montruccioli, Davide Guzzo Guzzon, Elia Ezzy Braglia e Osiris Joe, tutti italiani ed emiliani D.O.C. Testi rigorosamente in inglese che parlano delle sventure della vita, di chi lotta con se stesso, si parla di armi nelle mani di un bambino di nove anni che uccide la propria sorella con un epilogo tragico nell’iniziale 22 Crickett My First Rifle, di Belgrave Road a Londra e di certi hotel schifosi, una vita tribolata dove i demoni vengono sempre a pescarti. Ladri E Vagabondi è il tema del disco e dei Four Tramps che in ogni canzone parlano e raccontano di esperienze grame, di birra e whiskey, di rock and roll e duro lavoro, trasgressori ed emarginati e dei poliziotti che vengono sempre a braccarti, a scovarti e forse ti puoi attaccare ed aggrappare soltanto al blues.

I “lost faith i lost hope” (ho perso la fede e la speranza ) “fifty years of hard work and now are just ruins and dust” (50 anni di duro lavoro e restano soltanto rovine e polvere) cantano in Tremblin’ Land Blues e tutto si fa maledettamente serio e senza prospettive, senza sbocchi anche se alla fine parlano di una donna con cui costruire un nuovo futuro! Blues è sinonimo di povertà, dolore, malinconia, tristezza, ribellione, protesta contro la sottomissione, una musica sentimento nata dagli stati d’animo dei neri nelle piantagioni di cotone e che cerca di sfogare e alleviare le sofferenze giornaliere ed esprimere il forte desiderio di un futuro migliore. Muddy Waters diceva che “il blues parla di gente fottuta“, vediamo di non essere tragici per definizione. Blues è sinonimo anche di suoni, di ritmi e linguaggi avvincenti ed imperdibili. Tornando ai Four Tramps, in Me And The Devil # 2 al quartetto si aggiunge l’organo hammond di Fonta. All’interno del disco ci sono i testi ed una loro foto emblematica con la scritta in sottofondo Mississippi che la dice lunga sulla storia del blues e del Delta del fiume Mississippi che nasce a nord del Minnesota attraversa l’America settentrionale centrale (in dieci stati: Minnesota, Kentucky, Tennessee,Wisconsin, Illinois, Iowa, Missouri, Arkansas, Mississippi, Louisiana) dove è nato il blues e sfocia nel Golfo del Messico dopo oltre 3.700 chilometri. Tramps And Thieves oltre ai testi già descritti dispensa una musica solida, corposa. Se l’anima è blues, il corpo è decisamente rock.

Ciò che è evidente è che parliamo di un quartetto ben strutturato, ogni strumento è in particolare evidenza e la musica scivola via lineare in un ensemble davvero notevole. Piace molto l’iniziale 22 Crickett My First Rifle o Tramps And Thieves che dà il titolo all’album ma in ogni traccia c’è un marchio di fabbrica consolidato e direi proprio di segnalare Last Day Of Freedom dove le due chitarre di Simone Montru Montruccioli e Davide Guzzo Guzzon svettano in un sound lancinante accompagnati da un basso fragoroso e un drumming torrenziale e puntiglioso. Moonshiner In Love è un rock tradizionale con un assolo di batteria del bravissimo Osiris Joe ad introdurre il brano. Il Moonshiner per chi non lo sa è un personaggio d’altri tempi, soprattutto negli Stati Uniti, una persona dimentica dopo il proibizionismo che distillava liquori e whisky di frodo, clandestinamente, una sorta di contrabbandiere e distillatore che produceva e vendeva liquori da fuorilegge e ci rimanda agli anni 20 e ’30.

In Tremblin’ Land Blues spuntano la slide guitar e l’armonica a caratterizzare un sound made in U.S.A. ma si riferisce alle tragedie della loro Emilia ed alla voglia di ripartire e non soccombere. I Four Tramps propongono riff vorticosi e sonorità incalzanti e trascinanti con canzoni piene di metafore, contrasti e frustrazioni. Un gruppo da seguire attentamente ed un disco consigliato a tutti coloro a cui piace la vera musica rock, blues e rock and roll intensa, ipnotica, accattivante.

Autore: Four Tramps

Titolo Album: Tramps & Thieves

Anno: 2014 Casa Discografica: Autoproduzione

Genere musicale: Rock Blues

Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.fourtramps.com/
Membri band:

Montru – voce, chitarra, harmonica

Ezzi – basso

Guzzo – chitarra, slide guitar e cori

Osiris Joe – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. 22 Crickett My First Rifle

  2. Moonshiner In Love

  3. Tramps & Thieves

  4. The Girl Of Abnormal Dreams

  5. Last Day Of Freedom

  6. Tremblin’ Land Blues

  7. Mr. Jameson ( Irish Drunken Blues)

  8. Morning Spread Blues

  9. Buster Blues

  10. Revolution Tonight

  11. Me & The Devil #2

  12. Summertime Blues (bonus track)

Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
06th Feb2015

The Blue Lads – Hero

by Marcello Zinno

The Blue Lads - HeroDa poco più di un mese è uscito l’EP dei The Blue Lads un gruppo che sembra stupirci poco sulla carta. Gavetta da cover band e moniker che richiama direttamente le loro radici blues. Eppure l’EP, nonostante sia costituito da sole 4 tracce, ci piace. Bello perché mescola la tradizione blues, quella che ha scritto ottime pagine grazie a nomi ingombranti (a proposito a questa pagina un nostro articolo in merito) e il rock più moderno; come a dire l’immancabile pentatonica da un lato e il rock elettrico dall’altro con linee vocali che colano groove e si lasciano cantare. Hero non è solo riff e ritmi trascinanti ma anche dei suoni pulitissimi resi così grazie ad una produzione di alto livello. Lati negativi? Sì, le lame fanno affilate e il sound personalizzato ulteriormente. Gli assoli sono un po’ troppo derivativi per il genere e siamo sicuri che con una ricercatezza maggiore la band riesca a crearsi un proprio stile personale e, senza tradire del tutto il blues, crearsi un seguito anche per chi non apprezza del tutto questo genere e tende ad ascoltare un rock più duro.

Bella la cavalcata impostata da Boogie At 5 che rispecchia l’idea che proponevamo noi qualche riga fa e lancia il power-trio verso territori infuocati on stage, ma anche l’opener esprime un’ottima dose di energia. Una band da tenere sott’occhio a patto che ci offra qualcosa di nuovo.

Autore: The Blue Lads Titolo Album: Hero
Anno: 2014 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Blues Rock Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.thebluelads.net
Membri band:

Alessandro Taveggia – voce, chitarra

Davide Martini – basso

Marco Gorla – batteria

Tracklist:

  1. Hero

  2. New Awakening

  3. The Truth

  4. Boogie At 5

 

Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
16th Gen2015

Lo stato del MISSISSIPPI, U.S.A.

by Aldo Pedron

Mississippi cartinaL’ombelico del mondo! Il Mississippi (la terra del Delta) dove il cotone cresceva più alto della testa di un uomo e dove gli argini erano ancora troppo bassi per proteggere le piantagioni dalle piene annuali del fiume, è uno stato federato degli Stati Uniti d’America la cui capitale è Jackson. Confina a nord con il Tennessee, ad est con l’Alabama, a sud con il Golfo del Messico e con la Louisiana ed ad ovest con l’Arkansas (si legge “arkansò”). Prende il nome dal grande fiume Mississippi che scorre lungo il suo confine occidentale e deriva dalla parola indiana misi-ziibi che vuol dire grande fiume. La superficie dello stato del Mississippi è di circa 125.443 km quadrati ed è stato abitato per la maggior parte da afroamericani.Le principali città sono: Jackson, Gulfport, Hattiesburg, Biloxi, Southaven, Meridian, Greenville, Tupelo, Olive Branch, Clinton. La regione agricola del Delta è piatta e di una desolata bellezza. Il Delta Blues in realtà si sviluppa nel Mississippi ma soprattutto in una regione a nord dello stato del Mississippi e nella parte orientale dell’Arkansas. La regione del Delta infatti si estende geograficamente da Memphis, Tennessee nel nord, a Vicksburg nel sud, col fiume Mississippi ad ovest e con lo Yazoo river ad est. Il Delta è il luogo dove il blues è cominciato, sul fiume Mississippi e nei suoi due affluenti il Tallahatchie e lo Yazoo. Le strade del blues (e il celebre crossroads) sono le mitiche Highway 61 e Highway 49.

Le grandi capitali del Mississippi blues sono Clarksdale, Indianola, Greenwood dove fu avvelenato Robert Johnson e dove oggi il grande bluesmen è seppellito, Greenville e non ultima Helena che però sta sull’altra sponda del Mississippi e cioè nello stato dell’Arkansas. Altro simbolo della storia del blues è Tutwiler, località presso la quale il leggendario, band-leader e compositore W.C. Handy (nato nel 1873 a Muscle Shoals in Alabama) narrava di aver ascoltato per la prima volta (all’alba del secolo, nel 1903 ) un cantante di blues. Il Mississippi è stata la culla (the cradle) di generazioni di grandi musicisti ed artisti, assai celebri ed anche sconosciuti. Il famigerato penitenziario Parchman Farm è famoso per aver avuto tra i suoi inquilini i leggendari: Son House, Bukka White e Huddie Ledbetter detto Leadbelly. Le precise origini del blues si perdono nelle notti dei tempi ma uno dei primari luoghi e centri della musica del Mississippi è la cosiddetta Dockery Farms. Questa Plantation per circa tre decadi è stata la culla della musica blues, la casa di Charley Patton (1891-1934) il più importante musicista del Delta Blues. Patton a sua volta imparò da altri residenti della grande piantagione (una sorta di colonia) come il suo maestro Henry Sloan ed influenzò altri musicisti che arrivarono nello stesso luogo come Howlin’ Wolf, Willie Brown, Tommy Johnson e Roebuck Pops Staples. Qui nacque l’idioma del blues alla fine dell’ottocento. Si dice che Charlie Patton nella Dockery Plantation insegnò a suonare il blues tra gli altri a Son House, Howlin’ Wolf, Willie Brown e Robert Johnson.

Con il Delta Blues nascono i protagonisti più importanti del blues prebellico ma al tempo stesso il Mississippi, rimane ugualmente nel dopoguerra culla di numerosissimi talenti. Il Mississippi è il luogo dove la malinconica musica del diavolo ha avuto le sue primarie radici. Qui tutti i grandi bluesmen hanno cantato le loro storie d’amore, con schiettezza e intensità parafrasando i loro conflitti esistenziali. I Bluesmen del Mississippi, influenzati dalle work-songs, hanno in comune con il resto dei musicisti neri americani, l’insoddisfazione che appesantiva i loro cuori, il senso di alienazione, l’assenza di radici e di antenati, la scomoda sensazione di essere merci più che persone. Il Mississippi blues è una musica ruvida, aspra ma allo stesso tempo ipnotica, magica, basata su dei testi grezzi ed amari e sul suono stridente della chitarra acustica a sei corde e che dà la sua importanza alla componente ritmica. Le stesse corde della chitarra sono pizzicate con vigore enfatizzando il ritmo della canzone, una musica poliritmica come la stessa musica africana. Un suono ed un canto spesso brutale, sempre calato a fondo nel gioco metaforico e nella struttura narrativa. E qui che viene anche introdotta per la prima volta la famosa chitarra slide che per i bluesmen sta a significare come fosse una seconda voce. Senza alcuna ombra di dubbio il primo musicista e personaggio a proporre la chitarra slide nella storia del blues fu Elmore James.

Gli uomini del Delta, i cosiddetti bluesmen diffondono la tecnica del bottleneck (il collo di bottiglia ora sostituito da un cilindro metallico). E se Charlie Patton è essenziale e viene considerato il fondatore del Delta Blues, figure altrettanto importanti sono e resteranno Son House,dalla caratteristica voce modulata ed un canto dolente ed ironico e naturalmente Bukka White, Big Joe Williams, Skip James ed il mitico Robert Johnson. Quest’ultimo con le sue sonorità e la stupefacente tecnica chitarristica basata sul fingerpicking ed i suoi testi sinistri narranti di spettri e demoni ha creato la grammatica basilare del blues-rock (le sue incisioni e la sua discografia si riducono soltanto a 29 canzoni in totale incise in soli due anni). Robert Johnson è l’autore nel giro di pochissimi anni di capolavori come Sweet Home Chicago (si dice che Robert Johnson abbia barattato la sua anima con il diavolo diventando in cambio e d’incanto un fenomeno alla sei corde, per approfondire la sua storia cliccare qui), Love In VainBlues del 1936 (ripresa dai Rolling Stones nell’album Let it Bleed nel 1969), Cross Road Blues (1936) diventata Crossroads nel 1968 nella versione dei Cream di Eric Clapton, Come On In My Kitchen (1936) divenuta un classico e ripresa tra gli altri da Johnny Winter, Delaney & Bonnie e Eric Clapton, Stop Breakin’ Down Blues sempre del 1937 interpretata dai Rolling Stones nell’album Exile On Main Street nel 1972, la splendida Me And The Devil Blues (1937), Hellhound On My Trail (1937), e tanti altri brani.

 

DELTA BLUES
GUS CANNON (banjoista e cantante) (1883-1979) nato a Red Banks, Mississippi
CHARLIE PATTON (1891-1934) nato a Edwards, Mississippi
MISSISSIPPI JOHN HURT (alias John Smith Hurt) (1893-1966) nato a Teoc, Mississippi
FURRY LEWIS (alias Walter Furry Lewis) (1893-1981) nato a Greenwood, Mississippi
TOMMY JOHNSON (1896-1956) nato a Terry, Mississippi
ROBERT WILKINS (1896-1987) nato a Hernando, Mississippi
SONNY BOY WILLIAMSON II (alias Alex Rice Miller)(1899-1965) nato a Glendora,Mississippi
ISHMAN BRACEY (1901-1970) nato a Byram, Mississippi
SON HOUSE (alias Eddie James House Jr.) (1902-1988 ) nato a Riverton, Mississippi
SKIP JAMES ( alias Nehemiah Skip James) (1902-1969) nato a Bentonia, Mississippi
BIG JOE WILLIAMS (1903-1982) nato a Crawford, Mississippi
BUKKA WHITE (alias Booker T Washington White) (1906-1977) nato a Houston, Mississippi
TOMMY MC CLENNAN (1908-1960) nato a Yazoo City, Mississippi
ROBERT JOHNSON (1911-1938 ) nato a Hazlehurst, Mississippi
DAVID “HONEYBOY” EDWARDS (1915- 2011) nato a Shaw, Mississippi
ELMORE JAMES (1918-1963) nato a Richland, Mississippi
ALBERT KING (alias Albert Nelson) (1923- 1992) nato a Indianola, Mississippi
JIMMY REED (1925-1976) nato a Dunleith, Mississippi

 

BLUES, RHYTHM AND BLUES / ROCK AND ROLL
GUITAR SLIM (alias Eddie Jones) (1926-1959) nato a Greenwood, Mississippi
BO DIDDLEY (alias Ellas Otha Bates, aka Mc Daniel)(1928-2008) nato a Mc Comb, Mississippi
SAM COOKE (alias Sam Cook) (1931-1964) nato a Clarksdale, Mississippi
IKE TURNER (alias Isaac Wister Turner) (1931-2007) nato a Clarksdale, Mississippi

 

LE STRING BANDS
MISSISSIPPI SHEIKS (la famiglia Chatman) nati a Jackson, Mississippi

 

GOSPEL
ROEBUCK “POPS” STAPLES (1914-2000) nato a Winona, Mississippi

 

CHICAGO BLUES
BIG BILL BROONZY (1893-1958) nato a Scott, Mississippi
ARTHUR “BIG BOY” CRUDUP (1905-1974) nato a Forest, Mississippi
SUNNYLAND SLIM (alias Albert Luandrew) (1907-1995) nato a Vance, Mississippi
PINETOP PERKINS (alias Joseph William Perkins) (1913-2011) nato a Belzoni, Mississippi
MUDDY WATERS (alias Mc Kinley Morganfield) (1915-1983) nato a Rolling Fork, Mississippi
WILLIE DIXON (1915-1992) nato a Vicksburg, Mississippi
BIG WALTER HORTON (1917-1981) nato a Horn Lake, Mississippi
HOWLIN’ WOLF (alias Chester Arthur Burnett) (1910-1976) nato a West Point, Mississippi
SNOOKY PRIOR (alias James Edward Pryor) (1921-2006) nato a Lambert, Mississippi
ROBERT LEE BURNSIDE (alias R.L. Burnside) (1926-2005) nato a Harmontown, Mississippi
J.B. LENOIR (1929-1967) nato a Monticello, Mississippi
OTIS SPANN (1930-1970) nato a Jackson, Mississippi
HUBERT SUMLIN (1931) nato a Greenwood, Mississippi
LITTLE MILTON (alias James Milton Campbell Jr) (1934- 2005) nato a Inverness, Mississippi
JAMES COTTON (1935) nato a Tunica, Mississippi
MAGIC SAM (alias Gene Sam Maghett ) (1937-1969) nato a Grenada, Mississippi
MAGIC SLIM (alias Morris Holt) (1937-2000) nato a Grenada, Mississippi

 

COUNTRY
JIMMY RODGERS (alias James Charles Rodgers ) (1897-1933) nato a Meridian, Mississippi

 

ELECTRIC BLUES
JOHN LEE HOOKER (1917-2001) nato a Clarksdale, Mississippi
B.B. KING ( alias Riley B. King) (1925) nato a Itta Bena, Mississippi

 

ROCKABILLY / ROCK AND ROLL
ELVIS AARON PRESLEY (1935-1977) nato a East Tupelo, Mississippi

Category : Articoli
Tags : Rock Blues
0 Comm
13th Ott2014

Joe Bonamassa – Different Shades Of Blue

by Alberto Lerario

Joe Bonamassa - Different Shades Of BlueJoe Bonamassa da alcuni anni a questa partesi si è ormai spostato ben oltre la sua incarnazione iniziale di enfant prodige della chitarra blues con un fascino particolare verso Stevie Ray Vaughan, fino ad evolversi in un raffinato chitarrista con spiccate doti canore, portando un po’ di anima R&B nel blues. Per Different Shades Of Blue, Bonamassa si è avvalso in sede di stesura dei brani di alcuni cantautori di lungo corso di Nashville come Jeffrey Steele, Gary Nicholson, James House. Joe ha poi ha preso 11 brani delle canzoni composte e, in quel di Las Vegas, con l’aiuto di un solido gruppo di musicisti di studio, tra cui Reese Wynans (organo, pianoforte), Carmine Rojas (basso), Michael Rhodes (basso), Anton Fig (batteria, percussioni), Lenny Castro (percussioni), Lee Thornburg (tromba, trombone), Ron Dziubla (sassofono) ha perfezionato il tutto. A dimostrazione della passione maniacale che Bonamassa ha per la sei corde, per registrare l’album ha utilizzato 20 diverse chitarre vintage, con 13 diversi amplificatori elencati ognuno nelle note di copertina. Come è facile intuire quindi Different Shades Of Blue è un album in cui i suoni di chitarra sono cesellati, cristallini, ideale vassoio per quella che è anche una bellissima voce blues. Dentro i confini del genere Bonamassa spazia con grande varietà stupendo ancora una volta per l’incredibile vena compositiva.

Love Ain’t A Love Song è un’ottima canzone R&B; Never Give All Your Heart perfetto mix tra hard blues ed honky tonk style; con Trouble Town Bonamassa si diverte mescolando tutte le sue influenze nella sua versione il blues, da Stevie Ray Vaughan, Eric Clapton, e Rory Gallagher a Jimi Hendrix e Hank Garland; la title track Different Shades Of Blue è il perfetto esempio di rock blues passionale ed orecchiabile. Different Shades Of Blue è un disco suggestivo e senza tempo, un blues di livello elevatissimo per gli standard di chiunque. Il problema qui, però, è che, ad eccezione delle canzoni elencate prima, alcune tracce del disco rimangono purtroppo maggiormente anonime. Senza troppi giri di parole tuttavia siamo di fronte ad un album che definire attinente solo ad un genere è difficile: rock, blues, R&B poco importa, possiamo ascoltare un grande autore (chitarrista e cantante) in ottima forma.

Autore: Joe Bonamassa Titolo Album: Different Shades Of Blue
Anno: 2014 Casa Discografica: Provogue Records
Genere musicale: Blues, Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.jbonamassa.com
Membri band:

Joe Bonamassa – chitarra, voce

Reese Wynans – pianoforte

Carmine Rojas – basso

Michael Rhodes – basso

Anton Fig – batteria

Lenny Castro – percussioni

Lee Thornburg – fiati

Ron Dziubla – sassofono

Tracklist:

  1. Hey Baby (New Rising Sun)

  2. Oh Beautiful!

  3. Love Ain’t A Love Song

  4. Living On The Moon

  5. Heartache Follows Wherever I Go

  6. Never Give All Your Heart

  7. I Gave Up Everything For You, ‘Cept The Blues

  8. Different Shades Of Blue

  9. Get Back My Tomorrow

  10. Trouble Town

  11. So, What Would I Do

Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
04th Ott2014

Bill LaBounty – Into Something Blue

by Aldo Pedron

Bill La Bounty - Into Something BlueBill LaBounty forma con l’amico Steve Eaton nel 1969 un gruppo chiamato Fat Chance a Nashville, Tennessee, poi tentano la fortuna nel 1972 trasferendosi a Los Angeles ma per motivi futili si sciolgono presto. Nel 1979 la sua This Night Won’t Last Forever è interpretata da Michael Johnson ed entra nelle charts americane nelle Top 20 dell’anno. Negli anni ’90 le sue composizioni sono decisamente country e le scrive soprattutto per Steve Wariner, quest’ultimo riscuote un discreto successo. La scarna discografia solistica di Bill nelle quattro decadi successive comprende: Promised Love (1975), This Night Won’t Last Forever (1978), Rain My Life (1979, disco a dir poco splendido) Bill LaBounty (1982 che contiene la celeberrima Livin’ it up). Questi primi 4 album sono incisi per la Curb Records/Warner Bros. Nove anni dopo pubblica The Right Direction ( 1991), segue Best Selection ( 2004) un’antologia per la Columbia e ben diciotto anni dopo Back Your Star (2009). Nel 2011 la Rhino Records France ha pubblicato un cofanetto con 4 CD con un sacco di inediti ed intitolato Time Starts Now con un suono ripulito e decisamente più energico degli originali. Nel frattempo realizza e scrive canzoni per tanti artisti (esempio: Randy Craword ) e collabora con musicisti del calibro di James Taylor, Jeff Porcaro, Larry Carlton, Steve Lukater, Lenny Castro, Steve Gadd e David Sanborn.

La lettura delle sue canzoni, alcune sue composizioni e i suoi arrangiamenti ricordano il miglior Donald Fagen di The Nightfly (1982) o del Joe Jackson di Night And Day ( 1982). Into Something Blue (2014) è un album tinto di jazz che comprende 11 nuove canzoni tra cui alcune sue meravigliose composizioni (ci collabora anche sua moglie Beckie Foster) ed alcune illustri cover come Funny But I Still Love You di Ray Charles e Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan. Nella curatissima versione CD giapponese (high quality sound) è inclusa una bonus track intitolata Corporate Rock And Roll che però resta un rock di maniera e nulla più. Suoni morbidi, vellutati, arrangiamenti discreti ma concreti, sonorità decisamente jazz ma non mancano brani di blues. Bill LaBounty è splendido alla tastiere e i musicisti che lo accompagnano per l’occasione brillano di luce propria come Mark Douthit al sax tenore, decisamente superlativo e d’atmosfera e ancora Larry Carlton, virtuoso della chitarra qui presente in vari brani. Bill utilizza nei suoi album i migliori musicisti disponibili sulla piazza. West-coast sound, cool modern blues /jazz sound con delle liriche sempre eccellenti. Un sound per le orecchie più raffinate per un artista di nicchia e per chi frequenta i territori del pop più raffinato.

Apre le danze All This Time, superba e dai suoni languidi ma ispirati, seguono e vanno segnalate soprattutto Funny But I Still Love You di Ray Charles, in stile blues, una Lover Man assai apprezzabile così come un classico di Jerry Leiber e Mike Stoller If You Don’t Come Back. Non convince invece la cover di Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan. Un album d’ascolto e di grande atmosfera che consiglio a tutti coloro che amano una certa musica (jazz, blues, soul) aristocratica ed elegante.

Autore: Bill LaBounty Titolo Album: Into Something Blue
Anno: 2014 Casa Discografica: Victor Entertainment
Genere musicale: Jazz, Blues, Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.billlabounty.com/
Membri band:

Bill LaBounty – tastiere, voce solista

Larry Carlton – chitarra

Rick Chudacoff – basso

Jack White – batteria

Mark Douthit – sax tenore

Barry Green – trombone, euphonium

Bryan Cumming – clarinetto

Tom Hemby – chitarre

Danny Parks – chitarra

Joey Richey – cori

Nicole Richie – cori

Stephanie Wilson – cori

Tracklist:

  1. All This Time

  2. Ax To Grind

  3. The Cooling Board

  4. You Can’t Break My Heart

  5. Lover Man

  6. If You Don’t Come Back

  7. Funny But I Still Love You

  8. Stray Dog Blues

  9. Subterranean Homesick Blues

  10. Reprise (All This Time)

  11. Into Something Blue

  12. Corporate Rock And Roll (bonus track solo su CD edizione giapponese)

Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
12th Set2014

Gary Moore – Dark Days In Paradise

by Giancarlo Amitrano

Gary Moore - Dark Days In ParadiseProseguendo nel percorso ormai intrapreso all’inizio della decade, Gary Moore decide di rilasciare un length sulla medesima falsariga, sia pur dandone una particolare diversificazione che sfocia in un “similpop” (?!) a causa della modernità del suono quasi tecnicizzato. Impreziosendo il lavoro anche di un paio di ballad azzeccatissime pure circa il loro posizionamento all’interno dell’album: al centro ed alla fine. Estrapolando ad esempio Like Angels, ne notiamo la struttura tipicamente rhythm and blues che grazie al lavoro corposo delle tastiere consente alla traccia di dirompere in un enfatico refrain molto coinvolgente e trascinante. Naturalmente, predominio della sei corde che con un paio di intensi soli che si completano a vicenda mettono in risalto la tecnica ormai universalmente riconosciuta: specialmente in quello finale abbiamo la possibilità di apprezzare l’uso della pedaliera che modula le tonalità della scala, contribuendo a dilatare il brano oltre i 7 minuti. Mentre nella traccia 9 si apprezzano allo stesso tempo le miglioratissime capacità vocali del Nostro e la malinconia della Stratocaster che qui in versione anche acustica forma il giusto tappeto sonoro che fa di una traccia quella Top.

La opening track invece gioca su di un’alternanza tra strofe molto rilassate ed altre molto più intense, quasi in antitesi tra loro ma a giusto completamento dell’economia del brano. Cold Wind Blows  risente dell’indecisione dell’autore tra il liberare il feeling completamente ed il trattenere il pulsante blues in una indecisione di refrain che porta soltanto ad una intensa prestazione con lo slide della sei corde. I Have Found My Love In You fa calare l’Irlandese Volante in una ottima prestazione vocale, che si sublima in gorgheggi adattissimi alla bisogna, che rendono il brano molto delicato, intimistico e quasi malinconico, grazie anche ad una saggia amministrazione dei toni acuti. Always There For You concede un simpatico ritmo di basso e percussioni, su cui il Nostro si getta a capofitto per tessere un intricato ma efficace approccio pulito e stavolta prettamente blues, con la sei corde che detta bene i tempi di intervento tra la sezione ritmica stavolta predominante. Spaziando attraverso una interlocutoria Afraid Of Tomorrow, che mette comunque in risalto le direttive impartite all’album dall’axeman, possiamo giungere tranquillamente al momento topico dell’album, rappresentato certamente da Business As Usual, brano fortemente autoriflessivo e che attraverso il suo excursus rende bene in pochi minuti la vita e la carriera musicale del Nostro, in modo così intimo e descrittivo da farci sognare ad occhi aperti il buon Gary che imbraccia la fidata ascia per tratteggiare melodie commoventi, che procurano ampiamente brividi di emozioni e partecipazione.

La maxi durata permette al brano di dipanarsi tra vibrati e maturità artistica ormai raggiunta, dal contenuto ancora oggi attualissimo che riserva ancora una inattesa sorpresa finale: la presenza di un cosiddetto “brano fantasma”. Questo si materializza proprio dopo la traccia conclusiva che ha il titolo dell’album e in cui la semiacusticità del brano consente al leader maximo di intrattenerci con una simil ninnananna che ha il compito di condurre per mano chi ascolta ad un sonno dei giusti. Quali sono certamente quelli che hanno avuto ed avranno negli anni la sorte di ascoltare gemme come questo lavoro.

Autore: Gary Moore Titolo Album: Dark Days In Paradise
Anno: 1997 Casa Discografica: Virgin
Genere musicale: Blues Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.gary-moore.com
Membri band:

Gary Moore – chitarra, voce

Guy Pratt – basso

Gary   Husband – batteria

Magnus   Fiennes – tastiere

Dee Lewis   – voce

Phil   Nicholas – tastiere

Tracklist:

  1. One Good Reason
  2. ColdWind Blows
  3. I Have Found My Love In You
  4. One Fine Day
  5. Like Angels
  6. What Are We Here For?
  7. Always There For You
  8. Afraid Of Tomorrow
  9. Where Did We Go Wrong?
  10. Business As Usual
Category : Recensioni
Tags : Gary Moore, Rock Blues
0 Comm
24th Apr2014

Guitar Ray And The Gamblers – Photograph

by Luigi Di Lorenzo

image descriptionQuarto lavoro per la band capitanata dal chitarrista cantante Ray Scona, Photograph è un disco blues rock di pregevole fattura. L’album, prodotto da Paul Reddick, armonicista e cantautore canadese, inizia con l’energica Give It Up, brano che rimanda a Rhythmeen degli immensi ZZ Top. Maggiore personalità emerge nella seconda traccia I’m Goin’, I’m Goin’ dove la chitarra di Ray Scona e il piano di Henry Carpaneto, si fondono in un tutt’uno davvero coinvolgente. Dal groove dinamico di Everybody Wants To Win si passa all’energica She’s Mighty Fine caratterizzata da sonorità decisamente “southern”. Mary Lou è quasi un boogie e precede You’re The One, una delle tracce migliori del disco. Questo brano, davvero ispirato, è arricchito dalla presenza sinfonica del GnuQuartet, quartetto musicale composto da Stefano Cabrera (violoncello) Roberto Izzo (violino), Raffaele Rebaudengo (viola) e Francesca Repetti (flauto). Con la settima traccia Do The Dance si ritorna al groove coinvolgente che la band ha mostrato fin qui: una perfetta fusione di tutti gli elementi strumentali e della voce. I toni si placano nettamente con He Thinks Of You, brano quasi psichedelico con sonorità molto “pinkfloydiane”.

Il disco si chiude con I Heard That Train Go By, altro “bluesaccio southern” e con Bella Bambina, unico brano italiano dell’intero lotto che però non aggiunge e non toglie niente ad un album suonato in maniera ineccepibile e ben sviluppato. Il lavoro chitarristico di Ray Scona riesce a creare una perfetta amalgama con gli altri strumenti e nel contempo rende individuabile sin dal primo ascolto il genere proposto.

Autore: Guitar Ray and The Gamblers Titolo Album: Photograph
Anno: 2013 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Blues Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.rayscona.com
Membri band:

Guitar Ray Scona –  chitarra, voce

GabD – basso

Henry Carpaneto – piano

Marco Fiulano – batteria

Tracklist:

  1. Give It Up
  2. I’m Goin’, I’m Goin’
  3. Everybody Wants To Win
  4. She’s Mighty Fine
  5. Mary Lou
  6. You’re The One (feat. GNU Quartet)
  7. Do The Dance
  8. He Thinks Of You
  9. I Heard That Train Go By
  10. Bella Bambina
Category : Recensioni
Tags : Rock Blues
0 Comm
Pagine:«123456789»
« Pagina precedente — Pagina successiva »
  • Cerca in RockGarage

  • Rockgarage Card

  • Calendario Eventi
  • Le novità

    • At First – Deadline
    • Rainbow Bridge – Unlock
    • Typhus – Mass Produced Perfection
    • Hybridized – Hybridized
    • Methodica – Clockworks
  • I Classici

    • Quiet Riot – Alive And Well
    • Pallas – XXV
    • Offlaga Disco Pax – Socialismo Tascabile (Prove Tecniche Di Trasmissione)
    • Mountain – Masters Of War
    • King’s X – XV
  • Login

    • Accedi
  • Argomenti

    Album del passato Alternative Metal Alternative Rock Avant-garde Black metal Cantautorale Crossover Death metal Doom Electro Rock Folk Garage Glam Gothic Grunge Hardcore Hard N' Heavy Hard Rock Heavy Metal Indie Rock Industrial KISS Libri Marillion Metalcore Motorpsycho Motörhead New Wave Nu metal Nuove uscite Post-metal Post-punk Post-rock Power metal Progressive Psichedelia Punk Punk Rock Radio Rock Rock'N'Roll Rock Blues Stoner Thrash metal Uriah Heep
Theme by Towfiq I.
Login

Lost your password?

Reset Password

Log in