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20th Gen2021

Pontecorvo – Ruggine

by Marcello Zinno
I Pontecorvo ritornano, con una nuova line-up ma con la stessa idea di incendiare palchi ed amplificatori. Non siamo sicuri che questo possa essere vero alla lettera ma di sicuro lo è metaforicamente: provate ad ascoltare il singolo Gaviscon Blues a volume massimo e poi ci raccontate. Il loro stoner rock è potente, spesso veloce e distruttivo; potremo dire essenziale (i brani non raggiungono i 3 minuti di durata) e allo stesso tempo grezzi, di quel sapore dirty molto americano e anche fantastico per chi ha sete di vero rock. 19 minuti di musica complessiva, 19 minuti di pugni nel fianco, eppure i ragazzi sanno giocare anche con le costruzioni, tanto che in brani come Freddo creano la giusta ambientazione durante la strofa per poi finire l’avversario nel ritornello. Ma quello che ci piace è il saper muoversi allegramente all’interno e oltre un genere: è con Martedì che il blues prende il sopravvento, lo fa sempre con questa matrice di base caratterizzata da rock sporco, in un’altra epoca lo avremo chiamato grunge ma il nome poco importa, è l’energia erogata che ci piace. È con gli ultimi due brani che i ragazzi optano per soluzioni diverse, come se la rabbia lasciasse lo spazio ad emozioni diverse, composizioni più studiate, in parte figlie mai riconosciute dell’heavy (Prendere Sonno) e che potrebbero svilupparsi nel futuro della band.

E se non bastasse sappiate che da poco la band ha pubblicato Ruggine in vinile. Ora ci sono tutti gli ingredienti per non lasciarvi sfuggire questa uscita.

Autore: Pontecorvo Titolo Album: Ruggine
Anno: 2020 Casa Discografica: Truebypass
Genere musicale: Stoner, Blues Rock Voto: s.v.
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/pontecorvoband
Membri band:
Ale – Basso
Fili – Chitarra
Fra – Batteria
Tracklist:
1. Cade
2. Gaviscon Blues
3. Freddo
4. Martedì
5. Qualche Santo
6. Paglia
7. Prendere Sonno
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
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10th Gen2021

Fu Manchu – The Action Is Go

by Marco Pisano
Il quarto capitolo della saga stoner targata Fu Manchu, The Action Is Go, può essere considerato a pieno titolo uno dei capolavori della discografia della band californiana, una delle vette più alte mai raggiunte nella produzione artistica e musicale dalla compagine americana. A mio modesto parere, quest’album può tranquillamente entrare a far parte di un’ipotetica top 50 dei migliori album metal degli anni 90 ed essere elevato a pietra miliare della fase di maturazione e di definitiva consacrazione dello stoner. I Nostri, capitanati dal buon Scott Hill, in questo lavoro riescono ad esprimersi ad altissimi livelli, portando lo stoner ad un livello di maturazione e di qualità stilistica decisamente elevati. Da segnalare la presenza dietro le pelli, di un autentico mostro sacro del genere, Mr. Brant Bjork, che era fuoriuscito dai Kyuss appena qualche anno prima. La sua presenza si percepisce eccome, donando al sound già tirato e potente dei Fu Manchu, una spinta extra, un boost degno di un jet in fase di decollo.

Le trame chitarristiche alternano sapientemente momenti lisergici e psichedelici, a momenti decisamente tirati e indiavolati, quasi di stampo hc, fungendo da perfetto contraltare alla voce stridula di Hill e alla sezione ritmica compatta, potente e inarrestabile di Bjork e Davis. Consigliatissimo per gli amanti dello stoner, dei Fu Manchu, ma anche per coloro che vogliono avvicinarsi per la prima volta a questo genere o alla produzione della band californiana. Immancabile nella collezione dei patiti del genere. Classico.

Autore: Fu Manchu Titolo Album: The Action Is Go
Anno: 1997 Casa Discografica: Mammoth Records
Genere musicale: Stoner Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: https://fu-manchu.com
Membri band:
Scott Hill – voce, chitarra
Bob Balch– chitarra
Brad Davis – basso, theremin
Brant Bjork – batteria
Jay Noel Yuenger – organo, minimoog
Tracklist:
1. Evil Eye
2. Urethane
3. Action Is Go
4. Burning Road
5. Guardrail
6. Anodizer
7. Trackside Hoax
8. Unknown World
9. Laserbl’ast!
10. Hogwash
11. Grendel Snowman
12. Strolling Astronomer
13. Saturn III
14. Nothing Done
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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29th Dic2020

Fu Manchu – Clone Of The Universe

by Marco Pisano
Clone Of The Universe, dodicesimo album in studio della stoner band californiana Fu Manchu, è certamente un buon album, piacevole da ascoltare e in grado di soddisfare sia le esigenze dei fan della formazione californiana, sia quelle degli appassionati di stoner in generale. Rappresenta una sorta di “usato sicuro” nella ormai più che ventennale discografia del gruppo; infatti qui ritroviamo tutti gli ingredienti sonori e tematici tanto cari alla band e allo stoner più classico: il riffing di chitarra aggressivo, energico, secco, tagliente e affilato come le lame di un rasoio, con frasi ipnotiche e allucinate, una sorta di tunnel spaziale e sonoro in grado di catapultarti nel bel mezzo della Death Valley; le accelerazioni improvvise e i cambi di ritmo repentini; la classica sezione ritmica compatta, solida e pronta a far viaggiare ogni brano dritto come un treno sul proprio binario; le atmosfere a tratti quasi claustrofobiche, soffocanti e cupe come le nuvole di un temporale, a tratti psichedeliche e da trip. Tutte caratteristiche che lo rendono un album discreto e piacevole, ma che paradossalmente ne limitano gli slanci creativi e le possibilità espressive; si percepisce ascoltandolo che alla band californiana manchi un po’ di creatività e di fantasia in questa fase della loro carriera, e che, consapevoli di questo, abbiano deciso di puntare sull’usato sicuro, riproponendo sonorità che i fan ormai conoscono molto bene e che non si discostino più di tanto dalla loro road map artistica e musicale.

L’effetto sorpresa e spiazzamento che ci saremo aspettati di trovare ascoltando Clone Of The Universe non c’è stato e la cosa un po’ ci dispiace, avremo preferito che il gruppo osasse maggiormente e proponesse qualcosa di più innovativo e spiazzante. Ma la gradita sorpresa (e smentita) arriva proprio nella traccia finale, Il Mostro Atomico, una jam onirica, surreale, che dilata il concetto di spazio e di tempo, proponendosi quasi come una sorta di universo parallelo all’interno dell’album, dove le regole della fisica vengono stravolte, e dove la fantasia e la creatività trovano finalmente libero sfogo, con risultati semplicemente magnifici. Non a caso occupa da sola la metà della durata dell’album (la traccia infatti dura poco più di 18 minuti), sarà per la presenza come ospite di Alex Lifeson (chitarrista dei Rush) che innalza in modo significativo la qualità della traccia e dell’album intero, conferendo a questo “mini universo” una dimensione quasi prog, a se stante, liquida e immateriale, capace di espandersi e viaggiare in ogni direzione essa voglia.

Per concludere, questo lavoro probabilmente non passerà alla storia come uno dei più memorabili della discografia dei Fu Manchu, ma può diventare il punto di partenza per un nuovo sentiero artistico, più creativo e fantasioso, in grado di dare nuova linfa ed energia alla vena creativa della band; le basi sono state gettate, e, se verranno consolidate e approfondite nel prossimo lavoro, ne vedremo veramente delle belle.

Autore: Fu Manchu Titolo Album: Clone Of The Universe
Anno: 2018 Casa Discografica: At The Dojo Records
Genere musicale: Stoner, Doom Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/FuManchuBand
Membri band:
Scott Hill – voce, chitarra
Bob Balch– chitarra
Brad Davis – basso
Scott Reeder – batteria
Alex Lifeson – chitarra in Il Mostro Atomico
Tracklist:
1. Intelligent Worship
2. (I’ve Been) Haxed
3. Don’t Panic
4. Slower Than Light
5. Nowhere Left To Hide
6. Clone Of The Universe
7. Il Mostro Atomico
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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13th Dic2020

Fu Manchu – California Crossing

by Marco Pisano
California Crossing, settimo album in studio della stoner band statunitense Fu Manchu, come facilmente prevedibile dal nome e dalla copertina, contiene fortissimi richiami musicali, visuali e culturali alla California. Ascoltandolo, è praticamente impossibile non pensare alle vastissime e aride aree desertiche del Mojave e della Death Valley, o alle spiagge super affollate di surfisti e alle passeggiate di Santa Monica e Malibù, o alla sfavillante e seducente Los Angeles, o al meraviglioso Golden Gate di San Francisco. Non a caso, la California è uno dei luoghi natii della controcultura americana degli anni 60, patria della Silicon Valley e della rivoluzione digitale degli anni 70-80, di moltissimi gruppi musicali rock e non solo, che grande hanno reso l’America e la sua cultura musicale per buona parte del Novecento. E molte correnti del rock qui sono nate o hanno trovato terreno fertile per potersi sviluppare, crescere e diventare mature, si pensi alla psichedelia negli anni 60. Tra queste, c’è ovviamente lo stoner rock, nato nel torrido e polveroso contesto di Palm Desert.

E i Fu Manchu non perdono l’occasione, anche in questo lavoro, di ricordare al mondo che le loro radici musicali e geografiche appartengono indiscutibilmente alla California, ai suoi deserti e alle sue spiagge. Un groviglio di elementi surf, psichedelici, metal e hard sono il dna sonoro di questo album; i riff di chitarra, iper aggressivi, distorti e super fuzzosi, non tradiscono le attese, lasciando trasparire qua e là per gli orecchi più allenati anche influenze surf rock, oltre ai cari e vecchi riff ipnotici, monolitici e lisergici tanto cari allo stoner classico anni 90. Dietro le pelli, per l’ultima volta con la formazione dei Fu Manchu un vero e proprio monumento del panorama stoner, Brant Bjork, che, conclusa l’esperienza con i Kyuss qualche anno prima, ha nel frattempo trovato agevolmente una nuova sistemazione nei Fu Manchu, e credeteci, la sua impronta su quest’album si sente e come. Un drumming mai banale e scontato, sempre in grado di dare la giusta dose di cattiveria e di grinta a tutti i brani, sapendo essere monolitico e granitico quando occorre e morbido e delicato quando necessario. Veramente un gigante e un maestro. Anche la sezione di basso è all’altezza della situazione, una garanzia, una base compatta e solida su cui poter costruire un edificio sonoro di qualità.

Quest’album è un ideale compagno di viaggio, che vi invita a inforcarvi il casco o a salire in macchina e mordere l’asfalto, trasformandovi in viaggiatori in men che non si dica e dandovi il giusto spirito per divorare chilometri dopo chilometri senza sforzo alcuno. California Crossing, rispetto ad altri album classici dello stoner, risulta meno “duro e puro”, presenta un sound a tratti più orecchiabile e ammiccante ai passaggi radiofonici, o a sfumature surf- rock e rock’n’roll, oltre che psichedeliche e hard’n’heavy. Il risultato però è di assoluta qualità, non si corre mai il rischio di annoiarsi e non si può certo accusare quest’album di essere troppo piatto o scontato. In definitiva, i Fu Manchu hanno fatto centro, unendo la loro anima polverosa, lisergica e torrida dello stoner ad altre influenze e sonorità più da spiaggia e stradaiole, come il surf, il rock’n’roll e l’hard rock. Un mix frizzante, divertente e vivace, che vi terrà compagnia sia in viaggio che a casa, e vi farà sentire il profumo e l’odore della California.

Autore: Fu Manchu Titolo Album: California Crossing
Anno: 2002 Casa Discografica: Mammoth Records
Genere musicale: Stoner, Hard Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/FuManchuBand
Membri band:
Scott Hill – voce, chitarra
Bob Balch – chitarra
Brad Davis – basso
Brant Bjork – batteria
Tracklist:
1. Separate Kingdom
2. Hang On
3. Mongoose
4. Thinkin’ Out Loud
5. California Crossing
6.Wiz Kid
7. Squash That Fly
8. Ampn’
9. Bultaco
10. Downtown In Dogtown
11. The Wasteoid
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Stoner
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02nd Set2020

Hairy Mussels – Cozzilla

by Simone Rossetti
Uno stoner rock speziato di psichedelia, sonorità vintage (che però non puzzano di falso), alcune buone intuizioni e qualche ombra. Lo stoner è un genere piuttosto vago e che lascia ampia scelta interpretativa, per contro, o si è dei fuoriclasse o lo si diventa o si rischia di restare in un anonimato che non è né carne né pesce (questo è un problema che riguarda chiunque si approcci a questo genere proprio perchè musicalmente “semplice” e dalle influenze più svariate). Cozzilla degli Hairy Mussels è un buon album ma poteva essere un ottimo album, gli è mancato giusto quel “passettino” in più, un semplice passettino che però richiede un approccio completamente diverso e non è cosa da poco, ma ci ritorneremo su. Gli Hairy Mussels sono un trio di Milano composto da Daniele (Danikomio) alla chitarra e voce, Grace alla batteria e Pietro al basso; attivi dal 2016 rilasciano nel 2018 il loro primo album Noise ‘N’ Oyster ed è dei primi mesi di questo 2020 la loro ultima fatica, Cozzilla; un buon album dicevamo ma andiamo per ordine, all’interno di questo lavoro ci sono almeno tre ottime tracce, la prima è il brano di apertura Porncop, riff secchi e potenti, ritmica precisa, un bel refrain ed una buona voce (buona ma forse non abbastanza potente da “bucare” l’ascolto) e sonorità che a tratti possono ricordare vagamente i Nirvana (è un complimento perchè non si tratta di semplice scopiazzatura). L’altro brano è Mummified, attacco potente e deciso ed anche qui un bel refrain che resta piacevolmente in testa (senza ammiccamenti a certo indie) ed infine c’è la notevole Blackstar lanciata lungo una polverosa Route 66 e con un crescendo finale che si incolla sulla pelle mentre il vento scompiglia i capelli (per chi li ha ovviamente).

Ci sono poi alcuni buoni brani che però non lasciano il segno: l’hardcore di Feast pesta duro ma non scontato lasciando ampia libertà di variazioni, Rise ha un buon impatto e buone potenzialità ma ha il sapore del già sentito, si conclude con Waterboarding (forse troppo ammiccante a certe sonorità anni 90) e Spiral, un pezzo potente e adrenalinico ma non abbastanza incisivo. L’album termina qui ed è un bel sentire, resta appunto qualche zona d’ombra, in alcuni brani ci si adagia sulla mediocrità di questi tempi, un accontentarsi invece di osare di più (compreso il rischio di sbagliare ma è questo il bello ed anche una necessità), le potenzialità ci sono e sarebbe un peccato sprecarle, la voce come si è detto potrebbe essere un limite ma anche la sezione ritmica (sempre precisa ma più incisiva e fantasiosa darebbe quel tocco in più); è un album che vi consigliamo di ascoltare e ri-ascoltare, non tutti i brani sono sullo stesso livello ma c’è anima e sudore, proprio come dovrebbe sempre essere, e non è poco.

Autore: Hairy Mussels Titolo Album: Cozzilla
Anno: 2020 Casa Discografica: Seahorse Recordings
Genere musicale: Stoner Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/hairymussels
Membri band:
Danikomio – chitarra, voce
Grace – batteria
Pietro – basso
Tracklist:
1. Porncop
2. Waterboarding
3. Blackstar
4. Feast
5. Rise
6. Mummified
7. Spiral
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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22nd Giu2020

Kayleth – 2020 Back To Earth

by Massimo Volpi
Il nuovo album dei Kayleth ha una copertina strepitosa, come sempre; ha un suono incredibile, come sempre; è un viaggio pazzesco, come sempre. 2020 Back To Earth è un disco molto, molto bello. Il quintetto veronese rappresenta ormai una realtà nel panorama stoner nostrano (e non solo), sempre che esista un panorama simile nel nostro Paese. A sentire questo album, dai suoni al confezionamento, non sembrerebbe nemmeno di parlare di una band italiana, ma questo non è raro che accada (per fortuna); solo che questa volta ci si ha proprio l’impressione di trovarsi davanti a un band (nord europea o americana) che meriterebbe palchi importanti. Atmosfere spaziali/aliene dall’artwork all’ultima canzone. Apre Corrupted e inizia un viaggio intergalattico di 46 minuti. Un viaggio fatto di chitarroni fuzz, effetti, raggi laser e sonorità da sci-fi e b-movie. Uno stoner rock bello saturo, veloce quanto basta, ritmato e vario. Una capacità compositiva e di esecuzione davvero interessante. Qualità e varietà che rimane costante per tutta la durata dell’album, senza mai annoiare né ripetersi ma che sa anzi sorprendere (l’inserto di sax in Lost In The Canyons o il synth in By Your Side); molto buono il timbro vocale e il cantato, così come l’inserimento di assoli (Delta Pavonis, Electron).

Un album che sa variare pur rimanendo dentro i propri confini, utilizzando riff ed effetti, senza perdersi in sperimentazioni che non troverebbero risultati, quando i risultati già sono evidenti e importanti. Un master volutamente cupo che evidenzia inevitabilmente più la parte ritmica ma che permette di posizionare senza alcun dubbio questo lavoro all’interno della sfera stoner più tradizionale. Potenza e noise controllato, effetti, pedali, assoli e qualche cambio di tempo ben dosato, costituiscono la ricetta perfetta per questo 2020 Back To Earth che chiude con l’ipnotico giro di Cosmic Thunder. Su un ipotetico scaffale temporale, li posizionerei tra Kyuss e Graveyard; lasciatevi rapire dal disco volante in copertina e viaggiate nell’universo Kayleth.

Autore: Kayleth Titolo Album: 2020 Back To Earth
Anno: 2020 Casa Discografica: Argonauta Records
Genere musicale: Stoner, Space Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/KAYLETHBand
Membri band:
Enrico Gastaldo – voce
Massimo Della Valle – chitarra
Daniele Pedrollo – batteria
Michele Montanari – synth
Alessandro Zanetti – basso
Tracklist:
1. Corrupted
2. Concrete
3. Lost In The Canyons
4. The Dawn Of Resurrection
5. Delta Pavonis
6. By Your Side
7. Electron
8. The Avalanche
9. Sirens
10. Cosmic Thunder
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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02nd Giu2020

Impatto Zero – Inni Generazionali

by Marcello Zinno
Gli Impatto Zero, tornano con un nuovo EP, formato a cui ci aveva già abituati in passato. Ma il loro sound è esattamente perfetto per questa “confezione”: mordere e buttare giù senza starci troppo a pensare. Il loro infatti è un rock lo-fi che però nei riff e nei pattern assume sembianze diverse: l’opener OMG apre il sipario allo stoner più viscerale, ma è con Felicità Per Metà che ci si sposta su lande crossover che fanno echi ai Linea 77; il loro approccio quasi hardcore non può che non colpire dritto in faccia l’ascoltatore, è esattamente quella irruenza che prende fuoco nella manciata di minuti nei quali è compresso Inni Generazionali. Ma i ragazzi ci sanno fare non solo a livello stilistico, anche i messaggi veicolati dimostrano sostanza, basti ascoltare la titletrack per capire che il quartetto ha da dire non solo musicalmente. Ma se volete essere colpiti da un treno in corsa allora il nostro suggerimento è di alzare il volume e ascoltare Cosa Vuoi?, un brano che inizia con una trama sludge metal e che poi riprende lo stile della band, fatto di rock sporco, ma in questo caso con delle liriche che prendono il sopravvento e che si fanno aspre così come la musica. Brano assolutamente verace. L’EP si conclude con 1984, altro brano crossover di una potenza disarmante.

Lo stile degli Impatto Zero è volutamente ancorato su una produzione molto poco pulita, alle chitarre muscolari la band preferisce distorsioni vistose: questa scelta stilistica caratterizza in modo evidente il loro marchio di fabbrica e noi la promuoviamo anche perché dietro questi suoni ci sono contenuti di livello (in altri casi l’approccio noise viene usato per nascondere mancanza di idee). Sulla lunga distanza forse potrebbero optare per una produzione di più alto livello per fare il doveroso salto.

Autore: Impatto Zero Titolo Album: Inni Generazionali
Anno: 2020 Casa Discografica: Mr. Blue Records
Genere musicale: Stoner, Hardcore, Sludge, Noise Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/impattozeroband/
Membri band:
Martin Cantero – voce, chitarra
Francesco Sole – chitarra, voce
Domenico Perugini – basso, voce
Thomas Tarquini – batteria, voce
Tracklist:
1. OMG
2. Felici Per Metà
3. Inni Generazionali
4. Cosa Vuoi?
5. 1984
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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11th Mag2020

Maya Mountains – Era

by Gabriele Rusty Rustichelli
I Maya Mountains nascono nel 2005, registrano il loro primo album nel 2006 (che esce nel marzo 2009) e oggi escono con il loro secondo album Era registrato nel 2014. Questa è un po’ la descrizione di una situazione che troviamo spesso in Italia. Band con talento che però si scontrano con la realtà di tempi prolissi per la realizzazione di lavori (a meno che il tutto non sia voluto all’approccio in stile “Tool”). Nella descrizione della band, Era viene descritto come un percorso di cinque anni dove la band esplora le proprie sfumature sonore per fissarle nel nuovo lavoro. Parliamo di una band rock per struttura, psichedelica per mancanza di confini e stoner per gran parte del sound. Questo incuriosisce molto, solitamente le band rock “canoniche” rischiano di essere banali, quelle psichedeliche rischiano di essere divertenti solo per i musicisti che ci suonano dentro (persi nel loro viaggio) e le band stoner spesso sono la copia sbiadita della brutta copia. Viste le premesse, ascolto il disco con scetticismo…che dura poco. Il sound c’è, la produzione anche. E questo è già un ottimo inizio. Visto il genere non stiamo parlando di produzione raffinata e laccata ma neppure fatta a caso solo per fare gli alternativi. La cura del suono non manca e il carattere è davvero presente.

Ovviamente non stiamo parlando di qualcosa di semplice al primo ascolto, né di un genere da “cantare” su una cabrio percorrendo una highway, piuttosto di un viaggio (un po’ scuro) da ascoltare mentre si guida una Challenger Demon nera, in mezzo al deserto in compagnia solo della propria e disturbata anima nera. La band è composta da tre elementi, basso, batteria e chitarra. Ci sono dei momenti dove si lascia spazio anche a synth (suonati da Alessandro, bassista e cantante), che, a tratti, aumentano il senso di inquietudine. Non entro nel merito del concept riguardante i testi, credo che sia davvero troppo personale in questo caso come visione e lascio all’ascoltatore ogni stimolo ad entrarci dentro a dovere, mi limito a constatare che in Italia, ancora una volta, ci sono progetti validi, con un mood davvero internazionale e con una visione musicale molto interessante. Ascoltare il disco tre volte di fila è stato un viaggio, sapere di potermi immergere in certe atmosfere mantenendo l’orgoglio italiano è davvero un piacere. Ora mi manca solo una Challenger…la colonna sonora so dove andarla a cercare.

Autore: Maya Mountains Titolo Album: Era
Anno: 2020 Casa Discografica: Go Down Records
Genere musicale: Rock, Psichedelia, Stoner Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/pg/mayamountainsera
Membri band:
Alessandro – voce, basso, synth
Emanuel – chitarra
Marco – batteria
Tracklist:
1. Enrique Dominguez
2. In the Shadow
3. San Saguaro
4. Dead City
5. Vibromatic
6. Raul
7. Ufo
8. Baumgartner
9. Extremely High
10. El Toro
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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10th Mag2020

Concrete Mountain – Hazedazed

by Raffaele Astore
Questa band tutta italiana, biellese per l’esattezza, si distingue con questa uscita dell’aprile 2020 per il sapersi immergere in suoni ben amalgamati che variano dal semplice stoner, al rock psichedelico, o, a seconda dei casi dall’heavy psych al desert rock, fino a giungere al tipico fuzz grazi al sapiente uso dei distorsori su chitarra e basso. Hazedazed, il titolo di questa uscita, è davvero un disco che raccoglie quei generi esplosi negli anni 90 a seguito dell’avvento del grunge anche se, in alcune sfumature, riesce a mantenere una pulizia del suono che, il grunge, quello appena nato, non aveva perché esprimeva solo rabbia. Non che qui non sia presente una sorta di ribellione come accade nella bonus track Hill Bomb, ma che ad esempio nella successiva G.P.L. prospetta un sound molto vicino alla psichedelia prima di lasciarsi andare ad un rock come Dio comanda. E questi ragazzi biellesi dimostrano come la loro sia la strada giusta intrapresa verso quella maturità e ricercatezza musicale che potrebbe portarli ben oltre i, purtroppo, limiti che questo genere musicale ha come costanza. Già dal pezzo di apertura, il parlato fa capire come ci si può sentire quando si viaggia a mille, Camionaut, è il segno evidente che questo è un lavoro che, davvero, vuole viaggiare come un camion che macina, chilometro dopo chilometro, strade assolate e battaglie tra bisonti per tentare di essere i primi a raggiugere la metà.

E la metrica musicale di questo pezzo, della durata di dodici minuti, è un mantra che richiama alla mente gli I Hate The Village ed in alcuni momenti anche i Winstons. Con Black Zero Gravity Void il ritmo pur restando incalzante diventa immediatamente più morbido per avvicinarsi ad un psyco-sound gradevole che, in un crescendo naturale, riporta a quella che in fondo, è la proposta dei Concrete Mountain: un rock semplice che si contamina, pezzo dopo pezzo, di una miscela esplosiva dove la creatività di Hazedazed viene fuori in tutta la sua fisicità. Anche la bonus track Hill Bomb mantiene nel sound, come nella voce, l’esplosiva miscela di generi stoner grunge, attraente come tutti i brani fin qui ascoltati, ma che non sovrastano mai l’uno sull’altro se si considera la continuità musicale che Hazedazed è in grado di esprimere. Sappiamo bene che in giro per il nostro paese di band così ce ne sono, ma i Concrete Mountain hanno già dalla loro una maturità ed una consapevolezza delle proprie capacità che, nel giro di pochi anni, dal 2018 con l’esordio di Concrete Mountain, li porta ora nel 2020 a riproporsi con Hazedazed. Con G.P.L. (Gravity Plumb Launcher) i suoni diventano più morbidi quasi sognanti, ma indissolubilmente legati ai generi fin qui ascoltati, spesso martellanti, capaci di sfociare in un fuzz a tutto tondo per sprigionare energia pura, quell’energia che colpisce chi ascolta per la prima volta questa band piemontese dove, la musica, è spesso stata ispirazione per band che hanno poi sfondato sulle scene, in particolare sulla scena rock.

A chiudere questo bel lavoro Desert Foam che ha in alcuni passaggi quelli di un’altra band alla quale non manca davvero spessore, vale a dire gli Hats Off Gentlemen It’s Adequate, anche se lì siamo più nel progressive. Ma si sa che nella musica tutto è un intreccio di quelle sette note che ben conosciamo e Hazedazed è un lavoro che ha fatto di quelle sette note un intreccio di generi davvero lodevole.

Autore: Concrete Mountain Titolo Album: Hazedazed
Anno: 2020 Casa Discografica: Konodischi
Genere musicale: Stoner, Heavy Metal, Desert Rock Voto: 7
Tipo: CD Sito: https://www.facebook.com/concretemountainband/
Membri band:
Giano
Filippo
Sotty
Luca
Tracklist:
1. Camionaut
2. Black Zero Gravity Void
3. Hill Bomb (bonus track)
4. G.P.L. (Gravity Plumb Launcher)
5. Desert Foam
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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07th Mag2020

Caluvia – Insane

by Giuseppe Celano
I Caluvia sono uno stoner power trio, nato nel 2015 e di stanza a Siena/Colle Val d’Elsa, formato da tre elementi: Luca alla chitarra e voce, Matteo al basso e Leonardo alla batteria. Nel luglio 2017 esce il loro primo EP, omonimo, composto da 5 brani inediti. Suonano fra Toscana ed Emilia Romagna assieme a Mr Bison, Cani Dei Portici, Sdang, Bruuno, No Hay Banda, A Mismatch Theory, Le Pietre Dei Giganti e tanti altri. Dopo tre anni di tour e di lavoro in studio pubblicano il secondo album via Taxi Driver Records. Insane consta di otto brani che ripercorrono le strade già battute dello stoner ma forti di atmosfere e incisi psichedelici che rimandano, oltre alle band classiche, anche ai Pink Floyd ma diametralmente opposti agli stilemi della band di Barret/Waters (Insane). Buono il groove generale, più che sufficiente la spinta propulsiva della sezione ritmica, fra basso pulsante e pelli tese, mentre il rifferama crea le basi per l’esplosione degli assoli.

Prodotto da Damiano Magliozzi, del Soundy Studio di Siena, il disco è stato registrato interamente in presa diretta, ottenendo un suono più corposo per le chitarre registrate dividendo il segnale su due amplificatori, uno da basso e un Orange per chitarra (Flip Out). Ovviamente ricordano molte band fra cui Vista Chino e Unida, tutto riconducibile alla band madre di John Garcia che tre decadi fa diede alla luce al desert sound (Goat’s Friend). Un lavoro snello che non incontra ostacoli, cali di tensione o momenti di magra. Sicuramente non la cosa più originale (ammesso che si possa ancora parlare d’originalità oggi) fra la miriade d’uscite finite sul mercato ma qualcosa di sincero e credibile, senza spocchia o presunzione alcuna.

Velocizzazioni repentine (Bully) e cambi di tempo in slow down controllato (Evil) viaggiano su riff compressi e arcigni. Fra le pieghe della struttura portante s’innestano buone linee melodiche che permettono al disco di scivolare via in scioltezza pur rimanendo agganciato alle vostre orecchie per far breccia nel cervello.

Autore: Caluvia Titolo Album: Insane
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Stoner Voto: 7
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/Caluvia
Membri band:
Luca Corsini – chitarra, voce
Matteo Verdicchio – basso, voce
Leonardo Boccacci – batteria
Tracklist:
1. Tucumcari
2. Insane
3. Wino
4. Goat’s Friend
5. Evil
6. Flip Out
7. Jack
8. Bully
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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