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30th Mar2021

Hawery – Feast Of Vultures

by Marcello Zinno
Arrivano dalla Germania e sono aridi quasi come se provenissero da un deserto americano. Il loro è un esordio anche se già targato Karma Conspiracy Records, un primo album all’insegna dello stoner e che poggia tutto sulle due chitarre grezze e appiccicose: la pulizia dei suoni è volutamente tenuta lontano (se non per la batteria) per dare quel senso di colla che chitarre molto distorte offrono, tipica di un certo modo di leggere lo stoner. Al tempo stesso ci sono ritmi veloci (come in Four Walls) che fanno in modo di configurare l’offerta dei Nostri come una musica predisposta per le occasioni live. Noi infatti li immaginiamo proprio così, di fronte al palco con gli amplificatori pronti a spettinarci e il nostro collo che acquista muscoli su muscoli; muscoli che aumentano anche nelle note della band la quale con la titletrack sembra lambire territori heavy metal. Ebbene se ci soffermiamo sull’appeal live sicuramente ipotizziamo che gli Hawery siano capaci di proporre un’esibizione incandescente, dal punto di vista invece dell’originalità Feast Of Vultures non ci offre grandi speranze. Lo stoner è tutto lì, nella sua potenza e nei suoi riff portanti, ma non vi sono elementi innovativi degni di essere menzionati.

Qualcosa si percepisce con Solitude le cui coordinate cambiano e la band sembra sperimentare dei territori nuovi fatti di rock psichedelico e post-rock, un pezzo strumentale che funge da pausa collocata al centro della tracklist ma che rappresenta solo un passaggio. Va però detto che con le ultime due tracce si inizia ad intravedere qualcosa di diverso: City Of Stone è un tentativo di accedere dalla porta sul retro del mondo del punk metal, quella accanto all’immondizia, con il suo vago retrogusto alla Turbonegro ed un finale che è una sorpresa; infine arriva On The Run che invece sembra riprendere alcune melodie anni 80 e sottoporle ad una colata lavica di 1000 gradi centigradi in modo che possa essere pronta per il mercato statunitense. Supponiamo che le ultime tracce siano anche le ultime ad essere state scritte, elemento questo che suggerirebbe un’evoluzione stilistica prossima a venire, magari già dal prossimo album. Sicuramente gli Hawery sono una realtà da provare dal vivo, appena ce ne sarà l’occasione.

Autore: Hawery Titolo Album: Feast Of Vultures
Anno: 2020 Casa Discografica: Karma Conspiracy Records
Genere musicale: Stoner Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/HaweryBand
Membri band:
Daniel – voce
Lars – chitarra
Christoph – chitarra
Benjamin – basso
Thomas – batteria
Tracklist:
1. Moonstruck
2. Dark Woods
3. Four Walls
4. Eternal Sleep
5. Solitude
6. Feast Of Vultures
7. Shadow
8. City Of Stone
9. On The Run
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
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08th Mar2021

El Rojo – El Diablo Rojo

by Gabriele Rusty Rustichelli
Stoner? Desert rock? I nostri El Rojo sanno perfettamente di cosa stanno parlando e cosa stanno suonando! Presentano il loro El Diablo Rojo, un album con 8 brani perfettamente impregnati di un sound granitico e potente. Suona davvero “credibile” e internazionale. Il concept dell’album è davvero interessante, la descrizione di un uomo che racconta il suo “sud”, la sua desertificazione e la sua appartenenza ad una generazione defraudata dei sui diritti, del lavoro e dei sogni che spesso vengono ostacolati o spezzati dalla realtà in cui si vive. In questo disco c’è davvero la polvere, c’è davvero il sudore della band e tutto questo lo rende maledettamente vero e autentico. Bassi distorti e marci, chitarre con fuzz quasi onnipresente, batteria potente e dritta e voce profonda. Potrei descrivervi pezzo per pezzo l’album ma sarebbe forse un modo per darvi un’infarinata generale, qui c’è da immergersi in prima persona in questo progetto. Se amate il genere dovete farlo. Se da un lato quando si parla di stoner e desert vengono in mente i QOTSA io qui sento anche un po’ di Godsmack (vecchio stile) e qualche pizzico di grunge.

Il tutto suona dolcemente malato e descrive perfettamente lo status dei testi e, come descritto dalla loro presentazione, “la rabbia e l’impotenza di far fronte a cambiamenti epocali e difficilmente reversibili”…non potevano scegliere miglior colonna sonora (sfiorando a volte il doom) per un tema così cupo. Davvero una bella scoperta, un piacere aver ascoltato e recensito questo progetto, sperando che finito questo periodo si possano vedere live dei progetti validi come i El Rojo. Bravi!

Autore: El Rojo Titolo Album: El Diablo Rojo
Anno: 2020 Casa Discografica: Karma Conspiracy Records
Genere musicale: Stoner, Desert Rock Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/El.Rojo.Stoner.Rock
Membri band:
Evo Borruso – voce
Fabrizio Miceli – chitarra
Fabrizio Vuerre – chitarra
Antonio Rimolo – batteria
Pasquale Carapella – basso
Tracklist:
1. South
2. El Camino
3. The Wanderer
4. Colors
5. Ascension
6. When I Slow Down
7. Cactus Bloom
8. Dragonfly
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
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21st Feb2021

Calamari For Lunch – Calamari For Lunch

by Massimo Volpi
Sulla copertina dell’album omonimo dei Calamari For Lunch ci sono tutti i colori. Tutti. Immagini psichedeliche di un caleidoscopio, un rosone di una chiesa, una cartina tornasole, una coda di pavone allucinogena, tutto mischiato insieme. E così è l’intero album della band toscana. Pieno di pietre colorate, più o meno preziose, che al ruotare del disco si mescolano dando vita a canzoni con una linea precisa ma che, di volta in volta, offrono e regalano sfumature diverse. Dieci tracce di stoner psichedelico con atmosfere che potrebbero trovare spazio in film di Tarantino e Rodriguez. Si parte con In The Lounge, primo singolo, che bene rappresenta queste sonorità; soprattutto nel reprise e nell’ipnotica ripetitiva di musica e voce, che raggiungono l’obiettivo. L’album segue la sua strada non senza disdegnare passeggiate qua e là in campi più o meno limitrofi, come grunge (Shock Joker) e suoni orientali, senza mai uscire dall’acidità dei ’60, con inserti lisergici e dilatati a farla da padrone. Sono molte le parti strumentali, di rilassamento e di meditazione; la voce è usata con parsimonia e bene, Arabian Sand forse è il pezzo dove questo buon dosaggio è più evidente. Ma sono forse i brani come Mesmerize che più funzionano, forse perché più vicini a qualcosa di meno sperimentale, quindi già ascoltato, più radiofonico per intenderci, pur mantenendo una buona parte di soli di chitarra e viaggi psichedelici.

Voce che si fa sempre più interessante, in stile Alex Turner, in Alien Brain Soup, un pezzone blues con punte di acido e un retrogusto malinconico-vintage. Chiudono l’album Chocolate e Ink, strumentale ballad perfetta per la fine di un viaggio, quando si cominciano a riordinare i ricordi ancora freschi per poterli salvare per sempre nella memoria, a disposizione per affrontare i momenti più grigi, che comunque ci sono, nella vita come anche in un album così colorato.

Autore: Calamari For Lunch Titolo Album: Calamari For Lunch
Anno: 2020 Casa Discografica: (R)esisto
Genere musicale: Stoner, Rock Psichedelico Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/calamariforlunch
Membri band:
Gian Luca Gambardella (Frisco) – basso
Roberto Barlettai (King) – chitarra
Antonio Lepore (Nico) – voce, chitarra
Luca Pesare (Ronnie) – batteria
Alessandro Celandroni (Ink) – chitarra
Tracklist:
1. In The Lounge
2. Shock Jocker
3. Another Day On Earth
4. Arabian Sand
5. Mesmerize
6. Alien Brain Soup
7. Veg & Lips
8. Loser
9. Chocolate
10. Ink
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
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13th Feb2021

Il Vile – Orso

by Marcello Zinno
Ritornano sulle scene Il Vile, quartetto che esplode con irruenza con il suo rock diretto e potente. Lo presentano come stoner, il che rende molto bene l’idea del sound che vi ritroverete ad assaporare ascoltando brani del loro passato ma anche le 4 tracce di questo nuovo EP. Ma il loro stoner non è solo incentrato su quell’irruenza tipica di molte band colleghe che puntano su ritmica e riff e si pongono come obiettivo quello di stendere l’ascoltatore. Proprio il brano Orso, titletrack dell’EP e brano che ispira l’artwork di questo lavoro, è un pezzo che non manca di possedere (e trasmettere) una certa emotività, data anche dal crescendo esplosivo che la strofa imprime conducendo al ritornello, sensazione tipica (e proposta diverse volte) del grunge che fu. Ma non manca, lo stesso brano, di mostrare i muscoli perché è proprio il rock l‘habitat naturale della band e sul finale lo dimostra tutto. Infatti il rock decido de Il Vile esce fuori proprio con Avvoltoio, un brano che è un ottimo pezzo di heavy rock, pronto a mordere, ma che sa svilupparsi lungo delle trame particolari, se vogliamo raffinate (si ascolti la lunga parte strumentale).

Con l’ultima traccia la band approda, per certi versi, al metal e piazza una marcia metallica che sicuramente farà proseliti dal vivo. Il Vile sono assolutamente da tener d’occhio, con questo EP riescono a fare la voce alta nella scena heavy rock italiana.

Autore: Il Vile Titolo Album: Orso
Anno: 2021 Casa Discografica: B District Music
Genere musicale: Stoner Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/ilvilerockband
Membri band:
Enrico “Maio” Maiorca – voce, chitarra
Alessandro “Cuie” Cutrano – chitarra
Paolo “P” Castelletta – basso, voce
Nathan “Blitz” Leoni – batteria
Tracklist:
1. Solo Gli Amanti
2. Orso
3. Avvoltoio
4. La Foresta Degli Illucidi
Category : News
Tags : Nuove uscite, Stoner
1 Comm
11th Feb2021

A Violet Pine – Ten Years Gone

by Marcello Zinno
Gli A Violet Pine non erano nuovi a proporre reinterpretazioni di loro brani, lo avevano già fatto con Turtles Remixes grazie all’ausilio di altri producer e lo fanno ora con Ten Years Gone. L’iniziativa però qui è molto diversa perché si tratta di un progetto discografico autoprodotto voluto dalla band per festeggiare i 10 anni di attività con la nuova formazione; l’obiettivo è di ripescare tre brani inseriti nel loro primo album, Girl, e dare loro una nuova veste. Così l’opener (anche titletrack di quello che fu il primo vagito degli AVP) assume sembianze più suonate e meno digitali, con delle linee di basso che hanno un retrogusto post-punk; Fragile godeva già di un approccio live, qui si gioca maggiormente sull’ambientazione creata, un po’ ai confini con il post-rock, genere quest’ultimo che abbraccia completamente la rivisitazione dell’ultimo brano dell’EP, Pathetic, dimenticando le incursioni dub nella versione originale.

Un bell’EP che funge da intermezzo nell’attesa di un prossimo album. Peccato per la durata limitata e per l’assenza di almeno un inedito che avrebbe accresciuto il gusto nell’ascoltarlo, nonché il desiderio nell’accaparrarsene una copia.

Autore: A Violet Pine Titolo Album: Ten Years Gone
Anno: 2021 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Stoner, Shoegaze Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/avioletpinemusic
Membri band:
Giuseppe Procida – voce, chitarra
Francesco Bizzoca – basso
Paolo Ormas – batteria
Tracklist:
1. Girl
2. Fragile
3. Pathetic
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
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09th Feb2021

Squeamish Factory – Plastic Shadow Glory

by Raffaele Astore
Dopo un disco autoprodotto e due singoli pubblicati in Samnium Underground una compilation della Karma Conspiracy Records, gli Squeamish Factory danno alle stampe questo disco stoner di entusiasmante bellezza, musica pulita dallo sporciume che contraddistingue spesso tante di quelle band che sono in giro per i nostri stereo o lettori mp3, un disco capace di parlare alla pancia di chi lo ascolta e senza che quella parte del corpo subisca stravolgimenti dolorosi che portano spesso a contorsioni. Plastic Shadow Glory sin dal primo passaggio parla in musica a chi gli sta di fronte, con autorevolezza, con convinzione, con un rock che è esaltazione per aiutarci a sfuggire dal malessere quotidiano. Nove tracce che parlano rock, nove tracce pulite che non mostrano alcun cedimento, nove tracce che sono forza e luce allo stesso tempo. Nove tracce che raccontano la storia dei malesseri dell’uomo moderno come di quello antico, delle contraddizioni e mistificazioni dei suoi principi. Qui ascolti il racconto della disumanizzazione continua e ripetuta del genere umano, intrappolato nell’apatia del modus vivendi comune. Ed è piacevolmente bello farsi catturare da questo modo di fare musica, musica rock senza fronzoli che merita anche questa azzeccatissima produzione.

Quando le cose son belle, fatte con il cuore, c’è poco da dire e da scrivere. Basta ascoltare la prima volta: se ci si innamora subito vuol dire che il disco ha colpito al cuore, e se lo fa bene, così bene che è inutile cercare paragoni con i grandi, nessuno ci può esimere dal dire che gli Squeamish Factory grandi lo sono già. Sarà, ma per noi probabilmente Plastic Shadow Glory nel raccontare il malessere dei nostri giorni forse, non si è accorto di far bene a chi ascolta ma anche alla musica ed al rock che di questi tempi bui soffre la mancanza di spazi per liberarsi. Ecco, ci sono arrivato, un disco come questo non è solo musica, è anche libertà.

Autore: Squeamish Factory Titolo Album: Plastic Shadow Glory
Anno: 2020 Casa Discografica: Overdub Recordings
Genere musicale: Alternative Rock, Stoner Voto: 7
Tipo: CD Sito: www.facebook.com/1squeamish
Membri band:
Biagio Izzo – chitarra, voce, synth
Antonio Marotta – chitarra, synth
Mario Pagnozzi – basso
Giulio Amoriello – batteria
Tracklist:
1. Humandrone
2. Suspended
3. Leading Shadow
4. Snuffshell
5. Burn
6. Deliverance
7. Mirrorhaze
8. Keep Silent
9. Conscription
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
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20th Gen2021

Pontecorvo – Ruggine

by Marcello Zinno
I Pontecorvo ritornano, con una nuova line-up ma con la stessa idea di incendiare palchi ed amplificatori. Non siamo sicuri che questo possa essere vero alla lettera ma di sicuro lo è metaforicamente: provate ad ascoltare il singolo Gaviscon Blues a volume massimo e poi ci raccontate. Il loro stoner rock è potente, spesso veloce e distruttivo; potremo dire essenziale (i brani non raggiungono i 3 minuti di durata) e allo stesso tempo grezzi, di quel sapore dirty molto americano e anche fantastico per chi ha sete di vero rock. 19 minuti di musica complessiva, 19 minuti di pugni nel fianco, eppure i ragazzi sanno giocare anche con le costruzioni, tanto che in brani come Freddo creano la giusta ambientazione durante la strofa per poi finire l’avversario nel ritornello. Ma quello che ci piace è il saper muoversi allegramente all’interno e oltre un genere: è con Martedì che il blues prende il sopravvento, lo fa sempre con questa matrice di base caratterizzata da rock sporco, in un’altra epoca lo avremo chiamato grunge ma il nome poco importa, è l’energia erogata che ci piace. È con gli ultimi due brani che i ragazzi optano per soluzioni diverse, come se la rabbia lasciasse lo spazio ad emozioni diverse, composizioni più studiate, in parte figlie mai riconosciute dell’heavy (Prendere Sonno) e che potrebbero svilupparsi nel futuro della band.

E se non bastasse sappiate che da poco la band ha pubblicato Ruggine in vinile. Ora ci sono tutti gli ingredienti per non lasciarvi sfuggire questa uscita.

Autore: Pontecorvo Titolo Album: Ruggine
Anno: 2020 Casa Discografica: Truebypass
Genere musicale: Stoner, Blues Rock Voto: s.v.
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/pontecorvoband
Membri band:
Ale – Basso
Fili – Chitarra
Fra – Batteria
Tracklist:
1. Cade
2. Gaviscon Blues
3. Freddo
4. Martedì
5. Qualche Santo
6. Paglia
7. Prendere Sonno
Category : Recensioni
Tags : Nuove uscite, Stoner
0 Comm
10th Gen2021

Fu Manchu – The Action Is Go

by Marco Pisano
Il quarto capitolo della saga stoner targata Fu Manchu, The Action Is Go, può essere considerato a pieno titolo uno dei capolavori della discografia della band californiana, una delle vette più alte mai raggiunte nella produzione artistica e musicale dalla compagine americana. A mio modesto parere, quest’album può tranquillamente entrare a far parte di un’ipotetica top 50 dei migliori album metal degli anni 90 ed essere elevato a pietra miliare della fase di maturazione e di definitiva consacrazione dello stoner. I Nostri, capitanati dal buon Scott Hill, in questo lavoro riescono ad esprimersi ad altissimi livelli, portando lo stoner ad un livello di maturazione e di qualità stilistica decisamente elevati. Da segnalare la presenza dietro le pelli, di un autentico mostro sacro del genere, Mr. Brant Bjork, che era fuoriuscito dai Kyuss appena qualche anno prima. La sua presenza si percepisce eccome, donando al sound già tirato e potente dei Fu Manchu, una spinta extra, un boost degno di un jet in fase di decollo.

Le trame chitarristiche alternano sapientemente momenti lisergici e psichedelici, a momenti decisamente tirati e indiavolati, quasi di stampo hc, fungendo da perfetto contraltare alla voce stridula di Hill e alla sezione ritmica compatta, potente e inarrestabile di Bjork e Davis. Consigliatissimo per gli amanti dello stoner, dei Fu Manchu, ma anche per coloro che vogliono avvicinarsi per la prima volta a questo genere o alla produzione della band californiana. Immancabile nella collezione dei patiti del genere. Classico.

Autore: Fu Manchu Titolo Album: The Action Is Go
Anno: 1997 Casa Discografica: Mammoth Records
Genere musicale: Stoner Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: https://fu-manchu.com
Membri band:
Scott Hill – voce, chitarra
Bob Balch– chitarra
Brad Davis – basso, theremin
Brant Bjork – batteria
Jay Noel Yuenger – organo, minimoog
Tracklist:
1. Evil Eye
2. Urethane
3. Action Is Go
4. Burning Road
5. Guardrail
6. Anodizer
7. Trackside Hoax
8. Unknown World
9. Laserbl’ast!
10. Hogwash
11. Grendel Snowman
12. Strolling Astronomer
13. Saturn III
14. Nothing Done
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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29th Dic2020

Fu Manchu – Clone Of The Universe

by Marco Pisano
Clone Of The Universe, dodicesimo album in studio della stoner band californiana Fu Manchu, è certamente un buon album, piacevole da ascoltare e in grado di soddisfare sia le esigenze dei fan della formazione californiana, sia quelle degli appassionati di stoner in generale. Rappresenta una sorta di “usato sicuro” nella ormai più che ventennale discografia del gruppo; infatti qui ritroviamo tutti gli ingredienti sonori e tematici tanto cari alla band e allo stoner più classico: il riffing di chitarra aggressivo, energico, secco, tagliente e affilato come le lame di un rasoio, con frasi ipnotiche e allucinate, una sorta di tunnel spaziale e sonoro in grado di catapultarti nel bel mezzo della Death Valley; le accelerazioni improvvise e i cambi di ritmo repentini; la classica sezione ritmica compatta, solida e pronta a far viaggiare ogni brano dritto come un treno sul proprio binario; le atmosfere a tratti quasi claustrofobiche, soffocanti e cupe come le nuvole di un temporale, a tratti psichedeliche e da trip. Tutte caratteristiche che lo rendono un album discreto e piacevole, ma che paradossalmente ne limitano gli slanci creativi e le possibilità espressive; si percepisce ascoltandolo che alla band californiana manchi un po’ di creatività e di fantasia in questa fase della loro carriera, e che, consapevoli di questo, abbiano deciso di puntare sull’usato sicuro, riproponendo sonorità che i fan ormai conoscono molto bene e che non si discostino più di tanto dalla loro road map artistica e musicale.

L’effetto sorpresa e spiazzamento che ci saremo aspettati di trovare ascoltando Clone Of The Universe non c’è stato e la cosa un po’ ci dispiace, avremo preferito che il gruppo osasse maggiormente e proponesse qualcosa di più innovativo e spiazzante. Ma la gradita sorpresa (e smentita) arriva proprio nella traccia finale, Il Mostro Atomico, una jam onirica, surreale, che dilata il concetto di spazio e di tempo, proponendosi quasi come una sorta di universo parallelo all’interno dell’album, dove le regole della fisica vengono stravolte, e dove la fantasia e la creatività trovano finalmente libero sfogo, con risultati semplicemente magnifici. Non a caso occupa da sola la metà della durata dell’album (la traccia infatti dura poco più di 18 minuti), sarà per la presenza come ospite di Alex Lifeson (chitarrista dei Rush) che innalza in modo significativo la qualità della traccia e dell’album intero, conferendo a questo “mini universo” una dimensione quasi prog, a se stante, liquida e immateriale, capace di espandersi e viaggiare in ogni direzione essa voglia.

Per concludere, questo lavoro probabilmente non passerà alla storia come uno dei più memorabili della discografia dei Fu Manchu, ma può diventare il punto di partenza per un nuovo sentiero artistico, più creativo e fantasioso, in grado di dare nuova linfa ed energia alla vena creativa della band; le basi sono state gettate, e, se verranno consolidate e approfondite nel prossimo lavoro, ne vedremo veramente delle belle.

Autore: Fu Manchu Titolo Album: Clone Of The Universe
Anno: 2018 Casa Discografica: At The Dojo Records
Genere musicale: Stoner, Doom Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/FuManchuBand
Membri band:
Scott Hill – voce, chitarra
Bob Balch– chitarra
Brad Davis – basso
Scott Reeder – batteria
Alex Lifeson – chitarra in Il Mostro Atomico
Tracklist:
1. Intelligent Worship
2. (I’ve Been) Haxed
3. Don’t Panic
4. Slower Than Light
5. Nowhere Left To Hide
6. Clone Of The Universe
7. Il Mostro Atomico
Category : Recensioni
Tags : Stoner
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13th Dic2020

Fu Manchu – California Crossing

by Marco Pisano
California Crossing, settimo album in studio della stoner band statunitense Fu Manchu, come facilmente prevedibile dal nome e dalla copertina, contiene fortissimi richiami musicali, visuali e culturali alla California. Ascoltandolo, è praticamente impossibile non pensare alle vastissime e aride aree desertiche del Mojave e della Death Valley, o alle spiagge super affollate di surfisti e alle passeggiate di Santa Monica e Malibù, o alla sfavillante e seducente Los Angeles, o al meraviglioso Golden Gate di San Francisco. Non a caso, la California è uno dei luoghi natii della controcultura americana degli anni 60, patria della Silicon Valley e della rivoluzione digitale degli anni 70-80, di moltissimi gruppi musicali rock e non solo, che grande hanno reso l’America e la sua cultura musicale per buona parte del Novecento. E molte correnti del rock qui sono nate o hanno trovato terreno fertile per potersi sviluppare, crescere e diventare mature, si pensi alla psichedelia negli anni 60. Tra queste, c’è ovviamente lo stoner rock, nato nel torrido e polveroso contesto di Palm Desert.

E i Fu Manchu non perdono l’occasione, anche in questo lavoro, di ricordare al mondo che le loro radici musicali e geografiche appartengono indiscutibilmente alla California, ai suoi deserti e alle sue spiagge. Un groviglio di elementi surf, psichedelici, metal e hard sono il dna sonoro di questo album; i riff di chitarra, iper aggressivi, distorti e super fuzzosi, non tradiscono le attese, lasciando trasparire qua e là per gli orecchi più allenati anche influenze surf rock, oltre ai cari e vecchi riff ipnotici, monolitici e lisergici tanto cari allo stoner classico anni 90. Dietro le pelli, per l’ultima volta con la formazione dei Fu Manchu un vero e proprio monumento del panorama stoner, Brant Bjork, che, conclusa l’esperienza con i Kyuss qualche anno prima, ha nel frattempo trovato agevolmente una nuova sistemazione nei Fu Manchu, e credeteci, la sua impronta su quest’album si sente e come. Un drumming mai banale e scontato, sempre in grado di dare la giusta dose di cattiveria e di grinta a tutti i brani, sapendo essere monolitico e granitico quando occorre e morbido e delicato quando necessario. Veramente un gigante e un maestro. Anche la sezione di basso è all’altezza della situazione, una garanzia, una base compatta e solida su cui poter costruire un edificio sonoro di qualità.

Quest’album è un ideale compagno di viaggio, che vi invita a inforcarvi il casco o a salire in macchina e mordere l’asfalto, trasformandovi in viaggiatori in men che non si dica e dandovi il giusto spirito per divorare chilometri dopo chilometri senza sforzo alcuno. California Crossing, rispetto ad altri album classici dello stoner, risulta meno “duro e puro”, presenta un sound a tratti più orecchiabile e ammiccante ai passaggi radiofonici, o a sfumature surf- rock e rock’n’roll, oltre che psichedeliche e hard’n’heavy. Il risultato però è di assoluta qualità, non si corre mai il rischio di annoiarsi e non si può certo accusare quest’album di essere troppo piatto o scontato. In definitiva, i Fu Manchu hanno fatto centro, unendo la loro anima polverosa, lisergica e torrida dello stoner ad altre influenze e sonorità più da spiaggia e stradaiole, come il surf, il rock’n’roll e l’hard rock. Un mix frizzante, divertente e vivace, che vi terrà compagnia sia in viaggio che a casa, e vi farà sentire il profumo e l’odore della California.

Autore: Fu Manchu Titolo Album: California Crossing
Anno: 2002 Casa Discografica: Mammoth Records
Genere musicale: Stoner, Hard Rock Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/FuManchuBand
Membri band:
Scott Hill – voce, chitarra
Bob Balch – chitarra
Brad Davis – basso
Brant Bjork – batteria
Tracklist:
1. Separate Kingdom
2. Hang On
3. Mongoose
4. Thinkin’ Out Loud
5. California Crossing
6.Wiz Kid
7. Squash That Fly
8. Ampn’
9. Bultaco
10. Downtown In Dogtown
11. The Wasteoid
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Stoner
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