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06th Set2013

Blindeath – Headshot!

by Marcello Zinno

Qualcuno cantava “metal will never die” e posto che questo è vero per l’heavy metal in generale, possiamo dire che anche e soprattutto il thrash metal (vecchia scuola compresa) tardi a morire. Sì perchè se c’è qualcosa che è profondamente ancorato agli anni ’80 nel circondario del metal è proprio la scena thrash (prima metà degli anni ’80 per la precisione) e molte sono le band che omaggiano quelle sonorità. Questo 2013 è foriero di un vero ritorno al thrash metal: da poco avevamo presentato l’ultima pubblicazione a nome Endovein (disponibile a questo link) che ci aveva fatto compiere un salto nel passato e quasi contemporaneamente avevamo parlato anche degli Hammered (recensione a questa pagina) realtà che conferisce una maggiore modernità alla scena thrash. Ora è il momento del nuovo EP dei Blindeath, giovanissimo combo che punta dritto alle lezioni dei Big Four ma non solo. Guardando infatti la copertina si percepisce qualche interessante spunto circa il sound: seppur l’artwork ricordi Fistful Of Metal degli Anthrax (anche Vulgar Display Of Power dei Pantera ma qui ci allontaniamo come genere), in realtà la presenza in ben due occasioni dei loghi dei Municipal Waste non è un caso; ascoltando alcuni chorus/ritornelli ci viene proprio in mente il thrashcore degli americani. Il trademark dei Blindeath resta però ancorato sul thrash della Bay Area, in primis Metallica primo periodo: gli assoli accattivanti e straveloci, le corse in doppia chitarra, il ruggito delle parti vocali (in Kill The Brave anche la struttura dei testi) ci avvicinano ai Four Horsemen.

Riff come quelli presente in Dawn Of Disease o cavalcate di batteria come in Headshot sono delle assolute mazzate sul collo. In generale va sottolineata l’importante perizia tecnica dei ragazzi che li differenzia dalle centinaia di gruppi underground che cercano di imitare i paladini del genere senza avvicinarsi nemmeno lontanamente da quanto fatto da loro. Un esempio di qualcosa che potrebbe farvi impazzire? Il bellissimo doppio assolo presente in Kill The Brave tra chitarra e basso (quest’ultimo in tapping) e la lunga coda della sei corde, brano che nel complesso ricorda molto Death Magnetic (ascoltare My Apocalypse per credere). Nel complesso però con Headshot! il fanatici del thrash old school avranno pane per i loro denti, altri potrebbero invece accusare i Blindeath di eccessiva vicinanza alle sonorità che furono. Noi ovviamente siamo più per la prima opinione ma ci aspettiamo di riascoltarli tra qualche tempo con una personalità più forte e con maggiore esperienza alle spalle.

Autore: Blindeath Titolo Album: Headshot!
Anno: 2013 Casa Discografica: My Graveyard Productions
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 7,5
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/Blindeath.Thrash
Membri band:

Matteo Albini – voce

Alessandro Preti – chitarra, voce

Gioele Zoppellaro – chitarra, voce

Luca Boccini – basso

Danilo Sunna – batteria

Tracklist:

  1. Intro
  2. Fury Of The Damned
  3. Keep Pushing
  4. Dawn Of Disease
  5. Headshot
  6. Kill The Brave
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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16th Lug2013

Sodom – Epitome Of Torture

by Marcello Zinno

La storia ci insegna che l’America e la Germania sono stati da sempre acerrimi nemici e se la guerra come la politica sono stati i territori in cui questo odio è cresciuto e si è sviluppato non possiamo dire diversamente per l’ambito thrash metal. Se negli Usa nasceva e si sviluppava il fenomeno “big four”, ovvero Metallica/Megadeth/Slayer/Anthrax che portavano il verbo ben oltre il proprio continente, la Germania non stava di certo a guardare e rispondeva con un trio di tutto rispetto. Sodom, Kreator (questi ultimi dalle storie molto legate) e Destruction (ai quali si aggiunsero i Tankard ma con un altro spirito ed altri numeri) rappresentavano e rappresentano tuttora il trittico più potente del thrash teutonico. Il riferimento alla guerra non è per nulla casuale visto che i Sodom modificarono il loro approccio a partire dall’album Percecution Mania, che teneva a distanza le influenze black sataniche per trattare di guerra e delle sue ripercussioni sulle persone. Una guerra che è profondamente sentita nei testi ma che sembra ripercorrere la storia della band ogni volta che si parla di lune-up: superano la dozzina i musicisti che hanno preso parte in momenti diversi al trio a nome Sodom, con Tom Angelripper che ha tenuto da sempre il timone del progetto assumendo anche il ruolo di cantante dopo 3 anni dalla formazione. E infine una guerra che è dimostrata anche negli artwork dei quali la mascotte Knarrenheinz è sempre meno visibile a favore di campi da guerra distrutti, come nel nuovo album Epitome Of Torture.

Vi aspettate cambi di rotta nei nuovi Sodom? Nient’affatto, il trio è pesantemente ancorato alla propria ricetta, che guadagna in produzione ma non di certo in leggerezza non facendo registrare alcun segno di cedimento. La title track spazza via tutto ciò che è morbido e anti-Sodom dopo 32 anni dalla loro formazione: la decisione mista alla cattiveria fanno di questo brano uno dei momenti migliori dell’intero lavoro, dimostrazione che i tedeschi hanno ancora molto da dire in questo campo. Non stiamo parlando di novità assolute nel sound Sodom ma di pura determinazione compositiva ed esecutiva: ne è la dimostrazione anche il riffing di Shoot Today-Kill Tomorrow, dalle sfumature death, e la spacca ossa Invocating The Demons, altro momento culmine del lavoro. In generale però si nota una direzione semplicistica dei testi che se cozza con lo stile rozzo e trucido, caratterizza il tutto ulteriormente.

Alcuni momenti meno lucenti sono S.O.D.O.M., la classica traccia che fa emblema e che valorizza il nome e le intenzioni delle band (a noi ricorda un pò troppo Micro V.I.P. dei nostri Bulldozer), e Stigmatized, che stupisce e coinvolge poco. Al contrario simpatica e spiazzante suona Katjuscha con quel sapore iniziale doverosamente russo che si mescola maliziosamente alla distruzione dell’impatto tedesco e Into The Skies Of War che porta con sé un retrogusto epico, sia per il refrain del ritornello che per l’ambientazione sonora stessa. Quindi possiamo dire che, anche grazie ai Sodom, “thrash lives!”.

Autore: Sodom Titolo Album: Epitome Of Torture
Anno: 2013 Casa Discografica: Spv/Steamhammer
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.sodomized.info
Membri band:

Tom Angelripper – voce, basso

Makka – batteria, percussioni

Bernemann – chitarra

Tracklist:

  1. My Final Bullet
  2. S.O.D.O.M.
  3. Epitome Of Torture
  4. Stigmatized
  5. Cannibal
  6. Shoot Today-Kill Tomorrow
  7. Invocating The Demons
  8. Katjuscha
  9. Into The Skies Of War
  10. Tracing The Victim
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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02nd Lug2013

Hammered – The Beginning

by Marcello Zinno

Hammered è il  nome, a dire il vero non originale ma che rappresenta benissimo il proprio sound, di un’altra band agli esordi di notevole caratura. Il quartetto, superati ormai i dieci anni dalla nascita del progetto festeggia quest’anno la pubblicazione del debut album dal titolo The Beginning dopo un EP nel 2006 che ha sciolto il giaccio. Il disco parla chiaro: il combo intende dare una spallata al sound thrash metal per farlo avvicinare come non mai all’heavy metal classico e produrne così un risultato per tutti gli appassionati di metal senza però semplificare troppo la componente compositiva. Sono molto evidenti gli scenari tipici dei Metallica (periodo Ride The Lightning/Master Of Puppets) dove i riff hanno sì un’importanza fondamentale ma non predominante sul singolo brano: in realtà è il loro intrecco, il cambio di ambientazioni e i passaggi vari che ne offrono valore confermando la notevole dose ideativa delle menti che hanno partorito il tutto. Non si tratta quindi solo di un’idea estetica, visto che il logo della band richiama in parte la grafica del Metallica-style, ma anche di contenuti. Meno ricercata è invece la struttura del brano nel suo complesso che dopo aver proposto strofe e ritornelli punta su una lunga parte strumentale in ogni singola traccia, dimostrazione questa di avere un copione unico in mente che comunque non delude viste le capacità tecniche dimostrate sul campo. No Time For Us, probabilmente il pezzo più complesso del lotto, apre le danze e mette subito sul tavolo gli anni di pratica sui singoli strumenti oltre che un certo gusto ideativo. L’headbanging spunta volontariamente e anche dal vivo immaginiamo questo pezzo riscuotere enormi consensi.

Le novità giungono con See You in Hell brano in cui si tentano ritmi più lenti mantenendo una certa durezza di fondo, diciamo strizzando l’occhio più all’heavy che non al thrash. Invece con Master Of Your Nightmares si tenta una vera e propria trasformazione: senza sradicare la natura della band, gli Hammered puntano ad un power metal molto duro, devoto a Helloween e Gamma Ray sia per impostazione musicale che per cantato, un test che per noi non può che avere un risultato positivo. Money serve per tirare un pò il fiato e prepararci alla botta di Bloody Fields che di nuovo mescola il metal diretto (strofa) con le influenze power (ritornello) aggiungendo però anche una parte strmuentale durante la quale si apprezzano le radici del thrash e si rinviene anche un riff attinto direttamente da In My Darkest Hour dei Megadeth. Somiglianza a parte, gli Hammered scatenano gli inferi con un desiderio di aggiungere sempre qualcosa in più: From Paradise To Hell ci fa approdare a lidi NWOBHM prima per poi irrobustire il sound. Difficile quindi sentire una stanca durante l’ascolto di questo The Beginning che pone enfasi su un livello equilibrato di ispirazione lungo tutte le tracce. In chiusura troviamo una Never Dies che suona quasi come una Damage Inc. riveduta e corretta, con il suo ruolo di focolare di verve e potenza anche se posta sul finale e ancora oltre una piacevole sorpresa: la cover dei Dream Theater di Wait For Sleep che affascina ed emoziona tantissimo pur essendo scollata dal resto (ma d’altra parte l’arte non ha un filo logico).

Una nuova conferma della vitalità che la scena heavy/thrash vive in questo periodo e noi non possiamo far altro che applaudirli. Complimenti agli Hammered!

Autore: Hammered Titolo Album: The Beginning
Anno: 2013 Casa Discografica: Punishment 18 Records
Genere musicale: Thrash Metal, Heavy Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.punishment18records.com/artist/hammered
Membri band:

Andràs Csàszàr – voce, chitarra

Andrea “Liut” Grasso – chitarra

Mario Manganelli – basso

Alfredo Macuz – batteria

Tracklist:

  1. No Time For Us
  2. Space Invaders
  3. See You In Hell
  4. Master Of Your Nightmares
  5. Money
  6. Bloody Fields
  7. From Paradise To Hell
  8. The Five Hunters
  9. Never Dies
  10. Wait For Sleep (cover)
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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28th Giu2013

Endovein – Supreme Insatiable Need

by Marcello Zinno

La scena extreme metal (su tutte quella thrash e death) sono in pieno fermento. L’Italia è degna portatrice della bandiera del metal e presenta tantissime formazioni che producono orgoglio a iosa per noi che abbiamo visto sempre il metal crescere e fiorire in paesi lontani. Molte si distinguono per originalità, altre invece per quella capacità di ricreare gli stessi scenari distruttivi del passato. In quest’ultimo habitat nascono i potentissimi Endovein, band torinese dedita ad un thrash metal per nulla velatamente ripreso dalla scuola della bay area. Più di tutti c’è un richiamo al marchio dei Megadeth: questo è un fattore rinvenibile già osservando il booklet interno, strutturato graficamente come quello di Rust In Piece (seppur a sfondo rosso e non giallo) e dal look della band inevitabilmente clone dei grandi eroi dei primi anni ’80, ma anche e soprattutto per l’impostazione sonora che riprende in parte le strutture di quell’album irrobustendole. I riff si accavallano, il sound è fortemente grezzo, la voce è acuta e la sezione ritmica semplicamente instancabile. Gli Endovein presentano un’attitudine invidiabile e un tiro da 1000 watt e, seppur i ritmi siano superveloci, i brani non sono per nulla brevi evitando tra l’altro anche il solito effetto di stanca. Quindi una ricetta di sicuro collaudata ma vincente, anche se poco personalizzata dal quartetto.

Il sound è declinato e prosegue coerente in tutta la durata di questo Supreme Insatiable Need, anche se ci sono delle particolarità. Becoming Lucifer conta nei suoi primi istanti e in quelli lenti nel suo corso qualche alone melodico alla Pantera (ricordate Cemetery Gates?!) ma poi procede come un carrarmato seppur con delle linee vocali non affilatissime (ciò accade per la prima volta nell’album). Path Of No Return presenza su tutti degli assoli carichissi e dei cori molto Anthrax, come anche in altri brani, mentre Psychosis si presenta con una parte iniziale che sconfina nel death. Ma tutto questo è solo parte dello show: il riffing serratissimo (spiazzante quello proposto in No Walls, No Doors e in Consumed) esalta le doti del chitarrista Paolo Cetani e il desiderio di velocità della band, centro principale della ricetta a nome Endovein e al tempo stesso marchio di fabbrica del quartetto. Molto belli i cambi di tempo nella già citata Consumed con degli appigli in tapping, altro elemento di piacevolissimo disturbo lungo i binari del thrash.

In tutto questo la produzione è davvero di buon livello e i suoni della sei corde tenuti volutamente grezzi richiamando i fasti degli anni ottanta, valorizzandoli però con un ottimo lavoro alla consolle. Un grande applauso agli Endovein che con questo secondo lavoro a nostro parere raggiungono la vetta del thrash metal italico (e non solo).

Autore: Endovein Titolo Album: Supreme Insatiable Need
Anno: 2013 Casa Discografica: My Graveyard Productions
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/endoveinmyspace
Membri band:

Alex Panza – voce

Paolo Cetani – chitarra

Mirko Negrino – basso

Stefano Bianco – batteria

Tracklist:

  1. Enco(Scopic)Vein
  2. S.I.N. (Supreme Insatiable Need)
  3. Riot Against The Modern World
  4. Becoming Lucifer
  5. Daily Show
  6. Path Of No Return
  7. Psychosis
  8. No Walls, No Doors
  9. Restless Grudge
  10. Consumed
  11. Ignorance Grows Strong
  12. My Worst Fears Came True
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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22nd Giu2013

Extrema – The Seed Of Foolishness

by Matteo Iosio

Dopo quattro lunghi anni di prolungato silenzio finalmente possiamo mettere le mani sull’ultima creatura partorita dalla thrash metal band italica per eccellenza. Stiamo parlando ovviamente degli Extrema, che decidono di riproiettarsi prepotentemente sulla scena internazionale con il nuovo album intitolato The Seed Of Foolishness. Il lungo periodo di meditazione deve aver fatto molto bene al gruppo perché il disco deflagra immediatamente come una molotov scagliata con odio all’interno del nostro impianto audio; in men che non si dica si viene investiti da un muro sonoro compatto e duro come un blocco di quarzo che non può non stampare un sorrisino ebete sulla faccia di coloro che amano il thrash metal fatto con intelligenza e lucidità. Ogni traccia rappresenta una vera e propria aggressione nei confronti dei poteri forti che regolano la società, in perfetta linea con il messaggio di fondo che risiede dietro questo ambizioso progetto. Chitarre elettriche affilate e dai riff chirurgici squarciano la trama sonora in modo diretto, prive di alcuna compassione, assalti frontali di batteria con ampio utilizzo del doppio pedale intrecciano trame ritmiche che difficilmente vi lasceranno indifferenti. Che dire poi della voce del cantante GL Perotti? Rabbiosa, “incazzata” e prepotente come ce la ricordavamo, nessun cedimento al tempo che passa, con la stessa rabbia contro il sistema che da sempre lo contraddistingue.

Per quanto riguarda la fase di editing/mixing non possiamo che apprezzare il lavoro svolto magistralmente da Gabry Ravaglia che ha saputo imprimere la giusta dose di potenza e cattiveria al disco senza stravolgere il sound che risulta perfettamente calibrato e sempre cristallino, nonostante le valanghe di decibel riversati negli amplificatori. Non si può parlare di “concept album” come già ci era stato ampiamente illustrato durante la nostra precedente intervista con la band (a questa pagina l’intervista completa); esiste comunque un’idea di fondo che si propaga attraverso i vari brani del disco e che tratta di una sorta di enorme complotto portato avanti da società segrete di stampo massonico atto ad impoverire e controllare l’ignara popolazione mondiale. Menzione particolare va data alla traccia Pyre Of Fire da cui è stato tratto anche il primo video del disco, potenza e ruvidezza allo stato puro impreziosite da continui cambi di tempo di notevole impatto, ottima anche la intro track intitolata Between The Lines, gustosissimo antipasto capace di far intuire i piatti forti presenti nel sostanzioso menù.

In definitiva ci troviamo di fronte un disco eccellente, maturo e ben articolato in grado di non sfigurare affatto se confrontato con i nomi più blasonati della scena d’oltreoceano, un prodotto che ci mostra come la musica sia davvero priva di confini se eseguita con la giusta dose di cuore e cervello. Gli amanti del thrash senza fronzoli devono assolutamente far loro il suddetto disco e proporlo ad eventuali amici o conoscenti stranieri per mostrar loro come il genio e la creatività italiana la facciano da padroni in ogni campo. Anche se il Grande Fratello vi osserva in ogni circostanza e tenta di controllarvi confondetelo con dell’ottimo metal a tutto volume!

Autore: Extrema Titolo Album: The Seed Of Foolishness
Anno: 2013 Casa Discografica: Fuel Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.extremateam.com
Membri band:

GL Perotti – voce

Tommy Massara – chitarre

Gabri Giovanna – basso

Paolo Crimi – batteria

Tracklist:

  1. Between The Lines
  2. The Politics
  3. Pyre Of Fire
  4. The Distance
  5. Ending Prophecies
  6. Bones
  7. Again And Again
  8. Deep Infection
  9. Sick And Tired
  10. A Moment Of Truth
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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10th Giu2013

Ultra Violence – Privilege To Overcome

by Giancarlo Amitrano

Avevamo già avuto sentore quanti “danni” fosse capace di arrecare il combo torinese. Con il precedente EP d’esordio, WildCrash, (recensito da noi a questa pagina) il quartetto ci aveva travolto con un thrash monumentale che più venefico non si poteva. Ebbene, se possibile, con il full-lenght di debutto, la band piemontese riesce nell’impresa di affermarsi come band caposaldo del genere, almeno nel nostro Paese. I valori ancora grezzi, ma già potentissimi, che fanno capolino nel primo minidisco vengono spazzati via da un autentico uragano sonoro che deflagra a piene casse in tutte le tracce. Ascoltiamo, ad esempio, Spell Of The Moon: i cambi di ritmo e lo spessore dal groove molto coinvolgente non lasciano adito a dubbi, il gruppo si prepara a sfornare un’autentica tempesta in pieno stile anni ‘90, quando il thrash regnava imperante nella sua nicchia. Mentre il terzetto seguente di brani, L.F.D.Y.,Order Of The Black e Stigmatized Reality si staglia grazie al sapiente lavoro del drummer Verre, che confeziona ai brani il tappeto sonoro su cui le evoluzioni di Loris Castiglia possono librarsi a loro piacimento in un impeto distruttivo di rara potenza ed intensità, temprato anche dal sagace lavoro delle asce, qui ruvide come metallo fresso che coli dalle fucine degli dei metallici. Lo stesso dicasi per Restless Parasite e Turn Into Dust: la voce acida e stridula fa da apripista su composizioni che nella loro relativa brevità riescono a sfornare tutto il repertorio che si richiede a dei solidi thrashers. I riff impazziti e la linea melodica (per quanto consentito) paradossalmente donano ulteriore spessore tecnico ai brani, che non perdono un’oncia del loro valore.

Ed è sempre la sezione ritmica che ci appare cristallina nella sua precisione che non perde un colpo: il singer giunge sgolato al punto giusto e non dispiace che i brevi momenti di rilassamento musicale siano subito rimpiazzati dal ritorno all’energia più devastante degli ultimi tempi. Il brano più controverso del disco è senza meno The Voodoo Cross: la sua maggiore durata lo rende in alcuni passaggi difficile da giudicare a causa dei troppi intervalli di ritmo che vanno dall’hardcore,che fa capolino in alcuni momenti, al puro thrash sia pur molto manierato, che forse ha lo scopo di consentire alla band di rifiatare ed allentare la tensione. La brevità e l’impatto di You’re Dead sono i punti a favore del brano: diretto come non mai, grazie a sapienti cori di tanto in tanto inframmezzati in puro stile pogo, che fa drizzare i capelli in due minuti. The Beast Behind Your Back e 10,000 To Spread My Hate sono altri due gioiellini che vedono a palla l’uso distorto delle sei corde, che mulinano sì note maledette come forsennate, ma riescono anche a mantenere salda una ideale linea di condotta dei brani che altrimenti non troverebbero sbocco tecnico nei loro riffoni.

Metal Milizia e When Future & Past Collide ci piacciono molto: il primo brano si apre con una carrellata di cattive notizie radiofoniche, cui ben presto il gruppo si adegua per donarci la sua razione di “dannazione” musicale. Il singer stavolta riesce a scandire con ancor maggior enfasi le strofe che sgorgano dalle più recondite viscere della terra e l’aspetto piacevole è che riusciamo a gustare appieno il groove del brano senza cenni di cedimento. Mentre il secondo dei due è caratterizzato da un gradevole inatteso arpeggio iniziale di una acustica che, lungi dall’apparire fuori contesto, non fa altro che spianare la strada all’ultima bomba al fosforo che la band cala: Ride Across The Storm si appalesa quasi come una song “maideniana”  nell’incedere iniziale. Ed irriverente non appaia l’accostamento, se questo serve a far comprendere che il lavoro successivo del gruppo è teso unicamente a riportare le coordinate del brano nel più classico del thrash-speed ottimamente mixato tra potenza, melodia e linea sonora molto intensa. In definitiva, con il loro debutto ufficiale, questi torinesi minacciano di togliere il sonno a tante altre band che si arrischiano sulle polverose e dannate strade del thrash.

Autore: Ultra Violence Titolo Album: Privilege To Overcome
Anno: 2013 Casa Discografica: Punishment 18 Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/ultraviolencemetal
Membri band:

Loris Castiglia – voce e chitarra

Andrea Vacchiotti – chitarra

Roberto Dimasi – basso

Simone Verre – batteria

Tracklist:

  1. Spell Of The Moon
  2. L.F.D.Y.
  3. Order Of The Black
  4. Stigmatized Reality
  5. Restless Parasite
  6. Turn Into Dust
  7. The Voodoo Cross
  8. You’re Dead
  9. The Beast Behind Your Back
  10. 10,000 Ways To Spread My Hate
  11. Metal Milizia
  12. When Future & Past Collide
  13. Ride Across The Storm
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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29th Mag2013

Burn Of Black – Danger

by Marcello Zinno

Deve essere stato difficile per i Burn Of Black reincarnarsi in una seconda vita. A leggere i trascorsi dei membri fondatori della band si parla di generi disparati anche osservandoli oggi alla luce del sound che il nuovo quintetto è riuscito a forgiare. Non a caso la lunga (classica) pausa di riflessione aveva rappresentato uno stop quasi definitivo per il combo che doveva riassestarsi trovando nuova energia ed un percorso comune. Così, con una line-up luccicante, e con tanto lavoro i veneti hanno iniziato questo 2013 con la pubblicazione del primo EP dal titolo Danger. Un lavoro di quindici minuti molto intensi suddivisi in cinque brani con un approccio diretto e devastante. Eccezione è il primo brano che, come anche i Metallica ci hanno insegnato più e più volte, è completamente pulito ma non è altro che un dolce vento prima della tempesta. Sicuramente la matrice thrash è quella che emerge in maniera più decisa, ma ad un ascolto attento si percepiscono tanti richiami alla scena metalcore: Charon’s Rebellion ne è un esempio con dei riff stoppati che attingono al death metal e degli inserti melodi che fanno il pari proprio con il metalcore statunitense. Curiosa e a nostro parere lodevole la scelta di optare per una voce clean (e non in growl che avrebbe calato nell’anonimato la band) anche se in termini di produzione le parti di Giacomo Cordioli potevano essere valorizzate maggiormente (a volte sono troppo basse, altre sporcate con il riverbero).

Suona ancora meglio la title track che ci convince sul vero asso nella manica della band: in alcuni momenti affiorano partiture dispari e costruzioni assolutamente non banali che ci ricordano qualcosa a nome Meshuggah e che non posso far altro che innalzare il valore della loro proposta musicale. L’EP si chiude con Slave In Chains, un’altra marcia in pieno stile thrash/death, stavolta se vogliamo con un mood più allegro e continuo. L’headbanging è garantito, speriamo che questi ragazzi ci regalino presto un lavoro osando ancora di più sulla tecnica e su partiture non scontate. Quello secondo noi è il loro percorso vincente.

Autore: Burn Of Black Titolo Album: Danger
Anno: 2013 Casa Discografica: Sweet Poison Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.burnofblack.com
Membri band:

Giacomo “Jacko” Cordioli – voce

Marco “Markwild” Piva – chitarra

Alessandro “Banè “Bassani – chitarra

Sylvia “Shiva” Fabbris – basso

Alberto Lèmoni – batteria

Tracklist:

  1. Thrown Into The Chasm
  2. Fears Driven To Insanity
  3. Charon’s Rebellion
  4. Danger
  5. Slave In Chains
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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21st Mag2013

Reapter – M.I.N.D.

by Alberto Lerario

La prima impressione lascia sempre il segno quando ci si presenta e i Reapter, band capitolina formatasi nel 2005, esordiscono con piglio e personalità con il loro primo full length. Un debutto esplosivo che lascia il segno, M.I.N.D. è un disco diretto di thrash metal ispirato ai grandi del genere come i Metallica e i Testament. Un difetto dell’album è quello però di essere troppo riverenti e fedeli verso i maestri, sia nell’arrangiamento dei brani che nella produzione che suona un po’ troppo anni ’90. Detto questo, ci si trova davanti ad una band preparata che emana energia ad ogni nota, capace di comporre canzoni coinvolgenti ma non banali. L’album è un concept che analizza l’alienazione e la follia umana (M.I.N.D. sta in fatti per My Inner Natural Demon) con buon acume e capacità descrittiva. Meraviglioso e suggestivo l’artwork di copertina che raffigura una sala operatoria in disuso, ormai squallida e fredda, imbrattata anche da alcune tags spruzzate da qualche writer. Già dalla prima traccia, Zarathustra, si apprezza l’ottima sezione ritmica capace di creare un fitto tessuto sonoro che avvolge gli assoli speed melodici delle chitarre. Il singer Arduini, di chiaro stampo “hetfildiano” mostra buona energia ma talvolta risulta un po’ asciutto, con poco pathos. Si continua a cavalcare, sferzati da un incessante e tagliente riffing, con Self Destruction e Carnage. Rapide e violente, sorrette dall’incessante doppia cassa, mantengono elevato il livello d’energia creato dalla prima traccia.

Degno di nota, il quarto brano, Speak My Name, si apre con un bell’arpeggio che fa da traccia agli arrangiamenti del brano. I Reapter sono riusciti a dosare al meglio melodia, velocità e potenza regalandoci un bel brano da ascoltare più volte. Interessante Run For Glory, che prova a toccare i confini del crossover, ed in cui si può apprezzare l’ottimo lavoro delle chitarre, così come nella seguente The Evil Inside. Il colpo a vuoto arriva con Pain, arpeggio acustico piacevole ma che non decolla mai, neanche nel momento del breve assolo. In questi brani di solito è la voce a fare la differenza, e qui purtroppo accade in negativo, poiché non trasmette quel pathos necessario ad emozionare l’ascoltatore. Per fortuna si riparte subito alla grande con Sorrow, canzone che rimanda ai Metallica di Ride The Lightning, così come l’ultima traccia Sea Storm. Sentendo questi brani i Four Horsemen sarebbero fieri dei Reapter. In mezzo alle due c’è un altro solido brano thrash, Giant.

Seppur peccando un po’ in originalità, ci troviamo di fronte ad un album di pregevole fattura, diretto ed omogeneo, composto da thrash metal sferzante, con testi impegnati ed incisivi come vuole la migliore tradizione. Nel soffocante mare della mediocrità moderna i Reapter spiccano fin da subito, dimostrando che le band del bel Paese ne capiscono eccome di musica metal. Siamo sicuri che i Reapter non sfigurerebbero affatto al fianco di più famosi colleghi stranieri. Con un debutto del genere sarebbe giusto in futuro osare di più sia in produzione che in composizione, per poter raggiungere lidi più lontani e prestigiosi.

Autore: Reapter Titolo Album: M.I.N.D.
Anno: 2013 Casa Discografica: Buil2kill Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.reapter.com
Membri band:

Claudio Arduini – voce

Max Pellicciotta – chitarra

Emanuele Ferrazza – chitarra

Jury Pergolini – basso

Emiliano Niro – batteria

Tracklist:

  1. Zarathustra
  2. Self Destruction
  3. Carnage
  4. Speak My Name
  5. Run For Glory
  6. The Evil Inside
  7. Pain
  8. Sorrow
  9. Giant
  10. Sea Storm
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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04th Apr2013

Savior From Anger – Age Of Decadence

by Marcello Zinno

Marco Ruggiero è stato sempre il mattatore numero uno dei Savior From Anger, progetto partenopeo dedito ad un heavy metal di scuola americana. Fin dai loro esordi e in particolare dal precedente No Way Out del 2007, il sound dei Savior è stato sempre incentrato sulla sei corde di Marco, precisa e graffiante, capace di coinvolgere on stage con il suo impatto distruttivo e veloce. Ai tempi dell’uscita di No Way Out feci personalmente quattro chiacchiere con Marco e notai subito quanto fosse determinato nel portare il progetto a livelli più alti e oggi, con anche la nota My Graveyard Production alla spalle, si può dire che di passi ne ha fatti. L’evoluzione della band vede il moniker stringersi nelle proprie mani visto che in questo Age Of Decadence Marco Ruggiero riveste il ruolo di chitarrista, bassista e cantante lasciando a Michele Coppola le parti di batteria (con qualche comparsata di Mario Iaccarino). Aspetto questo che condiziona direttamente l’approccio sonoro dei Savior From Anger di oggi i quali se da un lato vivono di una certa esperienza accumulata, dall’altro risultano ancora più incentrati sui suoni di chitarra e meno sugli altri strumenti che fanno un pò da contorno nella proposta musicale della band. Age Of Decadence suona come un album molto vicino a sonorità Megadeth/Anthrax, con delle linee vocali ben più alte; il thrash è composto in maniera sapiente anche se la produzione potrebbe essere migliorata per quanto riguarda basso e batteria, a cui non viene conferita meritata valorizzazione.

Un lavoro interessante ma che riesce a muoversi agevolmente tra le autoproduzioni mentre trova qualche difficoltà ad essere paragonato ad uscite più blasonate. Si distinguono comunque Inside Scream e Bloodline di ovvia scuola anthraxiana (pur pescando qualcosa dalla mente di Mustaine), Concatenation le cui influenze rock’n’roll lo rendono un piacevole diversivo da headbanging, Bullet Hole Hunger che presenta una certa varietà arrivando a toccare lidi NWOBHM. I testi cantati in un inglese non impeccabile (anche se di tecnica canora ce n’è e si nota in Warrior Princess), l’assenza di una vera band alle spalle che avrebbe conferito maggior valore (ogni elemento per il proprio strumento) e una produzione meglio bilanciata avrebbero reso Age Of Decadence più attuale e un prodotto di vanto per l’heavy italiano.

Autore: Savior From Anger Titolo Album: Age Of Decadence
Anno: 2013 Casa Discografica: My Graveyard Production
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.marcoruggiero.com
Membri band:

Marco Ruggiero – voce, chitarra, basso

Michele Coppola – batteria

Tracklist:

  1. Deathburst
  2. Hypocrite
  3. Inside Scream
  4. Living Nightmares
  5. To Fall
  6. Concatenation
  7. Bullet Hole Hunger
  8. Warrior Princess
  9. Face To Face
  10. Bloodline
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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19th Mar2013

Megadeth – Countdown To Extinction

by Gianluca Scala

“This is the countdown to extinction!” recita il chorus della title track del quinto album dei Megadeth, album che come titoli e contenuti (come tradizione vuole) parlano di guerra e distruzione, argomenti visti e trattati da Mustaine dal lato prettamente più intellettuale. Ed i titoli delle canzoni contenute in questo lavoro presagivano fin da subito gli argomenti trattati: Simphony Of Destruction, Architecture Of Aggression, Sweatitng Bullets, Ashes In Your Mouth. Countdown To Extinction ebbe pure il pregio di bissare di gran lunga il successo commerciale ottenuto da Rust In Peace ottenendo diversi riconoscimenti come una nomination ai Grammy Awards del 1993, e vendendo complessivamente nei soli Stati Uniti più di due milioni di copie, raggiungendo tra l’altro la seconda posizione in classifica di vendite nella Bilboard 200, il miglior risultato mai ottenuto dai Megadeth. Apre le danze l’ottima Skin O’ My Teeth con un riff secco e preciso come pochi che lancia le ritmiche al primo assalto sonoro guidato dalla voce del leader della band, l’unico momento dove la band pare pigiare il piede sull’acceleratore perchè dal secondo brano in poi i ritmi rallenteranno creando atmosfere sempre più pesanti. Infatti Simphony Of Destruction verrà apprezzata più per la sua compattezza e bellezza, avvicinandosi di più ad un heavy metal convenzionale che al vero e proprio thrash. Non un tradimento sonoro sia chiaro, ma si capirà al volo che le ritmiche supersoniche tipiche del thrash da questo brano in avanti verranno mano a mano abbandonate per dare spazio ad una serie di brani più pesanti ed articolati nei loro contenuti, ottenendo un buon risultato a livello qualitativo raggiungendo territtori mai toccati sino a quel momento.

L’arpeggio che introduce Foreclosure Of A Dream dimostra ulteriormente che i Megadeth sono capaci di creare delle atmosfere molto affascinanti e potenti allo stesso tempo, uno dei nostri brani preferiti. Su questo album troviamo canzoni molto varie come la contorta Sweating Bullets, che parte con un arpeggio secco per poi distendersi in una intro notevole nella sua atmosfera e in cui Dave Mustaine canta con un tono arcigno e pazzoide lanciando tutta la band nel bellissimo ritornello. Questo é uno dei brani più articolati dell’intero lavoro, possiamo trovare tutto quello che i nuovi Megadeth volevano dimostrare al mondo intero suonando un tipo di musica che nonostante mutasse la velocità di esecuzione riesce a catturarti con il pathos creato dai suoni prodotti dai vari strumenti (in questo brano l’apporto ritmico di Nick Menza é davvero notevole). Stessa cosa la si può scrivere parlando di This Was My Life, letteralmente un piccolo capolavoro sottovalutato da tanti fan, brano in grado di catturarti e di trascinarti in un vortice senza nessuna possibilità di salvezza; Mustaine in questo episodio canta con toni sempre più cattivi e con una voce tagliente come un rasoio. La stessa Countdown To Extinction si porta avanti trattando il tema dell’ecologia ipottizzando un imminente estinzione dell’umanità che ha la colpa di non essere più in grado di gestire le risorse naturali del pianeta sfruttandole solo a seconda di precisi giochi politici che ci porteranno alla rovina. Musicalmente questo é il brano più bello dell’album, ottime ritmiche con assoli di chitarra di rara bellezza.

Questo è un lavoro che si lascia ascoltare tranquillamente dall’inizio alla fine ma che con il passare del tempo perde valore. È un lavoro ben articolato e che può spiazzare chi fino a poco tempo prima considerava i Megadeth una delle migliori thrash metal band in circolazione: brani come Ashes In Your Mouth piuttosto che Psycotron, Captive Honour ed High Speed Dirt ci presentano una band totalmente diversa, più matura e sicura dei suoi mezzi. Captive Honour non gode della popolarità di una Simphony Of Destruction, ma è capace di lanciare chiunque in un headbanging fiero e spontaneo per quanto è bella la canzone in sé. Se lo prendiamo dal lato del successo ottenuto, il cambiamento intrapreso dalla band è più che giustificato, anche se l’eterna rincorsa nei confronti dei Metallica da parte di Mustaine non si placherà in questo momento della sua carriera, il Black Album dei Metallica resta comunque inarrivabile, anche se qualcosa di buono i Megadeth a distanza di pochi anni l’avrebbero comunque fatto. In definitiva ci troviamo per le mani non l’album più bello ma uno di quelli che sicuramente non può mancare nella collezione di ogni metal head che si rispetti, buon ascolto.

Autore: Megadeth Titolo Album: Countdown To Extinction
Anno: 1992 Casa Discografica: Capitol Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: http://www.megadeth.com
Membri band:

Dave Mustaine – voce, chitarra

David Ellefson – basso

Marty Friedman – chitarra

Nick Menza – batteria

Tracklist:

  1. Skin O’ My Teeth
  2. Simphony Of Destruction
  3. Architecture Of Aggression
  4. Foreclosure Of A Dream
  5. Sweating Bullets
  6. This Was My Life
  7. Countdown To Extinction
  8. High Speed Dirt
  9. Psycotron
  10. Captive Honour
  11. Ashes In Your Mouth
Category : Recensioni
Tags : Megadeth, Thrash metal
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