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17th Set2019

Zig-Zags – They’ll Never Take Us Alive

by Massimo Volpi
“Ogni album che registriamo, ogni brano che scriviamo, deve essere più veloce e pesante di quello precedente“, questa è la frase di presentazione dei losangelini Zig-Zags, giunti al quarto lavoro in studio. Se amate il thrash, quello old school, siete nel posto giusto. Anzi, siete nel posto migliore da 30 anni (forse 40) a questa parte. Se nell’ambiente thrash si è soliti sentire frasi sui Metallica e sulla loro fine creativa esaurita dopo il terzo album, ecco allora la soluzione perfetta. Si chiama Zig-Zags e fanno quel thrash metal lì. Anni 80, chitarroni, riff, palm mute, cambi di direzione e ritmica, rullate e assolini. Suoni da Metallica di Kill’em All, un spolveratina di Slayer, tanti Anthrax e una grattuggiata di Megadeth, Venom e un pizzico di Ramones. Quel NWOBHM che incontra il punk, rimanendo nel mezzo, ben distinto, a formare il thrash più puro e vecchia scuola. They’ll Never Take Us Alive ci riporta a quel favoloso periodo del thrash; con gli stessi suoni, lo stesso cantato e la stessa ruvidità tipica di quegli anni e della tecnologia di allora. Un sapore analogico e una stesura degna dei tempi; rubacchiando qua e là, è palese, senza mai cadere nel plagio anche se spesso ci si ritrova sul filo del già sentito; di sicuro ci troviamo davanti a un trio che sa suonare e sa cosa vuole. Talento e determinazione.

La opener Punk Fucking Metal spiega tutto. Palm mute senza riserva e assoloni (Killer Of Killers), intro nterminabili come in Fallout (molto molto vicina a Seek And Destroy) o The Shout che racchiude tutto l’operato della band in questo album (e l’innegabile fatto che ascoltino i Metallica, “quelli dei primi tre album”). Non mancano i brani che virano più al punk come Why I Carry A Knife e soprattutto la titletrack, They’ll Never Take Us Alive, e la vena più metallona con l’andamento lento della lunga traccia finale God Sized. Ma la verità, e l’anima di questo album, sta nel mezzo, il thrash metal old school. La copertina dell’album mantiene quel sapore vintage di violenza e spensieratezza trash, questa volta con una sola “h”. Tutto molto bello, viva il thrash, viva i Zig-Zags. Cercateli, ascoltateli e, se vi capita, andate a vederli.

Autore: Zig-Zags Titolo Album: They’ll Never Take Us Alive
Anno: 2019 Casa Discografica: RidingEasy Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 9
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/zigzagsmusic/
Membri band:
Sean Hoffman – basso, tastiere, voce
Dane Arnold – batteria, voce
Jed Maheu – chitarra, voce
Tracklist:
1. Punk Fucking Metal
2. Killer Of Killers
3. Fallout
4. No Way Out
5. Ms 45
6. The Shout
7. Why I Carry A Knife
8. They’ll Never Take Us Alive
9. Nothing To Do 10. God Sized
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
1 Comm
02nd Set2019

Daniele Brusaschetto – Flying Stag

by Marcello Zinno
Daniele Brusaschetto, per chi non lo conoscesse, naviga nel territorio musicale da circa un trentennio e, al di là della militanza in varie band e delle collaborazioni più disparate, arriva con questo Flying Stag a festeggiare i 25 anni di carriera solista. Ad ascoltare però il suo ultimo lavoro sembra di essere al cospetto con una thrash metal band statunitense iper prodotta, la “classica” proposta schiacciasassi dove le chitarre creano un muro di suono e incutono timore e cattiveria nell’ascoltatore. Le virgolette sono d’obbligo perché se le band di thrash moderno avessero questo suono noi saremo più che contenti. Noi crediamo fermamente che l’asso nella manica di una band sia quello di creare qualcosa di personale, un sound che la identifichi e che non piaccia a tutti i costi. Beh Brusaschetto ci è riuscito. Vero che ad ascoltare queste sette tracce ci vengono in mente tanti altri appigli che sicuramente Daniele conosce molto bene: le influenze sonore industrial, le scelte vocali effettate e che restano un passo indietro rispetto a tutto il resto (tipiche dei Voivod, citati anche come riferimento dallo stesso artista), alcuni pattern di sponda djent che rendono la proposta molto attuale (chi ricorda i Dååth può capire a cosa ci riferiamo).

Brani tendenzialmente lunghi ma ricchi di pattern e di variazioni; i tempi sono veloci quindi dietro un brano di 5 o anche 7 minuti c’è tantissima musica e che stanca con vera difficoltà. I riferimenti ai Prong sono corretti, solo che l’irruenza sonora di questo album è superiore alla rotondità dei riff targati Prong e alle incursioni nell’alternative metal statunitense di Tommy Victor e Soci. Fanculo Mondo, al di là di essere l’unica con titolo in italiano, va segnalato come uno dei momenti più estremi del lotto anche se noi suggeriamo di ascoltare Like When It’s Raining Outside. La copertina dimostra la follia che sta dietro questo progetto. Noi avremo preferito una grafica all’altezza della qualità musicale di Flying Stag (vi sfidiamo ad individuare il genere guardando l’artwork e prima di premere play), però un musicista con contenuti ma mal vestito è sicuramente da preferire rispetto al suo opposto.

Autore: Daniele Brusaschetto Titolo Album: Flying Stag
Anno: 2019 Casa Discografica: Wallace, Bandageman, Bosco Rec, Solchi Sperimentali Discografici
Genere musicale: Thrash Metal, Industrial Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.danielebrusaschetto.net
Membri band:
Daniele Brusaschetto – voce, chitarra
Alberto “Mono” Marietta – batteria
Tracklist:
1. Otherwhere
2. Stag Beetle
3. Splattering Purple
4. The Unreal Skyline
5. Like When It’s Raining Outside
6. Fanculo Mondo
7. From A Tight Angle
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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21st Lug2019

Walkyrya – The Invisible Guest

by Marcello Zinno
I Walkyrya provengono dal profondo Sud Italia e hanno le idee molto chiare in fatto di sound. Il loro genere è chiaro e lo dichiarano senza mezzi termini: thrash metal in stile Testament. E ad ascoltare The Invisible Guest non possiamo dar loro torto, le influenze sono decisamente quelle ma l’album è pensato e suonato talmente tanto bene che qualsiasi pensiero circa una possibile tentazione di imitare la band di Chuck Billy e Soci svanisce. La ritmica è compatta e procede con il classico incedere thrash, i riff sono un muro di suono, anche la produzione è di buon livello e conferisce assoluto valore alla proposta dei Walkyrya. Le linee vocali di Vince Santopietro fanno il resto e lo fanno davvero molto bene, alternando parti più graffianti a testi cantati, melodie ma anche cattiveria che impreziosiscono il thrash di questo quartetto, davvero esplosivo. Un altro ingrediente che ci piace della loro musica è un certo groove metal che di tanto in tanto viene fuori (come in Drive Angry) e che sicuramente risulta un elemento di notevole appiglio in sede live, siamo pronti a scommetterci.

Evil Clown propone qualcosa di nuovo: le strofe procedono pacate e ci ricordano alcuni passaggi di matrice Mudvayne quando arpeggi e voce flemmatica erano solo una prefazione prima dell’esplosione del ritornello; anche in questo brano infatti si opta per questa ricetta fino ad una seconda parte decisamente distruttiva. Il riff sul finale di Venom Tears e il chorus di Out Of Brain sono le parti che più ci fanno impazzire, in una cornice fatta di thrash metal genuino che guarda sicuramente al passato ma che si colloca benissimo nei giorni nostri, pur con un pizzico di ricerca nostalgica. Chi è alla ricerca di band thrash tricolore non può lasciarsi sfuggire i Walkyrya.

Autore: Walkyrya Titolo Album: The Invisible Guest
Anno: 2019 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Thrash Metal, Groove Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/walkyryaband/
Membri band:
Vince Santopietro – voce
Federico Caggiano – chitarra, voce
Arcangelo Larocca – basso
Tiziano Casale – batteria
Tracklist:
1. Black Hills
2. Open Grave
3. All The Time
4. Drive Angry
5. Evil Clown
6. Venom Tears
7. Out Of Brain
8. March Or Die
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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30th Mag2019

Maniac Abductor – Casualties Of Causality

by Marcello Zinno
Arrivano dalla Finlandia e non sono proprio alle prime armi questi ragazzi. Già dall’artwork dell’album e dal logo del moniker potrete intuire benissimo il loro stile: siamo nelle lande del thrash metal, quello fatto di grafiche che richiamano il passato, scene apocalittiche, con quelle lettere piene di spigolature e i colori tossici (un rimando grafico ai Municipal Waste lo sentiamo doveroso). Se il primo aspetto conta allora i Maniac Abductor centrano il bersaglio perché prima di premere play già ci hanno in parte conquistati e appena la musica fluisce capiamo subito che i ragazzi ci sanno fare. Non c’è innovazione nella loro proposta musicale, ma in fondo chi si autodichiara profondamente thrasher non si aspetta soluzioni diverse da quelle arcinote. C’è potenza e velocità, non esattamente lo speed di altre formazioni (si veda la scena thrash-core o band come gli F.K.U.) che puntano tutto sulle accelerazioni costanti e su brani da due minuti, ma va riconosciuto un certo impatto alla sezione ritmica; tante influenze del thrash teutonico, con le chitarre robuste ed un riffing spacca ossa, nell’incedere della batteria invece abbiamo visto più sentori statunitensi (si ascolti ad esempio l’incedere ritmico di First World Disease o anche la strofa di No Hope For You, entrambe figlie di un certo hardcore). Bellissimi gli assoli, pungenti, mai troppo lunghi e sempre potentissimi, tecnica allo stato puro che si amalgama perfettamente con la musica; non finiscono mai di stancare chi li ascolta. Aspetto da non sottovalutare in merito agli assoli è invece la resa live, visto che la formazione ha un solo chitarrista e forse durante gli assoli il sound rischia di perdere in irruenza.

Evil Brotherhood cambia un po’ la direzione dell’album, sembra infatti omaggiare molto di più i Pantera che non un thrash nel senso stretto del termine (eccezion fatta per il bridge al fulmicotone), al contrario altri brani come Destroyer Of Worlds o Thrash Assault sono classiche thrash song che una volta ascoltate vi accenderanno il desiderio di assaporarle sotto un palco. Un pezzo davvero degno di nota è Hatebound, per le sue linee di basso che escono fuori senza paura, per le urla del singer e per i cambi di tempo che danno molta aria al pezzo, soprattutto nel bridge che sicuramente dal vivo non lascerà superstiti. L’album contiene nel complesso 6 inediti, 2 brani sono sempre a nome Maniac Abductor ma provenienti dal loro passato e qui riarrangiati, mentre al termine della tracklist compare una cover, Troops Of Doom originariamente composta dai Sepultura che chiaramente qui vive di suoni molto più luccicanti e muscolosi, un vero calcio sulle gengive.

Una prova di spessore, che procede nel solco del thrash internazionale e che può aprire tante porte a questa giovane formazione. Davvero consigliata per gli amanti del genere.

Autore: Maniac Abductor Titolo Album: Casualties Of Causality
Anno: 2019 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/ManiacAbductor/
Membri band:
Jesse Räsänen – batteria
Jesse Elo – chitarra
Niklas Pappinen – voce
Janne Parviainen – basso
Tracklist:
1. Fooled Again
2. Watery Tomb
3. First World Disease
4. Evil Brotherhood
5. Destroyer Of Worlds
6. No Hope For You
7. Hatebound
8. Thrash Assault
9. Troops Of Doom (Sepultura cover)
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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02nd Mag2019

Mortado – Rupert The King

by Marcello Zinno
Gianluca GL Perotti si fa risentire e lo fa con il massimo delle intenzioni. Dopo l’uscita dagli Extrema e i vari, transitori, percorsi come i Rebel Devil, GL ha deciso di dedicarsi ad un progetto “suo” che però figura come una band a tutti gli effetti, i Mortado. Come ci ha raccontato durante la nostra lunga intervista (disponibile a questa pagina) i brani inediti contenuti nel debut album Rupert The King sono stati scritti tutti oltre dieci anni fa, sono pezzi quindi legati ad una scena thrash diversa da quella attuale e che erano destinati ad altri usi, non ad un progetto solista di GL. Ma tanto è, eppure dobbiamo ammettere che fin dal primo ascolto i brani suonano molto potenti e diretti. È vero, ricordano molto il thrash metal dell’ondata internazionale (80s), quando le principali formazioni stavano raggiungendo il successo planetario (si ascoltino gli stacchi, il rifferama e le cavalcate ritmiche), ma più ascoltiamo questo album e più ci convinciamo che è la natura stessa di GL ad esprimere questo stile compositivo; anche se le avesse scritte oggi probabilmente questo sarebbe stato il suo carisma espressivo, perché lui è profondamente legato al thrash metal che ha reso famoso il genere stesso.

L’intensità dell’album si ravvisa subito nelle prime tracce, potentissime e convincenti, in particolare in In The Middle Of The Night, in cui viene a galla l’amalgama dei singoli strumenti in una forma musicale univoca che spicca il volo con il muscoloso ritornello ma anche con le variazioni presenti lungo la seconda parte del brano. Poi arriva No Escape, un brano diverso dagli altri che presenta delle melodie e dei cori lontani da una certa visione di thrash che l’album vuole offrire, passaggi che ci sembrano influenzati dal blues e che coinvolgono anche chi è abituato ad ascoltare un metal non della Bay Area. Con Dangerous Deal sembrano comparire alcune influenze death (strofa e intermezzo strumentale), Venom invece la segnaliamo perché nei testi rappresenta il “GL pensiero” riassumendo le idee che il singer porta avanti da tempo; ancora, The Art Of Soul che musicalmente esalta tutto il legame di GL e della band per il Pantera-sound (forse anche un po’ troppo) ed infine Secret Society che si avvicina ad un thrash meno intransigente, strizzando l’occhio per certi versi anche ad influenze NWOBHM. Interessanti le due cover, soprattutto Blood Shower dei Blind Illusion che guadagna una potenza sonora inimmaginabile nel 1988.

Peccato per l’artwork che avrebbe meritato sicuramente più attenzione (forse ispirato proprio da The Sane Asylum dei Blind Illusion), non solo per sostanziare i testi scritti da GL ma anche per vestire adeguatamente un album che nella sostanza risulta essere un’uscita di thrash metal di tutto rispetto. Siamo pronti a scommettere ad un secondo album in cui lo stile della band diverrà più particolare, un motivo in più che ci spinge a seguirli.

Autore: Mortado Titolo Album: Rupert The King
Anno: 2019 Casa Discografica: Blasphemous Records
Genere musicale: Thrash Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/magomortado/
Membri band:
Gl Perotti – voce
Manuel togni – batteria
Simone Franzé – basso
Stefano Franzé – chitarra
Tracklist:
1. Rupert The King
2. In The Middle Of The Night
3. Babylon’s Flag
4. No Escape
5. Double Face (Extrema Cover)
6. Dangerous Deal
7. The Great Spirit
8. Venom
9. The Art Of Soul
10. Secret Society
11. Blood Shower (Blind Illusion Cover)
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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22nd Mar2019

Last Rites – Nemesis

by Marcello Zinno
Tornano dopo un solo anno da Unholy Puppets, di cui avevamo parlato a questa pagina, i Last Rites e pubblicano Nemesis che vuole essere un evidente bandierina fissata sul suolo con su rappresentate le venti candeline spente dalla loro formazione. Un album sicuramente conciso, con 5 inediti su 8 tracce totali, ma che non perde un’oncia della potenza a cui i Last Rites ci hanno da sempre abituati. Difficile capire se il quartetto pende più verso il thrash metal o il death metal, potremo scomodare tantissime formazioni internazionali per descrivervi il loro stile, a noi hanno ricordato l’instransigenza degli Irriverence e la potenza affilata degli Hammered (giusto per citare per una volta band nostrane), il tutto passando per un thrash più di stampo teutonico che non della Bay Area e ascoltare le prime due tracce dell’album toglie sicuramente ogni titubanza. L’aspetto tecnico è preponderante nella musica dei Last Rites, i ragazzi non scherzano e i brani non stancano mai sia per una perizia curata e di impatto sia perché il songwriting non scade mai in parti ripetute all’eccesso o in strutture di canzoni banali, fattori questi che purtroppo spesso ritroviamo in band di pari genere.

Se amate il thrash tecnico vi suggeriamo di ascoltare 26.04.86, un brano che prende ispirazione dal disastro di Chernobyl e che concentra in sé gran parte della muscolatura tecnica del combo; Ancient Spirit ci riporta agli estremismi thrash di stampo Kreator, tracce che non lasciano un attimo di fiato e che implodono con un’irruenza incredibile, violenza rintracciabile anche in Human Extinction. I Last Rites confermano il loro spessore all’interno della scena thrash death metal italiana, sicuramente una vetta da solcare per chi ama queste sonorità.

Autore: Last Rites Titolo Album: Nemesis
Anno: 2017 Casa Discografica: MASD Records
Genere musicale: Thrash Metal, Death Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.last-rites.net
Membri band:
Dave – voce, chitarra
Bomber – chitarra
Fens – basso
Laccio – batteria
Tracklist:
1. Paradox Of Predestination
2. Architecture Of Self-Destruction
3. 26.04.86
4. Ancient Spirit
5. Fallen Brother – Glory To The Brave (outr)
6. Human Extinction
7. Realm Of Illusions 8. Souls’ Harvest
Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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24th Ott2018

Game Over – Claiming Supremacy

by Marcello Zinno

Game Over - Claiming SupremacyLeggermente spostatisi dal thrash metal old school già con Crimes Against Reality, di cui avevamo parlato a questa pagina, i Game Over tornano con un nuovo lavoro e non ci fanno poi attendere molto. 10 tracce sotto il nome Claiming Supremacy che fanno impallidire già dalla prima (vera) song dal titolo Two Steps In The Shadow. Sembra di essere tornati a For Humanity, con muri di chitarre e cori in stile Bay Area, riffing serrato ed headbanging come se non ci fosse un domani. Tramite questa traccia possiamo dire che la band svela gli intenti del loro ritorno discografico: la produzione fa un passo avanti mentre loro decidono di rimettere in prima linea il thrash trita ossa a cui ci avevano abituati anni or sono. Sferzate e tupa-tupa si alternano senza soluzioni di continuità rallentando i tempi solo in rarissime occasioni come nell’intermezzo di Blessed Are The Heretics, brano che possiede tra l’altro un ritornello micidiale, o in Eleven, una traccia concepita in maniera più oscura rispetto alle sue sorelle (senza considerare la breve strumentale Shattered Souls).

I Game Over non perdono un grammo di energia e come nelle loro prime produzioni si mettono in gioco in un thrash potente e fedele a se stesso che, se da un lato è sicuramente super conosciuto, dall’altro è ben congegnano e perfettamente eseguito. Broken Trails e Show Me What You Got sono dei veri e propri calci sui denti ma in generale possiamo dire che Claiming Supremacy non presenta attimi di cedimento. Un album pensato e realizzato per i veri amanti della scuola thrash metal. Nota non del tutto positiva per la copertina: seppur di sicuro impatto perde qualche punto sia per il classico paesaggio apocalittico a cui si sono ispirati centinaia di altre band, sia perché gli artwork a cui ci avevano abituati i Game Over erano di un livello decisamente superiore.

Autore: Game Over

Titolo Album: Claiming Supremacy

Anno: 2017

Casa Discografica: Scarlet Records

Genere musicale: Thrash Metal

Voto: 7,25

Tipo: CD

Sito web: http://www.gameoverofficial.com

Membri band:

Renato “Reno” Chiccoli – basso, voce

Alessandro “Sanso” Sansone – chitarra

Luca “Ziro” Zironi – chitarra

Vender – batteria

Tracklist:

  1. Onward To Blackness

  2. Two Steps In The Shadow

  3. Last Before The End

  4. My Private Nightmare

  5. Blessed Are The Heretics

  6. Eleven

  7. Broken Trails

  8. Shattered Souls

  9. Lysander

  10. Show Me What You Got

Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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19th Ott2018

Game Over – Crimes Against Reality

by Marcello Zinno

Game Over - Crimes Against RealityGli italianissimi Game Over non mollano un colpo, ci avevano conquistati con For Humanity di cui avevamo parlato a questa pagina e tornano nel 2016, dopo un EP, con Crimes Against Reality. Da loro non ci si aspetta cambi di direzione in termini stilistici, il quartetto è fedele alla scena thrash metal ottantiana: dalla struttura della line-up al riffing, compatto e ruvido come le grandissime band ci hanno insegnato nei decenni, sia al di là dell’oceano che da questa parte. Eppure va detto che, mentre nelle loro precedenti uscite la visione thrash era quasi “integralista”, qui con Crimes Against Reality qualcosa di nuovo si percepisce. Ascoltare With All That Is Left, a metà tra ballad e una metal song di stampo americano, fa intuire che i ragazzi vogliono spingersi oltre il seminato anche se si sentono troppo a loro agio nel terreno (ancora fertile?!) del thrash metal. Da segnalare anche Astral Matter che pur essendo fedele ai propri canoni in quanto a riffing, presenta aperture e cambi di tempo che dimostrano una crescita della band, una crescita che onestamente non sappiamo dove porterà in futuro questo poderoso quartetto. Non è un caso che il brano supera i sei minuti di ascolto.

Non vogliamo a tal proposito portarvi fuori strada però, sarebbe come aspettarsi dagli Iron Maiden un album lontano dal loro tipico trademark. E infatti i Game Over piantano un albero secolare in quella che è la loro idea di musica: lo fanno con la velocissima e molto curata Neon Maniacs, il classicone thrash dal titolo Just A Little Victory e soprattutto la titletrack che è una fucilata in pieno volto con un intermezzo strumentale a metà brano da veri portabandiera del thrash metal internazionale. Crimes Against Reality è una conferma della qualità dei Game Over che dimostrano anche un’inaspettata e piacevolissima versatilità.

Autore: Game Over

Titolo Album: Crimes Against Reality

Anno: 2016

Casa Discografica: Scarlet Records

Genere musicale: Thrash Metal

Voto: 7,25

Tipo: CD

Sito web: http://www.gameoverofficial.com

Membri band:

Renato “Reno” Chiccoli – basso, voce

Alessandro “Sanso” Sansone – chitarra

Luca “Ziro” Zironi – chitarra

Vender – batteria

Tracklist:

  1. What Lies Within

  2. 33 Park Street

  3. Neon Maniacs

  4. With All That Is Left

  5. Astral Matter

  6. Fugue In D Minor

  7. Just A Little Victory

  8. Gates Of Ishtar

  9. Crimes Against Reality

  10. Fix Your Brain

Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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16th Ott2018

The Outside – We Feel Through The Dead

by Marcello Zinno

The Outside - We Feel Through The DeadProvengono da diverse nazioni i membri dei The Outside, band che si colloca a nostro parere nel pieno della scena thrash metal melodica internazionale. Da un lato infatti c’è il carattere spiccatamente thrash (vicino ai recenti Kreator) che spesso non eccede in velocità ma piuttosto in un rifferama possente e cavalcate ritmiche di chiaro stampo di genere; dall’altro c’è un heavy di rimando statunitense (che ricorda qualcosa dei Prong) che macina potenza e non rischia di perdere debolezza in alcuna delle sue tracce. Questi i riferimenti secondo noi molto evidenti nel suono dei The Outside che presentano però un’altra caratteristica non molto comune nella scena di appartenenza: i messaggi veicolati sono spesso politici in quanto la band si dice ispirata dalla propria vita e il metal ispirato a posizioni precise. Questo è l’elemento che spicca in una proposta che se può piacere a chi consuma con voracità heavy metal, dall’altro ci sembra molto già sentita e non mostra molti aspetti degni di nota. La cupa e infernale War Among The Poor ci ricorda qualcosa dei God Dethroned, a meno delle tematiche chiaramente, ancora più luciferina To Dismantle con dei riff che danno una sensazione di contorsione e che ci spingono nel baratro, molto più rispetto alle prime tracce dell’album. Da segnalare It’s A Campagin che può regalare più di un’emozione ai fan degli Slayer affettivamente legati a Seasons In The Abyss.

We Feel Through The Dead è un album pronto per le classifiche americane e che propone un buon thrash metal melodico ma senza nessun elemento distintivo, se non l’appiglio politico portato avanti dalla band.

Autore: The Outside

Titolo Album: We Feel Through The Dead

Anno: 2018

Casa Discografica: Metropolitan Edge, Greenzone Music

Genere musicale: Thrash Metal, Heavy Metal

Voto: 6

Tipo: CD

Sito web: http://www.the-outside.net

Membri band:

Roland B. Marz – voce

Ishay Sommer – basso

Alberto Atalah – batteria

Ricardo Esponoza – chitarra

Tracklist:

  1. The Portrait

  2. Congregation

  3. Towers Tall

  4. We Feel Through The Dead

  5. War Among The Poor

  6. To Dismantle

  7. Where We Stand

  8. It’s A Campaign

  9. A Star Burns

Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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29th Ago2018

F.K.Ü. – 1981

by Marcello Zinno

F.K.Ü. - 1981Per chi conosce gli F.K.Ü. sa che con loro non si sgarra, si parla un’unica lingua: quella del thrash metal, senza cedimenti di sorta. Nel momento in cui la band pubblica un album dal titolo 1981 ogni fan del genere cade nel giustificatissimo errore di intenderlo come una celebrazione di uno degli anni nascenti del thrash metal (anche se l’annata per eccellenza fu il 1986) e ammettiamo che anche noi non abbiamo resistito a questa interpretazione storica. In realtà il 1981 omaggiato dagli F.K.Ü. è l’anno per eccellenza dei film horror, altra grande passione della band svedese. Già dalla copertina, con quei VHS che piovono come fossero proiettili di una battaglia in corso contro il tempo, il messaggio diviene più chiaro; lo stile musicale è 100% F.K.Ü., thrash potente e veloce, si trattiene il respiro data la velocità, 14 brani per 35 minuti totali di distruzione sonora.

Se è la prima volta che vi avvicinate ad un album della band rimarrete sicuramente spettinati e vi chiederete come fa una band attuale a suonare così old school, se invece avete ascoltato anche uno solo degli altri quattro album della loro discografia noterete qui una maggiore compattezza sonora: tempi e riffing seguono le medesime coordinate, a differenza del loro passato (come in Where Moshers Dwell) non vi sono sorprese nel corso delle tracce, l’incedere la fa da padrone, in accoppiata con la velocità (pochi brani superano i 3 minuti) e si finisce facilmente ad approdare a lande più affini al thrashcore (Friday The 13th Part 2). Il campo di battaglia è però sempre il thrash inteso nel senso tradizionale del termine, The House By The Cemetery ad esempio presenta la stessa trama ritmica di Damage Inc. dei Metallica, e se masticate un po’ il genere ritroverete molti stilemi scritti da altre grandi band.

Va detto però che la visione dell’album non è quella di inserire elementi di distinguo nel sound della band ma di celebrare un aspetto molto caro al quartetto, la cinematografia horro targata ’81, quindi questo lavoro va letto come una sorta di concept album. Non temete, bisogna ammettere che ascoltare brani come The Burning o The Prowler, pezzi da novanta di questa uscita, non può che regalare forti emozioni ad ogni thrasher che si rispetti.

Autore: F.K.Ü.

Titolo Album: 1981

Anno: 2017

Casa Discografica: Despotz Records

Genere musicale: Horror Thrash Metal

Voto: 7

Tipo: CD

Sito web: http://www.moshoholics.com

Membri band:

Larry Lethal – voce

Pete Stooaahl – chitarra

Pat Splat – basso

Unspeakable Emp – batteria

Tracklist:

  1. 1981

  2. Nightmares In A Damaged Brain

  3. Hell Night

  4. Corpse Mania

  5. Friday The 13th Part 2

  6. The Burning

  7. The Funhouse

  8. The House By The Cemetery

  9. Burial Ground

  10. The Prowler

  11. The Beyond

  12. Halloween II

  13. Night School

  14. Ms .45

Category : Recensioni
Tags : Thrash metal
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