Ufo – The Visitor
Le sonorità di una band ormai consolidata restano alla fine ben impresse nelle menti e nei cuori degli aficionados: le melodie caratteristiche che essa evoca sono il loro marchio di fabbrica indelebile che può anche consegnarla alla leggenda. Nel caso dell’Astronave, il suo viaggio ci conduce dopo quasi 4 decadi di attività all’odierno The Visitor,che ben resta nella scia dei lavori precedenti. Con la defezione di Way al basso, il subentrante turnista Pichl dona egualmente spessore alle tracce, ad iniziare dall’opener, dove l’ascia di Moore resta fressa come non mai nella doppia veste acustica ed elettrica e su cui il drumming di Parker traccia indelebile i suoi tempi di battuta. Tutto questo mentre il buon singer va avanti per la sua strada con la timbrica roca e graffiante il giusto. On The Watefront è un bel brano molto mid nella tempistica, che disegna un intervallato groove specie nel refrain iniziale, dato che i movimenti della band sono molto rallentati. Le tastiere di Raymond sono in puro stile 70’s, quando le sonorità della band ancora insistevano nello spaziare tra ricerca sonora e produzione aggressiva. Con Hell Driver si sale di tono, sin dalle prime battute: la sei corde è gradevole nel condurre le danze, mentre la doppia cassa viene sapientemente percossa da Parker e docilmente seguita dal basso incandescente di Pichl, il tutto reso ancora più intenso dalla ennesima prestazione sugli scudi di Mogg che si trova a suo agio nel condurre le danze a menadito verso l’intenso solo di Moore. Complessa, la gestazione di Stop Breaking Down, in cui la sei corde sottolinea con enfasi gli accordi iniziali quasi ad avvitarsi su se stessa, mentre Mogg è più bluesy del solito, rendendo il brano gradevole nella sua articolazione e nell’esaltazione del ritornello. I buoni cori amplificano l’enfasi della traccia grazie anche all’eterea tastiera di Raymond.
Rock Ready parte con l’inconfondibile giro di acustica molto country in alcuni passaggi, mentre la sezione ritmica si rende degna di menzione con la sua svizzera precisione. Bridge molto stretto nell’offerta sonora, quasi a sottolineare la vena artistica mai sopita ed ancora in grado di insegnare alle nuove leve. In alcuni passaggi la vena compositiva pare risentire dell’età, in questo brano, ma la band si risolleva subito con Moore che trascina letteralmente il gruppo con le sue distorsioni ben congegnate e molto ammiccanti nel finale. Living Proof è molto intrigante nell’approccio, ci troviamo di fronte alla conduzione della linea di basso su cui si innesta con intelligenza la nota elettrica dell’axeman. Mogg continua a sfornare note su note su di un ottima base sonora molto coinvolgente e di facile ascolto sia pur nella complessità della sua elaborazione, davvero valida e che rende il brano tra i migliori dell’album. Notevole lungo tutta la traccia l’atmosfera molto tesa che tende a rendere bene l’intensità del brano, grazie anche al delicato supporto dei cori. Can’t Buy A Thrill è la migliore traccia del lavoro: la voce modulata di Mogg disegna egregiamente l’atmosfera quasi incandescente pur nella apparente tranquillità del brano. La doppia cassa qui svolge una funzione importante di raccordo tra i momenti quasi narrativi del brano e quelli in cui il combo viaggia con il pilota automatico. Il lavoro di Moore è superbo nel condurre il brano attraverso i detti momenti, con un relativo solo da brividi.
Forsaken la lasciamo passare come la ballad dovutaci dalla band: in quanto composta da Raymond, mette in risalto sonorità acustiche che non sfigurano nel contesto, avvalorate anzi dai cori molto partecipati che rendono la traccia originale, ove ancora possibile dopo 40 anni di carriera. Degnissima tuttavia la base sonora ed ancora una volta il quintetto sugli scudi, ammiccante il giusto. Ancora velleità hard con Villains & Thieves, grazie all’approccio molto deciso e diretto: singer in evidenza sulla strofa iniziale e tastiere in pieno delirio compositivo, in stile anche rockeggiante. Un brano che avrebbe fatto la fortuna di un certo Serpente Bianco, per le sue sonorità adattissime al cantato molto intenso e tuttavia sempre a proprio agio, con la sei corde che detta i tempi di ingresso al suo riffone, qui svisato come mai. A chiudere Stranger In Town, che idealmente segna il passaggio delle consegne ai posteri del marchio di fabbrica: Mogg, sempre ed ancora Mogg per la sua prestazione di spessore e grazie al vecchio Parker dalla battuta precisa, nonché al mai troppo apprezzato Moore che non fa rimpiangere chi lo ha preceduto. Grazie anche a Raymond, per il suo lavoro ispirato, tecnico ed altamente di valore compositivo, che anche in quest’ultima traccia risalta e risplende, come tutta la band…a testa altissima.
Autore: Ufo | Titolo Album: The Visitor |
Anno: 2009 | Casa Discografica: SPV/Steamhammer |
Genere musicale: Hard Rock | Voto: 7 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.ufo-music.info |
Membri band:
Phil Mogg – voce Vinnie Moore – chitarra Peter Pichl – basso Andy Parker – batteria Paul Raymond – tastiere,.chitarra Martina Frank – cori su traccia 6 e 8 Olaf Senkbeil – cori su traccia 1,2,3, 4, Melanie Newton – cori su traccia 2 e 8 |
Tracklist:
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