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02nd Apr2020

Pearl Jam – Gigaton

by Giuseppe Celano
Capita spesso che più altisonante è il titolo di un’opera minore sarà la qualità del suo contenuto. Una premessa necessaria per questo nuovo lavoro dei Pearl Jam uscito durante il picco della tempesta sollevata dal corona virus che oggi sta flagellando anche l’America di Trump. I Pearl Jam sono una band capace d’emozionare ancora dal vivo, in studio invece una certa stanchezza affiora ormai da più un decennio pieno. Come per i precedenti ultimi tre capitoli, anche Gigaton non fa eccezione, avvolto da luci e ombre e affidato a molte ballad, alcune inutili (Alright e Seven O’Clock), a cui si sommano i due i singoli, uno indifendibile (Superblood Wolfmoon), il secondo (Dance Of The Clairvoyants), sebbene lontano dalle corde della band, funziona sfruttando una formula che richiama alla mente Queen e Talking Heads. In alcuni passaggi giocano a fare gli Who (Never Destination) mentre in altri fanno il verso a se stessi citando e anche Hendrix (Quick Escape, in cui Mike durante gli assoli dà fondo a ribattute, bending e wah-wah). La scelta di rimanere saldamente ancorati al proprio passato, i maligni diranno “comodamente seduti”, tradiscono il progressivo impoverimento della vena creativa ormai inarrestabile. Chi ne esce meglio invece è Eddie Vedder, alto nel mixer, ancora in forma del solito e capace di buone melodie andando a sacrificare quell’approccio più punk del canto.

Al giro di boa il lavoro perde man mano mordente, il quintetto abbassa i toni rifugiandosi in armonie lineari e innocue come un vento che si trasforma man mano in una brezza fredda e fastidiosa. Il lavoro va a chiudersi con l’organo spalmato su River Cross, l’ennesima ballad che contiene una palese invettiva contro Trump. La produzione è di Josh Evans, subentrato a Brendan O’Brien presente come ospite nel disco. Per contenuti, testi e messaggi, Gigaton è un disco indignato, ricco di dolore, contraddizioni ma speranzoso. Oggi i Pearl Jam sono così, scossi da continui dubbi e fluttuazioni interne, alla continua ricerca di nuove evoluzioni che al momento non hanno ancora individuato. Dopo il singolo Dance Of Clairvoyants, arricchito da ritmica funk e manipolazioni affidate ai synth, si era sperato in un cambio radicale, sicuramente molto rischioso, ma la band ha preferito optare per piccoli dettagli restando ben fedele al proprio passato le cui radici sono profondamente ancorate all’hard rock. Peccato perché quella del rinnovo, intrapresa in un unico brano confinato a se stesso, sembrava una buona strada da percorrere.

In molti, nei mesi precedenti all’uscita di questo lavoro, avevano sperato in una rinascita dalle ceneri, come una fenice insomma. La verità è che i Pearl Jam non hanno avuto il coraggio di fare ciò che il rock richiede, una muta, ricadendo nello stesso errore, quello di ripetersi con formule che dal vivo sicuramente funzioneranno come schiacciasassi ma che nulla aggiungono al songwriting. Gigaton è un album dignitoso, aggettivo che va a cozzare con il termine rock, ma tant’è. Scegliere di ascoltarlo o no sta a voi (l’ardua sentenza).

Autore: Pearl Jam Titolo Album: Gigaton
Anno: 2020 Casa Discografica: Monkey Wrench / Republic
Genere musicale: Grunge Voto: 6
Tipo: CD Sito web: https://pearljam.com
Membri band:
Eddie Vedder – voce, chitarra
Stone Gossard – chitarra
Mike McCready – chitarra
Jeff Ament – basso
Matt Cameron – batteria
Tracklist:
1. Who Ever Said
2. Superblood Wolfmoon
3. Dance Of The Clairvoyants
4. Quick Escape
5. Alright
6. Seven O’clock
7. Never Destination
8. Take The Long Way
9. Buckle Up
10. Comes Then Goes
11. Retrograde
12. River Cross
Category : Recensioni
Tags : Grunge, Pearl Jam
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