The Sound – All Fall Down

Un album difficile quindi, ostico, chiuso su se stesso, dalle coordinate non ben chiare, agganciato ad un passato che sta sfuggendo di mano (siamo nel 1982, un periodo di transizione tra post-punk, new wave e facili derive pop) e un futuro del tutto indefinito, l’album resta in questa specie di bolla che non ne vuole sapere di scoppiare, non si capisce se questo sia un limite o una reale richiesta di protezione, fatto sta che dopo questo album e scaricati dalla WEA i The Sound proseguiranno per qualche anno per la loro strada, questo finché sarà possibile, poi arriverà anche il momento di porre la parola fine, ancora qualche anno e sarà lo stesso Adrian Borland a scrivere di sua mano quella parola. Ecco perché abbiamo scelto questo All Fall Down, “(quando) tutto cade giù”, perché mantiene intatta la sua intrinseca fragilità e bellezza, perchè a suo modo non è un album doloroso da ascoltare, anzi, è grande musica suonata da grandi musicisti (oltre a Borland voce e chitarra troviamo Graham Gree al basso ed effetti, Max Mayers alle tastiere e Mike Dudley alla batteria e percussioni ,zona South London).
E già dalla titletrack si intuisce che qualcosa non va rispetto ai “buoni” propositi della WEA, testo criptico, ma nemmeno tanto, di un Inghilterra sociale in fase di smantellamento (Margaret Thatcher?), suono cupo, metallico, ossessivo; Party Of The Mind è “leggera” e frizzante, perfetta per un piovoso pomeriggio estivo, un po’ meno il testo, “A room without light,a room with lights thats blind,these ideas i invite to the party of my mind“. Monument è invece delicata come una carezza del mattino, finalmente non c’è tensione ma solo quella ritrovata fugace pace; In Suspence torna su toni più introspettivi, darkwave, poi si apre in un buon refrain tutto da cantare. Where The Love Is è romantica ma allo stesso tempo nuda come potrebbe esserlo un pezzo dei Joy Division, ritmica scarna, chitarra tagliente, un amore lontano; Song And Dance, “when you’re lonely,when you’re happy,you should sing” declama Borlan in uno sconfinamento dai contorni più rock, ma non basterà. Calling The New Tune è piacevole e lieve con il suo refrain facilmente “orecchiabile” ma nel suo scorrere malinconico e desolante ci lascia con un retrogusto di amarezza; Red Paint è un salto dentro ai Joy Division, per ritmica, armoniche, pathos, ma già più avanti, anche dallo stesso presente che stavano vivendo. Glass And Smoke fredda e dissonante, resta sospesa fra distorsioni e suoni metallici, un pezzo difficile ma intenso; We Could Go Far chiude l’album, una ballad crepuscolare, morbida e sontuosa, termina con la voce di un Borland ormai disilluso “We could go far,we could go far”, non sarà così.
Non male quindi per un album che almeno nelle intenzioni della casa discografica doveva avere ambizioni da alta classifica, se non fosse per il latente dolore che si porterà dietro si potrebbe anche pensare ad una vera e propria rivendicazione della propria arte, forse la chiave di lettura sta tutta qui, e tanto basta a goderne della sua intrinseca, eterea bellezza. (in ricordo di Adrian Borland)
Autore: The Sound | Titolo Album: All Fall Down |
Anno: 1982 | Casa Discografica: WEA |
Genere musicale: Post-Punk | Voto: 8,5 |
Tipo: LP | Sito web: https://en.wikipedia.org/wiki/The_Sound_(band) |
Membri band: Adrian Borland – voce, chitarra Graham Green – basso, chitarra, effetti, drum machine Max Mayers – tastiere Mick Dudley – batteria, percussioni | Tracklist: 1. All Fall Down 2. Party Of The Mind 3. Monument 4. In Suspense 5. Where The Love Is 6. Song And Dance 7. Calling The New Tune 8. Red Paint 9. Glass And Smoke 10. We Could Go Far |