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23rd Mag2012

Darkthrone – Panzerfaust

by Alberto Vitale

Panzerfaust è il capolavoro dei Darkthrone. Non siete d’accordo? Ok, smettetela di leggere queste righe, inutile andare oltre. Per chi vuol capire il peso di questa affermazione assoluta segua pure le parole. Era il 1994 e in Norvegia il black metal era quasi una religione e in un momento di splendore. Prima ancora era una setta, ma dopo fatti di sangue e roghi di chiese il black metal era diventata la nuova filosofia estrema per i giovani e gli appassionati del metal ed era un qualcosa che aveva varcato i confini nazionali. Nel 1994 i Mayhem pubblicavano De Misteriis Dom Sathanas, gli Emperor In The Nightside Eclipse e i Darkthrone tra febbraio e aprile incidevano Panzerfaust, ma uscirà oltre un anno dopo. Era un momento cruciale quello, lo era anche per il cambio di etichetta, ovvero la Moonfog e non più la Peaceville. La prima pubblicherà in seguito altri lavori estemporanei di Fenriz. I Darkthrone sono e restano definitivamente un duo, ma in questo nuovo parto discografico sarà proprio il batterista Fenriz a dare la direzione stilistica. Almeno è quanto lui stesso ha dichiarato in alcuni documentari e interviste degli ultimi anni.

Panzerfaust è stato registrato in un modo approssimativo, dal punto di vista della qualità sonora. Eppure questo disco non suona male: le distorsioni fredde e gli indicatori dei livelli delle chitarre costantemente sul rosso, la batteria che vede la cassa sepolta, come se fosse dietro a un muro, la voce di Nocturno Culto che spara come se tentasse di farsi sentire, sono tutti aspetti che danno fascino alle canzoni. Queste ultime, ovviamente, hanno una loro qualità stilistica unica: si ascoltano e si marchiano nella mente. Non siamo al cospetto di partiture confuse, ossessive, selvagge e piatte nella resa melodica. Assolutamente, qui le melodie portanti sono una lacerazione epica devastante. En Vind Av Sorg, parte in quarta. Veloce, aggressiva, spietata come un flusso malato. Triumphant Gleam raccoglie una delle migliori prestazioni di Nocturno Culto alla voce e, soprattutto, quelle tipiche frenate dei Darkthrone che scalano poi in mid tempo allucinanti e allo stesso momento coinvolgenti. Il riff di questa canzone ha le proprie radici nel thrash e qualcosa di quella struttura riporta alla mente i primi Metallica. Terminata l’accelerazione finale si passa a The Hordes Of Nebulah, un capolavoro di granitico slow time e le corde delle chitarre tirate e torturate al massimo, come nemmeno un gruppo doom riuscirebbe a fare. Fenriz nello scandire il tempo è semplicemente magnifico, suonando con uno stile essenziale ma deciso.

Sotto certi aspetti Hans Siste Vinter è come l’iniziale En Vind Av Sorg, ovvero un tipico brano veloce dei Darkthrone, con quei pezzi in cui la band parte ripetendo ipnoticamente un giro che poi evolve, rivelandosi un continuo martirio. Beholding The Throne Of Might è un’altra trovata in mid-tempo, con qualche punta di velocità, ma è nella sua forma poderosa, marcata, insomma un dolmen che viene costruito pezzo dopo pezzo. Quintessence è il capolavoro dell’album, forse uno dei pezzi più belli incisi dai Darkthrone, ma parte del merito è di Varg Vikernes (Burzum); la canzone rientra in quel gruppo che Il Conte scrisse appositamente per il loro precedente Transilvanian Hunger di Nocturno Culto e Fenriz. Quintessence venne da prima scartata e poi ripresa per Panzerfaust. Canzone in tempo lento, assassina, una sorta di marcia inesorabile accentuata dal ritmo del riff e con Nocturno Culto in magnifica forma e raggelante con l’incipit “eight miles deep well forgotten by mortals. Oh I drank it empty in one single sip“. Tutto sommato che sia una canzone alla Burzum è abbastanza palese. Chiude Snø Og Granskog (Utferd), poema di Tarjei Vesaas e declamato dalla voce di Fenriz e con la base di synth dalle melodie cacofoniche e colpi su tamburi.

Panzerfaust è assurdo perché è definitivamente un black metal estremo nella sua forma, nei suoni e nel modo di comporre dei Darkthrone. L’album porta diciture del tipo “The Norvegian Black Metal”, “Unholy Black Metal”, “The Most Hated Band In The World”, e un’altra ancora più netta nell’affermare quanto loro siano lontani dalla politica, ma anche una dedica a Satyr dei Satyricon. Come a voler dichiarare la volontà di essere contro, per il solo gusto o necessità di esserlo, per dichiarare che loro sono altro, pur non disdegnando qualche buon amico!

Autore: Darkthrone Titolo Album: Panzerfaust
Anno: 1995 Casa Discografica: Moonfog
Genere musicale: Black Metal Voto: 9
Tipo: CD, LP Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Nocturno Culto – voce

Fenriz – batteria, basso, chitarra, tastiere

Tracklist:

  1. En Vind Av Song
  2. Triumphant Gleam
  3. The Hordes Of Nebulah
  4. Hanse Site Vinter
  5. Beholding The Throne Of Might
  6. Quintessence
  7. Snø Og Granskog (Utferd)
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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16th Mag2012

Darkthrone – Transilvanian Hunger

by Alberto Vitale

A voler contestualizzare il momento in cui i Darkthrone sono diventati una band black metal a tutti gli effetti, bisogna concentrarsi inevitabilmente su Transilvanian Hunger. Tuttavia l’album rientra in un discorso più ampio, in quello di una storia che incominciò prima delle sue registrazioni. Negli anni precedenti il black metal in Norvegia non era un genere musicale nascente, ma un vero problema. Le antiche chiese cristiane (molte di queste erano in legno) bruciavano e la gente moriva. Si uccideva in Norvegia e gli omicidi più illustri videro coinvolti Bård Faust (batterista degli Emperor) e Varg Vikernes (Burzum): il primo uccise un omosessuale, il secondo, anche lui autore di roghi, pensò di accoltellare il 10 agosto 1993 Euronymous ovvero il chitarrista e fondatore dei Mayhem, personaggio centrale della scena estrema di quei tempi in Norvegia e proprietario della Deathlike Silence Productions, dalla quale uscirono album di Burzum, Mayhem, Abruptum, Enslaved. Erano questi gli eventi causati dalla Inner Circle, nome dato all’insieme di questi giovani arrabbiati, nazionalisti e spietati, e che presero piede nelle cronache nazionali e nella quiete della Scandinavia.

In Transilvanian Hunger quattro canzoni su otto sono state scritte da Varg Vikernes detto Il Conte, Count Grishnack, mente dell’istituzione Burzum e nemico e carnefice di Euronymous, ormai all’epoca ex amico di Fenriz e Nocturno Culto. Una quinta canzone finirà poi nel successivo album dei Darkthrone, cioè Panzerfaust. L’album è un lavoro controverso dal punto di vista testuale e prima di uscire si guadagnò un comunicato stampa dissociativo da parte della Peaceville nei confronti del pensiero espresso dai Darkthrone e i contenuti dell’album. A quanto sembra le tensioni esplosero anche per via del termine “ebreo”, il quale saltò fuori, si racconta, in una dichiarazione dei due. Pare che in norvegese il termine è spesso equiparato a quello di “sciocco”, ma accertare la veridicità della cosa è arduo. Alcuni distributori minacciarono di non trattare e diffondere il disco e si narra che le prime copie recavano in calce la scritta “Norsk Arisk Black Metal“, cioè black metal norvegese ariano. Il vespaio di polemiche portò di conseguenza Fenriz e Nocturno Culto ad aggiustare il tiro di alcune loro dichiarazioni. Del resto, esclusa la title track e As Flittermice As Satans Spys, l’album vede il resto delle canzoni in norvegese. I Darkthrone si dichiararono apolitici, cosa confermata più volte negli anni a seguire, eppure quel clima estremo e ariano traspare nella loro storia…

Transilvanian Hunger è uno degli album peggio registrati dai Darktrhone, ma è indiscutibilmente uno dei migliori mai incisi nel black metal! Se Under A Funeral Moon aveva quelle distorsioni fredde e ronzanti, in questo disco i suoni potrebbero essere equiparati a quelli di un demo tape. I riff sono minimali, giocati spesso su lunghi fraseggi sulla medesima nota. La batteria è come al solito ultraveloce. Tanto che a posteriori, in una intervista, Fenriz dirà che fu lui l’autore del materiale non redatto da e con Varg Vikernes. Il suono della chitarra è estremamente gelido. Transilvanian Hunger è una canzone dannatamente drammatica, il riff principale è intriso di tensione. Rispecchia l’album nel suo essere sparato, veloce e senza rallentamenti di sorta. Le canzoni sono tutte così, il drumming è un motore in azione a velocità costante (e con un livello audio schifoso). Anche Over Fjell Og Gjennom Torner è una conferma, in poco più di 2′, di questa sintetica, scarna, rovinosa velocità e di qualità approssimativa e la sua coda che, probabilmente, altro non è che l’incipit di Raining Blood degli Slayer. Forse solo Graven Takeheimens Saler mantiene quel black metal embrionale esposto in A Blaze In The Northern Sky o Under A Funeral Moon. Si sente la mano nei successivi pezzi di Vikernes, in particolare si intuisce in I En Hall Med Flesk Og Mjíd, ma Il Conte distribuisce la sua indole anche nelle altre sue tre figlie.

Transilvanian Hunger è uno dei capolavori, uno dei momenti più torbidi e quindi bellissimi nel black metal norvegese. Non è un album per palati fini, non è un disco inteso come tale, Transilvanian Hunger è un concetto, un modo di essere e se il black metal è cresciuto a dismisura lo deve anche a questo lurido album, il quale ha dato poi il coraggio a tante anime nere di suonare, appunto, black metal.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Transilvanian Hunger
Anno: 1994 Casa Discografica: Peaceville Records
Genere musicale: Black Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Fenriz – chitarra, basso, batteria

Nocturno Culto – voce

Tracklist:

  1. Transilvanian Hunger
  2. Over Fjell Og Gjennom Torner
  3. Skald Av Satans Sol
  4. Slottet I Det Fjerne
  5. Graven Tåkeheimens Saler
  6. I En Hall Med Flesk Og Mjød
  7. As Flittermice As Satans Spys
  8. En Ås I Dype Skogen
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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09th Mag2012

Darkthrone – Under A Funeral Moon

by Alberto Vitale

Uno dei titoli più belli nel metal è quello di Under A Funeral Moon. C’è qualcosa di poetico in esso, ma allo stesso tempo terribile e di misantropico. L’essere “contro”, distaccati, lupi che brancolano nella nera boscaglia del metal estremo; i Darkthrone si distinguono dopo un primo album death metal e un secondo che abortisce quel genere, per dare alla luce un figlio nero e sfigurato dalle contaminazioni del black metal, cioè A Blaze In The Northern Sky. Under A Funeral Moon nasce nell’estate del 1992, ma verrà pubblicato solo l’anno dopo, con metà delle canzoni stilate da Fenriz, mentre l’altra metà viene equamente divisa e concepita da Nocturno Culto e Zephyrous. Quest’ultimo sparirà dai Darkthrone dopo questo terzo disco. Una distorsione gelida, ma ronzante e scheletrica, per delle chitarre che, nonostante riassumano le movenze di quel sound sul quale i Darkthrone costruiranno le proprie fortune, suonano con toni insoliti rispetto a quelli massicci ottenuti in A Blaze In The Northern Sky o in quello gelido ma indissolubilmente più furioso di Transilvanian Hunger (il quale è anch’esso caratterizzato dall’uso di suoni ancora crudi e scarni) oppure da quello epocale di Panzerfaust. Questi sono alcuni elementi distintivi di Under A Funeral Moon, crisalide dalla quale il black metal informe dei Darkthrone si tramuterà poi in una bestia meravigliosa.

L’Attacco di Natassja In Eternal Sleep è immediato, diretto, quasi come se la pista sulla quale hanno inciso il tutto fosse tagliata all’origine della canzone. È questo un particolare sul quale si focalizza l’aspetto dozzinale su cui i Darkthrone a volte hanno espresso la loro arte. Cioè un sound robusto, in stile carro armato e privo di cesellature. Fenriz sviluppa un drumming impressionante, forse tra i più personali che ci fossero in giro in quel periodo (magari Hellhammer dei Mayhem ha qualcosa di veramente caratteristico), ma le sue mani sono riconoscibili non solamente sui tamburi. Proprio nello specifico della composizione le canzoni Inn I De Dype Skogers Favn e Unholy Black Metal sono di Zephyrous e lo stile diviene immediatamente riconoscibile già dalle prime battute. Tuttavia è anche l’espressione di una canzone monotona e involuta. Tanto che la seguente Summer Of The Diabolical Holocaust sembra una coda della precedente, ma con l’aggiunta delle tipiche sterzate e cadute dei tempi di Fenriz e Nocturno Culto. The Dance Of Eternal Shadows è un pezzo tipico dei Darkthrone, li rispecchia in pieno: potenza, caos, ritmi altalenanti. Seguono Unholy Black Metal e poi il mid tempo di To Walk The Infernal Fields, la title track, mostruosamente fratturata nelle variazioni dei tempi, epica e istintiva (ma non troppo). Sono tutte canzoni che approfondiscono il discorso black metal, non del tutto finalizzato con A Blaze In The Northern Sky. Inn I De Dype skogers Favn e Crossing The Triangle of Flames sono posti in chiusura, si allineano al clima dell’album ma già lasciano intravedere il futuro Transilvanian Hunger.

Un disco totalmente black metal, ma glaciale anche per quel tipo di distorsione scheletrica e ronzante, della qual si è detto prima. Proprio il suono non soddisfa per la mancanza di uno spessore consistene e d’impatto. Se da una parte il songwriting è a buoni livelli in quasi tutte le canzoni, dall’altra c’è una resa sonora talmente contratta e crepuscolare, la quale non lascia pienamente soddisfatti.

Autore: Darkthrone Titolo Album: Under A Funeral Moon
Anno: 1993 Casa Discografica: Peaceville Records
Genere musicale: Black Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Noctruno Culto – voce, basso

Zephyrous – chitarra

Fenriz – batteria

Tracklist:

  1. Natassja In Eternal Sleep
  2. Summer Of The Diabolical Holocaust
  3. The Dance Of Eternal Shadows
  4. Unholy Black Meal
  5. To Walk The Infernal Fields
  6. Under A Funeral Moon
  7. Inn I De Dype Skogers Favn
  8. Crossing The Triangle Of Flames
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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02nd Mag2012

Darkthrone – A Blaze In The Northern Sky

by Alberto Vitale

Secondo album nella discografia dei Darkthrone, ma chiave di volta della loro storia. A Blaze In The Northern Sky è il cromosoma dal quale il black metal dei norvegesi di Kolbotn prese ad evolversi in spaventose forme che domineranno la scena del genere suddetto. Legenda vuole che durante le prove per la definizione dei pezzi, i Darkthrone si guardarono negli occhi e dichiararono lo scontento per la direzione che stavano tenendo. Semplicemente era finita la volontà di andare avanti a suonare death metal e d’impeto presero a buttar giù dei nuovi riff che erano, nella sostanza, delle vere e proprie bordate di black metal. Inoltre, come si è appreso anni dopo grazie ad un’intervista a Fenriz, l’album venne registrato in tutta fretta per rispettare gli obblighi contrattuali con la Peaceville. Tuttavia quel trapasso dal limbo non venne offuscato: quei vecchi pezzi accantonati vennero riproposti anni dopo per l’album apocrifo Goatlord. A Blaze In The Northern Sky sarà ricordato come uno dei rari esempi, nel metal, in cui un album concepito e realizzato con estrema pressione e sbrigatività diventa poi un’opera “cult”. Le prime stampe furono in vinile ed erano poche copie (probabilmente 3000), poi l’album ebbe una maggiore diffusione nella versione CD; negli ultimi anni la Peaceville ha provveduto ad effettuare un’ampia opera di rimasterizzazione e aggiunta di materiale bonus, anche video, la quale ha interessato anche le prime incisioni della band di Fenriz e Nocturno Culto.

A Blaze In The Northern Sky venne registrato nell’agosto del 1991 e nei crediti riportava anche una dedica a Euronymous (Mayhem), una delle tante anime nere, tra gli dei supremi dell’olimpo black metal, il quale venne assassinato dal Conte Grishnackh (ovvero Burzum). A proposito di crediti, nell’album figura anche la dicitura “DARKTHRONE PLAYS UNHOLY BLACK METAL EXCLUSEVELY”. Infatuazione o vanto effimero? Forse, oppure è una sincera dichiarazione di intenti, volontà di essere parte del verbo nero. Passare dal death metal al black, significava scendere nelle catacombe infestate dai ghiacci, significava tirare fuori atrocità e dannazione. Nel 1991 il black metal è un’ombra che si sta espandendo, la Norvegia è l’origine di questo male e i Darkthrone ascoltano il richiamo della scena nascente, si sentono parte e si concedono ad essa. La formazione è quella del precedente Soulside Journey, ma Dag Nielsen abbandonerà gli altri tre dopo le registrazioni. Questi prenderanno a chiamarsi da adesso Fenriz (percussion, satanic poetry and haunting chants), Zephyrous (chitarra ritmica) e Nocturno Culto, lead guitar e voice (of the night), come si legge appunto nell’album.

I Darkthrone scolpiscono a grandi linee le sembianze di quel sound che li ha resi celebri, ovvero violente e gelide andature spesso frenate da mid-tempo improvvisi, cambi di tempo e bruschi rallentamenti, cadenzati, rabbiosi e fatti di groove ossianico. È l’album nel quale Fenriz spalanca il suo celebre colpire, con alternanza di rullante e cassa, tam tutum tam tutum tam tutum…Batteria densa, corposa, sangue e sostanza delle canzoni, le quali per molti sono ancora troppo influenzate dal death metal. Kathaarian Life Code, meravigliosa apertura del disco, è la sintesi di quanto affermato. In The Shadow Of The Horns è tutta su tempo medio, per esplodere in velocità verso la fine, ma denota anche il fresco retaggio death metal della band. È Paragon Belial a segnare per davvero il passo e ad esprimere epici inni oscuri. Il fresco retaggio death metal lo si evince da questi primi pezzi, da alcuni assoli e dalle sporadiche influenze thrash metal. La stessa titletrack è un imbastardimento del sound tra il loro recente passato (Soulside Journey) e quanto aspirano a diventare. A Blaze In The Northern Sky è l’espressione di un’arte grezza, possiede i presupposti di qualcosa che si evolverà con spietata forza. Nocturno Culto è la voce dannata, disperata e spaventosa e che emerge dal ringhiare delle chitarre; queste sono un continuo pronunciare di melodie a volte cacofoniche, intricate, attorcigliate nell’insieme delle note, mentre in altre sono l’espressione di inni demoniaci, cioè di essenziale e primordiale black metal (in particolare la seconda parte dell’album).

Sporco e grezzo, quest’album esprime lo stile ancora approssimativo, ma anche selvaggio e in divenire dei Darkthrone. Sarà una pietra miliare per la band, una delle tante piantate nel loro lungo percorso, ma allo stesso tempo un totem da adorare per tutte le creature del black metal.

Autore: Darkthrone Titolo Album: A Blaze In The Northern Sky
Anno: 1992 Casa Discografica: Peaceville Records
Genere musicale: Black Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.darkthrone.no
Membri band:

Fenriz – batteria, voce

Nocturno Culto – voce, chitarra

Zephyrous – chitarra

Dag Nielsen – basso

Tracklist:

  1. Kathaarian Life
  2. In The Shadow Of The Horns
  3. Paragon Belial
  4. Where Cold Winds Blow
  5. A Blaze In The Northern Sky
  6. The Pagan Winter
Category : Recensioni
Tags : Black metal, Darkthrone
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21st Apr2012

Exyition – Terrifying Tales

by Antonluigi Pecchia

È giunto il tempo di raccontarvi delle “storie terrificanti”, EP autoprodotto che porta alla luce il nome dei lombardi Exyition, act attivo dal lontano 1991. Prodotto che dall’artwork piuttosto “horror” nasconde l’anima tipicamente old school che la band mette in mostra nelle loro composizioni. Il nome che salta subito alla mente mentre ci si accinge a gustarci questi sette brani è senza alcun dubbio Venom e il loro thrash metal sporco capostipite del black metal attuale, quello con i soliti cliché facilmente individuabili. Sarà questo ciò che rende godibili gli otto brani contenuti in questo lavoro? Cioè, può sembrare strano ma a volte è proprio così, la semplicità, se fatta bene e presa per ciò che è, può risultare più gradibile rispetto a strane combinazioni di sound. Infatti, gli Exyition non sono di certo ricchi di genio creativo e non riescono proprio a nascondere le loro fonti di ispirazione, le melodie di tastiera che a volte risultano più banali che sinistre e l’utilizzo di un songwriting dei più classici non aiuta la loro causa, ma comunque nel totale i brani riescono a vincere l’attenzione di chi ascolta attraverso l’impatto del sound.

Insomma, trattandosi di un semplice EP, la proposta può essere accettata ma non credo che questa scarsità possa portare la band a dare alla luce un album interessante. Ce n’è ancora di strada da fare per la maturità ma per ora ci accontentiamo.

Autore: Exyition Titolo Album: Terrifying Tales
Anno: 2010 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Black metal Voto: 6
Tipo: EP Sito web: http://www.myspace.com/521234651
Membri band:

Ivan G– voce

Daris “Darys” B – chitarra

Fabrizio “Fabry FX” B. – chitarra

Shiver – basso

Ivan “King”– batteria

Nicola “Nicky” B – piano

Tracklist:

  1. Beyond The Dream
  2. Winter Wind
  3. Exyition
  4. Malediction
  5. Perverse Mentality
  6. Evil’s Son
  7. The Last Reality
  8. …Black Candles
Category : Recensioni
Tags : Black metal
1 Comm
14th Ott2011

Whiskey Ritual – In Goat We Trust

by Marcello Zinno

Immagini inequivocabili, suoni agghiaccianti, icone autoesplicative: siamo nelle tipiche ambientazioni black metal. È questa la scelta dei Whiskey Ritual, diretta, senza optare per scorciatoie né strade tortuose perchè per l’inferno c’è un’unica via e questi quattro ragazzi sembrano conoscerla a menadito. Sarebbe stato troppo semplice realizzare un album di true black metal: produzione scarna (quindi costi molto bassi) impasti di suoni e cattiveria pura sarebbero bastati per aggiungere l’ennesimo capitolo e risultare così in ritardo di una ventina di anni sul luogo del crimine. I Whiskey Ritual invece sanno perfettamente che oggi il black metal si muove intorno alla scena rock’n’roll grezza e sporca (quello alla Motörhead per intenderci) e per questo il loro sound è più correttamente classificabile come un “black’n’roll”, così come il titolo dell’opener di questo lavoro che rende ottimamente l’idea.

Chiaro che non mancano le sfuriate black (One Million) ma il loro background è molto più heavy metal crudo: influenze alla Hallelujah (e quindi anche stoner-sabbathiane) sono tavolta limpide, nonostante sia chiaro che i ragazzi dormono con il quadro di Chronos (Venom) appeso sulle proprie teste. Le idee riprendono gli stilemi della tradizione scandinava, proclamando odio e scredito nei confronti di Dio, eccedendo talvolta non si sa se per vera fede nera o per puro alternativismo forzato. Instancabili, mutevoli, intransigenti, ma anche distruttivi e disperatamente “in your face”, i Nostri riescono a proporre anche un brano in italiano, segno che la nostra lingua colora perfettamente la atmosfere cupe, mentre le chitarre odorano di southern rock/sludge metal macabro e malato alla Down.

Credo che dovremmo essere orgogliosi di avere nel nostro paese, spesso bistrattato a livello musicale, band di tale spessore (al di là dei testi e delle immagini discutibili).

Autore: Whiskey Ritual Titolo Album: In Goat We Trust
Anno: 2011 Casa Discografica: Lo-Fi Creatures Records
Genere musicale: Black Metal Voto: 8
Tipo: CD/Vinile Sito web: http://www.myspace.com/whiskeyritualofficial
Membri band:

Dorian Bones – voce

A. – chitarre

Plague – basso

Asher – batteria

Tracklist:

  1. Black’N’Roll
  2. In Goat We Trust
  3. One Million
  4. Drunken Night
  5. My Wind
  6. Maryann
  7. Devil’s Street
  8. Legione D’Assenzio
  9. The Human’s King
  10. Whiskey Ritual
Category : Recensioni
Tags : Black metal
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