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30th Lug2012

Belly Bluster – Belly Bluster

by Rod

La contaminazione tra più generi musicali è senza dubbio la grande sfida artistica a cui guarda con interesse una parte del panorama discografico internazionale. In Italia sono diverse le formazioni che da anni portano avanti progetti di questo genere, in cui si tenta principalmente di mescolare il sound elettrico e scalpitante del rock con le affascinanti atmosfere celtiche e tradizionali. Tra le band che ben si disimpegnano in questa ricerca identitaria, vi sono i Belly Bluster, un supercombo casertano formato da ben nove elementi che con l’omonimo EP autoprodotto Belly Bluster, riesce a fondere caparbiamente generi come rock, punk, celtica e musica popolare con tematiche affascinanti afferenti la rievocazione romanzesca delle imprese di pirati e di briganti. L’utilizzo dell’italiano, dell’inglese e del napoletano (dialetto recentemente riconosciuto dall’Unesco come vera e propria lingua), rendono ancora più efficace l’idea di base di un sound multietnico e multiculturale che riesca a mettere d’accordo anche il pubblico più eterogeneo e variegato.

Al di là dei rimandi intellettuali e sperimentali, Belly Bluster è un album che grazie al suo taglio estremamente punk-rock, riesce a sprigionare una bella energia, grazie soprattutto all’estrema linearità con cui la band ha saputo fondere testi e musica, facendo proprio della semplicità uno dei punti forti di questa breve raccolta. Brani come Ammiraglio, La Ciurma, Wisky e Merendero, sono vere e proprie cannonate di adrenalina, in cui il camaleontico spirito cameratesco figlio della rievocazione piratesca e brigantesca, abbraccia ritornelli che rimangono scolpiti sin da subito nella mente, trascinati da un sound persuasivo che non riuscirebbe a tener fermo un sasso. La title track Belly Bluster è invece una composizione meno veloce, simile ad un canto di battaglia in salsa folk rock. Moicani è la traccia strumentale del disco che mette in evidenza lo spirito elettrico del gruppo, mostrando un’attitudine quasi al confine con l’heavy. Posto d’onore per Brigante, uno dei migliori brani dell’album, in cui meglio si concentra lo spirito folkloristico e contaminato del progetto Belly Bluster, grazie soprattutto all’interpretazione della brigantessa Betty Hop capace di dosare rabbia e poeticità nel passionale testo che si intelaia al pezzo.

L’arrembante energia dei Belly Bluster ed il loro autoproclamato “combat folk” ci hanno convinto. Qualunque sia il futuro di questa ciurma cazzeggiante, noi di RockGarage saremo sempre pronti a brindare alle loro imprese tenendo ben alti i calici stracolmi di ottimo folk’n’roll.

Autore: Belly Bluster Titolo Album: Belly Bluster
Anno: 2012 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Folk; Rock, Punk Voto: 7
Tipo: EP Sito web: http://www.bellybluster.com
Membri band:

Capitano Jay Dee (Gianluca Panucci) – voce

Luogotenente Betty Hop (Elisabetta Aprileo) – voce

Nostromo Eric Mc Beauty (Enrico Bellotta) – voce, chitarra

Polveriere Iron Jacob Read (Raffaele Giacobbone) – chitarra

Padre Pedro (Enrico Pascarella) – chitarra

Uncle Master Adamas (Giuseppe Bellotta) – violino, tin whistle

Timoniere Alexandra Jennifer (Alessandra Riello) – basso

Guardiamarina Gum Gum (Davide Di Donato) – batteria

Artigliere di Bordo Whisky Jacob (Giovanni Iacobucci) – tastiere

Tracklist:

  1. L’Ammiraglio
  2. Belly Bluster
  3. Brigante Se More
  4. La Ciurma
  5. Whisky Drunkers
  6. The Mohicans
  7. Merendero
Category : Recensioni
Tags : Folk
0 Comm
14th Giu2012

The Mojomatics – You Are The Reason For My Troubles

by Rod

La riscoperta sonora dei generi e dei fenomeni musicali del passato, non è semplicemente una moda molto in voga in questo momento. A darne prova tangibile un duo veneziano meglio conosciuto come The Mojomatics, che con il loro ultimo album You Are The Reason For My Troubles, ha saputo dar forma ad un lavoro sicuramente unico nel suo genere, in cui si mescolano e si rielaborano sapientemente tra loro, il folk, il rockabilly e quel rock blues tipicamente 60s, ed in cui la missione da compiere è ripercorrere ad occhi chiusi il percorso artistico tracciato da miti del rock come Birds, Kinks, Bob Dylan e Rolling Stones. Un album molto interessante, intriso di atmosfere a tratti cinematografiche che sanno un po’ di western e un po’ di hippies, confezionato in un artwork accattivante ispirato al low budget e suonato ripercorrendo stili, melodie e scelte strumentali che danno pieno sfogo alla passione per il rock’n’roll vintage. La title track che traina il disco con un video rigorosamente in linea con l’essenzialità dello stile del duo, sposa appieno la sostanza di quanto descritto in precedenza. Si segnalano per la spiccata attitudine alla old school, Rain In Diggin’ My Grave, Feet In The Hole, la beetlesiana The Ghost Story e la ballata Her Song. Impossibile non lasciarsi convincere dall’originalità di questo sound. Quando c’è lo stile, c’è tutto.

Autore: The Mojomatics Titolo Album: You Are The Reason For My Troubles
Anno: 2011 Casa Discografica: Outside Inside/ Wild Honey
Genere musicale: Folk Rock, Garage, Rockabilly Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/themojomatics
Membri band:

Mojomatt – chitarra, voce

Davmatic – batteria, percussioni

Tracklist:

  1. Behind The Trees
  2. You Are The Reason For My Troubles
  3. In The Meanwhile
  4. Rain Is Diggin’ My Grave
  5. Don’t Talk To Me
  6. You Don’t Give A Shit About Me
  7. Yesterday Is Dead And Gone
  8. Feet In The Hole
  9. Long And Lonesome Day
  10. The Ghost Story
  11. Her Song
Category : Recensioni
Tags : Folk
0 Comm
29th Mar2012

Folkstone – Il Confine

by Matteo Iosio

Cosa succede se all’interno di un ipotetico shaker musicale si mescola del buon metal, strumenti arcaici inusuali e di grande fascino, testi profondi e tanta sincerità? Per la gioia delle nostre orecchie ne scaturisce un prodotto nuovo e innovativo come la musica dei guerrieri orobici Folkstone, che fin dalla loro nascita non hanno ancora sbagliato un colpo. Questo assioma rimane valido anche durante l’ascolto della loro ultima fatica discografica, il nuovo disco fresco di uscita intitolato Il Confine. Il nuovo progetto si compone di tredici tracce, tutte molto varie e splendidamente musicate; sin dalle prime note si percepisce come l’evoluzione globale del gruppo abbia compiuto un ulteriore passo avanti, cosa confermata da loro stessi in un’intervista svoltasi in occasione della prima tappa del nuovo tour in esclusiva a noi di RockGarage. Le atmosfere richiamate durante l’ascolto sono di grande impatto e la struttura sonora utilizzata composta da strumenti antichi e particolari come le cornamuse, l’arpa celtica, la ghironda e tanti altri sono capaci di creare una melodia ricca ed epica che sembra fatta apposta per esaltare il pubblico durante le esibizioni live.

La prima traccia si intitola Il Confine proprio come l’album, esordisce con una serie di accordi di citola (una sorta di liuto rinascimentale) che introducono una trama più heavy supportata da una chitarra dura come il granito e da un crescendo di cornamuse. Nebbie invece, si colloca come secondo brano ed inizia con una complessa trama di cornamusa che deflagra poco dopo con un ritmo veloce e serrato di batteria supportato da tutti gli strumenti, qui la voce del cantante Lore parte profonda e modulata aumentando ancora di più il senso di epicità della canzone. Siamo alla volta della particolare Omnia Fert Aetas che parte con un ritmo cadenzato di tamburi ed un coro a più voce dal timbro “gregoriano” a cui poi si agganciano le immancabili cornamuse e i riff potenti di chitarra elettrica. Non Sarò Mai è sostanzialmente una canzone di protesta e denuncia contro coloro che affrontano la vita carichi di preconcetti e stereotipi, bigotti che non sono in grado di uscire dal proprio guscio fatto di credenze limitate e che non fanno che rendere la persona schiava di una nomenclatura impostagli dall’alto: anche questa traccia si dimostra carica di pathos e ritmo arrivando veloce e chiara al cuore dell’ascoltatore. Giungiamo quindi nel nostro percorso di ascolto, ad una piccola perla chiamata Luna, una bellissima ballata nata dalla collaborazione della band con il coro alpino “Le Due Valli” di Alzano Lombardo in provincia di Bergamo; il brano è in dialetto, musicato e scritto dal maestro del coro che con entusiasmo ha accettato di buon grado di “prestare” il tutto alla band la quale è stata in grado di creare una traccia malinconica e struggente di enorme impatto emotivo e poetico.

Da un analisi più generale si può rilevare come non ci si trovi di fronte ad un concept album; le tracce sono state create ognuna a sé state, e forse sta proprio qui il segreto dell’ottima riuscita di questo progetto: ogni canzone risulta essere ricca ed estremamente sfaccettata, una sorta di microcosmo in cui perdersi abbandonandosi a ritmi ed atmosfere “medioevali” di grande suggestione. Il disco non è mai banale, anzi estremamente variegato e  complesso con trame sonore studiate di ottima fattura; eccellente poi, anche il lavoro a monte del prodotto, con un mixing ed editing molto professionali. Anche i testi risultano essere molto più ragionati ed introspettivi rispetto ai precedenti capitoli, il tutto viene poi impreziosito dalla voce del cantante Lore, cupa e rauca quando serve o estremamente volubile e modulata in altri frangenti. In conclusione ci troviamo di fronte ad un eccellente prodotto che marca una notevole svolta dell’intera band. Questi ragazzi si dimostrano una piacevolissima riconferma all’interno del panorama folk metal nostrano aggiungendo una ventata di novità componendo i testi delle proprie canzoni in lingua italiana, cosa non molto usuale per gruppi di questo genere, ma che si rivela una mossa vincente ed azzeccata creando una crescita esponenziale di interesse tra il pubblico. Un disco da avere in soldoni, che non può che far apprezzare ancora di più questi giovani menestrelli contemporanei.

Autore: Folkstone Titolo Album: Il Confine
Anno: 2012 Casa Discografica: Folkstone Records
Genere musicale: Folk Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.folkstone.it
Membri band:

Lore – voce, bagpipes, rauschpfeifes

Teo – bagpipes, rauschpfeifes, hurdy gurdy

Roby – bagpipes, rauschpfeifes, cori

Andreas – bagpipes, rauschpfeifes, percussioni

Maurizio – bagpipes, rauschpfeifes, citola, flauti

Silvia – arpa celtica e classica, percussioni

Federico – basso, cori

Edo – batteria, percussioni

Mattia – chitarre

Tracklist:

  1. Il Confine
  2. Nebbie
  3. Omnia Fert Aetas
  4. Non Sarò Mai
  5. Luna Anomalus
  6. Storia Qualunque
  7. Frammenti
  8. Lontano Dal Niente
  9. Ombre Di Silenzio
  10. Simone Pianetti
  11. C’è Un Re
  12. Grige Maree
Category : Recensioni
Tags : Folk
2 Comm
12th Gen2012

Gus MacGregor – S/T

by Marco De Rosa

Gus MacGregor è un cantautore inglese di Blackpool, città con status di borough e autorità unitaria del Lancashire, che ha dato i Natali a Alfred Hitchcock, Ian Scott Anderson, Roy Harper e tanti altri. Uno di quei cantautori che dismessi gli abiti in teatro, dove interpretava i panni di Buddy in The Buddy Holly Show, grazie al quale ha preso la nomination come best musical actor, ha imbracciato la chitarra (e qualche volta anche il banjo) ed è tornato sulla strada, a lui molto più cara. Un ritorno alle origini. Un “back on the road” per riscoprire la periferia inglese, l’atmosfera dei Beatles, quella un po’ anni sessanta, settanta, un po’ retrò insomma e la musica folk, la vera musica Folk di un cantante un po’ all’antica che con la propria ed inseparabile chitarra in spalla percorre miglia e miglia per portare la sua “melodia” in giro sia per il gusto di suonare, sia per creare quell’atmosfera intima, di nicchia quasi, dove ti trasporta con la sua voce e i suoi testi, semplici, romantici che possiamo trovare nel suo primo lavoro S/T.

Questo suo primo lavoro, è fresco, genuino, richiama un po’ il Bob Dylan dei bei tempi. L’ho ascoltato durante un viaggio e si fa ben volere quando l’asfalto di miglia e miglia corre sotto le ruote alla giusta velocità, forse a tratti un po’ scontato, ma fresco. Genuino. Sono pezzi composti da arpeggi fatti con la chitarra acustica, lontani (ad eccezion fatta per l’opener Under The Sun) dal pop odierno, liberi dall’elettronica e con gli arrangiamenti di Bob Rose. Alcuni pezzi con l’armonica sono molto di trasporto ed è quel che ci si aspetta conoscendo la sua storia. Pezzi, morbidi, avvolgenti, che vanno dritti al cuore come solo il country, il blues ed il folk possono fare. La durata del CD è di quarantatre minuti per dodici tracce. Il timbro vocale è gradevole, anche se avrei gradito qualche canzone in più e molta più vivacità (con un netto distacco dal genere James Blunt) ma il lavoro, andrebbe considerato di più e pubblicizzato, vista la non poca fatica con cui autori e compositori del genere fanno parlare di sé.

Autore: Gus MacGregor Titolo Album: S/T
Anno: 2011 Casa Discografica: Fod Records
Genere musicale: Folk, cantautorale Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.gusmacgregor.com
Membri band:

Gus MacGregor – chitarra, voce

Tracklist:

  1. Under The Sun
  2. Crown Of Thorns
  3. My Two Feet
  4. Rain To Rainbows
  5. I Once Imagined Us
  6. For Better Or For Worse (Holding On)
  7. Lifeline
  8. Rings Around The Moon
  9. Before The Unions Fell
  10. Sarah
  11. Swallows And Amazons
  12. I Bet You Wish You’d Listened To Me Now
Category : Recensioni
Tags : Folk
0 Comm
05th Gen2012

Kalevala – Musicanti Di Brema

by Marcello Zinno

La vita è fatta di esperienze e le esperienze di tutti i giorni sono davvero numerosissime. Ci sono alcune di queste che hanno la capacità di far viaggiare oltre i tempi, di trasportarci dritti in un’epoca remota. Ne è un esempio il lavoro dei Kalevala, band ormai attiva da più di dodici anni, che ci incastra nel pieno di una festa medievale, con cortei, giochi da circo, marionette, castelli e giullari. Così si potrebbe semplificare questo lavoro se gli si volesse dare un volto. Si tratta di una serie di composizioni che tengono testa al folk metal teutonico e nordeuropeo, pur risultando molto più accessibile e gradevole anche per palati più scettici nei confronti di sonorità dure. Infatti, al di là di qualche fitto riffing in pieno heavy metal, i pezzi si possono accostare più alla mentalità da brano rock. Di certo le idee proposte in musica non brillano per totale autenticità (in alcuni tratti ci ricordano i Blind Guardian più morbidi), ma a noi questo Musicanti di Brema piace, sarà per il suo concept bizzarro quasi da bisca di altri tempi, sarà per quel flauto onnipresente così in contrasto con le melodie della chitarra e così in sintonia con i tamburi altezzosi.

Da ascoltare assolutamente Living Drom che stupisce con i suoi tempi dispari, accostabili al progressive più sinfonico, e Ballo in Fa Diesis ripreso dal maestro Branduardi che forse più di tutte rappresenta l’anima dei Kalevala, cantautorale e folk per alcuni versi, orchestrale e multiforme per altri. Bouchons De Liege è l’esperimento in francese della band, davvero piacevole e pieno di sfaccettature tutte da godere: diverse le atmosfere e le melodie ma tutte racchiuse sotto un’unica storia-filastrocca, il racconto della vita di Sylvaine. Un’arma a doppio taglio è la voce di Simone Casula, che a causa della sua tonalità molto alta snatura un pò la caratterizzazione della proposta musicale della band (noi la vediamo più a proprio agio con una voce baritonale ma è pur sempre un’opinione), nonostante si sprigioni in una performance di ottimo livello, conferendo un’aria di più alto rango rispetto a come i Kalavela vorrebbero essere percepiti. Nel complesso Simone grazie alla sua tecnica resta comunque all’altezza dei suoi compagni.

Un progetto audace, parzialmente dietrologico se si osserva la scena musicale attuale, ma (e forse anche per questo) da premiare.

Autore: Kalevala Titolo Album: Musicanti Di Brema
Anno: 2011 Casa Discografica: Moonlight Records
Genere musicale: Folk Rock, Progressive Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.myspace.com/kalevalafolkmetal
Membri band:

Tommy Celletti – batteria

Arjuna Iacci – percussioni, mandolino

Dario Caradente – flauto

Emiliano Occhi – basso

Franco Borghi – fisarmonica

Simone Casula – voce

Daniele Zoncheddu – chitarra, voce

Tracklist:

  1. Time Bandits
  2. Building A Cromlech
  3. Ride ‘Em Cowbell
  4. Living Drome
  5. Ballo In Fa Diesis Min
  6. Bouchons De Liege
  7. Weila Waila
  8. Necropolitan
  9. Rigmarole
  10. Ten Ton Butterfly
  11. Albumin Vampire
  12. Musicanti Di Brema
Category : Recensioni
Tags : Folk
0 Comm
19th Set2011

Trollfest – Brakebein

by Martino Pederzolli

Se vi siete sempre chiesti che effetto farebbe la fisarmonica assieme ad una chitarra distorta, oppure scrivere una canzone popolare con una devastante ritmica metal, se vi siete mai chiesti cosa sono i troll o se semplicemente volete scoprire come il metallo possa essere anche ridanciano allora dovete ascoltare i Trollfest! Questi norvegesi pazzi sembrano trarre dalla birra la loro creatività tanto che quest’album è infatti un concept album (modus operandi che manterranno anche in futuro) che narra la storia di un troll – Brakebein appunto – alla ricerca di una birra dal sapore leggendario. Controtempi, salti continui da una melodia all’altra, cambi rapidi e pesanti come macigni vi accompagneranno per tutta la durata del disco sottolineati da particolari sonorità che i nostri attingono proprio dalla loro tradizione folcloristica. Sono presenti forti contaminazioni ska e folk in particolare della hummpa, una danza tradizionale finlandese suonata con il kantele, strumento nazionale finlandese a corde, dalla quale i Trollfest prendono in prestito la velocità d’esecuzione (220-260 bpm) ed il suono peculiare del kantele e dello scacciapensieri.

Appena si preme il tasto play, Legendarisk OL ci prende a pugni e si fa beffe di noi (adorerete la risata del cantante!) fino a sorprenderci con un cambio subitaneo che ci dà il tempo di accorgerci che nel blast beating iniziale c’era anche il banjo. Seguono la presentazione dell’eroe dell’album e la marcia dei troll per la conquista della birra leggendaria cantata nella gigantesca Utmarschen che condurrà la combriccola dei troll fino al mare (eccezionale l’incedere del riff iniziale di PiratKriegen) dove combatteranno un mostro marino in Das MeerUngeheuer sconfiggendolo e poi mangiandolo nella traccia successiva! Una chicca per tutti gli anti-clericali arriva con PresteFeste in cui Brakebein fa prigionieri due preti e poi li cucina prima di sbarcare su Yameeka, un’isola di fumatori di tubi che ci sorprende per i controtempi e per l’uso dei tromboni.

Un susseguirsi di atmosfere che questi musicisti hanno saputo creare magistralmente per ogni singola traccia (Inni Den Grotte ve ne darà la conferma) sviluppando inoltre un filo conduttore quanto meno interessante, un protagonista importante messo in primo piano dalla voce di Jostein (che è proprio quella di un troll!) e degli arrangiamenti degni di nota, anche se penalizzati da un missaggio non adatto alle potenzialità del gruppo. Insomma un viaggio, una storia, un album da ascoltare e riascoltare per diventare anche noi, almeno per 45 minuti, dei troll.

Autore: Trollfest Titolo Album: Brakebein
Anno: 2006 Casa Discografica: Omvina
Genere musicale: Folk Metal Voto: 8
Tipo: CD Sito web: www.trollfest.com
Membri band:

Jostein (Trollmannen) – voce

John Espen (Mr. Seidel) – chitarra

Martin (Psychotroll) – basso

Eirik (Trollbank) – batteria

DrekkaDag – sax

Manskow – fisarmonica/banjo/tamburello

Tracklist:

  1. Legendarisk OL
  2. Brakebein
  3. Utmarschen
  4. PiratKriegen
  5. Den Apne Sjo
  6. Das MeerUngeheuer
  7. EssenFest
  8. Inni Den Grotte
  9. IllanterGesteignungh
  10. PresteFeste
  11. Yameeka
  12. Skogsgjensyn
  13. Egen Mjod, Heidunder Mjod!
Category : Recensioni
Tags : Album del passato, Folk
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