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17th Lug2012

GPL – Phoenix

by Marcello Zinno

Dalla nostra Italia arrivano i GPL un gruppo che di italiano ha molto poco: testi in inglese e impatto praticamente americano uniscono questo quartetto molto esterofilo anche nei nomi dei suoi membri. Ma ciò che più ci riporta a terre d’oltroceano dopo l’ascolto di un loro brano è proprio il sound profondamente debitore alla scena punk americana (The Offspring in primis soprattutto per le linee vocali) e all’hardcore statunitense a cui i GPL si dicono appartenere. Certo diciassette minuti sono un pò pochini per valutare la genuinità di un’uscita ma bisogna ammettere che la band inserisce parecchi elementi, alcuni degni di nota: i refrain perdono spesso mordente a svantaggio delle parti più ritmate e veloci che nella maggior parte dei casi propongono dei riff a raffica (perdonate la cacofonia) e catturano per l’aggressività. I cori sono marginali e anche le seconde voci sono utilizzate più per dare omogeneità alla proposta musicale rispetto al genere che non per tramutarla in qualcosa di più originale. La parte iniziale di The Age Of Green Pastures è quella che sprigiona più energia, seppur legata a doppia mandata a molta della scena hardcore già passata e travisata nelle nostre orecchie, mentre l’opener Song Of Liberty mostra invece una maggior capacità nel songwriting con delle sfumature diverse e dei cambi di registro apprezzabili, sicuramente più appetibili anche per un contesto live.

So Long mostra la seconda faccia della band, quella più canonica e hardcore, con poco in più da dire, mentre l’ultima Letters To Myself, più allegra e spensierata, tocca dei lidi di maggior potenza sonora; peccato di nuovo per alcuni refrain dal facile ascolto. La ricetta a nostro parere rappresenta un buon punto di partenza su cui il quartetto deve lavorare per proporre qualcosa di personale e che abbia motivo di dire la propria in uno scenario che vive di grandi nomi e di storia passata.

Autore: GPL Titolo Album: Phoenix
Anno: 2012 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Hardcore, Punk Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: http://www.myspace.com/gplhc
Membri band:

Tony – voce, basso

Prisco – chitarra, voce

Spina – chitarra, voce

Fra – batteria

Tracklist:

  1. Song Of Liberty
  2. City’s Down
  3. The Age Of Green Pastures
  4. So Long
  5. Letters To Myself
Category : Recensioni
Tags : Hardcore
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05th Lug2012

Homer – The Politics Of Make Believe

by Marcello Zinno

Non ci stancheremo mai di azzerare tutti i presupporti che comunemente vengono in mente quando ci si presenta dinanzi una nuova band. Il Belgio è la provenienza di questo combo, ma non c’entra nulla la birra né le sostanze stupefacenti che potrebbero suggerire un genere poco tecnico e molto festaiolo. Homer è il moniker e nulla c’entra il personaggio dei Simpson che conferirebbe un nuovo significato di leggerezza al sound della band. Ci troviamo dinanzi ad un quartetto compatto in grado di forgiare una proposta musicale a cavallo con molti genere e, pur concentrata in brani dalla durata breve, risultare comunque esaustiva. Il continuo altalenarsi tra i due stili vocali, l’uno in contrasto con l’altro, si fa apprezzare per quel non estremismo senza compromessi che probabilmente porterebbe alla stanchezza dopo una manciata di brani; il riffing risulta variegato e se l’opener strizza l’occhio alla tradizione metalcore, già con My Demons Didn’t Make It To The Future si giunge all’ambientazione per antonomasia degli Homer: l’hardcore. Il punto centrale della proposta della band sta proprio nel sound della sei corde che non è mai grezza e ruvida, come tradizione punk imporrebbe, ma si avvicina maggiormente a quanto il thrash di più recente scuola insegna, risultando in bilico continuo tra i due generi. Questo è anche l’elemento più piacevole del quartetto che in dieci brani di una trentina di minuti scarsi è in grado di dire tanto, con refrain, chorus ma soprattutto strutture sonore da pogo costante, il tutto condito da testi irriverenti e sfacciati.

Il titolo Disciples Of Rock’n Roll non è scelto a caso perchè qui l’hardcore, con una sei corde che si intinge di effetto flanger, si immola proprio al genere citato nel titolo al solo fine di acquisire un ritmo ancora più conturbante e non solo incentrato sulla velocità pura; la successiva White Does Rhyme With Empty ci convince invece per i cambi di tempo necessari data la sua lunghezza e un inaspettato senso di maturità stilista pur non condito da alcuna uniformità rispetto a roba ascoltata già in giro (in alcuni casi prossimo ad alcune influenze math-core) fino alla sfuriata finale. Assolutamente graffiante Inferno che affonda gli artigli pur richiamando qualcosa di emo-core nelle parti vocali, ma c’è anche This Statue Won’t Fall Down che continua a stupire: per almeno cento album di hardcore che sembrano uguali a se stessi (e nei quali i brani suonano piatti e “eccessivamente coerenti”) in The Politics Of Make Believe si trovano svariate sfumature ed ogni minuto lascia un segno indelebile come se vivesse di luce propria.

Gli Homer quindi ci aprono una finestra verso una musica che, seppur proveniente da un Paese non di certo famoso per il rock, lascia segni e lezioni indelebili per molti coetanei ma anche per i più vecchietti.

Autore: Homer Titolo Album: The Politics Of Make Believe
Anno: 2012 Casa Discografica: Fun Time Records
Genere musicale: Punk, Hardcore, Metalcore Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: http://funtimerecords.com/homer
Membri band:

Wannes Vanvoorden – batteria

Bert Quinten – chitarra, voce

Mattias Vos – basso, voce

Johan Quinten – voce

 

Tracklist:

  1. The Politics Of Make Believe
  2. My Demons Didn’t Make It To The Future
  3. My Last Piece Of Ignorance
  4. Disciples Of Rock’n Roll
  5. White Does Rhyme With Empty
  6. Inferno
  7. This Statue Won’t Fall Down
  8. Vamos!!!
  9. The Path That Leads To Reason
  10. This Scene Is Sacrificed
Category : Recensioni
Tags : Hardcore
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23rd Feb2012

Alfatec – S/t

by Alberto Vitale

Gli Alfatec sono toscani e questo album omonimo è il loro esordio, nonostante non siano un combo hardcore dell’ultima ora, infatti hanno già realizzato alcune pubblicazioni minori, oltre ad una continua attività live. Quello degli Alfatec è un bell’album decisamente riuscito: 13 pezzi in 25′, ma arrivati alla fine si ripigia da capo il tasto play per ripartire! Alfatec è il tipico album hardcore con tendenze verso il punk, il quale scuote e invoglia a saltare e tirare fuori la rabbia e le frustrazioni, come se fosse una psicoterapia forzata. I quattro fiorentini sono autori di un sound non claustrofobico e che non si sforza di suonare ostinatamente a mille. I passaggi ragionati e studiati ci sono (per esempio Honey) e la melodia non viene sacrificata alla monolitica violenza e così diversi pezzi hanno un loro tono accattivante (in particolare Il Buio Acceca, Wasted Night,Your War, Hard Times). Probabilmente in questo contribuisce anche quella sottile linea di punk che attraversa l’album, ovvero il punk più semplice e smodato, fratello maggiore e senza eccessivi grilli per la testa del succedaneo hardcore. Behind The Lines, Sexy Party Tonight (ascoltate che testo graffiante e ironico), 17 Nightmare sono proprio alcuni di quei tizzoni ardenti nati dalle fiamme di un punk rock che occhieggia al rock ‘n’roll.

Tommaso Maggiorelli canta in italiano e inglese, buona prova in entrambi i casi, ma potrebbe arrivare il giorno in cui fare una scelta. Bravi Bartolini e Perchiazzi, i quali rendono fratelli i loro due strumenti, rispettivamente la chitarra e il basso. Merita un inciso il Gilberto Rossi della batteria: stile asciutto e vivace, adatto al sound dei suoi compari, ma il suo strumento è stato registrato in modo inappropriato, rivelandosi ad un livello qualitativamente inferiore al resto. Tuttavia potrebbe non dispiacere a qualcuno, dando un senso di underground e “fai da te” – l’album ha però i suoi autori al mixer e mastering- tipico del genere. Gli Alfatec per attitudine ricordano alcune sonorità sia della scena hardcore punk newyorkese della prima ora, nella capacità dei pezzi di colpire nel segno, che quelle dell’hardcore punk californiano, presenti nella fluidità con la quale questi vengono suonati. Queste però sono annotazioni per i puristi, ai più non resta che confermare l’ottimo esordio degli Alfatec e l’invito a sostenerli.

Autore: Alfatec Titolo Album: S/t
Anno: 2011 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Hardcore Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://alfatec.altervista.org
Membri band:

Gilberto Rossi – batteria

Marco bartolini – chitarra

Simone Perchiazzi – basso

Tommaso Maggiorelli – voce

Tracklist:

  1. Holy Shit
  2. Il Buio Acceca
  3. Behind The Lines
  4. Wasted Night
  5. Questione Di Coerenza
  6. Falling Love
  7. Honey
  8. Sick Job
  9. The Boyz Are Back In Town
  10. 17 Nightmare
  11. Hard Times
  12. Sexy Party Tonight
  13. Your War
Category : Recensioni
Tags : Hardcore
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08th Gen2012

Strange Corner – Tutto In Un Momento

by Marcello Zinno

Il termine “estremo” è molto affascinante. Affascina perchè in esso è compreso di tutto, non è possibile interpretarlo soggettivamente, non è possibile sbagliarsi. I canoni medi, tutto ciò che in genere si pone in mezzo, il cosiddetto grigio (tra il bianco ed il nero), le convenzioni, le abitudini, quello che di solito piace, ebbene tutto questo è fuori! Non ha scampo. L’estremo è agli antipodi, lontano da ciò che ci si aspetta e piace proprio per l’essenza stessa di essere estremo. I Strange Corner possono dirsi artefici di sonorità estreme, intolleranti nei confronti delle melodie e dei suoni morbidi. Ma allo stesso tempo la band vicentina ha superato la fase degli esordi in cui si sputa la propria rabbia in faccia a chiunque; con più di dieci anni alle spalle i Nostri sono giunti al quarto capitolo discografico e come filofosia estrema insegna hanno imboccato il percorso al contrario rispetto agli altri, optando all’inizio della propria carriera per dei testi in inglese e solo con questo Tutto In Un Momento per liriche completamente in italiano (scelta che noi sposiamo in pieno).

Egregio il lavoro di riffing in Chiusi E Stanchi che al di là del suono effettivamente graffiante esalta un lavoro ideativo e di tecnica di prim’ordine: non si tratta del solito brano hardcore sparato a mille ma di qualcosa di ben più complesso perchè non sempre velocità vuol dire semplicità (lo spiegate voi alle centinaia di band che poggiano la propria carriera sempre sugli stessi accordi?!). E’ proprio qui un altro aspetto fondamentale della proposta targata Strange Corner: la colonna portante della propria proposta musicale non è la sezione ritmica, che comunque è molto precisa e ben studiata, bensì le costruzioni su cui poggiano le due chitarre che si sovrappongono a costruire un muro di suono invalicabile tanto da sovrascrivere spesso l’hardcore ad un’impronta profondamente death metal. Non è un caso che intorno alla band in passato abbia ruotato Jacob Bredhal (Allhelluja/Hatesphere/Barcode) dedicatosi alla fase di missaggio del precedente capitolo discografico, altro esperto della compattezza sonora.

Sicuramente l’habitat dei Strange Corner è la sede live: è lì che il quintetto è in grado di sprigionare tutta la propria carica e trasmetterla direttamente al pubblico; la resa in studio risulta sicuramente interessante da un punto di vista prettamente critico, ma alla lunga il semplice ascolto pecca di una ricetta praticamente invariata lungo i 44 minuti dell’album (come la struttura insormontabile strofa-ritornello). Lungi dall’essere piatto né scontato, Tutto In Un Momento non ha minuti di picchi ma si sviluppa su dei passaggi da segnalare (come l’inizio di Cator Pitade che ci riporta ai Pantera di Vulgar Display Of Power) più che su brani esaltanti rispetto agli altri, alternando però creazioni più estreme (Abbassa Lo Sguardo) a costruzioni in stile hardcore (Cadere E Farsi Male). Ma tutto sommato è ciò che si attende dal genere e considerando la dotazione tecnica dei cinque possiamo assolutamente consigliare l’uscita in oggetto.

Autore: Strange Corner Titolo Album: Tutto In Un Momento
Anno: 2011 Casa Discografica: Hot Steel Records
Genere musicale: Hardcore, Death metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.strangecorner.com
Membri band:

Claudio Cappello – batteria

Alessandro Farinati – voce

Emanuele Zilio – chitarra

Andrea Bruttomesso – basso

Jacopo Carlotto – chitarra

Tracklist:

  1. Abbassa Lo Sguardo
  2. Chiusi E Stanchi
  3. Prega Per Me
  4. Tutto In Un Momento
  5. Lacrime E Bugie
  6. Cator Pitade
  7. La Tua Mente Muore
  8. Pazzo
  9. Il Ballo Dei Potenti
  10. Cadere E Farsi Male
  11. Tu Non Sai
Category : Recensioni
Tags : Hardcore
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16th Set2011

Henry Rollins (Black Flag) per la prima volta in Italia

by Marcello

E’ con immenso piacere che riportiamo questa News. Henry Rollins, una delle icone indiscusse dell’hardcore statunitense e immenso leader dei Black Flag, giungerà in Italia per la prima volta portando il suo nuovo spettacolo “Henry Rollins Spoken Word – The Long March 2012”. Sul palco porterà aneddoti e storie di vita vissuta dei suoi primi 50 anni di esistenza tra uno stage e l’altro in giro per tutto il mondo. Henry Rollins è anche un noto attore ed attivista sociale e probabilmente uno dei personaggi più carismatici in grado di raccontare la scena hardcore dell’ultimo trentennio avendola vissuta in prima persona.

Di seguito i dettagli delle due date:
15-02-12 | ALCATRAZ – Milano, Ingresso 20 € + ddp
16-02-12 | ESTRAGON – Bologna, Ingresso 20 € + ddp

Prevendite aperte dal 2 settembre.

Category : News
Tags : Hardcore
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