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26th Ago2020

Monster Hate Machine – Mechanical Field

by Marcello Zinno
Dalla Svizzera arrivano i Monster Hate Machine, quartetto dal metal potente e che esordisce con un EP di sole 4 tracce. La durata complessiva quindi è limitata ma Mechanical Field (questo il titolo dell’EP) non è privo di calorie e riff potenti. I MHM si presentano come una southern metal band, a nostro parere pescano dalla scena alternative metal, fatta di pattern groovy e intermezzi spezzafiato (Factory Of Consent) con parti vocali in growl, quindi una ricetta per veri metallari. Il concept grafico e ideativo della campagna è un plus che apprezziamo, sia per dare un’identità differenziante al progetto sia come forma di autoironia, data la loro provenienza. Bello il cambio di tempo sul finale di Great Depression, una barretta energetica come poche, ma la potenza arriva anche sotto il nome di Holy Blackout (di cui avremo preferito solo un assolo diverso) e dell’ultima The Sound Of Unfair Life in cui sentiamo ore e ore di ascolto a base di Sepultura.

La produzione è all’altezza di un EP d’esordio quindi sicuramente migliorabile: su questo fronte si potrebbe lavorare tanto per rendere più personale e raffinato il sound. Questo il suggerimento per il loro futuro, alla luce dell’impronta metal decisa che riusciamo ad apprezzare già da queste prime idee. Crudi, ruspanti…bravi!

Autore: Monster Hate Machine Titolo Album: Mechanical Field
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Heavy Metal, Alternative Metal Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: https://www.facebook.com/Monster-Hate-Machine-104009208053305
Membri band:
Greg T. – voce
Dude – chitarra, cigarbox
Evan (ex-Gaijin) – basso
Blanchette – batteria
Tracklist:
1. Factory Of Consent
2. Great Depression
3. Holy Blackout
4. The Sound Of Unfair Life
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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21st Lug2020

Max Montanari Feat Perikolo Generiko – S.A.L.I.G.I.A.

by Simone Rossetti
Nei primi anni duemila le “k” andavano a ruba, te le ritrovavi dappertutto, da quelle scritte sui muri di un cesso a quelle usate come sinonimo di precarietà letteraria, se non le amate ma le trovate scritte nel nome dei Perikolo Generiko non fateci caso, è un peccato di gioventù e poi c’è anche a chi piacciono e non disturbano, al mio cane ad esempio. Per fortuna la musica è altro e in questo lavoro certo non manca; stiamo parlando di album fantasma, di quelli destinati all’oblio ma che alle volte, per strani scherzi del destino o per caparbietà tornano alla luce e si mostrano in tutti i loro pregi e difetti. Registrato dai Perikolo Generiko nel lontano 2005 ma per una serie di circostanze avverse finito dentro un cassetto prima ancora di essere pubblicato; ci voleva (si fa per dire) l’accadere di questo virus e delle sue conseguenze perché Max Montanari, voce di questi romagnoli Perikolo Generiko, si decidesse ad aprire il cassetto e a pubblicare per la prima volta questo S.A.L.I.G.I.A. (acronimo usato per definire l’ordine dei sette vizi capitali). Ci sarebbero da fare una serie di considerazioni, di carattere oggettivo e soggettivo, ma una scelta che mi sono imposto (nel possibile) è quella di restituire ad una recensione la sua giusta oggettività tralasciando riflessioni di ordine personale che giustamente lasciano il tempo che trovano, questa è in generale la mia (e nostra) linea guida.

Ma veniamo ad oggi, sono passati quindici anni dalla sua registrazione, un tempo più che sufficiente per cambiare la vita delle persone, le loro storie, i loro destini; i Perikolo Generiko non esistono più, quindici anni sono molti anche per un album, soprattutto oggi dove il nuovo sembra già vecchio prima ancora di essere stato nuovo, ma non è “il tempo” il problema, è che sarebbe suonato “vecchio” già nel 2005, il termine “vecchio” non è da leggersi in senso negativo e francamente non potrebbe fregarmene di meno, anzi, guardare al passato per trovare una propria e personale strada è forse l’unico modo per non cadere fra i tentacoli di un mercato che non lascia spazio alla libertà espressiva e creativa, i problemi (se così si possono chiamare) sono altri. Tecnicamente non male, questi ragazzi (basso, batteria, voce, due chitarre) ci sanno fare riprendendo il suono tipico NWOBHM degli Iron Maiden (con le dovute proporzioni) dei primi/metà anni 80, in particolare certe sonorità sembrano provenire direttamente da Powerslave e Somewhere In Time, anche la voce di Montanari non è male, ed è una buona voce che tutto sommato si presterebbe bene anche al genere ma certe cadenze tese ad inseguire un vocalist come Bruce Dickinson la fanno sembrare un po’ forzata, soprattutto usando testi in italiano; una voce più naturale, anche imperfetta, avrebbe forse reso un miglior impatto distaccandosi da certe forme melodico-italiote che però, va detto, almeno qui da noi fanno la fortuna di molti. La produzione è buona anche se il volume non è costante in tutte le tracce, testi in italiano quindi, buoni e buona cosa, forse un po’ troppo enfatizzati a scapito di un approccio più naturale e immediato.

Fra i brani migliori, che poi sono quelli che più suonano senza inutili forzature, c’è sicuramente Sogni L’Eterno (Superbia), buone linee melodiche e armonizzazioni di stampo maideniano puro e semplice, anche Fino In Fondo (Avarizia) non è niente male, il refrain resta ben impresso e nell’insieme scorre bene e piacevolmente potente; c’è la veloce e sostenuta Ti Distruggerà (Invidia) con una buona interpretazione anche vocale e la bella e conclusiva Tutto E’ Troppo Dentro Te (Accidia) probabilmente la migliore dell’intero lavoro; le restanti tracce (altrettanto ben fatte e che giustamente possono piacere o meno) soffrono forse di essere troppo debitrici verso una concezione popolar-musicale-melodica tutta italiana, la voce di Montanari in particolare tende troppo ad ispirarsi a quella di Piero Pelù perdendo in originalità e perdendosi a sua volta in un classico pantanaio da “X Factor”. Niente male comunque considerando anche l’età, a quel tempo, di questi ragazzi, sarebbe stato interessante scoprire quale delle due strade avrebbero intrapreso. C’è quindi del buon materiale sul quale riflettere e magari prendere spunto; migliorabile sotto certi punti di vista (forse a mancare un po’ è la varietà compositiva) ma che sicuramente si merita una sufficienza più che ampia, non dovuta, e ci auguriamo la più oggettiva possibile.

Autore: Max Montanari Feat Perikolo Generiko Titolo Album: S.A.L.I.G.I.A.
Anno: 2020 Casa Discografica: Alkatraz Management
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 6,5
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/maxmontanarirockpage
Membri band:
Max Montanari – voce
Denis Gamberini – chitarra
Paolo Brunelli – chitarra
Riccardo Manzoni – basso
Massimo Bucchi – batteria
Tracklist:
1. Sogni L’Eterno (Superbia)
2. Fino In Fondo (Avarizia)
3. Orgasmo Telematico (Lussuria)
4. Ti Distruggerà (Invidia)
5. Niente Più Sa Di Te (Gola)
6. Incontrollabile (Ira)
7. Tutto E’ Troppo Dentro Te (Accidia)
Category : News
Tags : Heavy Metal
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30th Giu2020

Slut Machine – Black Cage

by Marcello Zinno
Le Slut Machine tornano con un EP, dopo quel Irrational del 2017 (terza uscita per la band) che ci era piaciuto molto. 6 brani che confermano l’impostazione molto rock del combo tutto rosa delle Slut Machine, sonorità che si divertono a mascherarsi ora da stoner ora da heavy metal, irrobustite anche da un ottimo drumming e in generale da una sezione ritmica che ci sa fare. Anche stavolta il quartetto riesce a convincerci per un aspetto predominante: non essere mai uguale a se stesso. Se ascoltate Irrational e questo Black Cage noterete che non c’è una trama uguale all’altra, seppur ci sia uno stile che le ragazze si vestono addosso e che è riconoscibilissimo. Il precedente lavoro lo avevamo trovato leggermente più variegato, in Black Cage, seppur non possiamo che promuoverlo a pieni voti, c’è una scelta in termini di bpm “cauta” (I’m Done, I’m The Sun), qualche accelerazione al momento giusto ma solo per dare muscoli alla proposta, fatto che comunque valorizza a pieno le doti vocali di Sara Matera. Anche Animal che è caratterizzata da un riff wah wah identificativo e da un rock trascinante (in stile Kirk Hammet) si muove a passi “cauti”.

Si apprezza quindi una maggiore rotondità dei riff e della musica in generale che rende più versatile la musica delle Slut Machine anche se sa essere cattiva al momento giusto (Blame It On Me) e noi siamo sicuri che dal vivo queste ragazze hanno le carte giuste per far salire le temperature nei club. Di molto.

Autore: Slut Machine Titolo Album: Black Cage
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Heavy Metal, Stoner Voto: s.v.
Tipo: EP Sito web: www.slutmachine.it
Membri band:
Federica Rossi – batteria
Sara Sivilotti – chitarra
Sara Matera – voce
Ingrid Marcillo – basso
Tracklist:
1. I’m Done
2. Bug In The Glass
3. Man In The Black Cage
4. I’m The Sun
5. Blame It On Me
6. Animal
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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23rd Giu2020

Athrox – Through The Mirror

by Marcello Zinno
Ci era piaciuto Are Your Alive?, di cui avevamo parlato a questa pagina, il debutto degli italianissimi Athrox, un album che guarda a terre lontane in fatto di heavy e di thrash, e sul finire del 2018 la band torna con un secondo studio album dal titolo Through The Mirror. Sì il titolo non è originalissimo ma va detto che la band tutta, con la sua proposta musicale, non intende scardinare il mondo del metal con incursioni moderne e scelte innovative. Tutt’altro, il loro metal si rifà molto ad un heavy classico, dalle tinte thrash e molto debitore alle proposte degli anni 80. Lo avevamo riscontrato nel debut album e lo confermiamo ora: le coordinate stilistiche non sono cambiate, segno che con tutta probabilità sarà questo il trademark degli Athrox anche nel futuro. Se però non siete alla ricerca di band futuristiche ma di chi sa omaggiare il glorioso metal, troverete in questo quintetto diversi punti di forza. Le capacità del singer le avevamo già sottolineate nella precedente recensione e anche in questa prestazione il livello è alto, quello che vogliamo sottolineare è il riffing di diverse tracce che terrà attivo l’headbanging per molto tempo. In primis ci colpisce il riff d’assalto in Ashes Of Warsaw (brano dalle forti tinte storiche) che sul finire attinge a piene mani dal thrash di scuola americana; ma va citata anche Fallen Apart, con un rifferama quasi groovy che spacca e ci tiene in esercizio. Due tra i migliori brani dell’album ma c’è anche dell’altro, come la sezione ritmica in Sadness N’Tears, precisa e incisiva; in generale sono davvero belli gli attacchi e precisi gli assoli.

Compare anche qualche passaggio più pacato come in Empty Soul, passaggio che non ci convince a pieno, preferiamo la sua evoluzione metal; si aggiunge anche Imagine The Day, tentativo poco riuscito di realizzare una ballad più pop oriented che finisce per somigliare ad un pezzo dei Nickelblack. Non mancano influenze di altre band come i Metallica in diversi brani (evidenti nella titletrack) e i Testament (Decide Or Die). Nel complesso quindi Through The Mirror è un buon lavoro, forse l’unico aspetto negativo riguarda l’eccessiva lunghezza dei brani che, se una decade fa poteva essere visto come un punto di forza, purtroppo in questi anni è una scelta sempre più rara e non sempre apprezzata.

Autore: Athrox Titolo Album: Through The Mirror
Anno: 2018 Casa Discografica: Revalve Records
Genere musicale: Heavy Metal, Thrash Metal Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: https://athroxofficial.com/
Membri band:
Giancarlo “Ian” Picchianti – voce
Sandro “Syro” Seravalle – chitarra
Francesco “Frank” Capitoni – chitarra
Andrea “Lobo” Capitani – basso
Alessandro “Aroon” Brandi – batteria
Tracklist:
1. Waters Of The Acheron
2. Ashes Of Warsaw
3. Empty Soul
4. Through The Mirror
5. Imagine The Day
6. Decide Or Die
7. Sadness N’Tears
8. Fragments 9. Dreams Of Freedom
10. Fallen Apart
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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20th Giu2020

Head Honcho – Appetite For Distraction

by Marcello Zinno
Tornano gli americani Head Honcho con un album che dal titolo e dall’artwork direbbe tanto ma che in realtà vi stupirà in quanto a sound. Siamo lontani, di molto, dai Guns e dal loro storico successo discografico, gli Head Honcho ci hanno da sempre abituati ad un harcore punk, anzi a dire la verità, e ad ascoltarli bene, il quintetto di Seattle propone un heavy metal solido e veloce, con tracce dalla durata limitata e dalla ritmica invece puramente hardcore. Tutta la loro incredibile abilità si racchiude in questa formula, non sono i primissimi a proporla ma sicuramente lo fanno in un modo eccezionale. Vi sfidiamo ad ascoltare un brano come We Done Stuck Gold Pa! e non inserirlo in una playlist heavy metal, a tratti sembra un pezzo metalcore di chiaro stampo americano, in altri momenti invece ci ricorda alcune influenze NWOBHM…come lo si guarda un brano decisamente “in your face”. Si continua con momenti di puro metal con Sweathogg, brano che ha quell’appiglio “core” e che, grazie a delle affilatissime chitarre, ci ricorda il thrashcore dei Municipal Waste (thrashcore ripreso anche in We Approached High).

Chiaramente le radici hardcore non vengono tradite e per questo arrivano brani più vicini a queste sonorità come Dudes Of Tunisia. Appetite For Distraction (con la “i”) è un album super consigliato, forse breve in quanto a durata totale (un motivo in più per ascoltarlo ancora e ancora), ma che ha tantissimi contenuti al suo interno. Fresco, moderno e potente.

Autore: Head Honcho Titolo Album: Appetite For Distraction
Anno: 2020 Casa Discografica: Gasterecords, Snatchee Records, Lockjaw Records
Genere musicale: Heavy Metal, Hardcore Voto: 7,25
Tipo: CD Sito web: https://www.facebook.com/HeadHonchoGeorgetown
Membri band:
PJ Heckinger – voce
Douglas Reimer – batteria
Jason Belanger – basso
Ananda Burke- chitarra
Matt Powell – chitarra
Tracklist:
1. But, So It Is
2. We Done Stuck Gold Pa!
3. Sweathogg
4. Throne Of Lies
5. Dudes Of Tunisia
6. Mantooth
7. We Approached High
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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04th Giu2020

Athlantis – 02022020

by Massimo Volpi
Si intitola 02022020, come la data di pubblicazione, il nuovo album degli Athlantis. Su una copertina simil-Matrix campeggiano semplici il titolo numerico palindromo e il moniker della band, sgranato, in finto rilievo e sfumato, così come l’interno, i testi (anche la leggibilità è compromessa), una cosa da primi computer quando il 2000 sembrava dovesse essere quello delle macchine volanti e della realtà virtuale del film Il Tagliaerbe. Quel futuro non solo è arrivato ma siamo 20 anni dopo. Eppure al centro del libretto, il moniker appare trattato molto meglio, ridisegnato, più moderno. A corredo, una serie di foto dei membri della band, anch’esse abbastanza “vintage” metal e la tradizionale pagina di ringraziamenti finale che forse nemmeno più le band dell’Olimpo metal mettono più. Quest’analisi visiva del nuovo lavoro degli Athlantis, in realtà non è altro che un modo per raccontare questo disco, che rispecchia la confezione. Dieci tracce di heavy metal classico, con punte di power, ben scritto e ben suonato (e prodotto in maniera abbastanza buona) che, seppur con spunti interessanti, non si discosta molto dalla tradizione rischiando così di diventare banalità e, di conseguenza, noia.

Ribadisco è un buon album, con delle buonissime chitarre e parti ritmiche; assoli e tutto quello che ci deve essere in un album heavy metal o che c’è sempre stato negli anni 80. Forse il punto è proprio questo, essere troppo ancorati a quella cosa lì, mentre il mondo è andato avanti; con i suoni, la tecnologia e anche la grafica. Se l’immagine ormai rappresenta la fetta più grande (che non significa per forza la più importante) di qualsiasi lavoro artistico, non si può non tenerne conto. Non voglio dire che con un diverso lavoro grafico e d’immagine questo disco sarebbe stato migliore, ma avrebbe generato molto più interesse di sicuro. Musicalmente, come già inteso, siamo negli ’80 dei Judas Priest, Whitesnake, Deep Purple, pezzi lunghi con assoli e cantato 80s (a volte un po’ forzato) con qualche guizzo compositivo senza però nulla di davvero clamoroso.

Autore: Athlantis Titolo Album: 02022020
Anno: 2020 Casa Discografica: Diamonds Prod.
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 6
Tipo: CD Sito web: www.facebook.com/athlantis
Membri band:
Steve Vawamas – basso
Davide Dell’Orto – voce
Pier Gonella – chitarra
Chris Parisi – batteria
Stefano Molinari – tastiere
Tracklist:
1. Message To All
2. Life In Your Hand
3. Light Of Love
4. Dancing Shadows
5. Fire And Ice
6. The Fly Of The Eagle
7. … Anche Questo E’ Rock ‘N’ Roll
8. Words And Weapons
9. Someday Love Will Come My Way
10. 02022020
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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18th Mag2020

Five Ways To Nowhere – Bite Hard

by Gabriele Rusty Rustichelli
Attivi dal 2015 i Five Ways To Nowhere escono con il loro Bite Hard. Un mix tra hard rock e metal con voce femminile, hanno pubblicato tutti i loro album (3) per etichette tedesche, questo sempre per rimarcare quanto poco spazio ed interesse in Italia c’è per questo genere. Parliamo di rock, semplice e puro, con qualche capitolo più “heavy”, diversi assoli di chitarra, voci melodiche e ritmiche incalzanti. Un genere che in Europa va per la maggiore e in Italia fa fatica…ma questo è un discorso fatto e strafatto. Bite Hard suona bene come disco, la produzione sonora è di livello e il songwriting è in target. Non ci sono capitoli da far urlare al miracolo per un singolo da passare in radio e aprire le orecchie degli ascoltatori medi ad un genere a noi molto caro, ma il tutto scorre molto bene. I 9 brani solo tutti di livello sempre in bilico tra qualcosa di mainstream e qualcosa di più alternativo. E qui che mi soffermo ascoltando il disco un paio di volte. Forse bisognerebbe, dopo aver lasciato spazio all’istinto creativo e all’ispirazione artistica, ragionare un po’ a tavolino senza però togliere la spontaneità alla musica. Ragionare su come diventare più mainstream e tentare di sfondare le barriere dell’indifferenza del genere oppure forse marcare di più la parte heavy e strafregarsene delle regole e dei canoni. Perché questa riflessione? Perché il disco ha un potenziale alto per essere collocato a fianco ai nomi che vengono citati tra i riferimenti (Halestorm, Guano Apes, eccetera) ma per tener testa a certi colossi bisogna anche fare una ricerca molto accurata dei dettagli che completano un progetto. Ribadisco, i numeri ci sono e spero che i ragazzi possano trovare la collaborazione giusta (produttore) per raffinare quello che manca per potersi trovare a giocare in serie A con il prossimo lavoro.

Come al solito, punto sempre a vedere i progetti nostrani evolversi e tenere testa alla scena internazionale, perché so che ce lo possiamo permettere, ma dobbiamo sempre puntare a superare i nostri limiti e non accontentarci.

Autore: Five Ways To Nowhere Titolo Album: Bite Hard
Anno: 2020 Casa Discografica: SoE Records
Genere musicale: Hard Rock, Heavy Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.fivewaystonowhere.com
Membri band:
Charlotte Esse – voce
Matteo “TEO” Lassandro – chitarra
Joey Tassello – chitarra
Davide “DAVY” Rocco – basso
Fabio Brunetti – batteria
Tracklist:
1. Love To Hate
2. Obsessed (2020 Version)
3. Over The Line
4. Roll The Dice
5. Mr. Grey
6. Twisted
7. Vodka Queen (2020 Version)
8. Slowmotional
9. Wildstyle (2020 Version)
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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12th Mag2020

Lord Of Salem – Hell Over Salem

by Marcello Zinno
Quattro tracce oscure e heavy per i Lord Of Salem, una band che si presenta con un grande appeal dal sapore internazionale. Un EP, Hell Over Salem, che dura meno di venti minuti di ascolto e che propone quattro tracce non estremamente innovative ma ben fatte, i rimandi sono ai W.A.S.P. ma anche ai Type O’ Negative (ascoltare Zombie Monkey Woman) per evitare la lunga lista di tutto il dark metal del precedente secolo; la ricetta è comunque buona. La titletrack ad esempio mette in luce l’idea di metal del quartetto: ritmica lenta e incessante (seppur senza evitare una doppia grancassa incessante), voce rauca dal sapore alcolico e riff stoppati che coinvolgono l’ascoltatore; buone anche le aggiunte elettroniche, come in Zombie Monkey Woman, che rendono il tutto meno heavy metal ottantiano e più eterogeneo in termini stilistici. Infine davvero promossa la copertina dell’EP, professionale e d’impatto.

Un po’ di velocità in alcuni passaggi (in Rock’n’Roll Machine qualcosa si apprezza) e una proposta maggiormente personale aiuterebbero il combo a conquistare punti sul palcoscenico italiano ma non solo. I Lord Of Salem sono una band dalla ottima potenzialità fuori dai confini nazionali e senza dei distinguo rischierebbero di finire in un calderone pronto al dimenticatoio. Secondo noi sarebbe davvero un peccato.

Autore: Lord Of Salem Titolo Album: Hell Over Salem
Anno: 2020 Casa Discografica: Autoproduzione
Genere musicale: Heavy Metal Voto: s.v.
Tipo: CD Sito web: www.lords-of-salem.de
Membri band:
Postel – voce
Marple – basso
Arian – chitarra
Alex – batteria
Tracklist:
1. Monster Girl
2. Hell Over Salem
3. Zombie Monkey Woman
4. Rock’n’Roll Machine
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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06th Mag2020

Treatment – Sagacity

by Raffaele Astore
La band nord finlandese si presenta sul mercato discografico con questo nuovo disco che manifesta diverse influenze quali quelli dei Pantera, Metallica (quelli più vicini al Lulù di Lou Reed) i Tool, insomma tutta quella bella miscela esplosiva che hanno reso il rock quella grande musica che è. Sagacity è anche il percorso in cui l’evoluzione dei Treatment si è sviluppata. E lo si capisce già dal primo pezzo di apertura, Foreshadowed influenzato da grandi toni orchestrali, con un rock capace di viaggiare su partiture vellutate che non strabordano mai, anzi. E se Foreshadowed è la classica miscela di un rock che vuole avvicinarsi al sinfonismo, arriva Hermes in cui si avvalgono di tutto il loro potenziale che solo il groove ed il metal sono in grado di suggerire, tant’è che il brano è una vera esplosione di toni superbi e colorati con la chitarra di Joona Riipi che si diletta nell’utilizzo di suoni bollenti. Poi quado giunge l’arpeggio di As_Above_So_Below ci si aspetta una certa calma, ma è solo apparenza perché quello che segue è un vero e proprio macigno di groove e metal che dipana sapientemente senza mai strabordare. E forse sta proprio qui tutta la centralità musicale contenuta in Sagacity dove i Treatment trascinano chi li ascolta facendo capire a tutti che anche quanto accade nelle terre finlandesi in fatto di musica non può essere sottovalutato. E lo sappiamo bene anche noi che spesso capitiamo per quelle lande ascoltando nuove uscite che nemmeno il freddo scalfisce.

Ascoltando per intero tutto Sagacity la sensazione è quella di un album capace di produrre un’atmosfera fantastica e coinvolgente, impossibile da descrivere a parole perché solo il suono ne è in grado. Con una formazione rimaneggiata rispetto all’esordio No Way Out del 2015 nella quale sono entrati a far parte la cantante Jhka Kemppanien, il chitarrista Joona Riipi, il bassista Jarno Riipi, il tastierista Ville Sokero ed il batterista Vesa Puunuvaare, praticamente quasi l’intera formazione, Sagacity, pubblicato il 22 maggio scorso dopo che la band aveva lanciato due singoli e video musicali per i brani As Above So Below e Fragmented Self, giunge a noi con un dirompente rock che, per la chitarra elettrica ci riporta all’americano Ted Nugent e, nel complesso a tutto quel filone di hard rock che ha dato origine, poi, ai successivi generi attualmente in voga ora. E comunque sia anche se Sagacity potrebbe non essere il vostro genere, è un disco che va ascoltato perché se fatto con attenzione presenta anche delle piccole sfumature progressive, difficili da individuarsi, ma che danno comunque a questo disco una luce diversa dal solito genere rock che naviga tra groove e metal. Buon ascolto!

Autore: Treatment Titolo Album: Sagacity
Anno: 2019 Casa Discografica: Inverse Records
Genere musicale: Progressive Groove Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito: https://www.facebook.com/treatmentband/
Membri band:
Juha Kemppainen – voce
Joona Riipi – chitarra, voce
Jarno Riipi – basso
Ville Sokero – tastiere, voce
Vesa Puunuvaara – percussioni
Tracklist:
1. Foreshadowed
2. Hermes
3. As_Above_So_Below
4. Fragmented_Self
5. The_Truth
6. Thrice
7. Chokehold
8. Card_53
9. Dorian_Gray
10. Oppression
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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22nd Apr2020

Wicked Asylum – Out Of The Mist

by Massimo Volpi
Esordo delle comasche Wicked Asylum che con questo Out Of The Mist cercano di uscire dalla nebbia; da quella fisica, delle zone lombarde, ma soprattutto da quella metaforica del panorama metal. Quintetto completamente femminile, qualche lavoro precedente ma, come detto, primo full-lenght. Dieci tracce, poco più di mezzora. Rapide, veloci, heavy. Bene. Sicuramente molto buono il lato strumentale, di scrittura, esecuzione e confezionamento. La voce, bella e precisa, ma spesso non in perfetta sintonia con il suono che la circonda. Non c’è sempre una fusione del cantato con i riff e la musica che spesso, e questo è un bene, prendono il centro della scena con soli e cambi di velocità interessanti e davvero ben eseguiti. Da segnalare la cavalcante Sold(ier), con un bel intermezzo, assolo e breakout, e la cadenzata Bleeding Rust. Sun Will Rise e Choke And Die forse gli esempi invece nei quali l’amalgama funziona meglio, come l’interessante duetto su Threnody, che rende più equilibrato il risultato.

Carina la copertina cartoon per quello che, nel complesso, è un buon lavoro di debutto, senza eccessiva fantasia, ma certamente una nota positiva nell’arido panorama metal italiano (e femminile); l’augurio di raggiungere palchi importanti.

Autore: Wicked Asylum Titolo Album: Out Of The Mist
Anno: 2020 Casa Discografica: Volcano Records
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 7
Tipo: CD Sito web: www.wickedasylum.com
Membri band:
Veronica Annalisa Ferrucci – voce
Federica Luna Arreghini – chitarra
Federica Mapelli – chitarra
Chiara Mascetti – basso
Viola Fai – batteria
Tracklist:
1. Haze
2. Sold(Ier)
3. Bleeding Rust
4. Split
5. Threnody
6. Sun Will Rise
7. Out Of The Mist
8. Choke And Die
9. The Meadow Of Sins
10. Maze
Category : Recensioni
Tags : Heavy Metal
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