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11th Dic2012

Motörhead – Sacrifice

by Gianluca Scala

Quando uscì sul mercato Sacrifice i Motörhead avevano da festeggiare due grandi eventi, i cinquant’anni di età di Lemmy ed il 20° anniversario della nascita della band. Sacrifice lo si può considerare tranquillamente al pari di 1916 e Bastards, uno dei migliori lavori pubblicati dalla band negli anni ’90. Unica nota dolente è il fatto che il giorno dopo la sua pubblicazione il chitarrista Michael Burston, in arte Wurzel decise di abbandonare la band dopo ben dodici anni di permanenza in essa senza una precisa motivazione, per poi dedicarsi ad altri progetti musicali. Per quanto riguarda l’album, Sacrifice si avvicina non poco alle sonorità dello storico Ace Of Spades rallentando però i ritmi e rendendo il sound un pò più cupo del solito. Comunque qui possiamo trovare undici brani dal suono molto heavy che riporta i Motörhead a lidi molto più altisonanti del solito. L’album parte con la title track brano poderoso e potente, tra i pezzi più belli dell’album e della band stessa che durante i concerti la esegue con un lungo assolo di batteria del drummer corpulento Mikkey Dee. Di seguito troviamo la velocissima Sex & Death in cui Lemmy mostra buone doti canore nel suo inconfondibile stile. E che dire dell’ormai classica Over Your Shoulder, più lenta della precedente ma molto più coinvolgente nel suo incedere?

Tutto l’album viaggia su ottimi livelli compositivi e canzoni come War For War, Dog-Face Boy ed All Gone To Hell sono lì a dimostrarlo. Strano a dirsi che una delle cose che si notano ascoltando questo lavoro è il calo improvviso di intensità che si può respirare tra un brano e l’altro passando da ottime composizioni ad altre più deboli come nel caso di Make ‘Em Blind, o dell’ultima traccia del disco Out Of The Sun; mentre in altri episodi si respira ben altra atmosfera, più carica, dove i Motörhead presentano quanto di meglio hanno da offrire sotto ogni punto di vista con buoni ritornelli ed assoli di chitarra, come nel caso di Don’t Waste Your Time ed Another Time. Degna di nota la copertina dell’album ad opera come sempre dell’artista Joe Petagno che rappresenta un enorme campo da battaglia con in mezzo lo snaggletooth, la mascotte del gruppo con un evidente riferimento sessuale all’interno della bocca (notare la lingua e la gola della mascotte…).

In definitiva possiamo dire che Sacrifice risulta essere un buonissimo ascolto adatto a chi non conosce ancora il verbo musicale di Lemmy e Co. e che può fare da preludio all’acquisto (consigliatissimo) di tutto il resto del catalogo di questa grande band.

Autore: Motörhead Titolo Album: Sacrifice
Anno: 1995 Casa Discografica: SPV/Steamhammer
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Phil Campbell – chitarra

Wurzel – chitarra

Mikkey Dee – batteria

Tracklist:

  1. Sacrifice
  2. Sex & Death
  3. Over Your Shoulder
  4. War To War
  5. Order/Fade To Black
  6. Dog-Face Boy
  7. All Gone To Hell
  8. Make ‘Em Blind
  9. Don’t Waste Your Time
  10. In Another Time
  11. Out Of The Sun
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
1 Comm
04th Dic2012

Motörhead – Bastards

by Gianluca Scala

Bastards è l’unico album dei Motörhead autoprodotto dalla stessa band, scelta dovuta al fatto che la WTG scaricò i Motörhead viste le poche vendite del precedente March Or Die. È anche l’unico album studio registrato con la line up che durò pochi anni formata da Lemmy, Wurzel, Phil Campbell e Mikkey Dee. Alla produzione si cimenterà il famoso Howard Benson che oltre a Bastards pubblicherà insieme alla band anche i successivi tre lavori in studio. Dopo i precedenti album 1916 e March Or Die i Motörhead si riavvicinarono molto di più alle prime sonorità degli esordi, con un tocco moderno più al passo con i tempi suonando la propria musica potente e veloce. In questo disco Lemmy matura molto il suo modo di scrivere canzoni e le tematiche toccate dai testi vanno dalla critica sociale, ben illustrata nell’ottima On Your Feet Or On Your Knees che possiede anche un testo molto esplicito fin dall’inizio (“I was looking at the TV news …..People everywhere blowing a fuse….People everywhere under the gun……Little kids dying  never had no fun”) a temi diversi. Piazzata all’inizio dell’album come apripista questa è una canzone dalla classica impostazione motorheadiana, dai riff potenti ben accompagnati dalla sezione ritmica con Lemmy che sputa sentenze parlando della società che ci circonda. I brani seguenti sono tra i più tirati e veloci mai scritti dalla band, ben articolati e zeppi di assoli di Campbell che sembrano rasoiate.

Burner è la classica motorhead’s song. Death Or Glory e I Am The Sword parlano degli orrori della seconda guerra mondiale, argomento già toccato da Lemmy in precedenza, mentre la sorprendente Don’t Let Daddy Kiss Me è una bella ballad che suona lenta e malinconica, dove la band tratta il delicato argomento che riguarda la pedofilia. Uno dei singoli estratti da questo lavoro è Born To Raise Hell da cui è stato tratto anche un bel videoclip ed in seguito venne riregistrato con la partecipazione di due ospiti eccellenti, il rapper Ice-T ed il singer degli Ugly Kid Joe Whtfield Crane. Questa versione venne inserita nella colonna sonora del film Airheads e la si può considerare una delle canzoni più famose della band, dal testo lunghissimo con tanto groove nel suo incedere boogie rock. Bastards fu un album dallo scarso successo di vendite causato dal passaggio da una etichetta all’altra nel giro di poco tempo e che venne anche poco pubblicizzato sul mercato, cosa che non impedì alla band di intraprendere comunque l’ennesimo tour che li portò in giro in compagnia di Black Sabbath e di Ramones.

Bisognerà attendere l’uscita del disco successivo per assistere ad un cambio di direzione musicale, drastico ma molto più potente e molto vicino a sonorità prettamente heavy metal. Nel prossimo episodio descriveremo il disco forse più pesante mai pubblicato dai Motörhead, restate con noi.

Autore: Motörhead Titolo Album: Bastards
Anno: 1993 Casa Discografica: ZYX Records
Genere musicale: Rock’N’Roll Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Phil Campbell – chitarra

Würzel – chitarra

Mikkey Dee – batteria

Tracklist:

  1. On Your Feet Or On Your Knees
  2. Burner
  3. Death Or Glory
  4. I Am The Sword
  5. Born To Raise Hell
  6. Don’t Let Daddy Kiss Me
  7. Bad Woman
  8. Liar
  9. Lost In The Ozone
  10. I’m The Man
  11. We Bring The Shake
  12. Devils
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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27th Nov2012

Motörhead – March Or Die

by Gianluca Scala

E siamo arrivati al decimo capitolo della discografia dei grandi Motörhead, quel March Or Die che non riscosse enorme successo, almeno tra i fan della band, nonostante possa essere considerato un pò mediocre rispetto ai dischi precedenti anche se venne pubblicato e spinto sul mercato da un’etichetta molto importante come la Epic. Rudi e cattivi come agli esordi la band rimane portavoce di un heavy metal senza compromessi e come sempre sostenuta da un pubblico fedele e passionale. A mio parere la traccia che dà il titolo a questo album è una delle migliori canzoni che Lemmy abbia mai scritto, dalle liriche introspettive ed accattivanti e che possiede un chorus da brividi: “So march or die, march or die, the stench of death is in the sky, we never fail to satisfy”…davvero un gran bel brano. Questo disco venne registrato come il precedente 1916 a Los Angeles e vede la partecipazione di ben tre batteristi, in primis Phil Taylor che venne licenziato dalla band perchè non aveva imparato le parti di batteria di diversi brani, seguì Tommy Aldridge che registrò buona parte del materiale per poi arrivare all’ex drummer della band di King Diamond Mikkey Dee, tuttora membro uffliciale dei Motörhead che registrò le parti di batteria di un solo brano (quella Hellraiser che Lemmy scrisse a due mani con Ozzy Osbourne e che originariamente venne prima pubblicata sul celebre album del madman No More Tears uscito l’anno prima, per poi essere inclusa anche nella scaletta di questo disco).

La scaletta include diverse buone composizioni come l’iniziale Stand, che parte nello stile classico della band e che viene seguita da una cover di Ted Nugent, quella Cat Scratch Fever che non fa prigionieri ogni volta che la si ascolta. Ci sono da menzionare anche i due grandi ospiti d’eccezione che appaiono su questo album, parliamo di Slash storico chitarrista dei Guns n’Roses che suona nel brano I Ain’t No Nice Guy (pregevole ballad che spezza un pò l’atmosfera, ma che si lascia ascoltare volentieri, e che suona come seconda chitarra nel brano You Better Run) e del grande Ozzy Osbourne che duetta nella già citata Hellraiser. March Or Die include in tutto 11 brani di onesto rock’n’roll, non è un disco in grado di essere gradito ed assaporato al primo impatto, ma può comunque entrare grazie ad una manciata di brani validi nelle preferenze di chi conosce e segue questa band da diversi anni.

Autore: Motörhead Titolo Album: March Or Die
Anno: 1992 Casa Discografica: Epic Records / WTG
Genere musicale: Rock’N’Roll Voto: 7,5
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Phil Campbell – chitarr

Wurzel – chitarra

Mikkey Dee – batteria

 

Special Guests:

Slash – chitarra

Ozzy Osbourne – voce

Tracklist:

  1. Stand
  2. Cat Scratch Fever
  3. Bad Religion
  4. Jack The Ripper
  5. I Ain’t No Nice Guy
  6. Hellraiser
  7. Asylum Choir
  8. Too Good To Be True
  9. You Better Run
  10. Name In Vain
  11. March Or Die
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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20th Nov2012

Motörhead – 1916

by Gianluca Scala

Con l’arrivo degli anni ’90 i Motörhead decidono di dare un’ulteriore sterzata metal al loro sound pur non rinunciando a quelle nuove aperture melodiche che mano a mano si sono insediate nella loro proposta musicale. 1916 è considerato da molti uno dei migliori lavori in assoluto della band che in quel periodo stava vivendo una vera e propria seconda giovinezza. Questo è un album che mostra un Lemmy diverso, più variegato nelle liriche, ma sempre massiccio nelle strutture delle chitarre, con espressioni meno diaboliche e più attento alla costruzione di melodie dichiaratamente heavy metal. Ci sono inclusi brani bellissimi come il poker iniziale che comprende The One To Sing The Blues, I’m so Bad (Baby I Don’t Care), la grandissima e tirata No Voices In The Sky (uno dei brani in assoluto più belli usciti dalla penna di Lemmy); qui gli assoli di chitarra di Campbell ti entrano nel cuore e te li tieni dentro per tutta la vita. In più la divertente e strafottente Going To Brazil che racconta in chiave boogie rock un viaggio a Rio De Janeiro fatto dalla band e dalla sua crew al completo. E già con questa prima parte dell’album la band metteva di fronte ai fan la nuova direzione che aveva in mente di seguire da questo punto in avanti nel corso della loro carriera, avendo cambiato anche location di lavoro, trasferitisi nella assolata California lasciando la fredda e piovosa Inghilterra.

Le altre canzoni presenti sul disco sono altrettante piccole gemme che si presentano per certi versi sotto una nuova veste, come la struggente Love Me Forever che è anche la prima ballad composta dalla band dove Lemmy descrive a parole sue le sensazioni e l’amore che prova per una donna. Questo è stato il disco che ha presentato per la prima volta una band che è stata in grado di cambiare le carte in tavola e che è riuscita a cambiare pelle per preservare un suono assassino che negli anni non è mai tramontato. R.A.M.O.N.E.S. è il brano dedicato all’omonima storica punk band americana, da sempre amici dei Motörhead: qui Lemmy si diverte rendendo omaggio ai quattro punk più famosi del globo. Angel City descrive con gli occhi di Lemmy la città di Los Angeles, una città dove puoi trovare di tutto, dai party selvaggi ai concerti più fighi del momento, donne, alcol e quant’altro serva per spassarsela nella città degli angeli. La traccia che dà il nome all’album è un invito alla riflessione sui massacri della prima guerra mondiale. Essa è un’insolita canzone per lo stile della band, lenta e melodica, in cui la voce di Lemmy è accompagnata solo da percussioni e da una tastiera elettronica; brano davvero molto toccante per il messaggio contenuto nelle parole del testo (è risaputo tra l’altro che Lemmy è un grande appassionato di libri di storia e che da sempre studia e colleziona tutto quello che riguarda i due conflitti mondiali, testi di storia, divise militari, armi e cimeli che riguardano anche il nazismo, ma solo a titolo di puro collezionismo).

1916 raggiunse la 24° posizione nelle classifiche britanniche e fu anche nominato per il premio Grammy Award Best Metal Performance, cosa che dimostra che i Motörhead sono stati sempre in grado di stare a galla in mezzo a tante realtà musicali proponendo in maniera fiera e roboante quella musica che tutt’ora è capace di attorcigliarti le budella e di portarti all’interno del paradiso dell’heavy metal.

Autore: Motörhead Titolo Album: 1916
Anno: 1991 Casa Discografica: WTG Records
Genere musicale: Heavy Metal Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Phil Campbell – chitarra

Wurzel – chitarra

Phil “Animal” Taylor – batteria

Tracklist:

  1. The One To Sing The Blues
  2. I’m So Bad ( Baby I Don’t Care)
  3. No Voices In The Sky
  4. Going To Brazil
  5. Nightmare / The Dreamtime;
  6. Love Me Forever
  7. Angel City
  8. Make My Day
  9. R.A.M.O.N.E.S.
  10. Shut You Down
  11. 1916
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
1 Comm
13th Nov2012

Motörhead – No Sleep At All

by Gianluca Scala

Considerato da sempre il fratello minore del più famoso No Sleep ‘Till Hammersmith, il secondo album live ufficiale dei Motörhead riuscì nella non facile impresa di spodestare, anche solo per quanto riguarda la potenza sprigionata, il suo predecessore. Pur non essendo un album doppio No Sleep At All è sempre stato in grado di “spaccare” letteralmente, con le sue dieci tracce che raggruppavano in scaletta brani pescati dagli ultimi due fortunati album oltre ai classici immortali Ace Of Spades e Overkill. Ma la vera chicca dell’album era quella Killed By Death che era stata pubblicata su un mini LP uscito dopo Rock’N’Roll e che suonata dal vivo non faceva prigionieri. Il concerto immortalato è quello suonato ad Helsinki, Finlandia, in una delle numerose date tenute dalla band durante il tour che promuoveva l’album Rock’N’Roll pubblicato appena l’anno prima. In quel periodo a ragione i Motörhead venivano considerati la band più rumorosa del pianeta, erano davvero poche le band che sprigionavano una potenza sonora tale da smuovere il terreno nei luoghi che raggiungevano durante il tour.

La scaletta del concerto parlava da sola, brani come Dr. Rock, Traitor, Dogs, la granitica Eat The Rich che in veste live diventava ancora più potente della versione apparsa su disco…non c’era via di fuga per nessuno. Lemmy suonava e cantava ogni brano con quella sua voce imbastardita dal fumo delle sigarette e dai litri di birra e quant’altro che consumava a grandi dosi. I due chitarristi sparavano assoli di chitarra e ritmiche strabordanti energia ed adrenalina pura, mentre Philty Animal Taylor pestava le pelli dei suoi tamburi e dava il tempo con la tecnica e l’esperienza maturata negli anni, quasi senza sbavature di alcun tipo. Come al solito la versione digitale presenta due brani in più in scaletta, qui appaiono Stay Clean e Metropolis in una nuova veste più fresca e roboante. No Sleep At All è il classico disco live heavy metal da ascoltare con il volume al massimo, con la giusta attitudine per passare un’oretta e mezza a fare della sana baldoria. E come recita lo slogan impresso in retrocopertina “Everything Louder, Than Everything Else!”.

Autore: Motörhead Titolo Album: No Sleep At All
Anno: 1988 Casa Discografica: GWR
Genere musicale: Rock’N’Roll Voto: 8
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Phil Campbell – chitarra

Wurzel – chitarra

Phil “Animal” Taylor – batteria

Tracklist:

  1. Dr. Rock
  2. Traitor
  3. Dogs
  4. Ace Of Spades
  5. Eat The Rich
  6. Built For Speed
  7. Deaf Forever
  8. Just Cos You Got The Power
  9. Killed By Death
  10. Overkill
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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06th Nov2012

Motörhead – Rock’n’roll

by Gianluca Scala

“Cos’ I’m in love with rock’n’roll, it satisfied my soul / If that’s how it has to be, i won’t get mad. I got rock’n’roll, to save me from the cold, and if that’s all there is, it ain’t so bad….Rock’n’roll!”. Con questo frammento del chorus centrale che fa parte della title track di questo album potremmo descrivere lo spirito e l’attitudine che volevano trasmettere con le loro canzoni i Motörhead in quegli anni. Con il titolo dell’album la band sottolinea subito il proprio genere musicale, cioè il rock’n’roll, ma quello vero. Sanguigno, veloce, sporco e suonato come sempre nella maniera più onesta possibile, come non manca di sottolineare il leader della band Lemmy. Oltre a questo, Rock’n’roll registra anche il ritorno dietro ai tamburi di Phil Taylor che da qualche anno aveva cambiato progetti ed ambizioni. È anche la prima volta che appare la formazione classica a quattro elementi comprendente oltre a Lemmy e i due chitarristi Phil Campbell e Michael Burston – meglio noto come Wurzel – lo stesso Philty “Animal” Taylor alla batteria; line up che sarebbe rimasta in piedi fino al 1992. L’ottavo album dei Motörhead portava avanti in maniera fiera e potente il percorso musicale intrapreso anni prima, un album grezzo che con solo nove canzoni enfatizzava il sacro verbo della band, suonato e promulgato sempre in maniera trasgressiva, sempre contro le regole del mercato (che non sempre sorrideva alle sorti del gruppo, Rock’n’roll infatti toccò la 34° posizione nella classifica inglese, il punto più basso mai raggiunto fino ad allora dalla band).

I brani che formano questo lavoro furono come sempre all’altezza del nome della band, basti pensare alla celeberrima Eat The Rich usata anche come colonna sonora nel film distribuito quello stesso anno (Mangia Il Ricco del regista Peter Richardson) dove lo stesso Lemmy interpretava un piccolo ruolo all’interno della pellicola, brano caratterizzato da uno dei riff più famosi della band e che contiene delle liriche zeppe di ironia e dal ritmo che ti prende davvero per la gola stordendoti al suolo…canzone bellissima. La stessa title track come dicevamo all’inizio è il classico brano tirato a cui i Motörhead da anni ci hanno abituato e che inneggia allo stile di vita rock che solo le grandi band sanno trasportare in musica; poi Stone Dead In The U.S.A., Traitor, Dogs sono i classici brani mid tempo ben strutturati ed equilibrati tra basso e chitarre con la voce rauca di Lemmy che la fa da padrone. Le due chitarre macinano riff su riff deliziandoci brano dopo brano, il ‘batterismo’ potente e sincopato di Phil Taylor si fa sentire tornando a pestare sui tamburi come si deve. All For You è stato secondo noi il primo esperimento della band nell’incidere un brano sì potente ma allo stesso tempo iniettando grosse dosi di melodia all’interno della canzone, anche con l’uso di ritornelli di facile presa sulla gente e con assoli di chitarra messi lì non a caso, ma con l’intento di farti sbattere la testa in un sano headbanging spontaneo, il tutto lasciandoti estasiato dalla bellezza del brano stesso.

Nella ristampa del disco i collezionisti possono trovare un paio di inediti che portano alto il vessillo della band: Cradle To The Grave e Just ‘Cos You Got The Power erano entrambe le b-sides del singolo di successo Eat The Rich, due canzoni che non aggiungono né tolgono smalto all’album, senza allontanarsi mai dallo stile della band. Anche Rock’n’roll risulta essere un piacevole capitolo del catalogo dei Motörhead, solo leggermente inferiore a lavori più tosti come Iron Fist ed Orgasmatron che avevano un tiro musicale più votato all’heavy metal. Con i lavori successivi la band sarà comunque in grado di riscattarsi sfornando dei piccoli capolavori che faranno breccia negli anni a seguire nelle orecchie dei metal fan di tutto il mondo. Già a cominciare con il prossimo album che pubblicheranno nel 1991, quel 1916 che porterà la band un gradino più in alto di tante altre metal band che giravano in quei anni nell’immenso universo metal. Stay tuned…if you live for the rock’n’roll!

Autore: Motörhead Titolo Album: Rock’n’roll
Anno: 1987 Casa Discografica: GWR
Genere musicale: Rock’N’Roll Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Phil Campbell – chitarra

Wurzel – chitarra

Philty “Animal” Taylor – batteria

Tracklist:

  1. Rock’n’roll
  2. Eat The Rich
  3. Blackheart
  4. Stone Dead In The U.S.A.
  5. The Wolf
  6. Traitor
  7. Dogs
  8. All For You
  9. Boogieman
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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30th Ott2012

Motörhead – Orgasmatron

by Gianluca Scala

Orgasmatron ha il pregio di aver riportato i Motörhead sulla retta via dopo il mezzo passo falso fatto alla pubblicazione del disco precedente che era legato a sonorità più vicine all’hard rock/blues piuttosto che al rock’n’roll ruvido e veloce suonato agli esordi. Anzi, questo album si differenzia da Another Perfect Day perchè è molto più vicino a sonorità prettamente heavy metal. Ormai a dieci anni da cui la band ha mosso i suoi primi passi senza mai cambiare l’attitudine, i Motörhead pubblicano l’ennesimo disco da incorniciare con composizioni tutte di ottimo livello e dove la produzione esalta al massimo la loro carica aggressiva. Questo è stato un album che vide la band incentrata anche in cambi di line up, Phil Taylor e Brian Robertson dopo l’ultimo tour avevano abbandonato la band, Lemmy dovette riorganizzare totalmente il gruppo partendo subito con le audizioni dove per il ruolo di chitarrista si arrivò a scegliere tra due pretendenti che alla fine vennero scelti entrmbi a ricoprire quel ruolo. Parliamo di Phil Campbell, che ancora oggi si ritrova fedelmente al fianco di Lemmy nella band, e di Michael Burston, soprannominato Wurzel (dal tedesco “radice”, gli fu dato questo nomignolo da Lemmy per la somiglianza dei capelli di Burston con il personaggio televisivo inglese Worzel Gummidge). Alla batteria invece arrivò Pete Gill, primo storico batterista degli inglesi Saxon che sostituì così Phil Taylor rimanendo però nella band soltanto per qualche anno.

L’album dimostrò fin dall’inizio di essere molto più ispirato del precedente, già a partire dal primo brano dell’album Deaf Forever che rimarca l’inconfondibile timbro di Lemmy nel modo di cantare. Le cose venivano messe in chiaro: questo doveva essere l’album del riscatto da dare in pasto ai fan. In Deaf Forever si sentono una manciata di riff convincenti e anche dei buoni assoli del nuovo arrivato Campbell. Segue a ruota Nothing Up My Sleeve che mantiene alti i ritmi dell’intero lavoro ricordando anche le vecchie hit della band inglese. Il nuovo batterista si mette in mostra con un gran lavoro dietro i tamburi sopratutto all’interno di brani come Ain’t My Crime e Claw, due dei brani più duri di tutto l’album. Tante le canzoni che si lasciano apprezzare durante l’ascolto, brani come Ridin’ With The Driver che doveva essere il titolo effettivo di questo album, per non parlare di Built For Speed, Doctor Rock e della celebre title track, con il suo andamento particolare e che grazie alla voce roca del singer è diventato uno dei grandi classici della band, per non parlare del testo della canzone che è uno dei più belli usciti dalla penna del leader Lemmy. Orgasmatron dimostrò che la vena compositiva della band non si era esaurita, scrivendo canzoni pesanti come macigni piene di riff potenti e che ben sottolineano il buon stato di salute che la band stava attraversando con l’arrivo dei suoi nuovi membri e diventando uno dei quartetti più potenti del pianeta.

Un disco che si lascia ascoltare molto volentieri a distanza di tanti anni e che con pieno merito viene considerato uno dei migliori album della band in assoluto. Una nota a parte la merita la copertina del disco ad opera dell’artista Joe Petagno, che disegnò lo Snaggle Tooth, la mascotte della band in bella mostra sulla testa della locomotiva che a tutta velocità fa scintille sopra i binari. Una delle copertine più belle nella storia dell’heavy metal.

Autore: Motörhead Titolo Album: Orgasmatron
Anno: 1986 Casa Discografica: GWR
Genere musicale: Heavy Metal, Rock’N’Roll Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Phil Cambell – chitarre

Wurzel – chitarre

Pete Gill – batteria

Tracklist:

  1. Deaf Forever
  2. Nothing Up My Sleeve
  3. Ain’t My Crime
  4. Claw
  5. Mean Machine
  6. Built For Speed
  7. Ridin’ With The Driver
  8. Doctor Rock
  9. Orgasmatron
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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23rd Ott2012

Motörhead – Another Perfect Day

by Gianluca Scala

Quando venne pubblicato Another Perfect Day, Fast Eddie Clarke aveva già lasciato i Motörhead per divergenze musicali verso la fine dell’ultimo tour. Lemmy chiamò alla sua corte l’ex Thin Lizzy Brian Robertson pilotando la direzione stilistica intrapresa verso sonorità sempre potenti, ma più blues. L’album inizia con un brano che porta ancora la firma di Eddie Clarke, quella Back At The Funny Farm che, insieme ad uno dei singoli che venne estratto dal disco Shine, faceva intendere che la band nonostante la perdita di una pedina importante nella fase di scrittura dei brani, volesse mantenere quello stile molto particolare e piuttosto rock’n’roll. Anni dopo il leader Lemmy commentò questa parte della sua carriera non molto esaltante, anche a causa del cambiamento del chitarrista che limò troppo gli eccessi sonori della band, non a caso venne subito allontanato. Infatti questo è l’unico album della band a cui ha preso parte Brian Robertson e nel suo insieme Another Perfect Day non ebbe il successo commerciale sperato e venne anche ingiustamente snobbato da parte dei fan che pensarono ad un cambio nella proposta musicale della band. Va detto che con il passare degli anni questo album è stato doverosamente rivalutato dal pubblico prettamente heavy metal.

Ascoltando attentamente questo lavoro ci si accorge che non si era persa la carica dirompente della band che si rivela in brani come la granitica Die You Bastard, provocatoria fin dal titolo. Dancing On Your Grave è forse una delle tracce dell’album che la band ancora oggi occasionalmente ripropone dal vivo (leggenda vuole che Max Cavalera, storico leader dei brasilliani Sepultura, prese spunto da questa canzone per dare il nome alla sua band; Sepultura in portoghese vuol dire proprio tomba). Per chi scrive uno dei brani preferiti di questo lavoro è One Track Mind, dall’incedere molto ipnotico in cui il buon Robertson esegue uno dei suoi assoli più belli presenti sull’album insieme alla title track, una semi ballad che venne molto apprezzata dal pubblico e che mostra un buon lavoro di chitarra e batteria e dove Lemmy canta ai massimi livelli. Marching Off To War è il classico brano veloce che non mancherà mai in un disco di questa band. Il primo singolo che uscì in quel periodo era I Got Mine, ottima canzone che di diritto entra nel gotha dei classici dei Motörhead con quel suo ritmo sostenuto e dirompente. Nonostante si potesse salvare qualcosa da questo album come dicevamo all’inizio, Another Perfect Day rimane tutt’oggi forse l’unico mezzo flop della band che fece calare subito il sipario per ripartire d’accapo (considerate anche il fatto che in quel periodo lasciò la band anche il batterista Phil Taylor che proprio con Brian Robertson formò una band chiamata Operator, senza raggiungere successi signifivativi e che avrà vita breve, per poi tornare nei Motörhead nel 1987).

Reputato uno dei lavori più controversi e melodici della band, lo zoccolo duro dei fan non perdonò a Lemmy di avere sostituito l’icona Clarke, accusandolo di avere spostato lo stile del gruppo verso suoni più blues e troppo melodici. Nella ristampa ci sono come solito delle chicche da non farsi scappare: troviamo l’inedita Turn You Round Again insieme ad una grande cover del classico rock (I’m Your) Hoochie Coochie Man, più una versione diversa della già conosciuta (Don’t Need) Religion. Sarà col prossimo capitolo di questa metal storia che si avrà l’immediata resurrezione della band grazie alla pubblicazione di un album a dir poco monumentale.

Autore: Motörhead Titolo Album: Another Perfect Day
Anno: 1983 Casa Discografica: Bronze Records
Genere musicale: Rock’N’Roll Voto: 7
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – basso, voce

Brian Robertson – chitarre

Phil “Animal” Taylor – battera

Tracklist:

  1. Back At The Funny Farm
  2. Shine
  3. Dancing On Your Grave
  4. Rock It
  5. One Track Mind
  6. Another Perfect Day
  7. Marching Off To War
  8. I Got Mine
  9. Tales Of Glory
  10. Die You Bastard
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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16th Ott2012

Motörhead – The World Is Ours – Vol.2

by Gianluca Scala

“We are Motörhead and we play rock’n’roll!” Questo è il messaggio esplicito che appare sul retro del booklet di questa nuova uscita discografica totalmente registrata dal vivo e targata Motörhead. E questa frase viene ripetuta più volte durante la performance dal baffuto leader Lemmy, che insieme ai suoi fidi compagni Phil Cambell e Mikkey Dee dimostrano, come se ce ne fosse bisogno, di essere ancora in grado di spaccare il culo a suon di rock’n’roll quando salgono su di un palco. Una delle band più longeve della storia dell’ heavy metal che non si è mai piegata alle mode, senza nessun compromesso, andando sempre per la propria strada. Taluno avrà da pensare che sono frasi trite e ritrite scritte ed apparse in innumerevoli recensioni, e forse non potremmo dargli torto, ma badate bene dal giudicare questa storica band che in più di 35 anni di attività non si è mai fermata davanti a nulla, sfornando album eccezionali colmi di energia e suonando sempre a testa alta del fottutissimo rock’n’roll, guidati da sempre dal grande Lemmy che nonostante l’età e gli eccessi che si trascina dietro (siamo convinti che sulla sua lapide sarà impressa l’etichetta del whiskey Jack Daniel’s con riportato la frase “our best client!”) è ancora qui tra noi con il suo mitico basso Rickenbecker a darci il tempo e a farci saltare sotto al palco in qualsiasi parte del mondo noi viviamo.

Questo nuovo live album segue il primo capitolo pubblicato lo scorso anno, stavolta le registrazioni presenti si riferiscono a due concerti differenti suddivisi in un doppio CD. Sul primo disco c’è lo show da headliner suonato in Germania al Wacken Open Air Festival il 6 agosto 2011, mentre nel secondo disco troviamo le registrazioni che risalgono al Sonisphere Festival del 10 luglio 2011. E non finisce qui perchè nella confezione è incluso in formato DVD le tracce del primo disco con l’aggiunta di due bonus track. Quindici i brani contenuti nel primo capitolo che ripercorrono la storia della band includendo molti classici del loro catalogo, brani storici mischiati con qualche pezzo più recente pescato dagli ultimi tre album Kiss Of Death, Motorizer e The World Is Ours. La scaletta del secondo disco cambia poco nonostante i luoghi così  diversi, d’altronde essendo la medesima tournée pensiamo che Lemmy abbia voluto variare poco la scaletta di volta in volta. Il DVD secondo noi non è da meno, potrete mettervi comodi sul vostro divano godendovi le immagini del concerto registrato con le nuove tecniche digitali di ultima generazione, con una pulizia del suono così perfetta che vi sembrerà di essere in mezzo a quelle migliaia di fan scalmanati sotto il palco invece che comodamente svaccati a casa vostra.

Tanta roba insomma si presenta  in questo gustoso cofanetto, il tutto con la garanzia di avere la possibilità di ascoltare i Motörhead nella veste che da sempre gli si addice, cioè quella della perfetta macchina da guerra on stage. “You can remember, but don’t forget…We are Motörhead and we play Rock’N’Roll!!!” Vivamente consigliato a tutti i metal head del pianeta!

Autore: Motörhead Titolo Album: The World Is Ours – Vol.2
Anno: 2012 Casa Discografica: UDR/EMI
Genere musicale: Rock’N’Roll Voto: 9
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – voce, basso

Phil Campbell – chitarra

Mikkey Dee – batteria

Tracklist:

DVD+CD 1

  1. Iron Fist
  2. Stay Clean
  3. Get Back In Line
  4. Metropolis
  5. Over The Top
  6. One Night Stand
  7. Rock Out
  8. The Thousand Names Of God
  9. I Know How To DIe
  10. The Chase Is Better Than The Catch
  11. In The Name Of Tragedy
  12. Just ‘Cos You Got The Power
  13. Going To Brazil
  14. Killed By Death
  15. Bomber
  16. Ace Of Spades (solo su DVD)
  17. Overkill (solo su DVD)

CD 2

  1. Ace Of Spades
  2. Overkill
  3. Iron Fist
  4. I Know How To Die
  5. In The Name Of Tragedy
  6. Killed By Death
  7. Ace Of Spades
  8. Overkill
  9. Stay Clean
  10. Over The Top
  11. The Chase Is Better Than The Catch
  12. Going To Brazil
  13. Killed By Death
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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09th Ott2012

Motörhead – Iron Fist

by Gianluca Scala

Bardati di pelle e cuoio i Motörhead vanno avanti a sfornare dischi e si affacciano al nuovo decennio (gli osannati anni ’80) pubblicando l’ottimo Iron Fist e sbattendolo in faccia ai fan usando il pugno di ferro illustrato sulla copertina. Senza curarsi di parvenze melodiche il trio vomita tutta la sua ironia tramutata in musica e la sua rabbia in dodici nuove canzoni senza compromessi regalando fresche ondate di elettricità: in poche parole un nuovo capitolo di potente e viscerale rock’n’roll. Iron Fist è anche l’ultimo album regitrato col chitarrista Eddie Clarke che durante il seguente tour lasciò i compagni a causa di divergenze interne, venendo sostituito temporaneamente dall’ ex Thin Lizzy Brian Robertson (che Lemmy poi confermerà nella line up per registrare il successivo lavoro Another Perfect Day) mentre Clarke di lì a poco formerà una nuova band incentrata nell’heavy metal di stampo americano chiamata Fastway. Nonostante l’abbandono di Eddie Clarke, in quel periodo la band non fece altro che portare avanti la propria formula tour-album- tour e non diede certo l’impressione di essere una band in crisi, tutt’altro! Infatti questo album risulta essere uno dei migliori episodi nella folta discografia del gruppo inglese, caratterizzato come da tradizione da brani di grande impatto. L’album riuscì a raggiungere la sesta posizione nella chart inglesi dando non poche soddisfazioni alla Bronze Records, casa discografica che deteneva i diritti dei Motörhead in quel periodo (Lemmy considerò alcune canzoni non adatte ad essere pubblicate a causa della scarsa qualità del suono).

A partire dai titoli fino alle immagini all’interno del booklet tutto contribuisce a rendere l’idea di che cosa l’ascoltatore possa attendersi da un disco dei Motörhead senza peli sulla lingua. Ancora una volta abilissimi a trasformare la title track in un autentico inno ed includendo nel disco tante perle come Go To Hell, Loser, (Don’t Need) Religion e la più ritmata America. Ogni brano ben evidenzia il percorso sonoro cominciato agli esordi e portato avanti da Lemmy e soci, sempre improntato alla medesima ricetta fatta di velocità, tanta adrenalina e la gran voce al vetriolo del leader. Nella ristampa dell’album la band ha aggiunto alla scaletta del disco ben cinque inediti: Remember Me, I’m Gone, una versione alternativa di (Don’t Let’ Em) Grind You Down più tre succulente versioni di brani che già comparivano nella registrazione originale, cambiandone il testo ed in qualche caso anche il titolo stesso del brano; in questo modo il brano Heart Of Stone diventerà Lemmy Goes To The Pub, Remember Me, I’m Gone diventa Same Old Song, I’m Gone e Sex & Outrage viene trasformata in Young And Crazy.

Quindi rimettete sul piatto del vostro stereo oppure infilate il CD una copia dell’album e fatevi prendere a pugni in faccia da questo Iron Fist.

Autore: Motörhead Titolo Album: Iron Fist
Anno: 1982 Casa Discografica: Bronze Records
Genere musicale: Rock’N’Roll, Heavy Metal Voto: 8,5
Tipo: CD Sito web: http://www.imotorhead.com
Membri band:

Lemmy Kilmister – voce, basso

Fast Eddie Clarke – chitarre

Phil “Animal” Taylor – batteria

Tracklist:

  1. Iron Fist
  2. Heart Of Stone
  3. I’m The Doctor
  4. Go To Hell
  5. Loser
  6. Sex & Outrage
  7. America
  8. Shut It Down
  9. Speed freak
  10. (Don’t Let’Em) Grind you Down
  11. (Don’t Need) Religion
  12. Bang To Rights
Category : Recensioni
Tags : Motörhead
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